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Curiosità

Tu come la mangi la pizza? Va gustata bollente, appena sfornata e soprattutto con le mani…!

In pizzeria, esistono alcune regole non scritte per evitare situazioni imbarazzanti e godersi al meglio l’esperienza. Ci sarebbero alcuni errori da evitare per non farsela andare di traverso.

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    La pizza è un piatto iconico, amato da molti e spesso associato a momenti di convivialità. Andare in pizzeria è il modo più pratico per mangiare qualcosa di insolito rispetto ai normali pasti quotidiani, togliersi qualche sfizio, bere una birra e soprattutto discorrere, e scherzare in un ambiente informale. Tuttavia, anche in pizzeria, esistono alcune regole non scritte per evitare situazioni imbarazzanti e godersi al meglio l’esperienza. Ci sarebbero alcuni errori da evitare per non farsela andare di traverso. Alcuni sembrano molto lapalissiani…

    Non ordinare sempre la stessa… dai!

    I menù delle pizzerie sono studiati con cura per offrire una varietà di opzioni. Limitarsi sempre alla stessa pizza può significare perdere l’opportunità di scoprire nuove combinazioni di sapori. Provate a scegliere pizze della casa, magari preparate con ingredienti del territorio e di stagione rispetto alla vostra preferita che tendete a ordinare con la certezza che non vi deluderà.

    Il troppo stroppia

    Richiedere piccole variazioni va bene, è accettabile. Ma trasformare completamente la ricetta originale che vi propone la pizzeria può essere irrispettoso per il pizzaiolo a cui potrebbero girare troppo vorticosamente. Tanto quanto al barista a cui alle sette del mattino chiedete un caffè deca macchiato caldo senza schiuma in tazza grande . Per la pizza fidatevi degli accostamenti proposti e limitate le personalizzazioni eccessive.

    Aspettare che servano tutta la tavolata prima di iniziare

    Eh ma la pizza se non la mangi calda che la ordini a fare? Quando arriva va mangiata. Ma bisogna aspettare finché anche l’ultima pizza – quella con speck, burrata, e granella di pistacchi di Bronte e noci – ordinata da non si sa chi, non è servita. Aspettare può far raffreddare la vostra pizza, aumentando i succhi gastrici e i sorsi di birra che scendono dal gargarozzo. Comunque ormai è sdoganato il fatto di iniziare a mangiare appena la vostra pizza arriva, evitando di mettere in scena il classico “inizia pure sennò si fredda” che porta solo a una pizza meno gustosa.

    Mi fai assaggiare…?

    Condividere fette di pizza può essere poco pratico e imbarazzante. Il bon ton direbbe che non si fa proprio. Se volete assaggiare altre pizze, considerate alternative come la pizza al metro o i taglieri misti. Evitate di chiedere la punta dello spicchio di qualcun altro o di mangiare i cornicioni lasciati dagli altri. Anche se siete parenti…Giammai lasciare metà pizza e scambiarsi il piatto con un altro commensale. Orrore!

    Vietato avanzare

    Avanzare intere fette di pizza è uno spreco di cibo. Se sapete di non avere molto appetito, ordinate una pizza più piccola. Oppure prima di ordinare chiedete a un commensale ce ha voglia di dividere con voi. Si trasgredisce la regola di sopra ma almeno non creerete sprechi. Lasciare i cornicioni è una questione discutibile, ma avanzare la pizza intera è un gesto inaccettabile sotto ogni punto di vista. Se non eravate in forma potevate stare a casa…

    Cosa ci beviamo?

    La pizza porta la birra, ma non è una regola ferrea. Per prima cosa la birra non piace a tutti. Il vino è un’ottima alternativa. Ci sono dei rossi leggeri che vanno già che è un piacere. Magari profumati come quelli del Trentino. Certo un Amarone o un Chianti Riserva oppure un Cirò d’annata da 14° non si abbinano a meno che la vostra scelta cada su una pizza con salamino piccante, ‘nduja e peperoncino…

    Con che posate la mangio?

    Se vi sentite a disagio nell’uso delle posate, non c’è problema nel mangiarla con le mani. Adeguatevi alla situazione e sentitevi liberi di scegliere il metodo più comodo. Ma davvero…?
    Se vi servono per ultimi, evitate di fissare con invidia la pizza degli altri. Intrattenetevi in conversazioni piacevoli e attendete con pazienza il vostro turno. E non chiedete di assaggiare…

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      Babbo Natale, perché è rosso e bianco? La vera storia del vecchio barbuto più famoso del mondo

      Il costume rosso bordato di bianco non è un’invenzione improvvisa né solo una trovata pubblicitaria. Dietro il Babbo Natale moderno c’è una lunga evoluzione culturale che attraversa secoli, Paesi e tradizioni diverse.

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      Babbo Natale, perché è rosso e bianco?
      Babbo Natale, perché è rosso e bianco? La vera storia del vecchio barbuto più famoso del mondo

        Ogni dicembre, puntuale come le luci nelle città, torna l’immagine rassicurante di Babbo Natale: barba candida, pancione, abito rosso acceso e cappello coordinato. Ma da dove arriva davvero questo personaggio? E soprattutto, perché è vestito proprio di rosso e bianco?

        Le origini di Babbo Natale affondano le radici nella figura storica di San Nicola di Myra, vescovo vissuto tra il III e il IV secolo nell’attuale Turchia. San Nicola era noto per la sua generosità verso i poveri e per l’attenzione ai bambini, qualità che nei secoli hanno alimentato racconti e leggende. In molte zone d’Europa, soprattutto nel Nord, la sua figura si è trasformata in Sinterklaas, protagonista delle festività invernali nei Paesi Bassi. Spesso rappresentato con abiti vescovili, lunghi mantelli e colori vivaci.

        Con le migrazioni europee verso il Nuovo Mondo, queste tradizioni arrivano anche negli Stati Uniti. È qui che, tra Ottocento e primo Novecento, Babbo Natale inizia ad assumere un aspetto più laico e fiabesco. Un ruolo fondamentale lo ebbero le illustrazioni del disegnatore Thomas Nast. Che a partire dagli anni Sessanta dell’Ottocento lo raffigurò come un uomo anziano, robusto e sorridente, già vestito con abiti invernali e colori caldi, spesso vicini al rosso.

        Il passaggio decisivo avviene però nel Novecento, quando l’immagine di Babbo Natale viene fissata nell’immaginario collettivo grazie ai mass media. A partire dagli anni Trenta, l’illustratore Haddon Sundblom realizza una serie di campagne pubblicitarie per la Coca-Cola che mostrano un Babbo Natale bonario. Umano e familiare, con il celebre completo rosso bordato di bianco. È importante chiarirlo: l’azienda non ha “inventato” Babbo Natale, ma ha contribuito in modo determinante a rendere universale e standardizzata la sua iconografia.

        Il rosso, oltre a essere già presente in raffigurazioni precedenti, richiama simbolicamente il calore, l’energia e la festa; il bianco evoca la neve, l’inverno e la purezza. Una combinazione cromatica perfetta per un personaggio legato al Natale, capace di superare confini religiosi e culturali.

        Oggi Babbo Natale è una figura globale, riconoscibile ovunque, frutto di un lungo processo di trasformazione che mescola fede, folklore, arte e comunicazione. Dietro quel costume apparentemente semplice si nasconde una storia complessa, fatta di secoli di narrazioni che continuano, anno dopo anno, a rinnovare la magia del Natale.

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          Pandoro o panettone? La sfida delle feste tra tradizione, gusti e creatività in cucina

          Dalla storia alle varianti gourmet, fino ai consigli degli esperti per scegliere e servirli al meglio: una guida per affrontare il duello più dolce del Natale.

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          Panettone o pandoro?

            Quando il Natale si avvicina, sulle tavole italiane si riaccende un duello che nessuna tregua gastronomica sembra riuscire a spegnere: panettone contro pandoro. Due dolci iconici, diversissimi nella struttura, nelle origini e nella percezione collettiva. Entrambi tutelati dal marchio di “prodotto da forno a lievitazione naturale” secondo un disciplinare del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, ma con identità ben distinte.

            Il panettone, nato a Milano tra XV e XVI secolo secondo le versioni più accreditate, è caratterizzato da un impasto lievitato e arricchito con uvetta e canditi, previsti obbligatoriamente dal disciplinare per essere definito tale. Oggi convivono infinite varianti – dal cioccolato alle creme spalmabili, dalla frutta esotica alle versioni senza zuccheri aggiunti – ma l’aroma agrumato della scorza d’arancia rimane la firma più riconoscibile.

            Il pandoro, invece, arriva da Verona e vanta radici ottocentesche. Il suo impasto, morbido e compatto, è ricco di burro e uova e deve la sua soffice fragranza alla lunga lievitazione. Privo di canditi o frutta, è il dolce “neutro” per eccellenza, spesso preferito da chi cerca una dolcezza più semplice. La caratteristica forma a stella a otto punte e lo zucchero a velo – da spargere al momento – ne completano il rito.

            Negli ultimi anni la competizione si è fatta ancora più serrata, complice la crescita dei piccoli laboratori artigianali e delle pasticcerie di alta qualità. Molti consumatori, infatti, cercano prodotti lievitati naturalmente per almeno 24-36 ore, con ingredienti selezionati e senza conservanti aggiunti. Le vendite confermano una tendenza in crescita: secondo i dati dell’Unione Italiana Food, tra panettoni e pandori il mercato supera ogni anno i 100 milioni di pezzi venduti, con il panettone che registra un aumento costante, soprattutto nelle versioni “creative”.

            Ma come scegliere tra i due protagonisti natalizi? Gli esperti suggeriscono di valutare alcune caratteristiche chiave. Nel panettone è fondamentale l’alveolatura dell’impasto: deve essere irregolare e ben sviluppata, indice di una lievitazione corretta. Il profumo deve richiamare burro e agrumi, mentre la cupola deve risultare elastica. Per il pandoro, invece, la qualità si riconosce dalla sofficità: la fetta deve “strappare” con leggerezza e non risultare asciutta. Il colore giallo intenso è un buon indicatore della ricchezza dell’impasto.

            La sfida, però, non si ferma al prodotto: anche il modo in cui vengono serviti cambia il risultato in tavola. Il panettone, ad esempio, dà il meglio di sé se tagliato a spicchi verticali dopo averlo lasciato a temperatura ambiente per almeno un’ora. Il pandoro, invece, può essere porzionato a fette orizzontali per ottenere la classica “stella” che spesso diventa la base per creme al mascarpone, chantilly o gelati.

            Gli abbinamenti sono un altro terreno fertile per la creatività. Il panettone tradizionale si sposa con vini aromatici come Moscato d’Asti o Passito di Pantelleria, mentre le versioni al cioccolato trovano un alleato ideale nei rum o nei distillati morbidi. Il pandoro, più delicato, predilige spumanti dolci e bollicine leggere, ma può diventare sorprendente se accompagnato da creme agrumate che spezzano la sua dolcezza.

            Sul fronte dei consumatori la sfida resta aperta: chi apprezza la complessità del panettone difficilmente rinuncia ai canditi, mentre chi ama le consistenze più soffici dichiara fedeltà assoluta al pandoro. Eppure, nelle cucine di molti italiani cresce una tregua inedita: la convivenza pacifica dei due dolci sulla stessa tavola, spesso affiancati da versioni “limited edition”, glasse artigianali e farciture gourmet.

            Alla fine, forse, il vero vincitore non è l’uno né l’altro, ma la possibilità di trasformare questa rivalità gastronomica in un’occasione per condividere sapori e tradizioni. Perché, sotto l’albero, c’è spazio per tutti: per la cupola profumata del panettone e per la morbida eleganza del pandoro, entrambi ambasciatori di un Natale che, almeno a tavola, riesce sempre a mettere tutti d’accordo.

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              Il profumo perfetto sotto l’albero: come scegliere il regalo ideale senza sbagliare

              Dalle famiglie aromatiche alle abitudini quotidiane di chi lo riceverà: ecco i criteri per orientarsi tra centinaia di essenze e trovare quella davvero giusta.

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              Il profumo perfetto sotto l’albero

                Regalare un profumo a Natale è un gesto intimo e raffinato, ma scegliere la fragranza giusta può trasformarsi in una sfida. Non si tratta soltanto di individuare un’essenza gradevole: il profumo racconta qualcosa di personale, riflette lo stile e lo stato d’animo di chi lo indossa, e deve adattarsi alla pelle e alle abitudini di ogni persona. Per questo è fondamentale conoscere alcuni criteri che aiutano a prendere la decisione migliore e a evitare scelte azzardate.

                Conoscere le famiglie olfattive

                Il primo passo è orientarsi tra le grandi famiglie olfattive, uno strumento essenziale del mondo della profumeria. Le categorie principali sono: floreale, agrumata, orientale, legnosa, aromatica, fruttata e cipriata. Ogni famiglia evoca sensazioni diverse: le floreali sono romantiche e leggere, le legnose intense e sofisticate, le orientali avvolgenti e calde, le agrumate fresche e dinamiche.

                Capire quali note dominano nelle fragranze abitualmente usate dal destinatario del regalo può già indirizzare verso un profumo compatibile con i suoi gusti.

                Osservare la personalità di chi lo riceve

                Il profumo è uno specchio del carattere. Chi ama la discrezione potrebbe preferire fragranze fresche e pulite, come quelle a base di agrumi o note marine. Le persone energiche e sportive spesso prediligono sentori dinamici come menta, basilico o bergamotto.

                Al contrario, chi ha uno stile elegante e ricercato può apprezzare profumi più complessi, con note ambrate, legnose, vanigliate o speziate. Le essenze floreali morbide — come rosa, gelsomino o peonia — sono invece perfette per personalità romantiche o nostalgiche.

                Considerare il periodo dell’anno

                Non esiste un profumo “quattro stagioni” universale. Molte persone preferiscono fragranze fresche e luminose nei mesi caldi, mentre d’inverno si orientano verso note più calde e avvolgenti. Per un regalo natalizio, nocciola, cannella, ambra, muschio, cuoio e spezie possono risultare particolarmente adatti alla stagione, evocando atmosfere accoglienti e festive.

                Eau de toilette o eau de parfum?

                Un altro elemento da valutare è la concentrazione.

                • Eau de toilette (EDT): più leggera, perfetta per chi non ama profumi intensi o lavora in ambienti dove la discrezione olfattiva è richiesta.
                • Eau de parfum (EDP): persistente, ricca e profonda, ideale per chi cerca un’essenza che accompagni tutto il giorno.
                • Parfum: la forma più concentrata e duratura, generalmente scelta da appassionati esperti.

                Capire ciò che il destinatario preferisce evita di regalare qualcosa che risulti troppo forte o troppo tenue.

                Attenzione al tipo di pelle

                La chimica cutanea influisce sulla resa del profumo: una fragranza può sembrare diversa da persona a persona. Le pelli secche, ad esempio, trattengono meno le molecole profumate, mentre quelle più idratate ne aumentano la durata. Anche questo può guidare la scelta, indirizzando verso fragranze più o meno intense.

                La soluzione “sicura”: i profumi iconici

                In caso di dubbio, esistono fragranze “evergreen” considerate grandi classici, apprezzate e vendute da anni grazie alla loro equilibrata costruzione olfattiva. Non garantiscono la perfezione assoluta, ma rappresentano una scelta solida e più facile da indossare. Le profumerie, inoltre, propongono spesso cofanetti natalizi con formati diversi: un modo elegante per regalare un set completo senza rischiare troppo.

                Il valore di un gesto personalizzato

                Per rendere il dono ancora più speciale, molte maison offrono la possibilità di incidere il nome sul flacone o aggiungere un packaging dedicato. Un dettaglio che trasforma un semplice regalo in un ricordo prezioso.

                Scegliere un profumo per Natale non è soltanto un acquisto: è un’attenzione sincera, un modo per raccontare affetto attraverso una scia che accompagna chi la indossa. Con qualche accortezza e un pizzico di sensibilità, trovare la fragranza giusta diventa un gesto significativo, capace di lasciare il segno molto più a lungo delle feste.

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