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G7, Bottura ai fornelli per domare i leoni del mondo!

Il conto alla rovescia è azzerato, è già iniziato il 50° vertice del G7, un evento cruciale che riunirà in Puglia, i leader delle sette potenze industriali più avanzate del pianeta. Menu speciali ideati e preparati dallo chef stellato Massimo Bottura, e menu di benvenuto innaffiati con vini pregiati delle cantine di Bruno Vespa.

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    Da oggi fino al 15 giugno 2024, l’affascinante cornice di Borgo Egnazia in Puglia farà da sfondo a un incontro di portata globale, presieduto dalla premier italiana Giorgia Meloni. Un’occasione unica per discutere le sfide più urgenti che il mondo odierno si trova ad affrontare e per individuare soluzioni condivise per un futuro migliore.

    Ma questo G7 non sarà solo un evento politico di alto livello. Assumerà infatti un valore storico ancora più profondo grazie alla straordinaria partecipazione di Papa Francesco. La presenza del Santo Padre sottolinea l’importanza di un dialogo costruttivo tra fede e politica, tra etica e concretezza, per affrontare le grandi tensioni che riguardano l’umanità.

    Ma affiliamo le forchette!
    Oltre alle intense sessioni di lavoro, il 50° vertice del G7 sarà caratterizzato da momenti di buffet di benvenuto, cena inaugurale e banchetti con eccellenze enogastronomiche di menu speciali ideati e preparati dallo chef stellato Massimo Bottura. I brindisi con menu di benvenuto, a cura di organizzazioni locali, saranno, invece, bagnati con i vini di Bruno Vespa, provenienti dalla selezionatissima cantina del noto giornalista Rai.

    Il maestro chef Massimo Bottura e a destra alcune pietanze

    Bottura, un maestro del gusto al servizio dei potenti
    Massimo Bottura, il pluripremiato chef dell’Osteria Francescana di Modena, non è certo un novellino quando si tratta di eventi di alto profilo. Anzi, potremmo definirlo un vero e proprio ambasciatore del gusto italiano nel mondo.

    Nel corso della sua brillante carriera, Bottura ha avuto l’onore di cucinare per capi di stato e di governo di diverse nazioni, conquistandoli sempre con la sua straordinaria abilità culinaria e la sua capacità di celebrare l’essenza della cucina italiana.

    2015: un menu speciale per il presidente francese François Hollande e il premier italiano Matteo Renzi.
    2017: una cena di gala per l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama e sua moglie Michelle
    2016: un menu a base di prodotti modenesi per la cancelliera tedesca Angela Merkel.

    In ogni occasione, Bottura ha saputo stupire e deliziare i suoi ospiti con piatti che fondono sapientemente tradizione e innovazione. La sua cucina è un omaggio alla ricchezza e alla varietà della gastronomia italiana, un viaggio sensoriale che conquista anche i palati più esigenti.

    Al G7 di Fasano, Bottura avrà nuovamente l’opportunità di mostrare il suo talento al mondo intero. I due menù che ha preparato per i leader mondiali, “Vieni in Italia con me”, saranno sicuramente un successo, un trionfo di sapori, un vero e proprio viaggio ideale tra i sapori della Penisola, un percorso che attraverserà le diverse regioni italiane, dal Nord al Sud, alla scoperta delle loro eccellenze culinarie.

    Il 1° menù

    – Pane e pomodoro della Campania

    – Zuppa di pesce adriatico in stile lagunare (Veneto)

    – Risotto all’astice blu con fondo di branzino e agrumi (Sardegna)

    – Merluzzo, salsa di olive verdi di Nocellara, capperi di Pantelleria e colatura di alici di Cetara (Sicilia)

    – Crostatina di limoni di Sorrento, bergamotti di Calabria e mandorle di Noto (tutto il Sud).

    Il 2° menu

    Pesto alla genovese (Liguria)

    Lasagna (Bologna)

    Tortellini in crema leggera al Parmigiano Reggiano (Bologna)

    Fassona con salsa al Barolo e tartufo nero d’Abruzzo (Piemonte e Abruzzo)

    Pane proveniente da Matera (Basilicata)

    Dolce ai frutti di bosco in crema di latte e vaniglia al profumo di basilico (Trentino).

    Un’esperienza sensoriale unica che i leader del G7 avranno il privilegio di vivere. Un modo speciale per celebrare la cultura e le tradizioni del nostro Paese, mentre si affrontano le sfide globali del presente e del futuro.

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      Mondo

      Cina, stretta sui social: stop a pessimismo, troll e contenuti negativi

      Il governo lancia una campagna di due mesi per limitare messaggi che diffondono sconforto e rabbia online

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      cultura Sang

        La Cina ha deciso di lanciare una nuova campagna contro i contenuti considerati troppo negativi diffusi su internet. Lunedì l’Amministrazione del Cyberspazio cinese ha annunciato un’iniziativa di due mesi per “fermare chi incita emozioni pessimistiche e sentimenti maligni” nelle piattaforme online.

        L’operazione non riguarda solo i social network più diffusi, ma anche i servizi di video brevi, le piattaforme di live streaming usate per l’e-commerce e perfino i commenti pubblicati sotto articoli o video.

        Alcuni divieti, come quello contro la violenza o le minacce, sono comuni in molti Paesi. Ma Pechino vuole andare oltre: l’obiettivo è limitare anche chi diffonde messaggi che parlano di “vita senza speranza”, “studio inutile” o “impegno sprecato”. Si tratta di pensieri legati alla cosiddetta cultura Sang, una tendenza nata tra i giovani cinesi che esprime stanchezza, sfiducia e rassegnazione.

        Una sfida sociale ed economica

        La cultura Sang ha preso piede negli ultimi anni per vari motivi: il costo della vita sempre più alto nelle grandi città, le difficoltà a trovare lavori soddisfacenti anche per i laureati, la crescita economica più lenta rispetto al passato. Tutto questo alimenta la sensazione che “non valga la pena lottare”.

        Secondo le autorità, i social network contribuiscono a rafforzare questi sentimenti perché mostrano agli utenti contenuti simili a quelli che già guardano. In questo modo chi segue video e post “depressi” finisce per rimanere chiuso in un tunnel di pessimismo.

        Per questo la nuova campagna punta a bloccare chi “si denigra in modo eccessivo, esagera la tristezza o promuove la stanchezza esistenziale, inducendo altri a imitarla”.

        Anche troll e fake news nel mirino

        Il governo vuole colpire anche i troll, cioè gli utenti che organizzano attacchi online contro altri. Il documento ufficiale cita il caso di chi sfrutta film, talk show o eventi sportivi per spingere i fan a lanciarsi in insulti e denunce di massa contro i rivali.

        Nella lista nera entrano pure i contenuti generati dall’intelligenza artificiale che mostrano scene violente, così come la diffusione di teorie del complotto e notizie false.

        Le piattaforme che ospiteranno post vietati rischiano multe e dovranno effettuare una “rettifica”: non solo scuse formali, ma l’impegno concreto a cambiare regole e strumenti per impedire che gli errori si ripetano.

        Non è la prima volta

        Non si tratta di una novità assoluta. Secondo dati raccolti da The Register, questa è almeno la quinta campagna di questo tipo dal 2021. Ciò fa pensare che le precedenti non abbiano avuto un’efficacia duratura.

        Tuttavia il messaggio politico è chiaro: la Cina vuole mantenere il controllo sul clima emotivo della sua rete, limitando i discorsi di scoraggiamento e rafforzando una narrazione positiva.

        Resta da capire se questo intervento servirà davvero a migliorare l’umore collettivo o se finirà per alimentare nuove critiche, magari proprio di quel pessimismo che Pechino vuole mettere a tacere.

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          Mondo

          Pete Hegseth, il generale del botox: “Vuole un esercito a sua immagine”. E mentre predica disciplina, si liscia le rughe

          Il 45enne ex volto di Fox News, noto per le sue crociate contro “soldati grassi e trascurati”, avrebbe ceduto al bisturi soft per rifinire la sua immagine. “È ossessionato dal corpo e dall’idea di forza”, racconta una fonte interna. Intanto il Dipartimento della Difesa attacca la stampa ma non smentisce.

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            L’unica guerra vinta, finora, sembra quella contro le rughe. Pete Hegseth, 45 anni, ex anchorman di Fox News e oggi capo del Pentagono nell’amministrazione Trump, è finito nel mirino del Daily Mail per un presunto trattamento estetico a base di botox. Le immagini pubblicate dal quotidiano britannico mostrano il segretario della Difesa prima e dopo un ciclo di iniezioni che, dicono i bene informati, risalirebbe a circa un mese fa.

            Niente conferme ufficiali dal Dipartimento della Difesa, che ha definito “spazzatura” l’articolo, ma le foto parlano chiaro: pelle più liscia, fronte immobile, linee d’espressione sparite. E così, mentre il mondo osservava le crisi in Ucraina e Medio Oriente, il guerriero dell’America si sarebbe concesso un blitz di vanità.

            Hegseth, veterano dell’Iraq e volto simbolo della destra trumpiana, aveva da poco invocato “standard fisici più duri” per le forze armate, criticando “i soldati grassi, i tatuaggi e la cultura del disimpegno”. Un approccio militare e morale che sembra cozzare con il suo nuovo volto di cera.

            Una fonte interna al Pentagono, citata dal Daily Mail, racconta un retroscena gustoso: “È tutta una questione di ego per Pete. È sempre stato pieno di sé, ma ultimamente il suo ego è alle stelle. È ossessionato dal suo corpo e ora vuole creare un esercito a sua immagine”.

            Hegseth non è nuovo alle polemiche. Ex opinionista tv e autore di bestseller patriottici, ha costruito la propria carriera sulla retorica dell’uomo forte, il patriota puro, l’americano che non cede al politically correct. Ora, però, l’eroe del fitness patriottico deve fronteggiare una nuova accusa: quella di essersi arreso alla più borghese delle debolezze, il bisturi.

            Per qualcuno, la trasformazione estetica è solo un dettaglio. Per altri, è la metafora perfetta del nuovo Pentagono: duro con gli altri, morbido con se stesso.

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              Mondo

              Quando la politica imita la TV: perché Putin crede che Trump e Civil War segneranno la fine dell’impero americano

              Tra fiction e geopolitica, il Cremlino vede nel ritorno di Trump alla Casa Bianca e nel film distopico di Alex Garland che (in Italia chiunque può vedere su Amazon Prime) il preludio a una disgregazione degli Stati Uniti. Un’analisi che intreccia la realtà e la fantasia per sostenere l’idea di un impero al tramonto.

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                Può un film distopico che in Italia tutti possono vedere su Amazon Prime influenzare la politica del mondo intero? La risposta potrebbe sembrare no, ma non per Vladimir Putin. In Russia, Civil War, il film diretto da Alex Garland, è stato accolto come molto più di un’opera di intrattenimento: è stato interpretato come una rappresentazione concreta del declino dell’impero americano, una visione che, agli occhi del Cremlino, si intreccia perfettamente con la rielezione di Donald Trump.

                Un futuro distopico

                La trama del film, ambientata in un futuro distopico, segue un gruppo di giornalisti in un’America devastata dalla guerra civile, dove odio, intolleranza e disuguaglianza dilagano senza controllo. Garland dipinge un quadro terribilmente realistico di un Paese in frantumi, incapace di affrontare le sue crisi interne e divorato dalla violenza. L’opera, concepita come una metafora critica, in Russia è stata vista come una previsione di ciò che potrebbe realmente accadere.

                Non è solo un film

                Per il Cremlino, Civil War non è solo un film, ma un modo per analizzare e interpretare le fragilità americane. Non a caso, il titolo è stato tradotto in russo con un’enfasi particolare sulla “fine di un impero”, e il messaggio del film è stato adattato alla narrativa politica locale. Secondo molti osservatori russi, l’America di oggi rispecchia fin troppo bene quella immaginata da Garland: un Paese polarizzato, segnato da tensioni razziali, disuguaglianze economiche e un sistema politico sempre più paralizzato dai conflitti interni.

                Il collasso di una superpotenza

                In questo contesto, la rielezione di Trump alla presidenza degli Stati Uniti è vista da Mosca come l’elemento che potrebbe accelerare il collasso di questa superpotenza. Non si tratta di simpatia o di un’alleanza strategica con l’ex presidente americano. Al contrario, Putin e il suo entourage sembrano essere pienamente consapevoli del fatto che Trump non sarà un leader facile con cui trattare, né tanto meno un amico della Russia. Ma proprio per questo motivo, lo considerano il leader ideale per alimentare ulteriormente le divisioni interne agli Stati Uniti.

                Il suo peggior nemico

                Secondo questa visione, Trump non è il salvatore dell’America, ma il suo peggior nemico. La sua retorica divisiva, il suo stile di governo imprevedibile e la sua tendenza a sfidare le istituzioni democratiche sono considerati il catalizzatore perfetto per portare l’America più vicina al baratro. E in un mondo in cui il cinema spesso anticipa o rispecchia le ansie della realtà, Civil War diventa una lente attraverso cui il Cremlino osserva e spera di capire l’evoluzione del nemico numero uno.

                Trump non è visto come un alleato della Russia

                Mikhail Zygar, giornalista russo in esilio, ha descritto con lucidità questa strategia in una sua analisi: “Trump non è visto come un alleato della Russia, ma come un’arma contro l’America stessa. La sua rielezione è considerata un’opportunità per alimentare il caos e accelerare la disgregazione degli Stati Uniti”.

                La lettura russa di Civil War non è casuale. Il film, con la sua rappresentazione spietata di un’America che implode sotto il peso delle sue contraddizioni, risuona profondamente in un Paese che da sempre guarda agli Stati Uniti come a un rivale da superare. Il Cremlino ha trasformato questa opera cinematografica in una sorta di mappa geopolitica: una guida simbolica alle fragilità americane e un modo per rafforzare la propria narrativa di un Occidente in declino.

                Ma quanto di questa visione è realtà e quanto è solo un desiderio proiettato? L’America è davvero sull’orlo di un collasso simile a quello immaginato da Garland, o il Cremlino esagera deliberatamente per alimentare la sua propaganda interna? Quello che è certo è che il ritorno di Trump alla Casa Bianca promette di portare nuove sfide, non solo per gli Stati Uniti ma per l’intero equilibrio globale.

                E mentre Civil War continua a essere trasmesso come un avvertimento distopico, per Putin e il suo entourage è qualcosa di più: una possibile profezia che attendono con impazienza di vedere avverarsi. Forse Hollywood non cambierà il mondo, ma l’idea che possa farlo rende il gioco geopolitico ancora più interessante, e decisamente inquietante.

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