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Cronaca

Pranzare in Autostrada? Meglio morire di fame…

I costi degli autogrill delle autostrade italiane sono diventati un argomento di discussione tra i viaggiatori, spingendo molti a cercare soluzioni alternative per evitare di spendere cifre considerevoli per pasti e snack durante i loro viaggi.

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pranzare in autostrada sta diventando proibitivo per i costi eccessivi

    Mettiamo caso che hai una famiglia tradizionale, composta un padre, una madre e due figli adolescenti e decidi di andare a trascorrere qualche giorno in vacanza in un luogo che dista una giornata di viaggio. Ti fermerai in autostrada almeno due volte? Bene. Una delle due soste la utilizzerai per mangiare un boccone tutti insieme. Ci sediamo? Forse è meglio di no dai, abbiamo poco tempo e poi hai visto i prezzi? Va bene allora restiamo al bar. Voi ragazzi che prendete…A questo punto qui ci vorrebbe uno di quegli ‘emoticon’ con la faccina disperata!

    Prezzi nelle aree di sosta alle stelle

    E tutto d’un tratto capisci, perché non viaggi da un po’, che i prezzi dei punti ristoro delle autostrade italiane, di qualsiasi catena di distribuzione facciano parte, sono aumentati. Di tanto. Ciò che una volta era considerato un momento per una pausa rapida e relativamente economica, oggi è diventato un lusso che molti automobilisti cercano di evitare. Qualche esempio? Vediamoli.

    Capitolo panini

    I panini sono spesso la scelta preferita per chi desidera un pasto veloce durante il viaggio. Ma i prezzi attuali sono davvero scoraggianti: Si passa da un panino classico (prosciutto e formaggio) a 5-7 euro a un panino gourmet (con ingredienti più ricercati come salmone affumicato o mozzarella di bufala) che può tranquillamente arrivare a costare tra i 10 e i 13 euro. Visto con i miei occhi. Ma il panino non è big size. E’ quello di sempre.

    Primi piatti e snack da capogiro

    Se ti vuoi proprio sedere o comunque cerchi di evitare il panino ma preferisci una pietanza più sostanziosa, puoi cimentarti con una pasta al pomodoro dagli 8 ai 10 euro. Oppure scegli una lasagne: 10-12 euro. Ti piace il risotto? Meno di 12 euro non lo trovi a meno che non sia in bianco burro e formaggio. Risultato: almeno 8 euro. Una soluzione potrebbero fornirli gli snack ma anche in questo caso i prezzi sono aumentati. Patatine: 3 euro per una busta mignon, 5 euro per la media. Barrette di cioccolato a 3,5 euro come se piovesse. Se ti butti sulla frutta fresca nel bicchierone una confezione di quella tagliata a pezzi grossi può costare fino anche 6 euro. E l’acqua? E’ passata a 1,5 euro fisso con punte di 2 euro, per la bottiglietta classica che ora ha il tappo che non si stacca. Se poi passi alle big size di alcune marche non spendi meno di 3,5 euro.

    Colpa dell’inflazione? No, della poca concorrenza…

    Questi prezzi riflettono non solo l’inflazione e l’aumento generale dei costi, ma anche la posizione strategica degli autogrill, che spesso hanno pochi concorrenti nelle immediate vicinanze. Molti viaggiatori, per risparmiare, preferiscono portarsi il cibo da casa o fare una deviazione fuori dall’autostrada per trovare alternative più economiche.

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      Mondo

      Elon Musk “programma” il suo chatbot per essere scorretto: Grok diventa nazista in 3, 2, 1…

      Nel giorno in cui Elon Musk aggiorna Grok per renderlo più “politicamente scorretto”, l’intelligenza artificiale di X esplode in un tripudio di antisemitismo, complottismo e frasi degne del Mein Kampf. X corre a cancellare tutto. Ma il mostro, stavolta, lo ha costruito da solo.

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        Elon Musk voleva una voce fuori dal coro, qualcosa di alternativo ai chatbot “woke” e troppo corretti come ChatGPT o Gemini. E così ha modificato Grok, l’intelligenza artificiale targata X, per renderla più “audace”, “diretta”, “politicamente scorretta”. Detto, fatto. In poche ore Grok è diventato un Mein Kampf 2.0: ha inneggiato a Hitler, minimizzato l’Olocausto, puntato il dito contro “gli attivisti dai cognomi ashkenaziti” e definito le politiche antirazziste “odio contro i bianchi”.

        Una macchina dell’odio perfettamente confezionata, prodotta in casa Musk. Altro che algoritmo ribelle: Grok ha seguito le istruzioni. È diventato esattamente ciò che Elon voleva. Solo che invece di dire “le cose come stanno”, ha vomitato slogan neonazisti e complottismi da sottoscala digitale.

        Il tutto è esploso in pubblico martedì. Grok ha risposto a un account fake che insultava le vittime di un’alluvione in Texas con frasi degne del peggior suprematismo bianco. Non contento, ha citato l’Olocausto come “esempio di risposta efficace” e ha chiesto, sarcastico, di farsi passare i baffi se dire la verità lo rende “letteralmente Hitler”.

        Nel frattempo, X (l’ex Twitter) ha rimosso tutto. Peccato che lo schifo fosse già virale. E, proprio il giorno dopo, la CEO Linda Yaccarino si è dimessa senza dare spiegazioni. Cosa sarà mai andato storto?

        Musk tace, o peggio, rilancia. In nome della libertà d’espressione, sta distruggendo ogni argine etico. E se l’AI dev’essere “libera”, il risultato non è il dissenso. È l’odio. Programmato. Pubblicato. E, stavolta, firmato Elon Musk.

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          Italia

          Plasmon torna italiana dopo 50 anni: il biscotto dell’infanzia rientra a casa

          Il gruppo emiliano NewPrinces rileva lo storico marchio dai colossi americani di Kraft Heinz. Un ritorno al made in Italy che sa di rivincita industriale (e sentimentale)

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            Dopo cinquant’anni trascorsi all’estero, Plasmon torna italiana. Lo storico marchio di biscotti per l’infanzia – icona dolce di generazioni di bambini e segreto inconfessabile per molti adulti – è stato acquistato dal gruppo emiliano NewPrinces (ex Newlat Food), che ha rilevato le attività italiane di Heinz per una cifra vicina ai 120 milioni di euro.

            A vendere è stato il colosso statunitense Kraft Heinz, che dal 1967 controllava Plasmon e che ora cede non solo il marchio madre, ma anche altri brand come Nipiol, BiAglut, Aproten e Dieterba, tutti specializzati nell’alimentazione infantile e dietetica. Il cuore produttivo dell’operazione è lo stabilimento di Latina, dove ogni anno vengono sfornati 1,8 miliardi di biscotti, omogeneizzati e pappe.

            Fondata nel 1902 a Milano dal medico Cesare Scotti, Plasmon è stata per decenni un punto fermo della tavola italiana, soprattutto durante il boom demografico del dopoguerra. Complice la pubblicità in Carosello e le scatole di latta diventate oggi oggetto vintage, il marchio ha conquistato una fiducia senza tempo.

            La vendita alla Heinz americana, avvenuta negli anni Sessanta, aveva segnato l’inizio di una lunga fase di internazionalizzazione, ma anche di distacco emotivo dal territorio. Ora, grazie a NewPrinces, il brand fa ritorno in mani italiane. Una mossa non solo industriale ma anche simbolica, che parla di filiere locali, know-how nazionale e voglia di riportare valore a casa.

            Lo stabilimento di Latina, considerato tra i più avanzati d’Europa nel settore, continuerà a produrre anche per il mercato britannico, almeno per un periodo transitorio. Ma il controllo, questa volta, torna sotto bandiera tricolore.

            NewPrinces – già attiva con brand storici come Polenghi e Delverde – punta così a rafforzare la propria posizione nel comparto baby food. In un mercato da 200 milioni di euro di fatturato e un margine operativo lordo di circa 17 milioni.

            Una buona notizia, per una volta. Che sa di latte caldo, biscotti e orgoglio nazionale.

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              Italia

              Dallo stupro di gruppo al profilo su OnlyFans: la nuova vita (e le nuove domande) di Asia Vitale

              La ragazza simbolo del caso Palermo si mostra oggi senza filtri su OnlyFans. Rivendica il controllo sul proprio corpo. Ma tra emancipazione e contraddizione, resta l’amaro dubbio: stiamo assistendo a una rinascita o a una nuova forma di esposizione?

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                Due anni fa il suo nome è diventato simbolo. Asia Vitale, la ragazza di Palermo violentata da sette ragazzi in un cantiere abbandonato, oggi riappare sotto una luce diversa: quella di una webcam. Dopo la chiusura del suo profilo Instagram e il calo dei follower, ha aperto un nuovo canale su OnlyFans. Si chiama AsiaVitale3.0 e propone contenuti sessuali a pagamento. Tutto legale, tutto consenziente, tutto rivendicato.

                “Il corpo è mio”, dice. “Chi ha problemi con questo mestiere dovrebbe cambiare mentalità”. Eppure, la sua storia personale rende difficile ignorare la frattura tra passato e presente. Dopo aver subito un’aggressione brutale e aver vissuto anni in comunità per allontanarsi da una famiglia che lei stessa definisce “tossica”, oggi Asia monetizza la propria immagine, il proprio corpo, la propria sessualità.

                Non c’è giudizio, ma c’è stupore. Non si tratta di negare la libertà di scelta, ma di registrare una contraddizione che interroga chi osserva. Come si arriva, da una violenza così feroce, a scegliere di mettersi di nuovo sotto gli occhi di tutti, stavolta per guadagnare?

                “Ho rimosso le loro facce”, dice parlando dei suoi aggressori. “Cerco solo di andare avanti”. Racconta di un rapporto con il sesso profondamente cambiato, più consapevole, più adulto. Ma confessa anche un trauma più recente: un sequestro subito a Ballarò, da parte della madre di uno degli accusati, che voleva costringerla a ritirare la denuncia.

                Oggi lavora in un hotel a Courmayeur e prova a costruirsi una nuova vita. OnlyFans la aiuta a far quadrare i conti, ma non garantisce stabilità. I video vengono pagati, ma possono anche essere rivenduti illegalmente. Un’altra forma di sfruttamento, di cui Asia è perfettamente consapevole.

                Il suo è un racconto di sopravvivenza. Ma anche una domanda aperta: dopo tutto questo dolore, davvero la libertà passa ancora per l’esposizione del corpo?

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