Musica
Torna la Beatlemania.. o forse non ci ha mai abbandonato
Prodotto da un grande nome del cimea di Hollywood come Martin Scorsese, è stato annunciato un nuovo documentario sui Beatles, che conterrà materiale inedito della loro calata in terra americana nel 1964.

Tutti i fan sono già in allerta: è in arrivo sulla piattaforma Disney+ Beatles ’64, documentario che secondo il comunicato ufficiale diramato “cattura l’elettrizzante momento della prima visita dei Beatles in America” oltre 60 anni fa. Sarà disponibile sulla piattaforma streaming da venerdì 29 novembre. Qui di seguito il primo trailer.
Firme illustri quelle coinvolte
Martin Scorsese ha prodotto il documentario insieme a Margaret Bodde, Paul McCartney, Ringo Starr, la vedova di George Harrison Olivia Harrison, il figlio di John Lennon Sean Ono Lennon, Jonathan Clyde e Mikaela Beardsley. Jeff Jones e Rick Yorn sono invece i produttori esecutivi.
Nuova vita con il restauro in 4K
Tra i filmati mai visti prima inclusi in Beatles ’64 ci sono video realizzati dai documentaristi Albert e David Maysles e restaurati in 4K. Come le esibizioni dal vivo del concerto di debutto dei Beatles negli Stati Uniti apresso il Coliseum di Washington e le loro apparizioni al mitico programma televisivo Ed Sullivan Show, queste ultime demixate da WingNut Films e remixate da Giles Martin.
Nuove interviste ai due Beatles in vita
Il periodo in cui la Beatlemania raggiunse l’America per la prima volta è raccontato perfettamente in questo documentario. Un lavoro che presenta alcuni filmati mai visti prima d’ora dei Beatles mentre sbarcava in America con una fanfara, oltre a nuove interviste con Paul McCartney e Ringo Starr, i due componenti ancora in vita.
Ristampe in arrivo
In concomitanza con l’uscita del documentario, è annunciata per il 22 novembre la ristampa su vinile da 180 grammi di 7 album in studio dei Beatles pubblicati negli Stati Uniti. Tanto per non farci mancare nulla… la discografia è sempre all’erta nello sfruttare ogni occasione per vendere nuovamente il materiale dei Fab Four. La giustificazione consuetà prevede la possibilità di far conoscere la loro musica anche alle nuove generazioni. Quella vera è l’ennesimo tentativo di sfruttare fino all’osso un patrimonio commerciale che, almeno per il momento, resiste all’usura del tempo.
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Musica
Lady Gaga conquista Milano: «Sono una ragazza fortunata. Questa sera canto per le mie nonne italiane»
Davanti a 11mila fan in delirio, la popstar si commuove parlando delle sue origini e dedica Joanne alle sue nonne: «L’orgoglio italiano è la mia forza». Lacrime, fuoco e applausi per uno show che unisce teatro, pop e confessione personale.

Milano si arrende a Lady Gaga. Il Mayhem Ball approda all’Unipol Forum di Assago e trasforma la serata in un rito collettivo di musica, fuoco e orgoglio italiano. Il concerto comincia ancora prima che la popstar salga sul palco: sul maxischermo scorrono i messaggi dei fan raccolti dal progetto interattivo Voices of Mayhem, con dediche e testimonianze da tutto il mondo. “Stasera si avvera il sogno di un bambino che si vergognava di tutto, tranne di ascoltare Lady Gaga”, scrive un fan. Un altro messaggio commuove la platea: “Ho avuto il cancro al seno un anno fa. Oggi sto bene. Essere qui significa molto per me.”
Quando le luci si abbassano, il boato del Forum è travolgente. Gaga appare in una gonna rossa lunga sette metri, con i ballerini rinchiusi in una gabbia d’acciaio sotto di lei. È l’inizio di uno spettacolo che più che un concerto sembra un’opera teatrale in quattro atti, tra scenografie neogotiche, fiamme, proiezioni e costumi scultorei.
Tra il pubblico, anche Donatella Versace, Marco Mengoni, Elodie, Francesca Michielin e Stefano De Martino. Tutti in piedi per l’artista che, dopo sette anni di assenza dall’Italia, torna più intensa che mai.
Dopo i primi brani, Gaga si ferma, sorride e si presenta: «My name is Stefania, Joanna, Angelina, Germanotta!». Il pubblico esplode in un applauso lunghissimo. Poi, seduta al pianoforte, regala una versione acustica di Joanne, il brano più personale del suo repertorio: «Sono una ragazza molto, molto fortunata. L’altro giorno dicevo al mio fidanzato Michael che la cosa più grande che ho imparato è l’orgoglio italiano. È l’orgoglio di mio padre, di mia madre e di mia nonna. Questa sera voglio dedicare questa canzone alle mie due nonne italiane».
Il Forum si ferma. Un coro spontaneo di “Sei bellissima” riempie l’arena. Gaga si commuove, ringrazia e si asciuga le lacrime. Poi guarda verso la platea e chiama Donatella Versace: «Quando non stavo bene, molte persone sono sparite. Ma Donatella è rimasta. È stata una vera mentore e mi ha insegnato a essere gentile». Parte The Edge of Glory e il pubblico si trasforma in un’unica voce.
Il gran finale è un crescendo di energia pura: Born This Way, Poker Face, Bad Romance. Fumo, coriandoli e applausi infiniti.
Davanti a 11mila spettatori in delirio, Lady Gaga saluta così la sua Milano: «L’Italia è la mia casa, la mia anima. Vi amo con tutto il cuore».
Una dichiarazione d’amore che vale più di qualunque bis.
Musica
Springsteen da Fazio: «Non possiamo diventare un’autocrazia. L’America deve restare libera»
In collegamento con Fabio Fazio, Bruce Springsteen parla del film sulla sua vita e dell’America di oggi: «Abbiamo commesso errori, ma non abbiamo mai perso la democrazia. Io continuerò a difenderla».

Bruce Springsteen e Jeremy Allen White, il Boss e il suo alter ego cinematografico, appaiono fianco a fianco nello studio di Che tempo che fa. In collegamento con Fabio Fazio, i due presentano Springsteen: Liberami dal Nulla, il primo film autorizzato dal leggendario cantautore sulla propria vita, in uscita il 23 ottobre.
Un incontro raro, in cui musica, cinema e introspezione si fondono. Il film — diretto da Scott Cooper — racconta gli anni cruciali tra il 1981 e il 1983, quelli che portarono alla nascita di Nebraska, l’album più intimo e spoglio del Boss. «Non so se sia stato coraggioso raccontarli — dice Springsteen — ma di certo è stato interessante. In quel periodo attraversavo una grande transizione, anche sul piano della salute mentale. Mi sono chiuso in una stanza e ho dovuto affrontare i miei demoni».
Fazio lo incalza scherzando sulla “orribile moquette arancione” in cui nacquero i brani del disco. Springsteen sorride: «L’arancione era anche il colore preferito di Sinatra! Io ho solo cercato di seguire la mia musa: la musica. Non mi preoccupo mai se un disco avrà successo, mi interessa la verità».
Jeremy Allen White, reduce dal successo di The Bear, confessa la difficoltà di vestire i panni di un’icona vivente: «Non è stato semplice interpretare un idolo così venerato. Ho studiato ogni suo gesto, ho imparato a suonare e a cantare. Ma soprattutto ho capito che il suo modo di fare musica nasceva proprio in quegli anni: dal bisogno di essere autentico».
La risposta di Springsteen è una carezza: «Ha fatto un ottimo lavoro. Penso che licenzierò Steven Van Zandt e lo sostituirò con Jeremy nella E Street Band», scherza.
Ma il tono si fa più serio quando si parla del rapporto con il padre: «Ho visto il film la prima volta con mia sorella — racconta — e insieme abbiamo rivisto la nostra famiglia. È stato toccante. Credo che in quella storia ci sia tutto: il dolore, la rabbia e anche la speranza».
Poi, inevitabile, arriva la domanda sull’America di oggi. Il Boss si fa grave: «È un momento in cui non si possono non avere dubbi su dove stiamo andando. In 250 anni abbiamo combattuto per la libertà e siamo stati un esempio di democrazia positiva. Abbiamo fatto errori, certo, ma non abbiamo mai conosciuto l’autocrazia. Io farò del mio meglio, con la mia piccola influenza, perché resti così».
Parole semplici, ma di un peso enorme. L’ennesima prova che, a 75 anni, Bruce Springsteen resta la voce più limpida — e più necessaria — del sogno americano.
Musica
Victoria Beckham riaccende i sogni dei fan: “Una reunion delle Spice Girls? Mai dire mai, allo Sphere di Las Vegas sarebbe fantastico!”

C’è un barlume di speranza per i fan delle Spice Girls, e arriva proprio da chi meno se lo aspettavano: Victoria Beckham. Intervistata sulla possibilità di una reunion, l’ex Posh Spice ha lasciato intendere che un ritorno sul palco non è del tutto escluso.
«Non solo non rinnego nulla – ha detto – ma ti dico che amo le ragazze. Non sarei quella che sono oggi se non fossi stata con loro. Prima di entrare nel gruppo ero insicura, poi loro mi hanno dato forza, identità, coraggio». Parole che suonano come un atto d’amore verso le sue ex compagne Mel B, Mel C, Emma Bunton e Geri Halliwell, con cui negli anni ha condiviso la leggenda di una delle band più iconiche degli anni Novanta.
Ma Victoria resta, come sempre, la più razionale del gruppo. Quando le chiedono se sarebbe pronta a tornare a cantare, risponde con il suo consueto aplomb britannico: «Non so nemmeno se saprei ancora farlo, insomma… non sono mai stata così brava!». E poi aggiunge, ridendo: «Allo Sphere di Las Vegas? Devo ammettere che sarebbe allettante. Quanto sarebbero brave le Spice Girls in quello show! Mi piace l’idea, tanto. Ma un tour mondiale? No, non posso. Ho un lavoro…».
Un mix perfetto di nostalgia e autoironia, che ha scatenato i fan sui social: c’è chi sogna già il grande ritorno e chi si accontenterebbe anche di un’unica serata celebrativa, magari proprio nel futuristico Sphere di Las Vegas, il nuovo tempio delle performance immersive.
Dopo oltre venticinque anni dal debutto di Wannabe, le Spice Girls restano un simbolo culturale che va oltre la musica: cinque donne che hanno rivoluzionato il pop e incarnato lo “girl power” in un’epoca che di femminismo parlava ancora sottovoce.
E se Victoria Beckham non promette nulla, il suo “mai dire mai” basta a riaccendere la speranza di milioni di fan. Perché, in fondo, una volta Spice, sempre Spice.
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