Personaggi e interviste
Piero Pelù le “canta” alla Meloni: questo governo fascio che reprime chi non si allinea
Della rockstar italiana, ex voce dei fiorentini Litfiba, le posizioni politiche sono sempre state chiare. Il suo ultimo post sui social è un lungo attacco a chi utilizza i famosi “due pesi e due misure”: con i suoi sostenitori e con chi sfila in piazza per manifestare la propria insoddisfazione.
L’attacco di Pelù è preciso, senza mezze misure: «Il governo italiano del 2024 è di ultra destra ma si sforza inutilmente – questo l’attacco del post del rocker – di negare qualsiasi similitudine col fascismo di Mussolini (quello dell’olio di ricino, degli oppositori confinati e ammazzati, quello del colonialismo assassino, delle leggi razziali, della guerra insieme a Hitler che fece 40 milioni di morti…ricordiamolo), però poi mena e arresta chi manifesta disarmato per la pace, per i diritti alla casa, per il lavoro sicuro e garantito, per lo studio, per la sanità pubblica e attacca la libertà di stampa e l’indipendenza dalla magistratura».
Solidarietà sotto forma di like da parte della barricadera Fiorella
Reo di far sfilare impuniti a Brescia e di arrestare chi manifesta per i propri diritti, ilgrido d’allarme del musicista sui social ha ricevuto molti like, anche quello della collega Fiorella Mannonia, altro personaggio della musica – molto attiva sui social – che non ha mai lesinato critiche politiche all’attuale compagine governativa. La repressione con la forza verso chiunque non sia allineato è il concetto-chiave del suo sfogo, che prende spunto dalla manifestazione neofascista di alcuni giorni fa avvenuta a Brescia, la stessa che ha innescato la ferma risposta da parte del Comune, governato dal centrosinistra.
Gli italiani non sono tutti uguali
il cantante Piero Pelù – sono note le sue posizioni politiche contro il governo attualmente in carica – ha pubblicato un lungo post sui social nel quale attacca Giorgia Meloni e tutto l’esecutivo, accusandolo di usare due pesi e due misure verso chi scende in piazza per manifestare.
Azioni di forza degne di un regime totalitario
Il rocker toscano è un fiume in piena, dipingendo uno scenario davvero drammatico. Secondo lui il governo italiano si sforza inutilmente di negare qualunque punto di contatto col regime instaurato dal Duce, non lesinando però azioni di forza esemplari, che colpiscono i cittadini che manifestano per i loro diritti, rappresentando una precisa minaccia per la libertà di stampa e l’indipendenza dalla magistratura. La repressione del dissenso, quindi, come strategia per mantenere un sistema a garazia di pochi, schiacciando le istanze di molti.
Il governo del “melo-salvi”, inerme contro le mafie
I fatti di Brescia sono descritti in tutta la loro violenza, dove «Questo governo permette a bande neofasciste di sfilare impuniti coi loro slogan nelle vie di Brescia come è stato a Bologna (due città massacrate dagli attentati fascisti in piazza Fontana e alla Stazione Centrale, ricordiamolo). Senza alzare un dito contro la propria granitica gioventù “melo-salvi”. Questo governo è fascista perché reprime con la forza chiunque non gli sia allineato e se non reprime minaccia e esclude chi gli si oppone, ma non fa nulla contro le mafie anzi… chissà… forse… ma solo forse eh… con quell’impossibile ponte da 5 miliardi di euro (che poi raddoppieranno) chissà quanti amici vecchi e nuovi arriveranno…».
Chiosa amara
La conclusione del post di Pelù disegna uno scenario davvero cupissimo: «Questo governo “melo-salvi” è granitico e farà funzionare tutto grazie alla sua carismatica leader sostenuta dall’uomo più ricco e potente del mondo (meravigliosi siparietti gossipari si delineano per sognare tutti una nuova Biùtiful strapaesana). Ma guai a chi si fa un tiro di canna alla cena con gli amici sette giorni prima perché lucido-non-lucido starai tre anni senza patente. E allora ok, vogliamo controlli a gogo anche nelle stanze dei bottoni così il grande circo nero d’Italia ci farà godere a tutti. Che dite alle prossime elezioni lo rifacciamo “melo-salvi”?».
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Personaggi e interviste
Christian Bale costruisce un villaggio da 22 milioni per tenere uniti i fratelli in affido: il suo progetto nel deserto della California
Per Christian Bale non esiste ingiustizia più grande che vedere bambini divisi dal sistema di affido. Così, a Palmdale, nel cuore della California, sta nascendo un villaggio da 22 milioni di dollari progettato per tenerli insieme e offrirgli una nuova possibilità di vita, sotto lo stesso tetto.
Christian Bale, uno che potrebbe limitarsi a godersi i frutti dei suoi film milionari, ha deciso invece di investire tempo, denaro e visione in qualcosa di molto più concreto di un nuovo set hollywoodiano. A Palmdale, in California, l’attore sta costruendo Together California: un villaggio pensato per ospitare bambini in affido senza separarli da fratelli e sorelle. Un progetto dal valore complessivo di 22 milioni di dollari che, giorno dopo giorno, prende forma nell’assolato paesaggio del deserto.
Bale conosce bene il sistema di affido degli Stati Uniti e ne ha più volte denunciato le fragilità, soprattutto quando costringe i minori a crescere lontani dai propri familiari. Per lui non è una statistica: è una ferita aperta. «Non c’è nulla di più doloroso per un bambino che essere separato da chi ama», ha ripetuto negli anni. Ed è proprio da questa convinzione che è nato il villaggio: un luogo sicuro dove i legami non si spezzano.
Il progetto prevede abitazioni accoglienti, spazi verdi, centri educativi e un team di operatori specializzati. Un modello nuovo, pensato per ridurre i traumi e dare continuità affettiva ai piccoli ospiti. Quando sarà completato, Together California offrirà un ambiente stabile a decine di minori che oggi vivono in condizioni difficili o rischiano la separazione forzata.
Bale segue personalmente ogni fase dei lavori, lontano dai riflettori, com’è nel suo stile. Nessuna conferenza stampa, nessun tappeto rosso: solo il rumore dei cantieri e un obiettivo chiaro. Perché per lui questo non è un progetto benefico da aggiungere al curriculum, ma una battaglia che tocca il cuore della sua idea di giustizia sociale.
Nella città di Palmdale, questo villaggio è già considerato un piccolo miracolo che cresce giorno dopo giorno. Per i bambini che lo abiteranno, potrebbe diventare il luogo dove ricominciare, senza dover rinunciare alla cosa più preziosa che hanno: la propria famiglia.
Personaggi e interviste
Giorgio Panariello, tra ferite e risate: dall’infanzia segreta al fratello perduto, al sogno di Sanremo con Conti e Pieraccioni
Panariello racconta la sua infanzia segnata dagli abbandoni, il senso di colpa per il fratello morto assiderato, le spese folli degli inizi e il flop di Sanremo 2006. Ma oggi, tra tournée e nuovi progetti, ritrova l’ottimismo di sempre: “Forse ho pagato lo scotto di essere un comico, in Italia chi fa cabaret resta fuori da certi giri”.
La storia di Giorgio Panariello è una traiettoria fatta di scarti emotivi, scoperte improvvise e di un talento nato quasi per autodifesa. Il comico toscano, oggi in tournée con E se domani…, ha ripercorso le ombre della sua vita con una sincerità rara: un’infanzia che molti definirebbero difficile, lui la chiama semplicemente “singolare”.
L’infanzia segreta e la verità scoperta per caso
Fino a undici anni era convinto che i suoi fossero due genitori un po’ più anziani del normale. La realtà gli arrivò addosso tutta insieme: «La signora che compariva a Natale era mamma». Era stata lei, a soli 17 anni, ad abbandonarlo all’Ospedalino degli Innocenti di Firenze. A salvarlo fu la nonna, che lo portò a casa imponendosi su un marito contrario. Quelli che credeva fratelli erano zii, e da qualche parte c’era anche un fratello vero, Franco.
Franco, la droga e un dolore che non passa
Quando Panariello lo conobbe, gli volle bene subito. Ma la vita di Franco prese la strada peggiore: la dipendenza, la strada, un tentativo di disintossicazione e poi il destino tragico del 2011, quando fu abbandonato per strada e morì assiderato. Il comico non nasconde il tormento: «Mi sentivo in colpa, lo aiutavo dandogli soldi sapendo che fine avrebbero fatto». Una frattura che ancora oggi trattiene negli occhi.
Il successo, le spese folli e il Sanremo che brucia
Panariello non nega di essere stato un esteta dalla mano larga: «Se guadagno cinque, tre li spendo e due li tengo». E il palco, fin da ragazzo, era il suo modo per farsi vedere: firmava quaderni per “allenare” gli autografi. Poi è arrivato Sanremo 2006, un tasto dolente: «Ho sbagliato approccio. L’embargo dei discografici ha fatto il resto».
Il futuro tra amici, teatro e un’idea di Festival
Eppure, nonostante tutto, Panariello resta ottimista. Il pranzo con Conti e Pieraccioni è già fissato: se nascerà un’idea, il Festival 2026 potrebbe diventare una sorpresa. «Forse ho pagato lo scotto di essere un comico: in Italia chi fa cabaret è escluso da certi giri». Ma lui, al pubblico, chiede solo una cosa: continuare a essere visto per quello che è, un uomo che ha imparato a sorridere anche quando la vita non glielo rendeva facile.
Personaggi e interviste
Shakira porta i figli Sasha e Milan sul palco a Buenos Aires: prima esibizione insieme davanti a 45 mila fan e Piqué storce il naso
Shakira sorprende Buenos Aires invitando sul palco Sasha e Milan per cantare Acróstico davanti a 45 mila persone. Un debutto familiare mai visto prima, tra emozione, abiti scenografici e un retroscena che riguarda Gerard Piqué, tutt’altro che entusiasta dell’idea.
Un palco gigantesco, 45 mila persone in delirio e un momento che segna una prima volta assoluta. A Buenos Aires Shakira ha scelto di trasformare il suo concerto in un evento familiare, portando con sé i figli Sasha e Milan per cantare insieme Acróstico. Un gesto simbolico e potente, che ha immediatamente acceso il dibattito tra fan e addetti ai lavori.
La prima volta di Sasha e Milan davanti al pubblico
Non era mai successo. Shakira non aveva mai condiviso il palco con i figli in un’esibizione ufficiale davanti a un pubblico così imponente. Acróstico, brano intimo e carico di significati personali, è diventato il veicolo perfetto per questo debutto. Sasha e Milan hanno cantato accanto alla madre con naturalezza, trasformando la performance in un momento emotivo che ha attraversato lo stadio.
Il pubblico argentino ha reagito con un’ovazione immediata. Applausi, cori e smartphone alzati hanno accompagnato la scena, diventata virale nel giro di poche ore.
L’abito scenografico e l’effetto wow
A rendere il tutto ancora più iconico ci ha pensato l’immagine. Shakira è apparsa sul palco con un abito chiaro e voluminoso, talmente etereo da farla sembrare, come hanno scherzato molti sui social, una meringa gigante. Un look che ha accentuato il contrasto tra la dimensione spettacolare del concerto e l’intimità del momento condiviso con i figli.
La scelta estetica non è stata casuale: dolcezza, protezione, maternità. Tutti elementi che Shakira ha voluto comunicare senza bisogno di spiegazioni.
Acróstico, la canzone che parla ai figli
Acróstico non è un brano qualunque nella discografia recente di Shakira. È una canzone scritta come messaggio diretto ai figli, un racconto di resilienza e amore dopo la fine del matrimonio con Gerard Piqué. Portarla sul palco insieme a Sasha e Milan ha amplificato il significato del testo, rendendo la performance un manifesto personale oltre che artistico.
Per molti fan, questo passaggio segna una nuova fase della popstar: meno centrata sul conflitto, più concentrata sulla ricostruzione emotiva e familiare.
Il malumore di Gerard Piqué
Non tutti, però, avrebbero applaudito l’iniziativa. Secondo indiscrezioni, l’ex marito Gerard Piqué non sarebbe stato felice della scelta di coinvolgere i figli in un’esibizione così esposta. Una reazione che, inevitabilmente, riporta l’attenzione sulle dinamiche post-separazione tra i due.
La questione non è solo artistica, ma riguarda anche i confini tra vita privata e palcoscenico. Shakira sembra aver fatto una scelta chiara, assumendosene la responsabilità e trasformando il momento in un atto di normalità per i figli, nonostante l’enorme cornice mediatica.
Tra emozione e strategia narrativa
C’è chi legge la performance come un gesto spontaneo e chi, invece, come una mossa consapevole nella costruzione del racconto pubblico di Shakira. In entrambi i casi, l’impatto è stato fortissimo. La cantante ha dimostrato di saper mescolare pop, autobiografia e spettacolo in modo efficace, senza scivolare nella forzatura.
L’Argentina, da sempre uno dei Paesi più legati alla sua musica, è diventata il teatro ideale per questo passaggio. Un pubblico caldo, partecipe, pronto ad accogliere un momento che andava oltre la semplice hit.
Un’immagine che resterà
La scena di Shakira con Sasha e Milan sul palco è destinata a restare una delle immagini simbolo di questo tour. Non solo per la rarità dell’evento, ma per ciò che rappresenta: una madre che rivendica il diritto di condividere il proprio percorso artistico con i figli, anche sotto i riflettori.
Tra applausi, polemiche e reazioni contrastanti, una cosa è certa: Buenos Aires ha assistito a un momento unico. E Shakira, ancora una volta, è riuscita a trasformare la sua storia personale in spettacolo globale.
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