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Curiosità

Nel paese del Sol Levante Funiculì Funiculà è una hit per bambini! (video)

Da non credere: la celeberrima canzone napoletana in Giappone è una diffusissima filastrocca per bambini!

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    Funiculì Funiculà… chi non l’hai mai canticchiata almeno una volta. Si tratta di un motivo centenario, composta nel 1880 dal giornalista Peppino Turco e dal musicista Luigi Denza per celebrare l’inaugurazione della funicolare sul Vesuvio (che venne poi chiusa dopo l’eruzione del 1944). Una delle canzoni in assoluto più note fra le immortali melodie in dialetto napoletano.

    Tutti la cantano

    Nel corso dei decenni è stata cantata da tantissimi artisti di fama: Luciano Pavarotti, Beniamino Gigli, Karel Gott l’ “usignolo d’oro” della musica ceca. E ancora il tenore americano d’origini italiane Mario Lanza, Muslim Magomaev, definito il “Frank Sinatra russo”, Enrico Caruso, il celebrato “re dei tenori” napoletani e, in tempi più recenti da Andrea Bocelli e Massimo Ranieri.

    Citazioni illustri

    Una canzone così nota che il grande compositore tedesco Richard Strauss ne rimase affascinato e la inserì nella sua opera Dall’Italia del 1886. Anche il  compositore austriaco Gustav Mahler  in una sua romanza per voce e orchestra – Dove suonano le belle trombe – ne inserì un accenno.

    Grazie ad una content creator su TikTok

    Una giovane clarinettista giapponese, Nana, che vive da due anni in Italia col compagno, è diventata una piccola star su Tiktok per i suoi video, nei quali spiega la cultura nipponica a confronto con le cose abituali del notro paese. In uno dei suoi contenuti recenti, la musicista ha raccontato un’aneddotto molto curioso: ovvero che nel suo paese Funiculì Funiculà è una canzone notissima.

    Tradotta e modificata

    Con un piccolo particolare: famosa sì… ma non in dialetto napoletano! Infatti è stata tradotta cambiandone radicalmente il significato originario. Da canzone celebrativa di un antico traguardo (l’inaugurazione della funicolare) nel Sol Levante è diventata una canzone per bambini! Titolo? I mutandoni dell’orco (in giapponese Oninopantsu). Ovviamente ne esiste anche una versione cartoon video su Youtube, che vi mostriamo.

    Il video della versione giapponese

    I bambini ne vanno matti

    Anni fa il Coro dell’Antoniano, durante un’edizione dello Zecchino d’Oro ne realizzò una versione per bimbi. Ma in Giappone la cosa ha preso davvero piede: in rete sui forum dedicati alla cultura giapponese si può leggere di questa canzoncina che tutti i bimbi di 2-3 anni cantano negli asili e nelle scuole primarie. E il celebre passaggio «Jammo, jammo, ‘ncoppa jammo, jà / Funiculì, funiculà, funiculì, funiculà», diventa sorprendentemente «Tu, anche tu, anche tu, anche tu /  Mettiamoci mettiamoci le mutande dell’orco». Effetti della globalizzazione…

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      La scaramanzia dà i numeri: perchè il 13, il 17 e il venerdì portano sfortuna

      Il 13 evoca l’Ultima Cena, il 17 ricorda la morte nell’antica Roma, e se cadono di venerdì scatta la corsa a cornetti e ferri di cavallo. Una superstizione che viaggia tra religione, miti nordici e abitudini moderne, fino ai posti mancanti su aerei e hotel.

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        Aggiungi un posto a tavola o c’è una sfiga in più. Chi soffre di triscaidecafobia lo sa bene: il numero 13 non è solo una cifra, è un presagio. Già i cristiani lo collegavano all’Ultima Cena, tredici commensali e una conclusione drammatica. Da allora, sedersi in tredici è come firmare un invito alla malasorte.

        Il Nord Europa ha fatto la sua parte, con il banchetto del Walhalla, dove l’arrivo del tredicesimo ospite, Loki, rovinò la festa e avviò la marcia verso il Ragnarok. E anche il mondo antico non perdonava: si racconta che Filippo il Macedone aggiunse la propria statua a quelle dei dodici dèi e finì assassinato.

        Questa diffidenza si è infiltrata nella vita moderna. Molti aerei saltano la fila 13, gli hotel il numero di stanza e i grattacieli il piano: ufficialmente si passa dal 12 al 14, o si inventa il 12 bis. Perché rischiare di sfidare la sorte?

        Ma la paura mediterranea ha un’altra ossessione: il 17. L’eptacaidecafobia affonda le radici nell’antica Roma, dove XVII, anagrammato, diventava VIXI, cioè “ho vissuto”, sottinteso: “ora non più”. Una dichiarazione funebre in numeri romani.

        Quando poi il 17 cade di venerdì, il calendario diventa un avviso di tempesta. La tradizione medievale ha caricato il venerdì di tutte le disgrazie possibili: la cacciata dall’Eden, il fratricidio di Caino, la decapitazione di Giovanni Battista, fino alla crocifissione di Cristo. Per secoli, di venerdì non ci si sposava, non si cuciva, non si seminava, e i nati quel giorno venivano guardati con sospetto, come futuri stregoni o lupi mannari.

        Oggi sorridiamo, ma la scaramanzia continua a dettare l’agenda. Dai ristoranti che evitano il tavolo 13 ai matrimoni spostati per prudenza, fino ai viaggiatori che toccano ferro al gate 17. È la piccola aritmetica del mistero: un modo per dare senso all’imprevedibile e illuderci di tenere la sfortuna… sotto controllo.

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          Rimozione forzata. Quando il tatuaggio non ti piace più

          Se stai pensando di rimuovere un tatuaggio, è importante consultare un medico estetico qualificato per discutere le opzioni disponibili e valutare i rischi e i benefici di ogni metodo.

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            Alzi la mano chi non ha almeno un piccolo tatuaggio sul proprio corpo. Pochi. La moda di tatuarsi parti del corpo, ormai ultradecennale, è ancora molto popolare. Ognuno gli dà il peso che vuole. Diventa un simbolo, uno sfizio, una scelta fatta in un momento particolare della propria vita. A ciascuno il significato che merita. Tuttavia, capita che col tempo qualcuno possa pentirsi e decidere di rimuoverli. Già. La domanda successiva è: come fare? Sono disponibili diverse tecniche ma prima di decidere bisogna informarmi bene. Anzi benissimo su cosa si va incontro.

            Ma una volta che lo fai perché lo togli?

            Secondo una ricerca del 2019 dell’Istituto Superiore di Sanità, le principali motivazioni per cui si desidera cancellare un tatuaggio sono: la perdita di significato del disegno (51,3%), non piace più (39,3%), il colore sbiadito (15,9%), motivi lavorativi (11,4%), motivi di salute improvvisi (11,4%), valutazioni preliminari del medico estetico.

            Alcune regole prima di procedere

            Prima della rimozione il medico estetico deve valutare bene la dimensione e profondità del tatuaggio, zona del corpo in cui è situato, numero di interventi e costi, caratteristiche del pigmento, metodi meccanici e chirurgici. Per rimuovere il tatuaggio si può intervenire con la dermoabrasione per la quale si utilizza il cloruro di sodio per causticare il tessuto. È una tecnica ormai quasi abbandonata. Oppure si possono utilizzare frese rotanti per rimuovere gli strati superficiali della pelle fino al pigmento. Con la criochirurgia si applica azoto liquido per necrotizzare i tessuti ma questa è una tecnica poco praticata per il rischio di cicatrici. Un’altra tecnica prevede l’asportazione chirurgica ideale per i piccoli tatuaggi, spesso utilizzata in caso di reazioni allergiche.

            Metodi chimici o laser

            Oggi i medici utilizzano principalmente l’acido tricloroacetico per i peeling chimici, anche se è una pratica meno comune a causa del rischio di necrosi e infiammazioni. Ma il metodo più utilizzato è quello del laser più efficace e sicuro. Funziona frammentando il pigmento, che viene poi eliminato dal sistema immunitario. Il laser “Q-Switched” è il più comune, utilizzato per diversi colori di pigmenti come il Ruby: 694 nm, efficace su nero, blu e verde. Nd: 1064 nm e 532 nm, efficace su nero, blu scuro, rosso, arancione e alcuni gialli. Alessandrite: 755 nm, efficace su nero, blu e verde. Negli ultimi anni sono stati sviluppati anche laser a picosecondi, più efficaci nel rimuovere i tatuaggi color pastello e quelli già trattati.

            Tatuaggi a fini medici

            Esiste anche la dermopigmentazione correttiva, utilizzata per scopi medici, come la ricostruzione dell’areola e del capezzolo, il trattamento di cicatrici e altre patologie della pelle. Questa tecnica può aiutare a migliorare il benessere mentale di chi la sceglie.

            Quante sedute sono necessarie?

            Di solito servono dalle quattro alle dieci sedute per rimuovere un tatuaggio. Tuttavia, i tatuaggi multicolore e quelli realizzati da professionisti possono richiedere più tempo e, in alcuni casi, l’utilizzo di più tipologie di laser.

            Rischi e le eventuali complicanze

            La rimozione del tatuaggio può comportare: alterazioni della pigmentazione (ipopigmentazione o iperpigmentazione, formazione di croste, vescicole, eritema transitorio e sanguinamento, reazioni allergiche dovute ai pigmenti.

            Il costo della rimozione

            Rimuovere un tatuaggio costa circa 150 euro per una piccola seduta, Una cifra che sale a 350 euro per tatuaggi estesi, Il numero di sedute dipende dalle caratteristiche del tatuaggio e viene deciso dal medico estetico.

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              Fotografato nudo da Google Street View: poliziotto argentino vince la causa e ottiene un risarcimento

              Secondo i giudici argentini, la privacy dell’uomo è stata violata in modo palese: Google dovrà risarcirlo con 12.500 dollari. Decisivo il fatto che fosse all’interno della sua proprietà, protetta da un alto muro.

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              Google Street View

                Era un giorno come tanti nel 2017, quando un poliziotto argentino, in un momento di relax nel giardino di casa sua, fu immortalato nudo dalle telecamere mobili di Google Street View. L’immagine, sfuggita alle consuete procedure di oscuramento automatico, mostrava l’uomo completamente nudo dietro un muro di oltre due metri, nel cortile privato della sua abitazione. Il caso, inizialmente trascurato, si è trasformato in un lungo iter giudiziario che ha ora trovato la sua conclusione: Google dovrà risarcire l’uomo con 12.500 dollari.

                La vicenda è emersa quando la foto ha iniziato a circolare online, accompagnata dal nome della via e dal numero civico, elementi ben visibili nell’inquadratura. La combinazione di questi dati ha reso l’uomo facilmente identificabile, esponendolo al ridicolo tra colleghi e residenti del piccolo centro in cui vive.

                In un primo momento, un tribunale aveva respinto il ricorso del poliziotto, ritenendo che fosse stato lui a comportarsi in modo inappropriato nel proprio giardino. Ma la Corte d’Appello ha ribaltato la sentenza, stabilendo che non si trattava di uno spazio pubblico. Bensì privato e protetto da una barriera “più alta della media umana”. L’inquadratura è stata quindi definita come una “palese invasione della privacy”.

                La corte ha evidenziato anche una falla nei protocolli di Google, che solitamente sfoca i volti e le targhe. “In questo caso non si trattava di un volto, ma dell’intero corpo nudo di una persona, un’immagine che avrebbe dovuto essere evitata con ogni mezzo”, si legge nella sentenza.

                Assolte invece da ogni responsabilità la compagnia telefonica Cablevision SA e il sito di notizie El Censor, che avevano rilanciato la foto.

                Il caso solleva nuove domande sull’equilibrio tra tecnologia e tutela della privacy, dimostrando che, anche nell’era del digitale, il diritto alla riservatezza rimane fondamentale.

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