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Italia

Papà Silvio faceva i soldi, i figli li perdono. Cosa sta succedendo all’eredità di Silvio Berlusconi?

Le quattro holding ereditate da Marina, Piersilvio, Eleonora, Barbara e Luigi hanno visto il patrimonio netto ridursi in modo significativo, passando da 438 a 402 milioni di euro. Nel primo anno di gestione senza papà Silvio, gli utili sono crollati del 53%. Drastica anche la decisione di ritirare quasi tutta la liquidità dai “primari istituti bancari” che la gestivano. Allarme anche per le immobiliari collegate, con accantonamenti a fondo rischi per 3 milioni di euro.

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    Che fine sta facendo l’eredità di Silvio Berlusconi? A poco più di un anno dalla sua scomparsa, l’impero che l’ex Cavaliere ha costruito mattone dopo mattone mostra già crepe evidenti. Gli utili? Più che dimezzati. La liquidità affidata alle banche? Praticamente sparita. Le immobiliari? Talmente in difficoltà che servono accantonamenti a fondo rischi per non affondare. In meno di dodici mesi, il patrimonio netto delle holding è sceso da 438 milioni a 402 milioni di euro, segnando un preoccupante impoverimento.

    Per anni, Silvio Berlusconi è stato il re Mida della finanza italiana, capace di trasformare qualsiasi investimento in oro. Oggi, i suoi eredi sembrano invece incapaci di mantenere in piedi il colosso di famiglia, tra tagli ai compensi dei consiglieri, dividendi meno generosi e decisioni finanziarie che lasciano più dubbi che certezze.

    Cosa sta succedendo al tesoro del Cavaliere? Un tesoro che, senza il suo regista, rischia di sgretolarsi pezzo dopo pezzo. Nel primo anno di gestione completamente in mano ai figli, l’eredità finanziaria di Silvio Berlusconi ha già perso pezzi. Marina, Piersilvio, Eleonora, Barbara e Luigi, alla guida delle quattro holding che controllano il gruppo Fininvest, hanno visto il patrimonio netto ridursi di 35,7 milioni di euro, un dato che lascia poco spazio ai dubbi: senza il patriarca, la macchina finanziaria sembra aver rallentato la corsa.

    Secondo i bilanci depositati alla Camera di commercio di Milano al 30 settembre 2024, le quattro holding — Holding Italiana Prima, Seconda, Terza e Ottava — hanno subito una contrazione del patrimonio netto, passato dai 437,9 milioni di euro al momento della morte di Berlusconi ai 402,2 milioni di euro odierni. Un segnale chiaro che il valore delle casseforti di famiglia si sta assottigliando.

    Utili dimezzati e liquidità svuotata

    Se il patrimonio netto si è ridotto, il dato sugli utili è ancora più preoccupante. I profitti generati dalle quattro holding sono letteralmente crollati del 53%, passando dai 59,1 milioni di euro del 2023 ai 27,7 milioni di euro del 2024.

    Il motivo? Il principale flusso di entrate di queste società dipende quasi interamente dai dividendi della Fininvest, e il primo anno di gestione degli eredi Berlusconi è stato caratterizzato da una politica meno generosa nella distribuzione degli utili. Ma non è solo una questione di incassi ridotti.

    I documenti contabili rivelano una svolta radicale nella gestione della liquidità. Se fino a un anno fa i capitali delle quattro holding venivano affidati ai “primari istituti bancari” selezionati da Berlusconi senior, la nuova gestione ha deciso di ritirare quasi tutto. Il saldo liquido è precipitato da 64,8 milioni di euro a 1,7 milioni di euro nel giro di dodici mesi, un taglio netto di 63,1 milioni di euro.

    Una scelta che lascia aperti numerosi interrogativi: dove sono stati spostati questi soldi? Sono stati impiegati in nuovi investimenti o, più semplicemente, distribuiti agli eredi? Su questo punto, i bilanci non offrono risposte, anche perché il verbale delle assemblee risulta coperto da omissis.

    Tagli ai compensi, ma preoccupano le immobiliari

    Con i numeri in calo, sono scattati anche i tagli ai costi di gestione. Tutte e quattro le holding hanno deciso di ridurre i compensi dei membri dei consigli di amministrazione, tra cui figurano anche Marina e Piersilvio Berlusconi. Il risparmio totale è stato di 106mila euro rispetto all’ultimo anno con Silvio Berlusconi alla guida.

    Un’altra voce in diminuzione è quella relativa alle prestazioni assimilate al lavoro dipendente, con una riduzione di 276.393 euro registrata dalla Holding Ottava. Non è chiaro chi beneficiasse di questa somma, ma il taglio indica un ulteriore tentativo di ottimizzazione delle spese.

    Se i numeri delle holding fanno preoccupare, non va meglio per le società immobiliari controllate. I bilanci delle società Immobiliare Dueville, Dolcedrago e Immobiliare Milano Due hanno fatto scattare più di un campanello d’allarme.

    Due delle quattro holding principali (Holding Italiana Prima e Ottava) hanno deciso di accantonare 1,5 milioni di euro ciascuna a fondo rischi, per un totale di 3 milioni di euro, destinati a coprire eventuali problemi finanziari delle società partecipate. Un segnale che, nel complesso, il comparto immobiliare non naviga in acque tranquille.

    Un’eredità che rischia di sgretolarsi?

    Silvio Berlusconi ha costruito un impero economico che ha segnato la storia dell’imprenditoria italiana. Con la sua scomparsa, la gestione è passata ai cinque figli, che oggi si trovano davanti a una sfida complessa: mantenere in salute un colosso che, senza la sua guida, mostra già segni di affanno.

    A un anno dalla sua morte, i numeri parlano chiaro: meno utili, meno liquidità e più incertezze sul futuro. Se la situazione non verrà invertita, l’eredità di Berlusconi potrebbe iniziare a sgretolarsi, pezzo dopo pezzo.

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      Italia

      Sciopero nazionale del 12 dicembre: l’Italia si ferma per 24 ore

      I sindacati proclamano una giornata di protesta in tutto il Paese: trasporti, scuole, servizi e amministrazioni coinvolti, con fasce di garanzia e possibili ripercussioni per cittadini e viaggiatori.

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      Sciopero

        Oggi, venerdì 12 dicembre 2025 l’Italia sarà protagonista di una ampia giornata di sciopero nazionale, proclamata dalla principale confederazione sindacale del Paese. La mobilitazione – che durerà per l’intera giornata lavorativa – è stata lanciata in opposizione alla Legge di Bilancio 2026, giudicata dai sindacati «iniqua e insufficiente nel rispondere ai problemi sociali ed economici» che interessano lavoratori e pensionati.

        Le ragioni della protesta

        La principale organizzatrice della mobilitazione, la CGIL, ha ribadito che lo sciopero nasce dall’insoddisfazione per le scelte economiche del governo. Secondo il segretario generale del sindacato, le attuali misure di bilancio non migliorano il potere d’acquisto dei salari e delle pensioni, non affrontano l’aumento dell’età pensionabile e non investono adeguatamente in servizi pubblici essenziali come sanità e istruzione.

        La protesta – che coinvolge sia il settore pubblico sia quello privato – vuole anche richiamare l’attenzione sulla necessità di aumentare risorse per il rinnovo contrattuale e la tutela del lavoro stabile, con richieste di politiche fiscali più eque e di maggiore investimento nei settori produttivi.

        Cosa si ferma

        Lo sciopero nazionale del 12 dicembre non riguarda un solo comparto: a essere coinvolti sono trasporti, scuola, servizi pubblici e settori privati. Le ripercussioni più evidenti si prevedono nel trasporto pubblico e ferroviario, con possibili cancellazioni o variazioni di orario di treni regionali, suburbani e collegamenti aeroportuali. Per il trasporto ferroviario l’azione è programmata dalle 00:01 alle 21:00 della giornata, con servizi garantiti solo nelle fasce orarie previste per legge.

        Anche il personale degli autobus aderirà allo sciopero: i mezzi pubblici urbani e extraurbani potrebbero subire modifiche o cancellazioni al di fuori delle fasce garantite, complicando gli spostamenti nelle principali città.

        Nel settore scolastico, oltre alla protesta generale, è stata confermata anche una adesione regionale degli istituti in Calabria, con possibili chiusure o interruzioni dell’attività nel comparto educativo locale.

        Fasce di garanzia e servizi essenziali

        La legge italiana prevede che, anche in caso di sciopero, vengano assicurati servizi minimi essenziali per evitare pericoli per l’incolumità e la salute dei cittadini. Nel trasporto pubblico, ad esempio, i periodi di maggiore affluenza – tipicamente tra la mattina e la prima serata – dovrebbero vedere in servizio un numero minimo di corse o mezzi. Tuttavia, al di fuori di queste fasce, la partecipazione alla protesta potrebbe comportare interruzioni o disservizi significativi.

        Manifestazioni e iniziative territoriali

        Oltre alla semplice astensione dal lavoro, lo sciopero del 12 dicembre è accompagnato da manifestazioni e cortei in diverse città italiane, con la partecipazione di lavoratori, studenti e rappresentanti sociali. Tra le richieste emerse dalle piazze figurano maggiore equità fiscale, tutela del lavoro dipendente, contrasto alla precarietà e investimenti in servizi pubblici.

        Impatto sui cittadini e sui viaggi

        Già nelle ore precedenti alla data dello sciopero numerose compagnie ferroviarie e di trasporto pubblico locale hanno invitato i passeggeri a verificare gli orari aggiornati e a prevedere tempi di viaggio più lunghi o soluzioni alternative. Anche chi deve raggiungere aeroporti tramite treni regionali o navette è stato invitato a considerare bus sostitutivi o trasferimenti privati.

        Per chi lavora nel settore pubblico o privato, aderire alla protesta sarà una scelta individuale: la legge garantisce il diritto di sciopero, ma prevede anche che i datori di lavoro applichino correttamente le normative sugli adeguamenti retributivi e sulle trattenute per le ore non lavorate.

        Un momento di confronto

        Lo sciopero nazionale del 12 dicembre si inserisce in un clima di confronto serrato tra parti sociali e governo sulle scelte economiche che caratterizzeranno i prossimi anni. Al di là delle adesioni, l’iniziativa rappresenta una piattaforma per discutere di salari, pensioni e condizioni di lavoro, temi che restano al centro del dibattito pubblico italiano alla fine del 2025.

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          Italia

          Perché l’8 dicembre l’Italia si ferma davvero: la verità sull’Immacolata

          In Italia l’8 dicembre è un giorno di festa nazionale e segna l’inizio delle celebrazioni natalizie. Ma qual è l’origine di questa ricorrenza e perché è così importante per la tradizione cattolica?

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          Perché l’8 dicembre l’Italia si ferma davvero: la verità sull’Immacolata

            L’8 dicembre, ogni anno, l’Italia si ferma. Le scuole chiudono, molti uffici restano serrati e le città si riempiono di luci e decorazioni: per molti è l’inizio “ufficiale” del Natale. Ma questa festività, riconosciuta come giorno festivo nazionale, ha una storia molto più profonda che affonda le radici nella teologia cristiana.

            Il significato religioso dell’Immacolata Concezione

            Contrariamente a un equivoco comune, questa festa non riguarda il concepimento di Gesù, bensì quello di Maria. La dottrina cattolica afferma che la madre di Cristo sia stata preservata dal peccato originale fin dal primo istante della sua esistenza. Una credenza presente nel cristianesimo da secoli, ma che divenne verità di fede soltanto il 8 dicembre 1854, quando Papa Pio IX proclamò solennemente il dogma con la bolla Ineffabilis Deus.

            Questa convinzione attribuisce a Maria un ruolo unico nel disegno di salvezza: essere un grembo “puro”, pronto ad accogliere il Figlio di Dio. È per questo che l’Immacolata è tra le feste mariane più sentite e celebrate in tutto il mondo cattolico.

            Una tradizione popolare radicatissima

            Nel corso del tempo la festa è uscita dalle sole mura ecclesiastiche per diventare un appuntamento amato dalla comunità civile. In Italia, grazie alla forte tradizione cattolica, l’Immacolata è riconosciuta come festività nazionale: una giornata di pausa che coincide con la voglia di prepararsi al Natale.

            In moltissime famiglie si approfitta dell’8 dicembre per fare l’albero di Natale e addobbare la casa: un rituale che, pur non avendo origini religiose, è entrato a pieno titolo nella tradizione del Paese. Nelle piazze più importanti vengono accese le luminarie, e nelle parrocchie si inaugurano presepi e mercatini.

            A Roma, ogni anno, il Papa rende omaggio alla statua della Vergine in Piazza di Spagna, un gesto di devozione che si ripete dal 1953 e che attira fedeli e curiosi da tutto il mondo. In molte città italiane si svolgono processioni, incontri di preghiera e celebrazioni comunitarie.

            La festa che unisce fede e identità culturale

            L’Immacolata Concezione rappresenta un crocevia tra patrimonio religioso e costume sociale: per chi crede, è la celebrazione della purezza e dell’amore materno; per tutti gli altri, è l’occasione per vivere una giornata di tradizioni, in famiglia o con gli amici, alle porte del Natale.

            In un mondo che corre veloce, l’8 dicembre ci ricorda l’importanza della memoria collettiva e dei simboli condivisi. Perché, al di là della fede personale, questa data continua ad essere un momento di unione: un punto di partenza per entrare nel clima natalizio, con quel mix di sacralità, festa e calore che da sempre contraddistingue la cultura italiana.

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              Italia

              Taccheggio e scontrini falsi: rubare al supermercato non è mai “solo un errore”

              Chi tenta di uscire con la merce senza pagare rischia pene severe: dal carcere fino a tre anni (o molto di più in caso di aggravanti), alla multa e al possibile divieto di ritorno nel punto vendita.

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              Taccheggio e scontrini falsi: rubare al supermercato non è mai “solo un errore”

                Scontrino fasullo e taccheggio: il caso di Rho

                Il 27 novembre 2025, un fatto ha sollevato l’attenzione mediatica: a un punto vendita Esselunga di Rho è stata denunciata una tecnica di furto che prevedeva l’uso di uno “scontrino fasullo”. Secondo quanto riportato, una persona avrebbe tentato di portare via merce per circa 700 euro senza pagarla, usando un documento di acquisto alterato o falso. Il caso — riportato da media locali — ha scatenato discussioni sul fenomeno del taccheggio e sui rischi reali per chi commette simili reati.

                Ma non si tratta di un’eccezione: supermercati e grandi magazzini, oggi, sono quasi sempre dotati di videocamere, varchi antitaccheggio, addetti alla sicurezza e sistemi digitali di sorveglianza. In molti casi, basta un movimento sospetto — come uscire dal cancello delle casse senza passare alla cassa o con un carrello “parzialmente” pagato — per attivare la segnalazione ai vigilanti.

                Chi pensa di “farla franca” sbaglia: la legge italiana è chiara e molto dura verso chi sottrae merce esposta alla vendita senza pagarla.

                Cosa prevede la legge

                Il reato che si commette quando si ruba in un supermercato è disciplinato dall’Articolo 624 del Codice Penale: chiunque si impossessa di una cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, con l’intenzione di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con una multa da 154 a 516 euro.

                Tuttavia, quando il furto avviene in un negozio o in un supermercato — ovvero su “cose esposte alla pubblica fede” — può configurarsi l’ipotesi del furto aggravato. In questo caso, la pena aumenta, spesso con reclusione da 2 a 6 anni e multa da 927 a 1.500 euro.

                In più, molte condotte tipiche di chi tenta di rubare — come occultare la merce, usare stratagemmi o nascondere prodotti — aggravano ulteriormente la posizione.

                La normativa prevede che, in questi casi, il reato diventi procedibile d’ufficio: non servirà una querela del negoziante o del proprietario, basta la segnalazione della vigilanza o la denuncia da parte di chiunque abbia assistito al fatto.

                Infine, la giurisprudenza recente — ad esempio una ordinanza del 2025 — ha confermato che anche quando il furto non viene portato completamente a termine (cioè si viene fermati prima di uscire), la registrazione video può essere sufficiente per considerarlo tentativo di furto e procedere penalmente.

                Non è solo questione di soldi: conseguenze reali

                Chi viene scoperto a rubare in un supermercato rischia molto più che una notte in cella. Le conseguenze possono includere:

                • incarcerazione e multa;
                • procedura penale con iscrizione nel casellario giudiziario;
                • possibile richiesta di risarcimento del danno da parte del negoziante;
                • divieto di ritorno nel punto vendita, per un periodo determinato o addirittura permanente.

                Inoltre, la “colpa sociale” può essere alta: un furto commesso in un negozio pubblico — specie di generi alimentari — danneggia non solo il commerciante, ma chi paga regolarmente e vede lievitare i prezzi.

                Conclusione: la furbata ritorna indietro

                Alla luce di quanto previsto dalla legge e delle pratiche sempre più sofisticate adottate dai supermercati, usare trucchetti come “lo scontrino fasullo” non è una dimostrazione di furbizia, ma un salto nel buio. Videocamere, monitoraggio elettronico, controlli alla barriera delle casse: sono tutti strumenti che rendono il furto molto più rischioso di quanto chi lo commette immagini.

                In più, le pene — anche per piccoli furti — non sono trascurabili. E la giustizia in Italia non guarda solo al valore della merce: una confezione di valore modesto può tradursi comunque in una condanna, come confermato da sentenze recenti della Corte di Cassazione.

                Insomma: rubare al supermercato non è una scelta intelligente, ma un’azione che può complicarti la vita — ben più di quanto vale la spesa che avresti cercato di evitare.

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