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Italia

Il Presidente Mattarella dà il via ad Agrigento Capitale della Cultura Italiana 2025

La cerimonia sarà trasmessa in diretta sulle reti RAI, Rai Play, Rai Quirinale e Rai TGR, offrendo a milioni di spettatori la possibilità di scoprire e apprezzare il patrimonio culturale del capoluogo siculo.

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    Domani, 18 gennaio 2025, la città di Agrigento celebrerà l’inaugurazione del suo anno da Capitale Italiana della Cultura con una cerimonia ufficiale presso il Teatro Pirandello. A dare il via alle celebrazioni sarà il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sottolineando l’importanza dell’evento per la città e per l’intero Paese. La cerimonia sarà trasmessa in diretta sulle reti RAI, Rai Play, Rai Quirinale e Rai TGR, offrendo a milioni di spettatori la possibilità di scoprire e apprezzare il patrimonio culturale della città siciliana.

    Un evento simbolico per Agrigento e l’Italia

    L’evento vedrà la partecipazione di figure istituzionali di rilievo, tra cui il Ministro della Cultura Alessandro Giuli, insieme a rappresentanti del mondo culturale e artistico. Durante la cerimonia saranno celebrati la storia e il patrimonio di Agrigento, che rappresenta un pilastro della cultura italiana e internazionale.

    Sul palco Beppe Convertini e Incoronata Boccia

    La conduzione della cerimonia è affidata a Beppe Convertini, noto conduttore RAI di Uno Mattina in Famiglia, affiancato da Incoronata Boccia, vice direttrice del TG1. Grazie alla loro esperienza e professionalità, guideranno il pubblico in una narrazione che esalterà le eccellenze culturali e artistiche della città.

    Le dichiarazioni delle autorità

    Il sindaco di Agrigento, Francesco Miccichè ha commentato: “Agrigento ha una storia millenaria e questo riconoscimento rappresenta per noi un’opportunità unica per mostrare al mondo il nostro immenso patrimonio culturale e paesaggistico.” Anche il direttore della Fondazione Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025, Roberto Albergoni ha espresso soddisfazione:
    “Questo sarà un anno straordinario, ricco di eventi e iniziative che metteranno in luce la bellezza e la ricchezza della nostra città, proiettandola in una dimensione internazionale.”

    Un anno di eventi culturali

    La cerimonia del 18 gennaio sarà solo l’inizio di un anno denso di attività culturali: mostre, concerti, rappresentazioni teatrali e conferenze animeranno Agrigento, coinvolgendo artisti e intellettuali di fama mondiale. Gli spettatori potranno immergersi nella storia della Valle dei Templi, ammirare le bellezze del centro storico e scoprire le tradizioni di una città che fonde armoniosamente passato e presente.


    Imperdibile appuntamento

    La giornata inaugurale sarà trasmessa in diretta sulle reti RAI, Rai Play, Rai Quirinale e Rai TGR, raggiungendo un vasto pubblico e permettendo a tutti di partecipare a questo evento di grande rilevanza culturale. L’inizio del percorso di Agrigento come Capitale della Cultura Italiana 2025 rappresenta un’occasione per celebrare l’identità culturale italiana, valorizzando la bellezza e la storia di una città unica al mondo. Un appuntamento imperdibile, guidato dalla presenza simbolica del Presidente Sergio Mattarella.

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      Italia

      Plasmon torna italiana dopo 50 anni: il biscotto dell’infanzia rientra a casa

      Il gruppo emiliano NewPrinces rileva lo storico marchio dai colossi americani di Kraft Heinz. Un ritorno al made in Italy che sa di rivincita industriale (e sentimentale)

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        Dopo cinquant’anni trascorsi all’estero, Plasmon torna italiana. Lo storico marchio di biscotti per l’infanzia – icona dolce di generazioni di bambini e segreto inconfessabile per molti adulti – è stato acquistato dal gruppo emiliano NewPrinces (ex Newlat Food), che ha rilevato le attività italiane di Heinz per una cifra vicina ai 120 milioni di euro.

        A vendere è stato il colosso statunitense Kraft Heinz, che dal 1967 controllava Plasmon e che ora cede non solo il marchio madre, ma anche altri brand come Nipiol, BiAglut, Aproten e Dieterba, tutti specializzati nell’alimentazione infantile e dietetica. Il cuore produttivo dell’operazione è lo stabilimento di Latina, dove ogni anno vengono sfornati 1,8 miliardi di biscotti, omogeneizzati e pappe.

        Fondata nel 1902 a Milano dal medico Cesare Scotti, Plasmon è stata per decenni un punto fermo della tavola italiana, soprattutto durante il boom demografico del dopoguerra. Complice la pubblicità in Carosello e le scatole di latta diventate oggi oggetto vintage, il marchio ha conquistato una fiducia senza tempo.

        La vendita alla Heinz americana, avvenuta negli anni Sessanta, aveva segnato l’inizio di una lunga fase di internazionalizzazione, ma anche di distacco emotivo dal territorio. Ora, grazie a NewPrinces, il brand fa ritorno in mani italiane. Una mossa non solo industriale ma anche simbolica, che parla di filiere locali, know-how nazionale e voglia di riportare valore a casa.

        Lo stabilimento di Latina, considerato tra i più avanzati d’Europa nel settore, continuerà a produrre anche per il mercato britannico, almeno per un periodo transitorio. Ma il controllo, questa volta, torna sotto bandiera tricolore.

        NewPrinces – già attiva con brand storici come Polenghi e Delverde – punta così a rafforzare la propria posizione nel comparto baby food. In un mercato da 200 milioni di euro di fatturato e un margine operativo lordo di circa 17 milioni.

        Una buona notizia, per una volta. Che sa di latte caldo, biscotti e orgoglio nazionale.

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          Italia

          Dallo stupro di gruppo al profilo su OnlyFans: la nuova vita (e le nuove domande) di Asia Vitale

          La ragazza simbolo del caso Palermo si mostra oggi senza filtri su OnlyFans. Rivendica il controllo sul proprio corpo. Ma tra emancipazione e contraddizione, resta l’amaro dubbio: stiamo assistendo a una rinascita o a una nuova forma di esposizione?

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            Due anni fa il suo nome è diventato simbolo. Asia Vitale, la ragazza di Palermo violentata da sette ragazzi in un cantiere abbandonato, oggi riappare sotto una luce diversa: quella di una webcam. Dopo la chiusura del suo profilo Instagram e il calo dei follower, ha aperto un nuovo canale su OnlyFans. Si chiama AsiaVitale3.0 e propone contenuti sessuali a pagamento. Tutto legale, tutto consenziente, tutto rivendicato.

            “Il corpo è mio”, dice. “Chi ha problemi con questo mestiere dovrebbe cambiare mentalità”. Eppure, la sua storia personale rende difficile ignorare la frattura tra passato e presente. Dopo aver subito un’aggressione brutale e aver vissuto anni in comunità per allontanarsi da una famiglia che lei stessa definisce “tossica”, oggi Asia monetizza la propria immagine, il proprio corpo, la propria sessualità.

            Non c’è giudizio, ma c’è stupore. Non si tratta di negare la libertà di scelta, ma di registrare una contraddizione che interroga chi osserva. Come si arriva, da una violenza così feroce, a scegliere di mettersi di nuovo sotto gli occhi di tutti, stavolta per guadagnare?

            “Ho rimosso le loro facce”, dice parlando dei suoi aggressori. “Cerco solo di andare avanti”. Racconta di un rapporto con il sesso profondamente cambiato, più consapevole, più adulto. Ma confessa anche un trauma più recente: un sequestro subito a Ballarò, da parte della madre di uno degli accusati, che voleva costringerla a ritirare la denuncia.

            Oggi lavora in un hotel a Courmayeur e prova a costruirsi una nuova vita. OnlyFans la aiuta a far quadrare i conti, ma non garantisce stabilità. I video vengono pagati, ma possono anche essere rivenduti illegalmente. Un’altra forma di sfruttamento, di cui Asia è perfettamente consapevole.

            Il suo è un racconto di sopravvivenza. Ma anche una domanda aperta: dopo tutto questo dolore, davvero la libertà passa ancora per l’esposizione del corpo?

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              Italia

              Bibbiano, processo demolito: il mostro non esisteva, ma intanto lo avevano già impiccato in piazza

              Doveva essere l’inchiesta del secolo, il complotto delle élite rosse che rubavano i bambini. Invece si è rivelato un gigantesco castello di carte: assoluzioni a pioggia, accuse smontate, reati prescritti. Ma niente paura: qualcuno, da qualche parte, urla ancora “Bibbiano!”.

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                Il processo più discusso degli ultimi anni si è chiuso con un verdetto che ribalta tutto. Il caso Bibbiano, diventato simbolo di presunti affidi illeciti orchestrati da una rete tra servizi sociali e terapeuti, esce demolito dalla sentenza di primo grado. Dei 14 imputati, solo tre sono stati condannati. Tutti gli altri assolti, molti con formula piena. La “macchina degli orrori” raccontata per anni, tra allontanamenti forzati e abusi mai avvenuti, semplicemente non c’è.

                È quanto ha stabilito il tribunale collegiale di Reggio Emilia. Federica Anghinolfi, l’ex responsabile dei servizi sociali della Val d’Enza, su cui pendeva una richiesta di 15 anni di carcere, è stata condannata a 2 anni per falso ideologico, pena sospesa. Stessa sorte per il suo collaboratore Francesco Monopoli (un anno e otto mesi) e per la neuropsichiatra Flaviana Murru (cinque mesi). Niente più. Le accuse più gravi – come l’associazione per delinquere e la manipolazione dei minori – si sono sgretolate.

                Un colpo durissimo per l’accusa, che aveva ipotizzato un sistema radicato e cinico: terapeuti che costruivano falsi ricordi di abusi, relazioni manipolate per sottrarre bambini alle famiglie, affidi gestiti con logiche distorte. Le indagini erano state lunghe, oltre cento i capi di imputazione. Ma in aula quella narrazione non ha retto. I giudici hanno smontato punto per punto l’impianto accusatorio, parlando, in molte assoluzioni, di fatti “che non sussistono”.

                Il pm Valentina Salvi aveva costruito il caso insieme ai carabinieri, sostenendo che gli operatori dei servizi sociali della Val d’Enza falsificassero le relazioni sui minori per farli allontanare dalle famiglie. Ma il processo ha mostrato falle, forzature, testimonianze non sempre coerenti. E ha restituito una verità ben diversa da quella immaginata.

                Sul piano politico, il caso Bibbiano era diventato un campo di battaglia. Ma oggi, davanti a una sentenza che svuota il teorema accusatorio, resta una domanda scomoda: quanto ha pesato la spettacolarizzazione mediatica su una vicenda che, forse, non avrebbe mai dovuto essere un processo simbolico?

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