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Televisione

Da Craxi e Berlusconi fino a Zaia e De Luca: a Perfidia gli Uomini sodi (e spesso soli)

Citazione dei Pooh per il titolo della puntata e carrelata di politici irreverenti ed eretici mai graditi al mainstream. Tra gli ospiti Claudio Brachino, Francesca Pascale, Nicola Irto, Flavio Stasi, Fausto Orsomarso, Ugo Floro e Michele Inserra.

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    Il Festival di Sanremo incombe ed anche su Perfidia tira una bella brezza rivierasca, che odora di salsedine, di fiori e, come di consueto, di stilose provocazioni ad opera della padrona di casa Antonella Grippo, nella duplice veste di autrice e conduttrice. Stavolta il testo dei Pooh di Uomini soli – canzone vincitrice dell’edizione 1990 della kermesse musicale – viene preso in prestito, rivisto e corretto alla bisogna, per ripercorrere le vicende di alcuni politici eretici tutti d’un pezzo, che non si sono mai piegati agli ordini di partito e alle banalità del “politicamente moscetto”.

    L’autrice e conduttrice del programma, Antonella Grippo

    Un parterre de rois

    La puntata – intitolata Uomini sodi – si dipana con l’ausilio di un consueto gruppo variegato di personaggi che annovera il giornalista Claudio Brachino, ex responsabile di svariate testate del gruppo Mediaset; Francesca Pascale, ex compagna di Silvio Berlusconi e grande sostenitrice dei diritti LGBTQ; Nicola Irto “bello e impossibile” (senatore della Repubblica per il Partito Democratico); Flavio Stasi (sindaco di Corigliano-Rossano) col suo messaggio in codice al PD attraverso il “vaffa” di Masini, altra citazione sanremese; il “macho man” Fausto Orsomarso (assessore regionale al turismo di Regione Calabria e senatore per Fratelli d’italia); Ugo Floro (giornalista e conduttore radiofonico di CRT); Pasquale Tridico (economista ed europarlamentare pentastellato, ex presidente dell’Inps). Chiude la squadra degli ospiti, come al solito di pregio, il giornalista Michele Inserra de Il Quotidiano del Sud.

    Tutti gli “eretici” della politica di casa nostra

    La discussione si anima su alcune figure di politici del passato e del presente della nostra Repubblica, uomini che – con pesi e skills differenti – hanno lasciato un’impronta precisa nella nostra storia, con luci e ombre, divisivi ma certamente di spessore. Personaggi scomodi, irriverenti e dall’atteggiamento spesso “eretico”, come Craxi, Berlusconi, Beppe Grillo. . . per arrivare al Presidente campano Vincenzo De Luca, che rivendica con ostinazione il terzo mandato in regione in forte contrapposizione col suo partito, insieme al leghista Luca Zaia.

    Lo scotto da pagare

    Tutti “uomini sodi” ma spesso anche soli. . . per i quali suonano perfette le parole di Fernando Pessoa con l’eteronimo di Ricardo Reis: “quando si sale a vette irrespirabili / perenni senza fiori”. È il prezzo che si deve pagare per arrivare fin lassù, almeno secondo una certa visione del mondo dal taglio calvinista.

    Un giorno verremo giudicati

    Sicuramente quella di ieri sera è stata una puntata ricca di spunti, nella quale hanno particolarmente brillato gli interventi di Claudio Brachino, professionista dell’informazione di lungo corso molto amato dal pubblico, insieme a quello di Francesca Pascale, che la conferma – semmai ce ne fosse bisogno – donna di grande spirito ed intelligenza. Mentre in studio ferve la discussione su posizioni diverse e contrapposte, il giudizio finale – come al solito – viene riservato alla storia. O, in chiave più squisitamente di fede – come sostiene l’evangelista Luca – sarà nella mani di Dio che verrà un giorno a giudicare le sorti del mondo. Quel “Dio delle città e dell’immensità” che Valerio Negrini (il paroliere dei Pooh) invocava a tutela dell’umanità, in una canzone che rappresentava il grido di allarme nei confronti di una società sempre più indifferente alle esigenze delle persone più deboli. Quelle che la sana politica dovrebbe tutelare, non lasciandole sole.

    È possibile rivedere QUI l’intera puntata su LaC Play

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      Televisione

      Monica Maggioni lascia la Rai ma si blinda per cinque anni: contratto d’oro da conduttrice e autrice di programmi di approfondimento

      Mentre annuncia le dimissioni, Maggioni ottiene un contratto milionario sul modello di Bruno Vespa, che le garantisce cinque anni come autrice e conduttrice di trasmissioni di approfondimento. Un passaggio che solleva più di un malumore dentro Viale Mazzini e che rafforza la sua ambizione di diventare il nuovo volto simbolo del giornalismo Rai.

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        Dimissioni con paracadute. Monica Maggioni, volto storico del giornalismo Rai, ha lasciato l’azienda dopo 33 anni di carriera da dipendente, ma lo ha fatto firmando nello stesso momento un nuovo contratto da esterna: cinque anni blindati per scrivere e condurre programmi di approfondimento. Una scelta che la colloca fuori dal vincolo dei 240mila euro annui riservati ai dirigenti e la avvicina al modello già sperimentato da Bruno Vespa.

        La giornalista, unica donna ad aver diretto finora il Tg1 e poi presidente della Rai, ha deciso di percorrere la strada che più le è congeniale: stare davanti alle telecamere. Così, mentre ufficializza le dimissioni, mette nero su bianco un accordo che la conferma al centro dell’offerta informativa del servizio pubblico. Tra i format già previsti ci sono “In mezz’ora” e “Newsroom”, ma l’obiettivo è quello di consolidarla come presenza fissa della fascia di approfondimento.

        Fino a poche settimane fa Maggioni era responsabile della Direzione Editoriale per l’Offerta Informativa, incarico strategico che le dava voce anche sulle sedi estere, le trasferte e i corrispondenti. Una posizione che, secondo indiscrezioni, non era stata accolta con entusiasmo dai vertici delle testate, provocando attriti interni. Resta da capire se proprio queste tensioni abbiano spinto la giornalista ad abbandonare la carriera da manager per tornare a quella da autrice e conduttrice.

        Il contratto quinquennale, stando ai rumors, è un vero e proprio “scivolo dorato”: Maggioni potrà muoversi come figura artistica, con margini economici e creativi ben più ampi di quelli concessi ai colleghi rimasti all’interno dell’organigramma. Per molti è l’ennesima conferma della sua ambizione: diventare il nuovo volto di riferimento dell’approfondimento Rai, una “Vespa in gonnella” pronta a guidare la narrazione politica e culturale dei prossimi anni.

        Resta l’incognita sulle reazioni interne. In un’azienda attraversata da equilibri fragili e tensioni editoriali, la sua scelta rischia di alimentare discussioni e invidie. Ma a Viale Mazzini, una cosa è già certa: Monica Maggioni, più che lasciare la Rai, ha appena rilanciato la sua partita.

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          Televisione

          Amanda Lear contro HBO: “Enigma è un vergognoso tentativo di guadagnare su di me, farò causa”

          Il film “Enigma”, diretto da Zackary Drucker, accosta la vita di Lear a quella dell’attivista trans April Ashley. L’artista parla di violazione contrattuale e diffida già inviata. HBO respinge le accuse: “Nessun limite sui temi”.

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            Amanda Lear torna al centro della scena, ma questa volta non per una canzone o una mostra, bensì per una battaglia legale. L’artista 85enne ha annunciato di voler citare in giudizio HBO, colpevole a suo dire di aver oltrepassato i limiti nel documentario Enigma, uscito a fine giugno, che ripercorre la sua carriera accostandola a quella della modella e attivista trans April Ashley.

            Lear contesta soprattutto il riferimento al presunto “dead name” Alain Tap e alla voce secondo cui avrebbe subito un’operazione chirurgica di riassegnazione del sesso a Casablanca. “Sono vittima di transvestigation”, ha dichiarato a Il Messaggero, accusando i produttori di aver violato clausole contrattuali che avrebbero escluso quei temi. “I miei avvocati hanno inviato una diffida, ma loro se ne sono fregati. In America fare causa è un incubo”.

            La regista Zackary Drucker difende invece il film, definendolo “un documentario d’amore” verso una figura da lei ammirata. “Volevo sapere chi fosse davvero la mia icona, perché c’è sempre un’ombra di dubbio”, ha spiegato. HBO, dal canto suo, afferma che l’accordo firmato non limitava in alcun modo i contenuti e sostiene di non aver ricevuto alcuna comunicazione ufficiale di diffida.

            Nel documentario compaiono anche vecchi spezzoni televisivi, tra cui uno con Gianni Boncompagni che le chiede apertamente se sia un uomo: Lear, con il suo consueto tono ironico, si limita a rispondere “Ma Gianni!”. In un’altra clip, racconta a Mara Venier di aver alimentato le voci sul suo passato solo per gioco, dicendo: “Il prossimo uomo che mi vedrà nuda sarà il medico legale”.

            Amanda Lear ha sempre giocato sull’ambiguità, senza mai confermare né smentire del tutto le speculazioni. In passato, in un’intervista con Maurizio Costanzo, aveva ricordato come un servizio fotografico di nudo avesse infranto quel velo di mistero che al pubblico piaceva coltivare: “La gente preferiva credere alla favola, piuttosto che guardare la realtà”.

            Oggi, con Enigma, la questione si riapre. Per i fan, è l’ennesimo capitolo di una biografia segnata dall’ambiguità; per Lear, invece, è un attacco alla sua immagine e al suo diritto a decidere cosa raccontare di sé. Una battaglia legale che si annuncia lunga e complessa, e che riaccende il dibattito su confini, identità e diritti d’immagine nel mondo dello spettacolo.

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              Televisione

              Pippo Baudo, l’ultimo applauso: Militello si ferma per il Maestro della tv

              Il vescovo Peri e il padre spirituale Albanese hanno celebrato i funerali insieme ad altri quattordici parroci. Cori e letture scelte personalmente dal conduttore hanno reso unico il rito. Lorella Cuccarini, Al Bano e Gigi D’Alessio in prima fila tra le lacrime e gli applausi.

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                Il santuario della Madonna della Stella non era mai stato così gremito. Militello in Val di Catania ha dato l’ultimo addio a Pippo Baudo in una cerimonia che resterà nella memoria collettiva. Centinaia di persone non hanno trovato posto in chiesa e hanno seguito il rito dal maxi schermo allestito nella piazza antistante, inondata dal sole e dal silenzio interrotto soltanto dagli applausi all’ingresso del feretro.

                La liturgia è stata presieduta dal vescovo di Caltagirone, Calogero Peri, insieme al parroco, padre Giuseppe Luparello, a don Giulio Albanese – padre spirituale di Baudo arrivato da Roma – e ad altri quattordici sacerdoti dei paesi vicini. «Carissimo Pippo – ha detto il vescovo – ti auguriamo di splendere come stella non soltanto nel firmamento degli uomini, ma soprattutto in quello di Dio. Perché solo l’amore resta ed è per sempre».

                L’omelia è stata affidata a don Albanese, che con voce rotta ha ricordato le confidenze dell’amico: «Poco prima di morire mi ha detto che il successo non basta a riempire il cuore. Pippo lo sapeva bene: ciò che conta davvero è l’amore che si dona, la giustizia che si cerca, la legalità che si difende. Questo è l’insegnamento che lascia a tutti noi».

                I canti hanno aggiunto intensità al rito. Il coro polifonico Maris Stella ha eseguito i brani scelti con cura, usando il pianoforte che Baudo regalò nel 1998. «Eccomi» all’ingresso, «Se tu mi accogli» all’offertorio, «Panis Angelicus», «Ave Verum» e l’«Ave Maris Stella» di Nino Rota alla comunione. Infine «Maria Mamma Nostra», inno tradizionale della patrona del paese. «Sicuramente Pippo l’avrà cantata tante volte», ha raccontato Salvatore, uno dei coristi.

                Le letture non sono state casuali. Dal Libro della Sapienza il passo che dice «Agli occhi degli stolti parve che morisse… ma essi sono nella pace»; dal Vangelo di Matteo le Beatitudini: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli». Parole che hanno risuonato tra le navate come un testamento spirituale.

                In prima fila i figli Tiziana e Alessandro, visibilmente provati, e l’inseparabile assistente Dina Minna. Tra i volti dello spettacolo Lorella Cuccarini, inseguita dai cronisti, Al Bano, Michele Guardì, Gigi D’Alessio. «Finalmente si sono accorti della sua grandezza», ha detto Al Bano. «Pippo era alto in tutto quello che faceva. Ho una vita con lui, non un ricordo». E D’Alessio ha aggiunto: «La Rai ha perso la sua R. Pippo era della gente, era uno di noi. Una volta mi chiese un concerto per Militello: ora sono qui per una cosa più triste, ma so che da lassù continuerà a dirigere».

                Non è mancata la rappresentanza istituzionale: il presidente del Senato Ignazio La Russa, il ministro Adolfo Urso, il sottosegretario Gianmarco Mazzi, il governatore Renato Schifani e il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno. «Siamo qui – ha spiegato il vescovo Peri – per salutare non solo un personaggio, ma un amico. Pippo ha portato la Sicilia nel cuore di tutti gli italiani».

                Un malore per un carabiniere in alta uniforme, subito soccorso tra gli applausi, ha interrotto per pochi minuti il rito. Poi l’uscita della bara ha riportato l’attenzione su di lui: applausi lunghi, mani tese, lacrime. Un addio che ha avuto il calore di uno show corale, senza telecamere ma con lo stesso pathos di una diretta televisiva. Pippo Baudo ora riposa nella tomba di famiglia al cimitero di Militello, tra la sua gente.

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