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Lifestyle

“Cara scuola, quanto mi costi”: tra libri, zaini e digitale la ‘spesa salata’ delle famiglie italiane

Tra rincari continui, richieste di edizioni nuove e accessori hi-tech, prepararsi all’anno scolastico diventa un lusso. Le famiglie si confrontano con cifre che superano i mille euro per studente

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    L’avvio dell’anno scolastico 2025-2026 conferma quello che molti temevano: la scuola italiana non è mai stata così costosa. Secondo il Codacons, la spesa complessiva tra libri, cancelleria, zaini e diari può toccare i 1 300 euro per studente. Uno scenario che colpisce con forza soprattutto chi ha figli nelle prime classi delle medie o alle superiori.

    I libri di testo: rincari moderati ma costi elevati

    Secondo l’AIE, l’aumento dei prezzi dei libri nel 2025 è modesto: +1,7 % per le medie e +1,8 % per le superiori, in linea con l’inflazione.
    Ma i costi restano consistenti: nella scuola media ci si attesta intorno ai 190 euro annui, mentre alle superiori la media sale a 241 € nei tecnici, 279 € nei licei e 167 € nei professionali, escludendo i dizionari.
    Secondo stime del Codacons, per le medie la spesa può arrivare fino a 580 € l’anno, mentre per le superiori il conto sfiora i 1 250 €.

    Corredo scolastico: tra accessori griffati e digitali

    Zaini, astucci e diari rappresentano una voce sempre più pesante: uno zaino griffato può superare i 200 €, un astuccio ben fornito arriva a 60 €, mentre un diario si aggira intorno ai 40€.
    Nel complesso, la spesa media aggiornata per il corredo scolastico è di 658 €, con un incremento dell’1,7 % rispetto al 2024.

    Spesa media per studente

    Guardando insieme tutti i costi, secondo Federconsumatori lo studente medio italiano affronta:

    • 633–794 € per libri, materiale e trasporti;
    • fino a 1 213 € alle medie prime;
    • ben 1 467 € alle superiori, con l’ulteriore spesa di 420 € per dispositivi digitali come PC e tablet.
      In alternativa, VCO News parla di oltre 1 100 € combinando corredo e testi, con 658 € solo per il materiale e 537 € per i libri.

    E per il primo anno? Le cifre pesano di più

    Il primo anno di media costa in media 487 €, per le superiori 685 €.
    Sommando dizionari (latino, greco), le cifre possono crescere di altri 100 € per libri specialistici.


    Che fare? I tavoli istituzionali e le soluzioni

    Il governo, attraverso il Ministero dell’Istruzione, ha incrementato il Fondo per l’acquisto di testi scolastici da 133 milioni a 137 milioni € per il 2024-2025, e fino a 139 milioni € per gli anni seguenti, per sostenere le famiglie più fragili. Si lavora anche su detrazioni fiscali e buoni regionali.

    Alcuni consigli pratici per ridurre la spesa

    • Acquistare libri usati o in comodato d’uso
    • Condividere o riutilizzare gli zaini e i materiali dell’anno precedente
    • Preferire acquisti online, permettono risparmi fino al 20 % negli zaini hi-tech
    • Evitare la corsa agli accessori “griffati”, che gonfiano la spesa
    • Il rientro a scuola oggi è una vera “stangata”: tra 1 100 € e 1 400 € a studente per libri, corredo e digitale è una realtà che pesa su molte famiglie. Gli aumenti sono moderati solo per i testi, ma i costi dei materiali e i dispositivi hi-tech incidono fortemente. Le soluzioni ci sono, ma richiedono consapevolezza e pianificazione.
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      Tech

      Occhiali intelligenti e zero notifiche: il futuro della tecnologia è slow

      Altro che iperconnessione: la nuova frontiera della tecnologia da indossare promette di migliorare la qualità della vita riducendo ansia e stress. Ecco i gadget che piacciono agli introversi digitali.

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        C’è stato un tempo – nemmeno troppo lontano – in cui ogni nuovo gadget prometteva connessione, velocità, efficienza. Più notifiche, più dati, più performance. Il futuro era un incessante flusso di bit tra le mani, tra gli occhi, tra i pensieri. Ma ora qualcosa sta cambiando. Lentamente, certo. Ma in modo inesorabile. I dispositivi tech più evoluti non sono più quelli che ti sommergono di alert, ma quelli che – udite udite – ti lasciano in pace.

        È la filosofia del “calm tech”, la tecnologia calma, silenziosa, quasi invisibile. Nasce da una controcultura digitale che ha fatto breccia soprattutto tra i giovani adulti stanchi di sentirsi costantemente sotto pressione. Il burnout da notifica è reale, e la risposta non è buttare lo smartphone dalla finestra, ma affiancarlo con oggetti che aiutino a rallentare. A respirare.

        Primi tra tutti, gli occhiali intelligenti. Ma non quelli per guardare video in realtà aumentata o postare stories con l’iride. Parliamo di una nuova generazione di eyewear minimalisti, come i Frame di Solos o i Mudra di Wearable Devices: sembrano occhiali da sole, ma sono dotati di microcomandi e sensori aptici che consentono di gestire alcune funzioni dello smartphone (come rispondere o rifiutare una chiamata) senza mai tirarlo fuori dalla tasca. Il punto forte? Non vibra, non suona, non distrae. Semplicemente, riduce il rumore.

        Stesso concetto per gli anelli smart, sempre più diffusi e apprezzati. Sottovalutati finché non li si indossa, diventano un alleato discreto e potentissimo. L’Oura Ring, per esempio, monitora il sonno, lo stress e i livelli di attività fisica, ma non emette notifiche, non ha display e non ti interrompe mai. Ti mostra i dati solo quando sei tu a chiederli. È una tecnologia che si adatta al tuo ritmo, non il contrario.

        E non finisce qui: esistono anche bracciali anti-stress, cuffie che cancellano il rumore ambientale per creare silenzi personalizzati, t-shirt che tracciano il respiro e suggeriscono quando serve fermarsi. Tutto all’insegna di un minimalismo funzionale, che non è solo estetico, ma filosofico. Semplificare per vivere meglio.

        Nel mondo delle app, intanto, proliferano i software che riducono il tempo online. Esistono launcher per smartphone che nascondono tutte le icone tranne quelle essenziali. Esistono interfacce progettate in bianco e nero per scoraggiare lo scrolling compulsivo. E ci sono addirittura sistemi operativi che permettono di spegnere tutto tranne ciò che è davvero utile.

        Una delle tendenze più interessanti, però, resta quella dei dispositivi “zero display”. Prodotti come il Light Phone 2, un telefono che fa solo telefonate, messaggi e navigazione basilare, senza social, senza app, senza caos. O come l’MP02 di Punkt, che ha un’estetica da futuro retrò e viene scelto sempre più spesso da professionisti e creativi che vogliono ritagliarsi momenti di autentica disconnessione.

        Perché in fondo il vero lusso, oggi, è proprio questo: il silenzio. La possibilità di restare da soli con i propri pensieri, senza sentirsi colpevoli, né esclusi. E se la tecnologia può aiutarci a proteggerci dal sovraccarico digitale, ben venga. Basta che lo faccia senza fare troppo rumore.

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          Luxury

          Bye bye poveri: Milano è solo per ricchi, e guai a chi resta indietro

          Dal Quadrilatero alla CityLife, i nuovi padroni di Milano sono miliardari stranieri con flat tax, attici da 39mila euro al metro quadro e vista Duomo. I milanesi? Sfrattati ai confini della metropoli. Perché i ricchi fanno tendenza, anche quando comprano case che non abitano.

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            Milano non è più la città che lavora. È la città che capitalizza. Lavorano gli altri, quelli che prendono la metro da Rho o da Corsico e tornano a casa la sera, stanchi e fuori budget. Intanto, nei quartieri di lusso, si vendono metri quadri a peso d’oro. Nell’arco di tre anni – dal 2021 al 2024 – il prezzo degli immobili di fascia alta è salito del 57%, con punte di 39mila euro al metro quadro nel Quadrilatero della Moda. Non una casa: un investimento, un status symbol, una cambiale dorata.

            E tutto grazie a una parolina magica: flat tax. Centomila euro secchi all’anno per chi si trasferisce in Italia con un patrimonio milionario. Un affarone, se si guadagna a sei zeri, perché qui le tasse si pagano meno che in Svizzera. E quindi via libera a ville, superattici, grattacieli deluxe. Mentre gli italiani, soprattutto i giovani, arrancano.

            È il paradosso milanese: l’immobiliare che si fa vetrina della disuguaglianza. Chi compra case sopra il milione sono per il 70% stranieri, molti dei quali non mettono neppure piede nei loro appartamenti. Ma intanto li comprano. E l’effetto domino è servito: anche il mercato “normale” si adegua, rincara, si adatta. Perché se il vicino vale 30mila euro al metro quadro, tu non puoi mica svendere a 7mila, no?

            I numeri fanno impressione: solo nel 2023, circa 4.500 super ricchi hanno scelto l’Italia come residenza fiscale. E due terzi si sono piazzati proprio a Milano. I quartieri diventano club esclusivi, i negozi cambiano vetrine, le scuole rivedono il target. Il problema non è solo economico: è culturale. Chi non appartiene a questo mondo è fuori. Letteralmente.

            Milano corre. Ma non tutti riescono a tenere il passo.

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              Animali

              Chi sogna di più? Non è l’uomo, né il cane: il vero sognatore della natura è l’ornitorinco

              Dormire è naturale, ma sognare è un lusso. Non tutti gli animali lo fanno allo stesso modo. Il record? Se lo aggiudica l’ornitorinco: su 10 ore di sonno, ne sogna 8. I cuccioli di cane e gatto non scherzano, mentre balene e delfini vivono un mondo quasi senza sogni. E l’uomo? Solo 2 ore su 8.

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                Chi l’avrebbe mai detto che il più grande sognatore del regno animale non è l’uomo, né il cane o il gatto, ma… l’ornitorinco. Strano già di per sé, con quel becco d’anatra, la coda da castoro e il veleno nei piedi, l’ornitorinco vince anche la palma dell’animale che sogna di più. Dorme circa 10 ore al giorno, e per ben 8 di queste sogna. Sogna tantissimo, anche se nessuno potrà mai sapere se nei suoi sogni vola o si immagina con un fisico più credibile.

                Non male anche i cuccioli di cane e gatto, che sognano per circa il 90% del tempo in cui dormono. Se avete mai visto un cagnolino muovere le zampine nel sonno o un gattino che miagola con gli occhi chiusi, ecco: erano dentro un sogno. Da adulti, però, le cose cambiano: il tempo di sonno REM, quello associato ai sogni, si riduce parecchio.

                E l’uomo? Siamo decisamente più moderati. In media, sogniamo solo 2 ore su 8 di sonno. Ma attenzione: quei sogni sono intensi, articolati, talvolta veri e propri film. Con trame, emozioni, salti temporali e a volte perfino colpi di scena degni di Hollywood. Il nostro cervello, insomma, è un regista geniale. Anche se spesso si dimentica tutto appena suona la sveglia.

                Poi ci sono gli animali che i sogni, a quanto pare, li sfiorano appena. Balene e delfini, ad esempio, dormono a metà. Letteralmente. Il loro cervello è diviso in due emisferi che si alternano nel sonno: mentre uno riposa, l’altro resta sveglio. Questo perché vivono in un ambiente dove fermarsi del tutto può essere pericoloso. E così, in 10 ore di riposo, riescono a sognare solo per una manciata di minuti. Appena dieci. Un micro-sonno per micro-sogni.

                Ma a cosa servono i sogni? Su questo, scienziati e filosofi si scervellano da secoli. Per alcuni sono un modo per elaborare emozioni e ricordi. Per altri, una palestra mentale in cui il cervello mette in ordine le esperienze. Alcuni animali – come gli elefanti – sembrano addirittura sognare episodi del passato. Altri, come i topi, “ripassano” i percorsi fatti durante la giornata.

                In ogni caso, sognare è un’attività tutt’altro che inutile. E a ben guardare, è uno dei pochi momenti in cui uomo e animale si assomigliano. Tutti, prima o poi, chiudiamo gli occhi e ci perdiamo in un mondo tutto nostro. Chi su due zampe, chi su quattro, chi con il becco. Ma sognare, si sogna. Anche se si è un ornitorinco.

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