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Cinema

Emma Watson confessa l’addio alla recitazione: “Mi stava distruggendo, non mi manca per niente. La mia vita aveva toccato il fondo”

Dopo Piccole Donne di Greta Gerwig, Emma Watson non è più apparsa in un film. L’attrice spiega di essersi sentita imprigionata dalla pressione del mestiere e rivela che oggi preferisce dedicarsi a se stessa, alla famiglia e agli affetti, lontana dallo stress delle grandi produzioni.

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    Emma Watson non ha rimpianti. A quasi sette anni dal suo ultimo film, l’attrice che il pubblico ha conosciuto come Hermione nella saga di Harry Potter ha spiegato le ragioni del suo addio a Hollywood. «Forse sono la persona più felice e in forma che sia mai stata», ha raccontato in un’intervista a Hollywood Authentic, lasciando intendere che la pausa dal cinema si è trasformata in una scelta definitiva.

    Il suo ultimo ruolo importante risale al 2019, quando ha interpretato Meg March nell’adattamento di Piccole Donne firmato da Greta Gerwig. Da allora, silenzio: «Recitare non mi manca per niente, mi stava distruggendo», ha confessato. A pesare non era tanto il lavoro sul set, quanto il contorno: conferenze stampa, interviste, tour promozionali, una macchina che riduceva al minimo la parte creativa. «Non mi manca vendere oggetti. Mi manca l’arte, ma non la pressione», ha ammesso.

    La star ha ricordato anche un recente esperimento teatrale con amici: «Non era nemmeno per un vero pubblico, eppure ho riscoperto quanto possa essere stressante. Mi sono detta: cavolo, è davvero così! Non mi manca».

    Dopo il kolossal Noah, il cult generazionale Noi siamo infinito e il successo mondiale de La Bella e la Bestia, Watson ha deciso di fermarsi quando ha capito che il ritmo di quel mondo stava logorando la sua vita privata. «Avevo bisogno di ricostruire le fondamenta: la casa, gli amici, la famiglia. Lavoravo così tanto che il fondo era crollato».

    Oggi l’attrice vive con più serenità, lontana dai riflettori e senza ansia da prestazione. «Se non hai basi solide, passi da un progetto all’altro terrorizzata dal vuoto che c’è tra loro», ha detto. Una riflessione che spiega perché non abbia più cercato nuove parti.

    Per il momento, nessun ritorno all’orizzonte. Emma Watson si gode una vita diversa, lontana da Hollywood, con la convinzione di aver fatto la scelta giusta: «Nessuna nostalgia, nessun rimpianto».

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      Cinema

      Dal bar all’Oscar: il viaggio sorprendente di Matthew McConaughey

      Da studente a Hollywood star grazie a un episodio al bar, fino a una riscoperta interiore tra deserto, diario e consapevolezza: McConaughey racconta nel suo memoir Greenlights cosa significa vivere davvero.

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      Matthew McConaughey

        Tutto è iniziato in un bar di Austin. Matthew McConaughey, appena ventitreenne e studente, incontra per caso il casting director Don Phillips. Una conversazione – e forse qualche drink di troppo – lo porta a ottenere un provino per Dazed and Confused, il film di Richard Linklater. Nonostante Linklater fosse titubante, ritenendo McConaughey «troppo bello» per il ruolo, l’attore impressionò il regista trasformandosi in Wooderson con naturalezza, aggiungendo battute e carisma al personaggio. Quel ruolo, nato in modo casuale, segna l’inizio della sua carriera e la consacrazione come astro nascente di Hollywood.

        Negli anni successivi, McConaughey alterna commedie romantiche a ruoli drammatici, trovandosi spesso ostacolato dal suo stesso successo di bellezza. Ma negli anni ’10 del nuovo millennio arriva la svolta: performance intense nei film Killer Joe (William Friedkin), Mud (Jeff Nichols) e la partecipazione a The Wolf of Wall Street rappresentano una rinascita artistica, prima dell’exploit definitivo in Dallas Buyers Club, che gli frutta l’Oscar come miglior attore protagonista.

        A quel punto il suo percorso si arricchisce di tappe inedite: la serie True Detective e il colossal Interstellar con Christopher Nolan ampliano ulteriormente la sua portata e dimostrano la sua versatilità.

        Il racconto di questo straordinario percorso trova forma nel suo memoir Greenlights (2020), scritto durante un’esperienza radicale: 52 giorni in solitaria nel deserto, senza elettricità, con l’unica compagnia dei suoi diari, iniziati all’età di 14 anni. Il libro raccoglie aneddoti, poesie, riflessioni e “preghiere”, e riflette sulla capacità di riconoscere i “semafori verdi” della vita, anche tra quelli rossi o gialli.

        Tra le pagine emergono aforismi come: “Tutti abbiamo cicatrici… meglio ballare con il tempo che combatte­lo” e “Meglio perdere soldi divertendosi che guadagnarli annoiandosi”. Non mancano esperienze inaspettate, come un incontro in videochiamata con lo yogi indiano Sadhguru, che sottolineano la natura esplorativa del libro.

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          Cinema

          Oscar 2026, l’Italia punta su Familia: il film di Francesco Costabile in gara come miglior film internazionale

          Il comitato istituito dall’Anica ha scelto Familia come titolo italiano in corsa per l’International Feature Film Award. La strada verso la nomination è lunga: shortlist il 16 dicembre 2025, cinquina finale il 22 gennaio 2026, Oscar il 15 marzo a Los Angeles.

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            Sarà Familia di Francesco Costabile a rappresentare l’Italia nella corsa all’Oscar 2026 come miglior film internazionale. L’annuncio è arrivato al termine della riunione del comitato di selezione istituito dall’Anica su incarico dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences. Riunito davanti a un notaio, il gruppo di esperti ha votato all’unanimità per il film di Costabile, preferendolo ad altri 23 titoli in lizza.

            Familia è stato presentato in anteprima mondiale alla Mostra del Cinema di Venezia 2024, dove aveva già raccolto consensi di critica per la sua forza narrativa. E per l’intensità della messa in scena. Ora si prepara a competere nella categoria International Feature Film Award della 98ª edizione degli Academy Awards. Un percorso che si annuncia complesso ma ricco di aspettative.

            Il calendario dell’Academy è già fissato: il 16 dicembre 2025 verrà annunciata la shortlist dei quindici film internazionali che resteranno in gara, mentre il 22 gennaio 2026 arriverà la cinquina finale delle nomination ufficiali. L’appuntamento clou sarà il 15 marzo 2026 al Dolby Theatre di Los Angeles, quando verranno assegnate le statuette più ambite del cinema mondiale.

            Per il nostro Paese si tratta di una candidatura importante: l’Italia vanta una lunga tradizione agli Oscar, con trionfi storici firmati da maestri come Fellini, De Sica, Tornatore e Benigni. L’auspicio è che Familia possa iscriversi a quella lista, riportando il cinema italiano sotto i riflettori internazionali.

            Il film di Costabile, già apprezzato per la sua capacità di fondere realismo e intensità emotiva, racconta storie di legami e conflitti familiari sullo sfondo di un’Italia in trasformazione. Temi universali, capaci di parlare anche a un pubblico globale.

            Adesso resta l’attesa: la corsa all’Oscar è ufficialmente cominciata, e Familia ha sulle spalle la responsabilità e l’orgoglio di rappresentare il nostro cinema.

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              Cinema

              Claudia Cardinale, la diva che non voleva fare cinema, tra successo, scandali, segreti e passioni ribelli

              Dalla violenza che la rese madre giovanissima alla bugia di un figlio presentato come fratello, dal controllo ossessivo del produttore Franco Cristaldi all’amore liberatorio con Pasquale Squitieri: la Cardinale non fu solo la musa de Il Gattopardo o la Jill di Sergio Leone, ma una donna che sfidò convenzioni, gossip e ipocrisie.

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                Claudia Cardinale se n’è andata a 87 anni, nella sua casa di Nemours vicino Parigi. Per tutti era Angelica ne Il Gattopardo, la prostituta coraggiosa di C’era una volta il West, la musa di Fellini e Visconti. Ma la sua vera storia, lontana dai riflettori, è stata ben più dura, segnata da segreti e battaglie personali che la resero una diva ribelle, unica nel panorama italiano.

                Nata a Tunisi nel 1938 da genitori siciliani, Claudia non sognava il cinema. Anzi, raccontava di avere rifiutato con rabbia la femminilità e la vita da attrice. Ma un concorso di bellezza, “La più bella italiana di Tunisi”, la catapultò a Venezia e le aprì le porte di Cinecittà. Poco dopo, però, la sua vita cambiò in modo drammatico: rimase incinta a seguito di una violenza. Da lì la decisione di tenere il bambino, Patrick, ma di nasconderlo al mondo. Per anni fu presentato come suo fratello, mentre lei recitava già accanto a Mastroianni e Delon.

                Dietro quella bugia c’era la mano del produttore Franco Cristaldi, che l’aveva messa sotto contratto e ne gestiva ogni scelta, privata e pubblica. “Ero sua dipendente in tutto”, confessò anni dopo. Una gabbia dorata che però la rese ancora più determinata a ritagliarsi un ruolo da protagonista, non solo sul set. Quando nel 1974 incontrò Pasquale Squitieri, regista e compagno per 27 anni, la Cardinale trovò finalmente quella che definì “la mia libertà”. Con lui ebbe la figlia Claudia e ricominciò a vivere senza filtri, dopo anni di obbedienza forzata.

                Eppure, per il pubblico rimase la bellezza indomabile che Visconti difendeva a ogni costo, la donna che Leone trasformò in simbolo di resistenza nel West, l’attrice che a Hollywood scelse di non restare, nonostante la vicinanza a divi come Paul Newman e Rock Hudson. Amava definirsi “un’esploratrice”, e in effetti la sua carriera è stata un viaggio continuo, fatto di scelte anticonvenzionali, rifiuti clamorosi, ruoli che hanno segnato l’immaginario.

                Premiata nei festival di tutto il mondo, dagli Oscar europei al Leone d’oro a Venezia, Claudia Cardinale resta soprattutto un’icona di ribellione femminile: madre segreta, amante controllata, diva che seppe dire no alle regole di Hollywood e sì alla libertà. La sua voce roca e il suo sguardo fiero hanno raccontato più di qualsiasi sceneggiatura.

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