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Cinema

Jacob Elordi, il nuovo sex symbol di Hollywood: “Mia madre è l’essere umano più meraviglioso del mondo”

Dopo il successo planetario di Saltburn e Euphoria, Jacob Elordi si prepara a stupire nei panni del mostro di Frankenstein e in una versione audace di Cime tempestose. Ma dietro il fascino da sex symbol si nasconde un figlio devoto: “Mia madre è la mia roccia, non mi lascia mai solo.”

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    È il volto del momento, il sex symbol che ha conquistato Hollywood e il pubblico mondiale. Jacob Elordi, classe 1997, è pronto a stupire ancora: dopo Saltburn e Euphoria, sarà il nuovo Frankenstein nel film di Guillermo del Toro e il protagonista di una rilettura passionale di Cime tempestose, dove — per la gioia dei fan — si mostrerà senza veli.

    Ma dietro la bellezza da copertina e il talento in ascesa si nasconde un ragazzo profondamente legato alle proprie radici e, soprattutto, a una figura che considera sacra: sua madre.

    “Mia madre è il mio angelo custode”
    In un’intervista recente, Elordi ha parlato di lei con parole di struggente affetto: “È l’essere umano più presente, amorevole, semplicemente meraviglioso e angelico su questo pianeta.” Un legame che, raccontano gli amici, è rimasto intatto anche dopo il successo. La madre lo accompagna spesso sui set e alle première, sostenendolo con una discrezione che ha conquistato anche i fan.

    Il fascino dell’anti-star
    Nonostante la fama, Elordi resta allergico alle eccessive luci della ribalta. Preferisce la normalità, le camminate in spiaggia e le serate tranquille con la famiglia. “Mi tiene con i piedi per terra – ha confidato –. Quando torno a casa, per lei non sono Jacob Elordi, sono solo suo figlio.”

    Dal mito gotico al romanticismo selvaggio
    Il 2025 sarà l’anno della sua consacrazione definitiva. Nel Frankenstein di Del Toro interpreterà la creatura più iconica della letteratura, in una versione che promette di essere insieme spaventosa e poetica. Poi arriverà Cime tempestose, dove vestirà i panni di un amante tormentato e carnale, tra eros e tragedia.

    Un doppio ruolo che conferma la sua versatilità: Elordi sa essere allo stesso tempo fragile e magnetico, capace di far convivere il romanticismo più puro con la sensualità più spinta.

    Cuore d’oro e sguardo di ghiaccio
    Dietro lo sguardo intenso che ha stregato milioni di spettatrici, c’è un giovane uomo che non ha dimenticato la famiglia e la semplicità. “Non so dove sarei senza mia madre”, ha detto più volte. Forse è proprio quel contrasto tra vulnerabilità e forza, tra amore filiale e fascino pericoloso, a renderlo il vero erede dei grandi sex symbol di Hollywood.

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      Cinema

      Jessica Chastain e Isaác Hernández, passione sul set di Dreams: “Un’attrazione fatale e fugace”

      Dreams racconta quanto si è disposti a sacrificare per inseguire un sogno. Sul set, tra Jessica Chastain e Isaác Hernández sarebbe nata un’attrazione travolgente, durata il tempo di un’alba. Lei, musa sofisticata del cinema d’autore; lui, giovane étoile dell’American Ballet Theatre.

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        Cosa sei disposto a fare per inseguire i tuoi sogni? È la domanda che attraversa Dreams, il nuovo film che intreccia danza, passione e il fragile equilibrio tra ambizione e sentimento. Ma la linea che separa la finzione dalla realtà, sul set, pare essersi dissolta: tra Jessica Chastain e Isaác Hernández sarebbe scoppiata una breve ma intensa attrazione.

        Lei, attrice pluripremiata e simbolo di eleganza hollywoodiana; lui, 34 anni, primo ballerino dell’American Ballet Theatre, talento riconosciuto sulla scena internazionale. Insieme hanno dato vita a una chimica palpabile anche fuori dalle inquadrature. Secondo indiscrezioni provenienti dal set, i due sarebbero stati inseparabili durante le riprese, tra prove di danza e lunghe pause condivise.

        Un incontro tra cinema e danza
        Dreams è un film che unisce due mondi: quello cinematografico e quello del balletto. Diretto da un regista che ama raccontare le zone d’ombra del desiderio, il film segue la storia di una donna divisa tra il successo e la ricerca di autenticità. In questo intreccio, Hernández interpreta un danzatore che diventa specchio e tentazione.

        “È un film che parla di libertà, di cosa siamo disposti a perdere per restare fedeli a noi stessi”, ha raccontato Chastain in una recente intervista, senza mai accennare direttamente al presunto legame con il collega, ma lasciando intendere che sul set si fosse creata un’intensa connessione emotiva.

        Un’attrazione che dura il tempo di un mattino
        Chi ha assistito alle riprese parla di un’intesa evidente, fatta di sguardi, di movimenti sincronizzati, di complicità spontanea. “Sembravano danzare anche quando la macchina da presa si fermava”, avrebbe raccontato un membro della troupe. Una passione bruciante, vissuta — come dicono in Francia — l’espace d’un matin, lo spazio di un mattino.

        La potenza dei sogni
        Al di là del gossip, resta la forza del film, che mette a nudo la tensione tra desiderio e disciplina. Dreams diventa così una metafora della vita artistica: una danza continua tra controllo e abbandono, tra il sogno e la realtà che lo tradisce.

        Jessica Chastain, che da anni alterna ruoli impegnati e intensi, conferma ancora una volta la sua capacità di trasformare ogni progetto in un viaggio interiore. E accanto a lei, Isaác Hernández incarna la purezza del movimento, il linguaggio universale del corpo che racconta ciò che le parole non possono dire.

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          Cinema

          Jasmine Trinca, tra Testaccio e patriarcato: “Quel calcio nella foto? Era al sistema, non al caso”

          Al bar del Testaccio, sotto il sole di Roma, Jasmine Trinca parla del suo nuovo film Succederà questa notte e di un gesto simbolico che ha fatto sorridere tutti: “Quel calcio? Era al patriarcato”. Nata e cresciuta nel quartiere popolare, l’attrice intreccia passato e presente con la leggerezza di chi ha scelto la libertà.

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            Esterno giorno. Roma, quartiere Testaccio. Un bar assolato, i tavolini pieni, il via vai di chi il quartiere lo abita davvero. È qui che Jasmine Trinca continua a tornare come si torna a una radice. “Qui non si fanno brutti incontri”, scherza lei, mentre il sole taglia il selciato e il profumo del caffè si mescola all’eco dei mercati vicini.

            Tutti, nel quartiere, conoscono la storia della sua famiglia e di quella nonna che aveva un banco del pesce al mercato del Testaccio: un pezzo di Roma autentica, popolare e femminile. “Sono cresciuta qui — racconta — tra voci, risate, mani che lavoravano. È un luogo che mi ha insegnato l’umanità e il valore della fatica, prima ancora del cinema”.

            “Quel calcio al patriarcato”
            Mentre osserva le fotografie appena scattate, Jasmine si ferma su un’immagine in cui sembra colta in un gesto di ribellione, la gamba tesa, il sorriso ironico. “Stavo dando un calcio al patriarcato”, dice ridendo, con quella sua ironia tagliente che smonta la retorica e lascia spazio all’intelligenza.

            Un modo per esorcizzare l’idea della donna ingabbiata nei ruoli, anche nel mondo del cinema. “Per anni ci hanno chiesto di essere muse, ma a me interessa essere autrice, raccontare, scegliere. È una questione di sguardo: chi guarda e chi decide come guardare.”

            Il nuovo film con Louis Garrel
            Sul set di Succederà questa notte, dove recita accanto a Louis Garrel, Jasmine Trinca torna a misurarsi con un cinema denso e intimo. “È un film che parla di incontri casuali, di parole sospese, di tutto ciò che può accadere quando smetti di controllare la realtà. Ed è anche un film sul desiderio — quello vero, che non si può addomesticare”.

            Accanto a lei, Garrel porta il suo fascino malinconico e la complicità tipica del cinema francese. “Louis è un compagno di scena generoso e curioso. Con lui si lavora sul sottotesto, sul non detto, su quella zona di mistero che mi interessa sempre di più”.

            Tra Roma e il cinema indipendente
            Mentre nel bar la vita continua, Jasmine Trinca riflette su quanto la città resti la sua bussola: “Roma è una madre imperfetta, ti accoglie e ti ferisce. Ma senza di lei non saprei raccontare nulla. Il mio cinema nasce da qui, dai vicoli, dalle voci, dai gesti quotidiani.”

            Ride di nuovo, con quella leggerezza che non cancella la profondità. “Forse è proprio questo che mi ha insegnato Testaccio: puoi colpire forte, anche solo con un sorriso.”

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              Cinema

              Perché la Rai ignora “In Vino Veritas”? Un piccolo capolavoro girato in Basilicata, distribuito in tutto il mondo ma non in Italia

              Girato ad Acerenza, uno dei borghi più belli d’Italia, con Joe Pantoliano e Marco Leonardi, In Vino Veritas (titolo internazionale From The Vine) è stato distribuito ovunque — tranne nel Paese di cui racconta l’anima. Eppure la Rai nel 2024 ha trasmesso quasi 5.000 film, di cui centinaia tedeschi e francesi. Una storia di bellezza ignorata dal servizio pubblico.

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                C’è una domanda che non riesco a togliermi dalla testa: com’è possibile che un film come In Vino Veritas, diretto da Sean Cisterna e girato nel cuore della Basilicata, non sia stato trasmesso dalla Rai? Non parlo di una pellicola sperimentale o di un prodotto di nicchia. Parlo di una commedia lieve, poetica, perfetta per una serata in famiglia. Un film che parla di noi: di emigrazione, di ritorni, di vino e di quella terra lucana che il mondo ci invidia ma che noi, troppo spesso, fingiamo di non vedere.

                Girato ad Acerenza, un borgo che Forbes ha definito «uno dei dieci luoghi più belli del mondo», il film racconta la storia di un uomo che, dopo anni all’estero, torna alle proprie radici e ritrova nella vite e nel vino — l’Aglianico, orgoglio lucano — il senso della vita. È un racconto universale, ma al tempo stesso intimamente italiano, perché parla di identità, di appartenenza e del legame profondo tra l’uomo e la sua terra.

                Acerenza non è solo uno sfondo: è la protagonista silenziosa del film. Un paese che nel 2018 ha rappresentato la Basilicata nella finale del programma di Rai 3 e che nel 2014 si era classificato quarto nella competizione nazionale di Kilimangiaro. Un borgo che la Rai conosce benissimo, e che ha contribuito a valorizzare in passato. Eppure, quando si è trattato di dare spazio a un film che ne esalta la bellezza e il carattere, la rete pubblica si è girata dall’altra parte.

                Il paradosso è che In Vino Veritas è stato distribuito in tutto il mondo: dagli Stati Uniti — dove Samuel Goldwyn Films lo ha portato nelle sale con il titolo From The Vine — fino alla Corea del Sud. E sapete quanti film italiani, in media, riescono ogni anno ad avere un’uscita americana? Non più di cinque o sei negli ultimi cinque anni. Eppure questo ce l’ha fatta. Ha convinto la critica e il pubblico, ha emozionato spettatori che con la Basilicata non avevano mai avuto nulla a che fare.

                Basta leggere le recensioni internazionali per capire di che film stiamo parlando: “From The Vine brings heart, warmth and a sense of hope to a world that is in much need of it”, scrive un critico americano. Un film che porta speranza e umanità in un mondo che ne ha bisogno. Possibile che in Italia, proprio in casa sua, non meriti nemmeno una prima serata su Rai 1, Rai 2 o Rai 3?

                E dire che il cast è straordinario: Joe Pantoliano, uno degli attori più amati del cinema americano, premio Emmy per I Soprano, volto di Matrix, Memento, Il fuggitivo. E accanto a lui Marco Leonardi, simbolo del nostro cinema grazie a Nuovo Cinema Paradiso. Due nomi che, da soli, sarebbero bastati per attirare curiosità e ascolti.

                Eppure niente. Il film era stato valutato positivamente da Rai, Mediaset e Sky. Tutti lo avevano apprezzato. Poi, misteriosamente, il silenzio. Nessuna spiegazione ufficiale, nessuna motivazione editoriale. Semplicemente, non se n’è fatto nulla.

                E allora mi chiedo: perché? Perché la Rai, che nel 2024 ha trasmesso 4.500 film (di cui 1.800 italiani, 1.700 americani, 500 francesi, 150 inglesi e 100 tedeschi), non ha trovato spazio per una coproduzione italo-canadese che celebra il nostro territorio meglio di cento fiction istituzionali? È accettabile che il servizio pubblico, finanziato dal canone, preferisca mandare in onda commedie tedesche o film francesi mediocri invece di un film girato in Basilicata, in lingua italiana, con un cast d’eccellenza e una storia universale?

                La verità è che In Vino Veritas non è solo un film: è una dichiarazione d’amore all’Italia che resiste. Quella delle colline, dei piccoli borghi, della terra e delle tradizioni. Racconta la nostra identità con leggerezza, senza prediche, e lo fa con immagini che sembrano affreschi, con un ritmo che riconcilia con la voglia di andare al cinema.

                Non posso accettare che una pellicola così venga ignorata nel suo stesso Paese. È come se un genitore dimenticasse di abbracciare il proprio figlio. In Basilicata, dove il film è stato girato, molti cittadini speravano di potersi rivedere sullo schermo, di riconoscere un volto, un paesaggio, un accento. E invece niente. La Rai li ha privati anche di questo orgoglio.

                Se il servizio pubblico ha davvero il compito di valorizzare la cultura e il territorio italiano, allora In Vino Veritas avrebbe dovuto essere il suo manifesto. E invece resta un’occasione mancata, una di quelle che fanno male. Perché dietro questo film non c’è solo la bellezza della Basilicata, ma anche il sogno di un’Italia che, per una volta, avrebbe potuto guardarsi allo specchio e piacersi.

                E così tocca a noi ricordarlo, a noi che amiamo il cinema e sappiamo riconoscere un piccolo capolavoro quando lo vediamo. Un film che parla di emigrazione, di vino, di radici, di speranza. Un film che altrove ha trovato pubblico e riconoscimento, ma che qui, nel Paese in cui è nato, è rimasto invisibile.

                Forse è questa la vera tragedia italiana: non vedere la bellezza anche quando ce l’abbiamo davanti agli occhi.

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