Beauty
Elettrico o manuale, lo spazzolino per avere sempre denti sani e puliti
Gli spazzolini da denti elettrici offrono una serie di vantaggi che possono migliorare significativamente la salute orale. Sebbene il costo sia maggiore rispetto agli spazzolini manuali, i benefici in termini di efficacia e facilità d’uso possono giustificare l’investimento. Scegliere il modello giusto dipende dalle esigenze personali e dal budget, ma con una vasta gamma di opzioni disponibili, c’è sicuramente uno spazzolino elettrico adatto a ogni esigenza.
																								
												
												
											Lo spazzolino da denti elettrico sta diventando sempre più popolare grazie alla sua efficacia e la facilità d’uso. In questo articolo esploreremo i vari modelli disponibili, i vantaggi e gli svantaggi rispetto agli spazzolini manuali, e i costi associati.
Sì ma quale scegliere?
De spazzolini elettrici disponibili sul mercato ce ne sono davvero tanti. C’è l’imbarazzo della scelta. Eppure ci sono diversità. Uno non vale l’altro. Bisogna scegliere con cura anche rispetto alla propria conformazione dentale. Gli spazzolini oscillanti-rotanti hanno una testina che ruota in entrambe le direzioni e spesso combinano un movimento oscillante per una pulizia più completa. Quelli sonici utilizzano vibrazioni ad alta frequenza per rimuovere la placca. La testina vibra a una velocità molto elevata, creando microbolle che aiutano nella pulizia.
Dalle onde sonore alla connettività bluetooth
Gli spazzolini ultrasonici utilizzano onde sonore ad alta frequenza per disgregare la placca e i batteri, anche in aree difficili da raggiungere. Alcuni modelli avanzati sono dotati di connettività Bluetooth, app per smartphone, sensori di pressione e timer integrati per ottimizzare la routine di spazzolamento.
Quali sono i vantaggi degli spazzolini elettrici
Per prima cosa quelli elettrici hanno una maggiore efficacia. Studi dimostrano che gli spazzolini elettrici rimuovono più placca rispetto ai manuali, riducendo il rischio di carie e gengiviti. Sono ideali per persone con mobilità ridotta o con difficoltà a spazzolare correttamente, come bambini e anziani. Alcuni modelli sono dotati di timer integrati per assicurarsi di spazzolare per il tempo giusto e sensori di pressione per evitare di danneggiare le gengive. E in più le app e le funzioni intelligenti possono motivare un uso regolare e corretto, rendendo la pulizia dei denti più coinvolgente.
E gli svantaggi?
Se vogliamo considerarlo uno svantaggio certamente il costo potrebbe essere un deterrente per adottare uno spazzolino da denti elettrico. Generalmente più costosi degli spazzolini manuali, sia per l’acquisto iniziale che per la sostituzione delle testine, quelli elettrici inoltre richiedono la ricarica o la sostituzione delle batterie, il che può essere scomodo durante i viaggi. E in più possono rompersi più facilmente se cadono rispetto agli spazzolini manuali.
Ma i manuali sono proprio da buttare via?
Gli spazzolini manuali richiedono una buona tecnica per essere efficaci, mentre quelli elettrici automatizzano il movimento, garantendo una pulizia più uniforme. A differenza degli spazzolini elettrici che spesso includono il timer che incoraggia a spazzolare per almeno due minuti, mentre con gli spazzolini manuali è più facile fermarsi prima del tempo consigliato.
Ma quanto costano?
Gli spazzolini elettrici entry-level come l’Oral-B Vitality possono costare tra i 20 e i 40 euro. I modelli di fascia media come il Philips Sonicare ProtectiveClean, con funzioni avanzate come sensori di pressione e timer, costano tra i 60 e i 100 euro. Gli spazzolini con tecnologia intelligente, connettività Bluetooth, e app, come l’Oral-B Genius o il Philips Sonicare DiamondClean Smart, possono superare i 150 euro.
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Beauty
Luce rossa, il nuovo alleato della pelle: come funziona la fototerapia a casa
Dal trattamento anti-age ai benefici sulla rigenerazione cutanea, la fototerapia a luce rossa a spettro completo conquista il mondo del beauty domestico. Ma attenzione a non abusarne: non è una bacchetta magica.
														Una luce calda, un rituale di pochi minuti e la promessa di una pelle più compatta, uniforme e luminosa. La fototerapia a luce rossa a spettro completo è l’ultima frontiera del beauty hi-tech da fare a casa: un trattamento ispirato ai protocolli dermatologici professionali, ma in versione semplificata e accessibile.
Nata in ambito medico – fu la NASA negli anni ’90 a studiarne gli effetti sulla rigenerazione cellulare – oggi la terapia con LED rossi e infrarossi è diventata un trend virale su TikTok e Instagram, dove celebrità e beauty influencer ne decantano i benefici anti-age.
Cos’è la fototerapia a luce rossa a spettro completo
Si tratta di un trattamento non invasivo che utilizza onde luminose a bassa intensità, comprese tra i 600 e i 900 nanometri, per stimolare le cellule cutanee.
I dispositivi a spettro completo combinano diverse lunghezze d’onda di luce rossa e vicino infrarosso (NIR) per agire a varie profondità della pelle:
- la luce rossa (circa 630-660 nm) lavora sulla superficie, stimolando collagene e riducendo infiammazioni;
 - la luce infrarossa (800-850 nm) penetra più in profondità, migliorando il metabolismo cellulare e la circolazione sanguigna.
 
In pratica, il dispositivo emette una luce calda e uniforme che, assorbita dai mitocondri, aumenta la produzione di ATP, l’energia cellulare, favorendo riparazione dei tessuti, compattezza e tono cutaneo.
Come si usa
L’utilizzo è semplice, ma richiede costanza. Dopo aver deterso il viso e rimosso ogni traccia di trucco, si accende il dispositivo e si espone la pelle alla luce per 10-20 minuti, mantenendo una distanza di circa 10-20 cm (a seconda delle istruzioni del produttore).
La frequenza ideale? Tre o quattro volte a settimana, meglio la sera, per permettere alla pelle di rigenerarsi durante la notte.
I dispositivi più avanzati offrono modalità e intensità regolabili, e possono essere utilizzati non solo sul viso, ma anche su collo, décolleté e mani. Alcuni modelli, a uso professionale domestico, includono accessori per corpo e cuoio capelluto, per stimolare la crescita dei capelli o lenire dolori muscolari.
I benefici: non solo anti-age
Numerosi studi clinici (tra cui quelli pubblicati sul Journal of Clinical and Aesthetic Dermatology) hanno dimostrato che la fototerapia a luce rossa può:
- aumentare fino al 30% la produzione di collagene, migliorando la compattezza cutanea;
 - ridurre linee sottili e rughe dopo 6-8 settimane di uso regolare;
 - uniformare il colorito, diminuendo rossori e discromie;
 - accelerare la guarigione di acne e infiammazioni, grazie all’effetto antinfiammatorio;
 - lenire dolori muscolari e articolari leggeri, stimolando la circolazione.
 
In molti casi, i risultati visibili appaiono già dopo un mese di utilizzo costante, ma variano a seconda dell’età, della qualità del dispositivo e delle abitudini di cura della pelle.
Controindicazioni e precauzioni
Nonostante sia considerata una tecnologia sicura, la fototerapia a luce rossa non è adatta a tutti. Gli esperti raccomandano cautela in caso di:
- gravidanza o allattamento (mancano studi sufficienti);
 - patologie cutanee come lupus o dermatiti fotosensibili;
 - uso di farmaci fotosensibilizzanti (come isotretinoina o antibiotici specifici);
 - disturbi oculari: è sempre bene indossare occhiali protettivi durante l’esposizione.
 
Un altro rischio è l’abuso: sessioni troppo lunghe o troppo ravvicinate possono causare irritazione o arrossamento temporaneo, specialmente sulle pelli sensibili.
Il parere dell’esperto
«La luce rossa è un potente stimolatore del metabolismo cellulare, ma va usata con buon senso», spiega la dermatologa Dott.ssa Giulia Ferrari, specialista in tecnologie estetiche. «I dispositivi casalinghi sono generalmente sicuri perché hanno intensità controllata, ma non sostituiscono trattamenti medici o laser professionali. Il segreto è la regolarità, non l’eccesso».
Il futuro del beauty è luminoso
Nel mondo del beauty tech, la luce è la nuova crema. Sempre più brand – da Dr. Dennis Gross a CurrentBody, fino ai più recenti mask LED full spectrum – stanno investendo in ricerca e design per offrire risultati clinici in un rituale da dieci minuti al giorno.
La promessa è chiara: ringiovanire senza bisturi, semplicemente accendendo una luce.
Ma, come in ogni trattamento, serve equilibrio: la tecnologia può essere una grande alleata, purché resti al servizio della pelle e non dell’ossessione per la perfezione.
Salute
Minzione frequente: quando preoccuparsi e come gestirla
Bere troppo, stress, infezioni o problemi ormonali: ecco come distinguere un fastidio passeggero da un sintomo da non sottovalutare.
														Alzi la mano chi non si è mai svegliato di notte per correre in bagno. Una situazione comune, spesso legata a bere molto prima di dormire o a un periodo di stress, ma che in alcuni casi può diventare un campanello d’allarme. La minzione frequente – cioè l’aumento del numero di volte in cui si urina durante il giorno o la notte – può infatti essere il segnale di alterazioni temporanee o croniche dell’apparato urinario o di altre funzioni dell’organismo.
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, si parla di minzione frequente quando una persona urina più di 7-8 volte nelle 24 ore, a fronte di una quantità totale di urina normale o aumentata. Il disturbo può colpire sia uomini sia donne, a tutte le età, ma è più comune nelle persone sopra i 50 anni e nelle donne in gravidanza.
Le cause più comuni
Nella maggior parte dei casi, la causa è benigna e temporanea. Ad esempio, un aumento dell’assunzione di liquidi, il consumo di bevande diuretiche (come tè, caffè o alcol), oppure un cambio di temperatura che stimola la diuresi. Anche lo stress o l’ansia possono giocare un ruolo: l’attivazione del sistema nervoso simpatico accelera i processi fisiologici, compresa la produzione di urina.
Ma la minzione frequente può anche essere il sintomo di una condizione medica. Tra le cause più comuni:
- Infezioni urinarie (cistiti), che provocano bruciore, urgenza e dolore pelvico;
 - Diabete mellito, per l’aumento del glucosio nelle urine che richiama acqua;
 - Ipertrofia prostatica o prostatite negli uomini, con difficoltà a svuotare completamente la vescica;
 - Vescica iperattiva, un disturbo funzionale che causa lo stimolo improvviso e frequente a urinare;
 - Gravidanza, per la pressione del feto sulla vescica.
 
Meno spesso, il problema può dipendere da disturbi neurologici, squilibri ormonali (come l’ipercalcemia o l’ipotiroidismo) o dall’uso di farmaci diuretici prescritti per l’ipertensione.
Quando è il caso di rivolgersi al medico
Un episodio isolato non è motivo di allarme, ma se la frequenza urinaria persiste per più di una settimana, o si accompagna a dolore, febbre, sangue nelle urine, sete intensa o perdita di peso inspiegabile, è fondamentale consultare il medico. Questi sintomi possono indicare infezioni, diabete o disturbi prostatici che richiedono esami specifici.
La diagnosi si basa su anamnesi dettagliata, esame delle urine e, se necessario, ecografia dell’apparato urinario o test del sangue. In alcuni casi, lo specialista può proporre un diario minzionale, dove annotare orari e quantità di urina per alcuni giorni: uno strumento semplice ma molto utile per capire l’origine del disturbo.
Strategie per gestire il problema
Se la causa è funzionale o lieve, piccoli accorgimenti possono fare la differenza:
- Limitare caffeina e alcol, che stimolano la diuresi;
 - Distribuire l’assunzione di acqua durante il giorno, evitando di bere troppo la sera;
 - Allenare la vescica, provando a posticipare gradualmente lo stimolo;
 - Fare esercizi per il pavimento pelvico (Kegel), utili soprattutto per le donne;
 - Gestire lo stress con tecniche di rilassamento o attività fisica regolare.
 
Nei casi più complessi, il medico può indicare una terapia farmacologica (come antimuscarinici o beta-3 agonisti per la vescica iperattiva) o interventi specifici per patologie come il diabete o l’ipertrofia prostatica.
Un sintomo da ascoltare
La minzione frequente, insomma, non è una malattia, ma un sintomo che racconta qualcosa del nostro equilibrio interno. Ignorarlo può significare trascurare un segnale che il corpo ci manda.
Come ricordano i medici dell’NHS britannico, “ascoltare i cambiamenti nel proprio ritmo corporeo è il primo passo verso la prevenzione”.
La buona notizia è che, nella maggior parte dei casi, si tratta di un disturbo risolvibile con una diagnosi tempestiva e qualche modifica nello stile di vita.
Perché anche una cosa tanto semplice e quotidiana come andare in bagno può, se capita troppo spesso, insegnarci qualcosa di importante sulla nostra salute.
Beauty
La bellezza come cura: il nuovo volto del make-up consapevole
Tra psicologia e autocura, si afferma una nuova visione del beauty: prendersi cura del corpo per riconoscersi, non per nascondersi.
														“Mi trucco per piacermi, non per nascondermi.” È più di una frase da social: è il manifesto di una rivoluzione silenziosa che sta cambiando il modo in cui viviamo la bellezza. Dopo anni di standard estetici irraggiungibili, di filtri e perfezione digitale, la cura di sé torna ad essere un gesto di autenticità e consapevolezza.
Secondo un report di The Global Wellness Institute, il mercato del “mindful beauty” — prodotti e rituali pensati per il benessere mentale — è in costante crescita e vale ormai oltre 1,5 miliardi di dollari nel mondo. Non è più solo questione di estetica: è psicologia applicata al quotidiano.
Skincare come rituale di equilibrio
Negli ultimi anni, la skincare ha smesso di essere una sequenza di passaggi obbligati per diventare una forma di meditazione domestica. Pulire, idratare, massaggiare il viso: piccoli gesti che rallentano il ritmo e restituiscono una sensazione di presenza.
“La cura della pelle è una pratica di autocompassione”, spiega la psicologa Elisa Canali, esperta di psicologia dell’immagine. “Quando ci prendiamo cura del nostro corpo, comunichiamo al cervello un messaggio di valore personale. È un modo concreto per dire: mi vedo, mi ascolto, mi rispetto.”
Le neuroscienze confermano che la routine di bellezza attiva i circuiti della gratificazione, stimolando serotonina e dopamina. Non è solo vanità: è biologia del benessere.
Il make-up come linguaggio dell’identità
Il trucco non è più sinonimo di finzione, ma di espressione personale. Sulle passerelle e nei social, si celebra la libertà di mostrarsi per come si è — o per come ci si sente, quel giorno.
Brand come Glossier, Fenty Beauty o Rare Beauty hanno costruito il proprio successo su un messaggio chiaro: il make-up non serve a correggere, ma a raccontare.
Lo conferma anche un’indagine di Mintel del 2024: l’80% delle consumatrici europee afferma di preferire look “naturali” e texture leggere, legate al concetto di “clean beauty”. Un ritorno alla pelle reale, alle lentiggini, alle rughe, alle imperfezioni vissute come segni di vita, non come difetti da cancellare.
Corpo e mente, un legame visibile
La psicologia dell’immagine lo sostiene da tempo: la cura estetica influisce sullo stato d’animo e sulla percezione di sé.
Uno studio pubblicato sul Journal of Cosmetic Science ha dimostrato che il trucco può migliorare la fiducia in sé stessi e ridurre i livelli di ansia sociale, non per effetto dell’aspetto esteriore, ma perché rafforza il senso di controllo e presenza.
“Non esiste un confine netto tra salute mentale e cura del corpo,” spiega la dermatologa e psicosomatista Maria Luisa Rossi. “Quando una persona si guarda allo specchio e si piace, non è superficialità: è equilibrio psicofisico.”
Autenticità come nuovo ideale
Anche le campagne pubblicitarie stanno rispondendo al cambiamento. Marchi come Dove, L’Oréal e Kiehl’s hanno abbandonato i volti ritoccati per mostrare pelli vere, età diverse e corpi non convenzionali.
La bellezza si sta trasformando da obiettivo a linguaggio, da apparenza a consapevolezza. Non si tratta più di cambiare volto, ma di abitare la propria immagine con rispetto e verità.
La bellezza come alleata dell’anima
La bellezza non guarisce, ma accompagna. Non sostituisce la terapia, ma la integra nel quotidiano, trasformando la cura di sé in un gesto di presenza.
Prendersi cinque minuti per stendere una crema, un rossetto o un profumo diventa un modo per dirsi “io ci sono”.
E, in un tempo in cui tutto corre e nulla dura, riconoscersi davanti allo specchio è già un atto rivoluzionario.
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