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Benessere

Tra il dire e il fare c’è di mezzo… l’ansia da prestazione

È il timore persistente e irrazionale di non essere in grado di soddisfare le aspettative degli altri o del partner. Paura di non ottenere il successo desiderato in determinate situazioni. Ecco come raggiungere uno standard di performance senza fallire o deludere gli altri aiutandoci con l’alimentazione.

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    Sintomi fisici e psicologici, come agitazione, tensione muscolare, difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno, e sensazioni di panico o ansia intensa. Questi i sintomi dell’ansia da prestazione e comprende anche fattori psicologici, sociali e biologici. Ad esempio, esperienze passate di fallimento o critiche, aspettative irrealistiche o eccessive pressioni esterne possono contribuire al suo sviluppo.

    È un disturbo comune e trattabile
    Lavorare sulla fiducia in se stessi, imparare tecniche di rilassamento e sviluppare una prospettiva più realistica e equilibrata sulle proprie capacità, possono contribuire a ridurre l’ansia e migliorare il benessere complessivo.

    Quanti tipi di ansia da prestazione esistono
    Queste situazioni possono riguardare diversi ambiti della vita, come il lavoro, la scuola, le relazioni interpersonali, la sfera sessuale e l’attività sportiva.

    L’ansia da prestazione sessuale si manifesta quando ci provoca stress pensando alla propria prestazione sessuale. Questo disturbo può influenzare sia gli uomini sia le donne e può avere un impatto significativo sulla qualità della vita sessuale e sul benessere psicologico.
    I sintomi sono vari: difficoltà intime con il partner dovute a tensioni muscolari, problemi di ritardato o anticipato piacere o addirittura bassa libido o un’assenza di interesse per l’attività sessuale.

    Via ai pensieri ossessivi!
    Le persone con ansia da prestazione sessuale possono sperimentare pensieri ossessivi come preoccupazioni sulla loro fisicità o sulla capacità di soddisfare il partner; quindi, alcune persone evitano completamente situazioni intime che potrebbero scatenare la loro ansia.

    Conforto e sollievo immediati dall’alimentazione
    È anche importante considerare opzioni che promuovano il rilassamento e il benessere generale. Anche se i dolci possono essere una fonte di piacere per molte persone, è essenziale scegliere opzioni che siano salutari e non peggiorino i sintomi dell’ansia.

    La frutta fresca è un’ottima opzione per soddisfare il desiderio di qualcosa di dolce senza appesantire il corpo. Frutta come fragole, lamponi, mirtilli e ciliegie sono ricche di antiossidanti e nutrienti benefici per la salute mentale e fisica.

    Il cioccolato fondente, consumato con moderazione, può offrire benefici per il benessere mentale grazie ai suoi effetti sul rilascio di endorfine nel cervello. Opta per il cioccolato fondente con una percentuale di cacao più alta per massimizzare i benefici e ridurre il contenuto di zucchero.

    Lo yogurt greco è ricco di proteine e probiotici benefici per la salute digestiva. Aggiungi un po’ di miele naturale e frutta fresca per una dolcezza aggiuntiva e un tocco di freschezza.

    Le noci, le mandorle, le noci pecan e altre frutta secca sono ricche di grassi sani, proteine e fibre, che possono contribuire a stabilizzare i livelli di zucchero nel sangue e a fornire un’energia duratura.

    Prepara il tuo gelato alla frutta fatto in casa utilizzando frutta fresca, yogurt greco e un dolcificante naturale come il miele o lo sciroppo d’acero. Evita l’aggiunta di zucchero raffinato e altri dolcificanti artificiali.

    È importante ricordare infine che, sebbene i dolci possano offrire un momento di piacere e conforto, è essenziale cercare di affrontare l’ansia da prestazione sessuale con approcci più ampi che includano anche il supporto psicologico e la gestione dello stress.

    Parla con un professionista della salute mentale per ricevere consigli personalizzati e supporto nel gestire l’ansia e migliorare la tua qualità di vita sessuale.

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      Benessere

      Fitness da salotto: l’allenamento invisibile che puoi fare mentre guardi una serie e senza muoverti dal divano

      Basta poco per restare in forma: bastano una poltrona comoda, qualche accorgimento e un po’ di costanza. L’allenamento invisibile è la nuova frontiera del fitness casalingo.

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      Fitness da salotto

        Allenarsi senza palestra, senza pesi e senza stress. È la filosofia del fitness da salotto, la tendenza che trasforma il tempo libero in un’occasione per muoversi. Perfetta per chi vive tra divano, computer e maratone Netflix, ma vuole sentirsi attivo. L’idea è semplice: inserire piccoli gesti tonificanti nella vita quotidiana, tra una puntata e l’altra della propria serie preferita. Addominali contratti, spalle dritte, stretching discreto. Il corpo lavora anche quando sembra a riposo.

        Micro movimenti, maxi risultati

        Seduti sul divano, si può già fare molto. Mentre scorrono i titoli di coda, basta contrarre gli addominali per dieci secondi e rilassare, per cinque serie. Oppure allungare le gambe e muovere le caviglie, per migliorare la circolazione. Davanti al lavandino, qualche squat leggero. In cucina, un po’ di equilibrio su una gamba sola mentre si mescola il sugo. È un modo di allenarsi gentile ma costante, che non stanca e non richiede attrezzature. Lo chiamano anche “allenamento invisibile”: nessuno se ne accorge, ma il corpo sì.

        Stretching e postura, i veri alleati

        Non servono coreografie da influencer, ma un minimo di attenzione. La postura corretta — schiena dritta, spalle aperte, mento alto — è già un esercizio di forza. Qualche minuto di respirazione profonda, la sera, rilassa il corpo e ossigena i muscoli. Per chi vuole spingersi oltre, bastano un tappetino e una bottiglia d’acqua come peso improvvisato: serie leggere, concentrazione e continuità.
        Il segreto non è sudare, ma muoversi con regolarità. Perché a volte il miglior allenamento è quello che non interrompe la vita quotidiana, ma la accompagna. E sì, anche tra una puntata e l’altra si può costruire una forma perfetta — senza stress, senza palestra e, soprattutto, senza sensi di colpa.

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          Benessere

          Digiuno intermittente: moda, metodo o reale beneficio per la salute?

          Non si tratta di una dieta in senso stretto, ma di un modello alimentare che alterna ore di digiuno e di alimentazione. Gli studi mostrano risultati interessanti sul metabolismo e sulla salute, ma non è adatto a tutti.

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          Digiuno intermittente

            Non una dieta, ma un ritmo

            Il digiuno intermittente non impone cosa mangiare, ma quando farlo. L’idea alla base è di concedere al corpo periodi prolungati senza cibo per stimolare processi fisiologici che, secondo alcune ricerche, migliorerebbero il metabolismo, la sensibilità all’insulina e la capacità di bruciare i grassi.

            Le forme più comuni sono:

            • 16:8 – si digiuna per 16 ore e si mangia nelle 8 successive (ad esempio dalle 12 alle 20);
            • 5:2 – si mangia normalmente per cinque giorni e si riducono drasticamente le calorie in due giornate non consecutive;
            • Eat Stop Eat – prevede uno o due digiuni completi di 24 ore a settimana.

            Secondo il National Institute on Aging statunitense, il digiuno intermittente è una pratica antica, che rispecchia il modo in cui i nostri antenati alternavano periodi di abbondanza a fasi di scarsità.

            Cosa succede nel corpo durante il digiuno

            Dopo circa 8–12 ore senza cibo, i livelli di insulina si abbassano e l’organismo inizia a usare le riserve di grasso come fonte di energia. Questo processo, chiamato chetolisi, è alla base dei potenziali effetti dimagranti del digiuno intermittente.

            Studi pubblicati su Cell Metabolism e The New England Journal of Medicine indicano che l’alternanza tra digiuno e alimentazione può:

            • migliorare la regolazione della glicemia;
            • ridurre i marker di infiammazione;
            • favorire la rigenerazione cellulare tramite autofagia, un processo di “pulizia” interna delle cellule;
            • e, in alcuni casi, contribuire a una lieve perdita di peso.

            Tuttavia, i risultati variano molto da individuo a individuo. Non tutti sperimentano benefici significativi, e alcune persone possono accusare stanchezza, irritabilità o cali di concentrazione nelle prime settimane.

            Benefici potenziali, ma anche limiti

            Secondo una revisione del 2023 dell’Harvard T.H. Chan School of Public Health, il digiuno intermittente può aiutare a migliorare il controllo metabolico e a ridurre il rischio di diabete di tipo 2, ma non è superiore alle diete ipocaloriche tradizionali in termini di perdita di peso a lungo termine.

            Inoltre, non è consigliato per tutti. Donne in gravidanza o allattamento, persone con disturbi alimentari, diabete o problemi ormonali dovrebbero evitare questo regime o adottarlo solo sotto controllo medico.

            Come iniziare in sicurezza

            Chi decide di provare il digiuno intermittente dovrebbe farlo in modo graduale. Alcuni consigli pratici:

            1. Iniziare con un digiuno leggero, ad esempio 12 ore, e aumentare progressivamente.
            2. Bere acqua e tisane durante le ore di digiuno per mantenere l’idratazione.
            3. Evitare abbuffate durante le ore di alimentazione: ciò vanifica gli effetti metabolici.
            4. Ascoltare il corpo: se compaiono debolezza o irritabilità persistente, è meglio sospendere.

            Una scelta da personalizzare

            Il digiuno intermittente può essere uno strumento utile per alcune persone, ma non una soluzione universale. I suoi effetti positivi sembrano legati soprattutto al miglioramento del rapporto con il cibo e alla riduzione del consumo calorico complessivo.

            Come sottolinea la nutrizionista Elena Cattaneo, “il digiuno intermittente non è una scorciatoia per dimagrire, ma un modo per risincronizzare il corpo con i suoi ritmi naturali. Se affrontato con equilibrio e buon senso, può migliorare il benessere generale.”

            Il digiuno intermittente non è una moda passeggera, ma una pratica con basi scientifiche in evoluzione. Può offrire benefici metabolici, ma non sostituisce un’alimentazione equilibrata e uno stile di vita sano.
            Come sempre, la regola è una: mai improvvisare. Prima di cambiare le proprie abitudini alimentari, è fondamentale confrontarsi con un medico o un nutrizionista.

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              Benessere

              La “celiachia immaginaria”: perché sempre più persone si inventano un’intolleranza che non hanno

              Mentre la celiachia è una malattia autoimmune seria e diagnosticabile solo tramite esami specifici, aumentano i casi di chi si dichiara intollerante al glutine senza basi cliniche. Un comportamento che rivela fragilità, pressioni sociali e desiderio di distinguersi.

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              celiachia

                Negli ultimi anni la celiachia è diventata uno dei temi più discussi in campo alimentare. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, si tratta di una malattia autoimmune che colpisce circa l’1% della popolazione e che richiede diagnosi accurate, come analisi del sangue e biopsia intestinale. Eppure, parallelamente ai dati scientifici, cresce un fenomeno molto diverso: quello delle persone che si definiscono “celiache” o “intolleranti al glutine” senza alcuna conferma medica.

                Non si parla qui della sensibilità al glutine non celiaca, una condizione studiata e riconosciuta, che però necessita comunque di valutazioni cliniche. Il fenomeno riguarda invece chi decide autonomamente di eliminare il glutine per sentirsi “più sano”, diverso o semplicemente in controllo della propria vita.

                La domanda sorge spontanea: cosa porta qualcuno a inventarsi un’intolleranza che non ha?

                Il ruolo delle mode alimentari e dei social

                Negli ultimi anni la dieta “gluten free” è stata spesso presentata come sinonimo di benessere generale, nonostante non ci siano prove scientifiche che eliminarlo faccia bene a chi non è celiaco. Influencer, celebrità e guru del wellness hanno contribuito alla diffusione dell’idea che togliere il glutine migliori energia, umore e forma fisica.

                Questo ha portato molte persone a identificarsi in un’etichetta che dà l’impressione di seguire uno stile di vita più “puro” e controllato. Ma senza evidenze cliniche, questa scelta rischia di diventare solo un gesto simbolico.

                Il bisogno di “non essere come gli altri”

                C’è un aspetto più profondo che gli psicologi riconoscono da tempo: il desiderio di differenziarsi. In un contesto in cui tutto sembra omologato, dichiararsi portatori di un’intolleranza — reale o presunta — può diventare un modo per sentirsi speciali.

                Non è un caso che molte persone raccontino con orgoglio la propria alimentazione “speciale”, quasi fosse una parte identitaria. Il problema nasce quando questa narrazione sostituisce la realtà medica, riducendo una patologia seria a una scelta estetica.

                Ansie corporee e ipocondria moderna

                La falsa celiachia è anche figlia della società iperconnessa, dove ogni sintomo viene immediatamente cercato online. Un leggero gonfiore addominale o una giornata di stanchezza bastano per convincersi di avere un’intolleranza. L’autodiagnosi, però, può peggiorare lo stato emotivo: ci si convince di essere fragili, di dover eliminare alimenti, di essere “diversi”, finendo in una spirale di restrizioni inutili.

                Il rischio concreto: banalizzare una vera malattia

                La comunità dei celiaci segnala da tempo un problema reale: la tendenza a confondere una malattia autoimmune con una moda alimentare rischia di far percepire la celiachia come un capriccio. Nei ristoranti, per esempio, chi afferma di essere “intollerante” senza basi mediche può portare a sottovalutare i protocolli di sicurezza necessari per i celiaci veri, che devono evitare ogni contaminazione.

                Ritrovare equilibrio: il valore della diagnosi

                Gli esperti ricordano che eliminare il glutine senza motivo non solo non fa bene, ma può complicare una diagnosi successiva. L’invito è sempre lo stesso: rivolgersi a un medico, fare gli esami necessari e non affidarsi al fai-da-te.

                E se dietro la finta intolleranza si nasconde un bisogno di attenzione o di controllo, riconoscerlo è già un primo passo per affrontarlo. Non serve un’etichetta alimentare per sentirsi unici: serve ascoltare davvero ciò che il corpo — e la mente — cercano di comunicarci.

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