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Beauty

David Beckham: come si mantiene in forma a quasi 50 anni tra allenamenti e biohacking

Allenamenti ad alta intensità, stretching, pilates, meditazione e una dieta bilanciata: Beckham è il re del biohacking e dimostra che la forma fisica è una questione di disciplina e innovazione.

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    David Beckham, 49 anni, continua a stupire per il suo fisico impeccabile nonostante siano passati oltre undici anni dal suo ritiro dal calcio professionistico. Ex centrocampista del Manchester United, del Real Madrid e dei Los Angeles Galaxy, oggi Beckham si dedica all’imprenditoria e alla gestione dell’Inter Miami, ma non rinuncia a una routine rigorosa che combina allenamenti intensi, alimentazione bilanciata e tecniche avanzate di recupero. Il segreto? Un programma di biohacking da un milione di euro all’anno, una strategia che unisce tecnologia, nutrizione e allenamento per ottimizzare le prestazioni fisiche e mentali.

    Le giornate di Beckham iniziano prestissimo, alle 5,30 del mattino, con una sessione di mobilità di 30 minuti. Nessun peso o attrezzatura specifica, solo stretching dinamico e foam rolling per risvegliare i muscoli e migliorare la flessibilità. Questa abitudine, ereditata dai suoi anni al Manchester United, è pensata per prevenire infortuni e mantenere un corpo elastico.

    Alle 7 si sposta nello studio F45, un franchising di fitness basato su allenamenti a intervalli ad alta intensità, di cui Beckham è investitore. Qui si dedica a sessioni di 45 minuti che alternano esercizi di esplosività e forza. Non ci sono mai due sedute uguali, una strategia per mantenere il corpo stimolato e massimizzare i risultati.

    Dopo la colazione, che include proteine, carboidrati complessi, grassi sani e frutta fresca, Beckham prosegue con un secondo allenamento nel pomeriggio. In questa fase, si concentra su esercizi di forza classici come squat, stacchi da terra e distensioni su panca, mirati a diversi gruppi muscolari.

    Il recupero è una parte fondamentale della sua routine. Alle 16 si dedica a nuoto leggero, pilates e yoga, attività che riducono la tensione muscolare e migliorano la flessibilità. Prima di andare a dormire, segue una routine strutturata di recupero che comprende bagni di ghiaccio, terapia del contrasto e meditazione, pratiche che aiutano a rilassare corpo e mente e a ridurre l’infiammazione muscolare.

    L’alimentazione è un altro pilastro del suo programma. Beckham predilige proteine magre, verdure a foglia verde, cereali integrali e grassi sani come l’avocado e l’olio d’oliva. Ogni pasto è studiato per supportare il suo stile di vita attivo e garantire un apporto bilanciato di nutrienti.

    Con questa combinazione di allenamenti, dieta e tecniche di recupero, David Beckham dimostra che mantenersi in forma a quasi 50 anni non è un sogno irraggiungibile, ma il risultato di impegno, disciplina e innovazione. Un’ispirazione per chiunque voglia sfidare il tempo e prendersi cura del proprio corpo.

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      Beauty

      K-Beauty: tra natura e tecnologia, la rivoluzione coreana che ha cambiato la skincare

      Dalla doppia detersione al bakuchiol, la K-beauty continua a dettare tendenze globali grazie a formule green, principi attivi all’avanguardia e una filosofia che mette la salute della pelle – non il trucco – al centro di tutto.

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      K-Beauty

        Sfatiamo un mito: la K-beauty non è fatta di dieci passaggi

        Per anni si è parlato della “skincare coreana in 10 step” come se fosse una regola immutabile. In realtà, in Corea del Sud nessuno parla di un numero fisso di passaggi.
        A Seul e nelle altre grandi città, dove inquinamento, sbalzi climatici e stress mettono alla prova la pelle, la priorità è una cura delicata, lenitiva e personalizzata, non una maratona cosmetica.
        I trattamenti più intensi, inoltre, vengono lasciati ai dermatologi, mentre la routine quotidiana punta a mantenere la barriera cutanea in equilibrio.

        Come spiegano Rachel Kim e Dania Baik, rispettivamente marketing manager e make-up artist del brand Cocory, «il cuore della K-beauty è la pelle stessa: persino il trucco parte sempre da una base sana e curata».

        Un fenomeno culturale e globale

        L’influenza della Hallyu, l’onda culturale coreana che dagli anni 2010 ha conquistato il mondo con musica, serie TV e moda, si è estesa anche alla cosmetica.
        Dalle maschere in tessuto ai patch per occhi, fino alla doppia detersione, la K-beauty è diventata un fenomeno planetario, spinta dai social e dai K-pop idol che mostrano pelli perfette e luminose.

        Su TikTok, le beauty creator conoscono ogni ingrediente: dal ginseng al riso fermentato, fino alle formule high-tech di marchi come Laneige, Innisfree, Skin1004, Some By Mi e il viralissimo Beauty of Joseon, che riprende antiche ricette della medicina tradizionale coreana.

        Secondo Statista, la Corea del Sud è oggi tra i dieci maggiori mercati mondiali della cosmetica, mentre Euromonitor la colloca all’ottavo posto per valore nel settore beauty e cura personale, con un giro d’affari di oltre 12,8 miliardi di dollari.

        Ingredienti antichi, formule moderne

        La forza della K-beauty sta nella ricerca di ingredienti naturali, efficaci e tollerabili.
        Molti attivi oggi noti in Occidente, come la bava di lumaca o la centella asiatica, sono stati portati al successo proprio dai laboratori coreani, che hanno saputo combinarli con tecnologie d’avanguardia.

        «Il mercato coreano è sempre più orientato verso formule vegane e sostenibili, con attivi ad alte prestazioni ma di origine naturale», spiega Choi Yeon Jae, del Korea Institute of Cosmetics Industry.

        Tra i must have:

        • Bakuchiol, alternativa vegetale al retinolo, delicata ma efficace;
        • Ceramidi e peptidi per rinforzare la barriera cutanea;
        • Collagene vegano estratto dalle carote;
        • Centella asiatica fermentata con lattobacilli per potenziarne l’effetto calmante;
        • Tranexamico per uniformare l’incarnato e contrastare le macchie.

        Quando la tecnologia incontra la natura

        La K-beauty non è solo green, ma anche tech.
        «Un esempio – racconta Ilaria Toscano, fondatrice del portale The Kbeauty – è la camelia japonica coltivata sull’isola di Jeju e incapsulata nei liposomi per migliorarne la penetrazione. Oppure i fattori di crescita cellulare (EGF, FGF, TGF), che stimolano il rinnovamento cutaneo. Anche l’acido ialuronico viene “ingegnerizzato” in versioni a diverso peso molecolare per agire in profondità».

        Questo mix di tradizione botanica e ricerca scientifica è la chiave del successo globale della cosmetica coreana, che riesce a coniugare delicatezza e performance.

        L’espansione in Italia

        Negli ultimi anni, anche in Italia la K-beauty ha trovato terreno fertile. Dalla Rinascente di Roma e Milano ai corner dedicati da Ovs e dalle principali profumerie, fino agli e-commerce come Miin Cosmetics e Yepoda, i prodotti coreani sono ormai protagonisti del mercato.
        Il fascino sta non solo nel packaging minimal e nei prezzi accessibili, ma anche nella filosofia “slow” che incoraggia l’ascolto della pelle e la costanza nella cura quotidiana.

        Dalla pelle ai capelli: la beauty routine si espande

        La cura coreana non si ferma al viso. Sempre più brand dedicano linee specifiche al cuoio capelluto, trattato come un’estensione della pelle.
        Per le cute grasse si usano estratti di fagiolo azuki e neem, dalle proprietà purificanti, mentre per quella secca spiccano olio di pracaxi e quinoa, ricchi di acidi grassi e antiossidanti.

        La K-beauty non è una moda passeggera, ma una filosofia di benessere: delicata, scientifica, sostenibile.
        È la dimostrazione che la vera innovazione nasce dal rispetto della pelle e della natura.
        Oggi non serve vivere a Seul per adottarla — basta leggere l’etichetta e scegliere ingredienti che raccontano una nuova idea di bellezza: green, tecnologica e consapevole.

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          Benessere

          Quando “non digerisco bene” non è solo un modo di dire: capire e risolvere la dispepsia

          Pesantezza, gonfiore, bruciore o nausea dopo i pasti: i disturbi digestivi sono tra i più comuni, ma spesso sottovalutati. Dietro una “digestione difficile” possono nascondersi cattive abitudini, stress o patologie come gastrite e reflusso.

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          digestione

            La digestione difficile: un disturbo comune ma complesso

            A chi non è mai capitato di dire “oggi non digerisco”? Senso di pesantezza, gonfiore addominale, eruttazioni, bruciore o fastidio allo stomaco sono sintomi frequenti che rientrano in quella che i medici definiscono dispepsia. Si tratta di una condizione molto diffusa, che può comparire in modo occasionale dopo un pasto abbondante oppure diventare un problema cronico, indipendentemente da cosa o quanto si mangi.

            Secondo gli specialisti, la dispepsia non ha una sola causa ma nasce da un insieme di fattori legati allo stile di vita, all’alimentazione e, in alcuni casi, a malattie del tratto gastrointestinale.

            Le cause più frequenti: stile di vita e cattive abitudini

            «Spesso i disturbi digestivi sono collegati a comportamenti quotidiani scorretti», spiega Anna Ludovica Fracanzani, direttrice della Struttura complessa di Medicina a indirizzo metabolico del Policlinico di Milano.
            Mangiare in fretta, masticare poco, scegliere cibi troppo grassi, fritti o piccanti, ma anche sdraiarsi subito dopo i pasti o vivere sotto stress sono tutti fattori che rallentano la digestione.

            A questi si aggiungono il consumo eccessivo di alcol, caffè e bevande gassate, che irritano la mucosa gastrica, e l’uso di alcuni farmaci che possono interferire con il funzionamento dello stomaco.

            Quando il disagio dura oltre due o tre settimane, è consigliabile rivolgersi al medico: dietro i sintomi possono nascondersi patologie come gastrite, ulcera, reflusso gastroesofageo o un’infezione da Helicobacter pylori.

            Helicobacter pylori, il batterio “invisibile” che causa problemi

            L’Helicobacter pylori è un batterio che vive nella mucosa dello stomaco: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, un terzo della popolazione mondiale ne è portatore. Nella maggior parte dei casi non provoca sintomi, ma quando diventa patogeno può causare gastrite cronica, ulcera duodenale e, nei casi più gravi, aumentare il rischio di tumore gastrico.

            Per diagnosticarlo si ricorre a test del respiro o delle feci, mentre la terapia consiste in una combinazione di antibiotici e inibitori della secrezione acida, da seguire per un periodo di alcune settimane.

            Intolleranze alimentari: cosa è davvero dimostrato

            Non sempre la cattiva digestione è colpa dello stomaco. Talvolta la causa risiede nell’intestino e riguarda le intolleranze alimentari.
            «Solo due sono scientificamente dimostrabili con test affidabili: celiachia e intolleranza al lattosio», precisa Alessandro Repici, direttore di Gastroenterologia e Endoscopia Digestiva di Humanitas Milano.

            Gli altri test diffusi sul mercato non hanno validazione scientifica.
            In particolare, togliere il latte senza una diagnosi certa può essere dannoso: i latticini sono una fonte importante di calcio e proteine, e molti prodotti, come alcuni formaggi stagionati, sono naturalmente privi di lattosio.

            Il ruolo del fegato e dei segnali da non ignorare

            Anche il fegato può contribuire alla sensazione di digestione lenta o pesantezza post-prandiale. «Alterazioni delle transaminasi o anomalie individuate tramite ecografia possono rivelare disturbi metabolici o biliari», aggiunge Fracanzani.

            I campanelli d’allarme che meritano un controllo medico sono:

            • dimagrimento inspiegabile,
            • difficoltà a deglutire,
            • dolore addominale persistente,
            • ittero (occhi o pelle gialla),
            • sangue nelle feci,
            • cambiamenti improvvisi del ritmo intestinale.

            Disturbi che si presentano anche di notte o dopo pasti leggeri non vanno trascurati.

            Gastroprotettori: tra abuso e paura infondata

            Un altro tema spesso frainteso riguarda i gastroprotettori, cioè i farmaci che riducono l’acidità gastrica. In Italia rappresentano una delle principali voci di spesa sanitaria, ma, come spiega Repici, «vengono usati troppo spesso senza necessità o, al contrario, evitati per paura degli effetti collaterali».

            In realtà, se prescritti dal medico e usati correttamente, sono sicuri e indispensabili per chi soffre di patologie come l’esofago di Barrett, una condizione che può predisporre al tumore dell’esofago e che richiede un trattamento continuativo.

            Prevenire è meglio che digerire

            La buona notizia è che molti disturbi digestivi si possono prevenire con semplici accorgimenti quotidiani:

            • mangiare lentamente, dedicando tempo ai pasti;
            • privilegiare cibi leggeri e poco grassi;
            • evitare alcol e fumo;
            • non sdraiarsi subito dopo aver mangiato;
            • gestire lo stress con attività fisica o tecniche di rilassamento.

            Seguendo queste regole, nella maggior parte dei casi la digestione torna fisiologica. Ma quando i sintomi persistono, non bisogna rassegnarsi: una diagnosi precoce è la chiave per curare efficacemente le cause profonde del problema.

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              Benessere

              Astaxantina: l’antiossidante più potente al mondo che rivoluziona la skincare

              Più efficace della vitamina C, della E e del coenzima Q10, l’astaxantina è il nuovo ingrediente superstar della cosmetica antiage. Deriva da microalghe e crostacei ed è capace di proteggere la pelle dai radicali liberi e dallo stress ossidativo.

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              Astaxantina

                Il nuovo alleato della bellezza

                Dopo anni in cui vitamina C, vitamina E e coenzima Q10 hanno dominato la scena della cosmetica antiage, oggi il mondo della skincare ha trovato una nuova stella: l’astaxantina. Di origine naturale e dal colore rosso-aranciato, questo potente antiossidante sta conquistando ricercatori, dermatologi e appassionati di bellezza grazie alla sua efficacia senza precedenti contro i radicali liberi.

                Definita in diversi studi “l’antiossidante più potente conosciuto”, l’astaxantina sarebbe 6.000 volte più efficace della vitamina C, 800 volte più del coenzima Q10 e 500 volte più della vitamina E nel neutralizzare le molecole instabili responsabili dell’invecchiamento cellulare.

                Cosa sono i radicali liberi e perché fanno invecchiare la pelle

                I radicali liberi sono molecole instabili che, quando prodotte in eccesso, danneggiano DNA, proteine e lipidi delle cellule. Questo processo, chiamato stress ossidativo, è uno dei principali responsabili dell’invecchiamento cutaneo e delle patologie degenerative.

                A livello estetico, l’eccesso di radicali liberi si manifesta con rughe, perdita di tono, macchie e colorito spento, poiché danneggia il collagene e riduce l’elasticità della pelle.

                La produzione di radicali liberi aumenta per colpa di fattori esterni come inquinamento, fumo, raggi UV, stress e dieta squilibrata, ma anche per motivi fisiologici legati all’età.

                Ecco perché, per contrastarne gli effetti, è fondamentale assumere o applicare antiossidanti, capaci di neutralizzare le molecole ossidanti e ripristinare l’equilibrio cellulare.

                Cos’è l’astaxantina e dove si trova

                L’astaxantina è un carotenoide naturale prodotto da alcune microalghe (come Haematococcus pluvialis), da lieviti e da batteri. È la sostanza che dona il tipico colore rosato al salmone, ai crostacei e ai fenicotteri, che la assumono tramite l’alimentazione.

                Oggi viene estratta principalmente da fonti naturali e utilizzata sia negli integratori nutraceutici sia nei prodotti cosmetici. Numerose ricerche pubblicate su riviste scientifiche come Nutrients e Carotenoid Science hanno confermato che l’astaxantina ha una potente azione antiossidante, antinfiammatoria e fotoprotettiva, utile non solo per la pelle ma anche per la salute cardiovascolare e cerebrale.

                I benefici per la pelle

                L’astaxantina agisce su più fronti:

                • Protegge il collagene dai danni ossidativi, contribuendo a mantenere la pelle elastica e tonica.
                • Riduce la formazione di rughe e macchie legate al foto-invecchiamento.
                • Migliora l’idratazione cutanea, favorendo una barriera epidermica più sana.
                • Contrasta l’infiammazione e aiuta la pelle a ripararsi dallo stress ambientale.

                Studi clinici hanno dimostrato che l’assunzione di astaxantina, anche per via orale, migliora visibilmente l’aspetto della pelle in 6-8 settimane, con un incremento di elasticità e luminosità.

                In cosmetica, viene spesso abbinata a vitamina C e acido ialuronico, creando una sinergia capace di potenziare i risultati antiage e antiossidanti.

                Astaxantina e altri antiossidanti: una squadra contro il tempo

                La ricerca dermatologica distingue gli antiossidanti in tre categorie:

                • Preventivi, come i polifenoli del tè verde e il resveratrolo, che impediscono la formazione dei radicali liberi.
                • Scavenger, come il coenzima Q10, che li catturano e li eliminano.
                • Chain breaker, come le vitamine C ed E, che interrompono le reazioni a catena dell’ossidazione.

                L’astaxantina, per potenza e versatilità, appartiene a tutte e tre le categorie. Agisce sia in prevenzione che in riparazione, rendendola un ingrediente chiave nelle formule di ultima generazione per la skincare antiage e il well ageing.

                Come introdurla nella routine quotidiana

                Per ottenere il massimo dei benefici, gli esperti consigliano di integrare l’astaxantina dall’interno e dall’esterno:

                • con integratori naturali (in media da 4 a 8 mg al giorno, secondo i dosaggi approvati dagli enti regolatori);
                • con sieri o creme specifiche contenenti astaxantina pura o associata ad altri attivi antiossidanti.

                L’efficacia aumenta se abbinata a protezione solare quotidiana, dieta ricca di frutta e verdura e uno stile di vita equilibrato.

                Il futuro della bellezza è rosso

                Dalla ricerca scientifica ai laboratori di cosmetica, l’astaxantina si prepara a diventare il nuovo punto di riferimento per chi cerca una pelle giovane, luminosa e protetta. Non una moda passeggera, ma una scoperta che coniuga biotecnologia e natura.

                Come sottolineano gli esperti, la sua forza sta nella capacità unica di proteggere le cellule dallo stress ossidativo e di sostenere il benessere globale dell’organismo.
                Una promessa di longevità cutanea che, questa volta, ha solide basi scientifiche.

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