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Salute

Frutta e verdura abbassano la pressione e fanno bene ai reni dopo le abbuffate di Ferragosto

Un nuovo studio conferma che consumare abbondanti quantità di frutta e verdura non solo è delizioso, ma è anche un toccasana per la salute del cuore e dei reni. Una recente ricerca condotta negli Stati Uniti ha evidenziato come un’alimentazione ricca di questi alimenti sia in grado di abbassare la pressione sanguigna e migliorare significativamente le funzioni renali, soprattutto nei pazienti ipertesi.

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    Numerosi studi hanno dimostrato che una dieta ricca di frutta e verdura può contribuire a ridurre la pressione sanguigna, un fattore cruciale per la salute cardiovascolare. La pressione alta, o ipertensione, è una condizione comune che aumenta il rischio di sviluppare malattie cardiache, ictus e altre complicanze gravi. Integrare una varietà di frutta e verdura nella dieta quotidiana offre una serie di benefici grazie alla loro ricchezza di nutrienti essenziali, come potassio, magnesio, fibre e antiossidanti.


    Il potassio, presente in abbondanza in alimenti come banane, patate, spinaci e arance, aiuta a bilanciare i livelli di sodio nel corpo e riduce la tensione nelle pareti dei vasi sanguigni. Il magnesio, trovato in verdure a foglia verde, noci e semi, rilassa i vasi sanguigni e migliora il flusso sanguigno. Le fibre, presenti in quasi tutte le verdure e frutta, favoriscono una migliore gestione del peso corporeo e un migliore controllo della pressione sanguigna.

    Inoltre, gli antiossidanti presenti nella frutta e nella verdura, come le vitamine C ed E e i flavonoidi, proteggono le cellule dai danni ossidativi e migliorano la salute delle arterie. Di conseguenza, una dieta ricca di questi alimenti non solo contribuisce a ridurre la pressione sanguigna, ma supporta anche la salute generale del sistema cardiovascolare.

    A differenza di molti alimenti processati, la frutta e la verdura sono naturalmente povere di sodio, un minerale che, se consumato in eccesso, può aumentare la pressione sanguigna. Per cui, un’alimentazione sana e varia, è associata a un minor rischio di sviluppare diverse altre malattie, tra cui il diabete, alcuni tipi di cancro e l’obesità.

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      Salute

      Cattive abitudini e salute: i loro effetti si vedono già a 36 anni

      I ricercatori avvertono: più a lungo si mantengono comportamenti poco salutari, più i danni si accumulano. Ma cambiare stile di vita, anche a metà età, resta sempre possibile.

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      Cattive abitudini

        Le conseguenze di uno stile di vita poco sano non si manifestano solo in età avanzata. Secondo una ricerca longitudinale condotta su un ampio campione di popolazione, gli effetti negativi di fumo, sedentarietà e consumo eccessivo di alcol diventano evidenti già intorno ai 36 anni, con un impatto che cresce nel tempo se le cattive abitudini vengono mantenute.

        Lo studio ha seguito i partecipanti a partire dai 27 anni, attraverso sondaggi e visite mediche ripetute quando avevano 36, 42, 50 e 61 anni. Un arco temporale ampio che ha permesso agli studiosi di osservare come i comportamenti quotidiani incidano progressivamente sulla salute fisica e psicologica.

        Come sono stati definiti i comportamenti a rischio

        I ricercatori hanno stabilito criteri precisi. Il consumo eccessivo di alcol è stato definito come l’assunzione annuale di almeno 875 unità alcoliche per le donne e 1.250 per gli uomini, considerando come unità un bicchiere di vino, una lattina di birra o un bicchierino di superalcolico.
        L’inattività fisica è stata invece identificata nel praticare esercizio meno di una volta alla settimana.

        La salute mentale e il benessere psicologico sono stati valutati con scale standardizzate, così come la percezione dello stato di salute generale e il rischio metabolico, calcolato tenendo conto di diversi parametri clinici.

        I primi segnali già nella giovane età adulta

        I risultati mostrano un dato chiaro: chi fuma, beve troppo o si muove poco presenta un peggioramento della salute già al primo controllo, intorno ai 36 anni. L’effetto risulta ancora più marcato nelle persone che mantengono questi comportamenti per decenni.

        In particolare, la sedentarietà è risultata fortemente associata a una peggiore salute fisica, mentre il fumo ha mostrato un legame più stretto con il declino del benessere mentale. L’abuso di alcol, infine, si è rivelato trasversale, incidendo negativamente sia sul corpo sia sulla salute psicologica.

        Limiti e cautela nell’interpretazione

        Gli stessi autori sottolineano che si tratta di uno studio osservazionale: non è quindi possibile stabilire con certezza se siano le cattive abitudini a causare il peggioramento della salute o se, in alcuni casi, una condizione di fragilità favorisca comportamenti a rischio.

        Inoltre, i dati riguardano persone nate in Finlandia e in altri Paesi occidentali tra la fine degli anni Cinquanta e Sessanta, e potrebbero non riflettere pienamente le dinamiche delle generazioni più giovani. Altri fattori, come l’alimentazione o il contesto socioeconomico, dovranno essere approfonditi in ricerche future.

        Non è mai troppo tardi per cambiare

        Il messaggio finale degli scienziati è però incoraggiante. Intervenire precocemente è fondamentale per evitare che i danni si accumulino nel tempo, ma anche modificare lo stile di vita nella mezza età porta benefici concreti. Numerose evidenze dimostrano che adottare abitudini più sane migliora la qualità della vita, favorisce la longevità e contribuisce a un invecchiamento più attivo.

        In sintesi, la salute non è una questione che riguarda solo la vecchiaia: le scelte quotidiane fatte già da giovani adulti tracciano una traiettoria che può essere corretta, ma prima si interviene, maggiori saranno i benefici nel lungo periodo.

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          Salute

          Quando ti ammali proprio in vacanza: il paradosso della “malattia da tempo libero”

          Descritta dagli psicologi olandesi all’inizio degli anni Duemila, la cosiddetta leisure sickness colpisce soprattutto chi vive sotto pressione costante. Capire perché accade aiuta anche a prevenirla.

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          Quando ti ammali proprio in vacanza

            Ti aspetti il relax, programmi un viaggio o finalmente arriva il weekend. E proprio allora il corpo si ribella: naso chiuso, emicrania, stanchezza improvvisa. Succede a più persone di quanto si pensi ed è un fenomeno che la psicologia ha iniziato a osservare con attenzione da oltre vent’anni. Si chiama “malattia da tempo libero” e descrive una serie di disturbi che emergono paradossalmente nei momenti in cui dovremmo riposare.

            Il termine è stato introdotto nel 2001 dagli psicologi olandesi Ad Vingerhoets e Maaike Van Huijgevoort, che notarono come alcuni individui si ammalassero sistematicamente durante le ferie o nei fine settimana. Non si tratta di una diagnosi medica ufficiale, ma di una condizione riconosciuta in ambito scientifico come risposta psicosomatica allo stress cronico.

            Che cos’è davvero la malattia da tempo libero

            La leisure sickness si manifesta quando il corpo passa bruscamente da uno stato di iperattivazione a una fase di riposo. Durante periodi di lavoro intenso, l’organismo produce ormoni come adrenalina e cortisolo, che mantengono alta l’attenzione e, allo stesso tempo, modulano la risposta infiammatoria. Quando la pressione cala all’improvviso, questo equilibrio si spezza: il sistema immunitario, “tenuto a bada” per settimane, diventa temporaneamente più vulnerabile.

            Il risultato è l’emergere di sintomi che erano rimasti latenti o che si sviluppano proprio in questa fase di transizione. Non è raro che il malessere scompaia non appena si rientra nella routine quotidiana, alimentando il circolo vizioso.

            Chi è più esposto

            A soffrirne maggiormente sono le persone con ritmi di vita molto serrati, difficoltà a delegare o tratti perfezionisti. Chi fatica a staccare mentalmente dal lavoro o vive costantemente “in allerta” sembra più incline a somatizzare il rilassamento. Alcuni studi osservano una lieve prevalenza negli uomini, ma la sindrome può colpire chiunque, soprattutto in presenza di cambiamenti importanti come un nuovo impiego, un trasloco o la nascita di un figlio.

            I sintomi più comuni

            I disturbi variano da persona a persona. I più frequenti sono mal di testa ed emicranie, sintomi simil-influenzali, raffreddori improvvisi, dolori muscolari e articolari. Possono comparire anche insonnia, irritabilità, ansia o una sensazione di malinconia immotivata. Nella maggior parte dei casi si tratta di disturbi transitori, ma sufficienti a rovinare giorni attesi da tempo.

            Come prevenire il malessere da relax

            Gli esperti concordano su un punto: non bisogna aspettare le vacanze per prendersi cura di sé. Inserire pause regolari nella quotidianità, dormire a orari costanti e mantenere un’alimentazione equilibrata aiuta il corpo a non accumulare tensione. Anche l’attività fisica moderata e costante favorisce una transizione più graduale verso il riposo.

            Un altro consiglio chiave è prepararsi lentamente alle ferie, riducendo il carico di lavoro nei giorni precedenti e mantenendo, anche in vacanza, una routine minima di sonno e movimento. Accettare i segnali del corpo, senza ignorarli o forzarli, è spesso il primo passo per evitare che il relax si trasformi in un piccolo incubo.

            In fondo, la malattia da tempo libero è un messaggio chiaro: il benessere non si può concentrare solo nei giorni liberi. Va coltivato ogni giorno, perché anche il riposo, per fare bene, ha bisogno di allenamento.

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              Salute

              Borsite: perché si infiammano le “cuscinetto” delle articolazioni e come intervenire

              Dalla postura ai microtraumi quotidiani, fino alle patologie reumatologiche: comprendere le cause della borsite è essenziale per scegliere cure mirate e prevenire recidive.

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              Borsite

                La borsite è un’infiammazione delle borse sierose, piccole sacche piene di liquido situate vicino alle articolazioni che hanno la funzione di ridurre l’attrito tra ossa, tendini e muscoli. Quando una di queste strutture si irrita, compaiono dolore, gonfiore e una sensazione di calore localizzato che può compromettere anche i movimenti più semplici. Le sedi più colpite sono spalla, gomito, anca e ginocchio, ossia le articolazioni maggiormente sollecitate.

                La causa più comune è il sovraccarico funzionale: movimenti ripetitivi, allenamenti intensi, lavori manuali che richiedono gesti sempre uguali o posture scorrette mantenute a lungo possono irritare la borsa. Non sorprende che la borsite sia frequente in chi pratica sport come tennis, pallavolo o corsa, ma anche in chi trascorre ore al computer senza pause. A volte sono i microtraumi quotidiani — appoggiarsi spesso sui gomiti o inginocchiarsi per lavoro — a scatenare l’infiammazione.

                Esistono però altre cause meno evidenti. Alcune malattie, come artrite reumatoide, gotta o infezioni batteriche, possono provocare una borsite secondaria, spesso più dolorosa e persistente. Anche un trauma diretto, come una caduta sull’articolazione, può far accumulare liquido nella borsa e innescare il processo infiammatorio. Infine, con l’avanzare dell’età i tessuti diventano meno elastici e più vulnerabili alle sollecitazioni, aumentando il rischio di infiammazione.

                I sintomi variano in base alla zona coinvolta: alla spalla si avverte dolore quando si solleva il braccio, al gomito compare un rigonfiamento morbido, al ginocchio la mobilità diventa limitata. La diagnosi, sebbene spesso clinica, può essere approfondita con ecografia o esami del sangue quando si sospetta un’infezione o una patologia sistemica.

                Il primo rimedio consigliato è il riposo dell’articolazione colpita, seguito dall’applicazione di ghiaccio, utile per ridurre gonfiore e dolore nelle fasi iniziali. Gli antinfiammatori non steroidei, prescritti dal medico, possono offrire sollievo nei casi più fastidiosi. La fisioterapia rappresenta una tappa importante per recuperare forza e correggere eventuali errori posturali o meccanici che hanno favorito l’infiammazione. In alcune situazioni, soprattutto nelle borsiti croniche, può essere utile una infiltrazione di corticosteroidi, che agisce direttamente nel punto dolente.

                Se la causa è infettiva — un caso più raro ma possibile — è necessario intervenire con antibiotici e, talvolta, aspirare il liquido infiammato dalla borsa. L’intervento chirurgico viene valutato solo quando i trattamenti conservativi falliscono.

                La prevenzione resta l’arma più efficace: fare pause regolari durante attività ripetitive, utilizzare protezioni per le ginocchia o i gomiti nei lavori a rischio, riscaldarsi prima dell’attività sportiva e migliorare la postura quotidiana. Piccoli accorgimenti che aiutano a preservare la funzionalità delle articolazioni ed evitare il ritorno dell’infiammazione.

                Comprendere la borsite significa dunque imparare ad ascoltare i segnali del proprio corpo. Intervenire per tempo permette di risolvere il problema rapidamente e tornare alle attività quotidiane senza limitazioni e senza dolore.

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