Punti di svista
Fagioli indigesti
Quando si indossa la maglia della Nazionale si rappresenta tutto il Paese. Un orgoglio e una responsabilità. E da quando Luciano Spalletti è diventato ct della Nazionale di calcio ha puntato fortissimo su questo tasto. Sull’orgoglio e sulla responsabilità di portare sulle spalle una maglia che non è come le altre. Come ha spinto molto su un tema importante: i valori. Bene, bravo. Ma allora, caro Ct, che c’entra Nicolò Fagioli?
Una convocazione che stupisce
Il centrocampista della Juventus figura nell’elenco dei 30 preconvocati per i prossimi campionati europei. Dopo aver rivisto il campo da calcio solo nella penultima giornata di questo campionato. Motivo: ha saltato l’intera stagione perché squalificato a causa dello scandalo calcio scommesse. E i valori? E la rettitudine tanto sbandierata?
Ammissione di colpa
Sia chiaro… il ragazzo (ha 21 anni) ha sbagliato, lo ha ammesso e ha pagato. Ammettendo di avere un problema prima, andando in cura poi, anche partecipando a conferenze con bambini e ragazzi come parte del percorso di redenzione. Il che significa che il perdono se l’è guadagnato e la condanna per lui non deve essere a vita. E tra l’altro, lo sport insegna che ci si può rialzare quando si cade. Tutto vero, tutto giusto.
La scelta di Spalletti
Ma era davvero opportuno convocarlo? La squalifica è troppo fresca e, tra l’altro, non ha mai giocato in stagione. Altri meritavano più di lui. È giovane, è forte, ha tutta la carriera davanti per onorare la maglia azzurra. E no, a questo giro sarebbe stato meglio evitare. Tiferemo comunque gli azzurri e speriamo che facciano bella figura, con o senza Fagioli. E Spalletti da Ct è libero di fare quel che vuole, ne ha piena facoltà. Ma almeno sia coerente. Da oggi in poi, basta pipponi e menate su moralità, comportamenti e valori. E niente parabole sulla redenzione, per favore. parli di calcio e solo di calcio, fine. E palla al centro.
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Punti di svista
La differenza fra tifosi e delinquenti
Una piccola riflessione comparativa, dopo tutto lo sconquasso causato dall’inchiesta milanese su San Siro e le sue logiche mafiose…
I tifosi comprano i biglietti. I delinquenti li estorcono.
I tifosi tifano la squadra. I delinquenti minacciano chi non lo fa.
I tifosi esultano se la squadra vince. I delinquenti non sono interessati al risultato sportivo.
I tifosi fischiano se la squadra gioca male. I delinquenti intimidiscono la squadra.
I tifosi battono le mani. I delinquenti menano le mani.
I tifosi mangiano il panino fuori dalla stadio. I delinquenti vogliono controllare gli incassi dei chioschi.
I tifosi hanno passione. I delinquenti la sfruttano.
I tifosi chiedono l’autografo ai calciatori. I delinquenti li obbligano a regalare le maglie.
I tifosi bevono una birra allo stadio. I delinquenti controllano lo spaccio di stupefacenti.
I tifosi fanno bene al calcio. I delinquenti lo infangano.
Queste e altre ancora, sono solo alcune delle differenze emerse una volta di più dall’inchiesta che ha coinvolto le curve milanesi. Che queste differenze siano chiare, sempre. C’è il tifoso e c’è il delinquente. Ma tifosi e delinquenti sono e restano entità diverse. Con o senza inchieste.
Punti di svista
Un eroe normale, non degno di un paese (non) civile
Un eroe involontario, che ha ritenuto solo di fare la cosa giusta in un frangente drammatico. E che lascia tutti attoniti ed amareggiati,
La storia di Michele, il ragazzo di Mestre ucciso per aver difeso una ragazza da una rapina, lascia addosso un senso di ingiustizia misto ad ammirazione. Perché Michele ha fatto quello che molti di noi, forse, non avrebbero il coraggio di fare: non si è girato dall’altra parte mentre qualcuno era in pericolo. Ha avuto coraggio. E ha pagato con la vita.
Il coraggio di preoccuparsi per gli altri
Sicuramente qualcuno avrà pensato “poteva farsi gli affari suoi”, qualcun altro si sarà chiesto se ne valeva la pena. Domande e riflessioni lecite e normali, in un mondo di indifferenti. La via più semplice è quella di farsi gli affari propri, è vero. Se lo avesse fatto anche lui, nessuno avrebbe potuto giudicare quel ragazzo che passava di lì, che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma Michele non lo ha fatto, non si è voltato dall’altra parte, non si è fatto gli affari propri. Ha scelto di fare la cosa giusta, quella che riteneva giusta. E suo malgrado è diventato un eroe.
L’amaro in bocca
Ma la sua storia lascia anche un profondo senso di amarezza. Perché mai in un Paese civile fare la cosa giusta, essere altruista, e non girarsi dall’altra parte di fronte a un’ingiustizia, dovrebbe costare la vita. In un Paese davvero civile, non si diventa eroe in questo modo. Michele lo è diventato un eroe, purtroppo. E questo non può che fare tristezza.
Punti di svista
La triste disfida tra rapper diventa un patetico show
Fedez e Tony Effe a caccia di visualizzazioni e di like, chissenefrega se la musica viene relegata all’ultimo posto… l’importante è fare notizia, sempre e comunque.
Mi si nota più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Il dubbio amletico di Nanni Moretti in Ecce Bombo non esiste nel mondo del rap. Di certo ci si fa notare quando si è notati, anche se per farlo si sfiora il patetico. Per informazioni citofonare a Fedez e Tony Effe, che si sono contesi le prime pagine dei giornali non grazie a qualche strofa potente o a un nuovo sound rivoluzionario, ma grazie all’ultimo tragico e patetico episodio di una presunta “guerra tra rapper” che ispira un po’ di tenerezza e molta tristezza.
Che barba, che noia…
Il re delle polemiche su Instagram contro il campione dei trapper con la vocale mononota. E se già state sbuffando, avete ragione. Questo dissing, più che una sfida epica tra titani, sembra la trama di un film di serie B che nessuno vuole vedere, ma che alla fine tutti guardano, magari per sentirsi superiori.
Sberleffi, insulti… ma la musica dov’è?!?
In realtà quello che va in scena è una triste battaglia a caccia di un consenso più effimero che reale. Da un lato l’icona del rap diventato personaggio dei social e della tv, dall’altra il cattivo che cerca di accreditarsi come duro scimmiottando i gangsta rap americani. Ma in fondo, quello che rimane, è solo una guerra di like e visualizzazioni in cui la musica non conta nulla. E qualcuno, visti i risultati, potrebbe dire “meno male”. Perché mentre loro si azzuffano a suon di frecciatine, la colonna sonora di questo triste spettacolo è sempre più inascoltabile.
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