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Punti di svista

La fogna social

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    «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli». Quando Umberto Eco pronunciò queste parole sembrava un po’ troppo caustico. Maestro, quanto aveva ragione!

    Fra riso e mestizia

    Se un passante pretendesse di spiegare a chi lavora in cantiere come si costruisce un palazzo, gli riderebbero in faccia. Se un calciatore da piazzetta volesse ricordare a Messi o Cristiano Ronaldo come si palleggia, verrebbe additato come mitomane. Sui social no, vale tutto. E così, gente che non è mai uscita dal proprio comune di residenza è convinta di poter dissertare di geopolitica internazionale con chi quell’argomento lo studia tutti i giorni da anni. Senza vergogna. Come chi al massimo si è candidato alle elezioni per il proprio condominio (peraltro fallendo miseramente) pretende di spiegare Biden o a Macron come si amministra un Paese. Succede quotidianamente. Un po’ fa ridere, un po’ fa tristezza.

    Lo sfogatoio collettivo

    Ma c’è di peggio. Gente senza arte né parte infatti, utilizza i social con una violenza verbale incredibile. Persone che vomitano in Rete tutto il loro odio, la loro frustrazione e la probabile condizione di essere ignorati nella vita di tutti i giorni. Persone che probabilmente nemmeno parenti e amici ascoltano, si ergono a tuttologi carichi di cattiveria per chi non la pensa come loro. Che si parli di guerra, di politica, di calcio o di musica poco cambia.

    Vergognosamente… con un click

    Basta un click, che ci vuole? Senza nessun rispetto o contegno, trasformando uno strumento potentissimo e potenzialmente utilissimo come i social una vera e propria fogna. Insulti, rabbia repressa, minacce. Lo schifo assoluto. Ma non basta spegnere il computer o il telefono. I social infatti non sono altro che la perfetta rappresentazione del Paese reale. Purtroppo, siamo così. È l’invasione degli imbecilli, proprio come diceva Eco. Cui i social hanno regalato un palcoscenico enorme.

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      La differenza fra tifosi e delinquenti

      Una piccola riflessione comparativa, dopo tutto lo sconquasso causato dall’inchiesta milanese su San Siro e le sue logiche mafiose…

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        I tifosi comprano i biglietti. I delinquenti li estorcono.

        I tifosi tifano la squadra. I delinquenti minacciano chi non lo fa.

        I tifosi esultano se la squadra vince. I delinquenti non sono interessati al risultato sportivo.

        I tifosi fischiano se la squadra gioca male. I delinquenti intimidiscono la squadra.

        I tifosi battono le mani. I delinquenti menano le mani.

        I tifosi mangiano il panino fuori dalla stadio. I delinquenti vogliono controllare gli incassi dei chioschi.

        I tifosi hanno passione. I delinquenti la sfruttano.

        I tifosi chiedono l’autografo ai calciatori. I delinquenti li obbligano a regalare le maglie.

        I tifosi bevono una birra allo stadio. I delinquenti controllano lo spaccio di stupefacenti.

        I tifosi fanno bene al calcio. I delinquenti lo infangano.

        Queste e altre ancora, sono solo alcune delle differenze emerse una volta di più dall’inchiesta che ha coinvolto le curve milanesi. Che queste differenze siano chiare, sempre. C’è il tifoso e c’è il delinquente. Ma tifosi e delinquenti sono e restano entità diverse. Con o senza inchieste.

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          Un eroe normale, non degno di un paese (non) civile

          Un eroe involontario, che ha ritenuto solo di fare la cosa giusta in un frangente drammatico. E che lascia tutti attoniti ed amareggiati,

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            La storia di Michele, il ragazzo di Mestre ucciso per aver difeso una ragazza da una rapina, lascia addosso un senso di ingiustizia misto ad ammirazione. Perché Michele ha fatto quello che molti di noi, forse, non avrebbero il coraggio di fare: non si è girato dall’altra parte mentre qualcuno era in pericolo. Ha avuto coraggio. E ha pagato con la vita.

            Il coraggio di preoccuparsi per gli altri

            Sicuramente qualcuno avrà pensato “poteva farsi gli affari suoi”, qualcun altro si sarà chiesto se ne valeva la pena. Domande e riflessioni lecite e normali, in un mondo di indifferenti. La via più semplice è quella di farsi gli affari propri, è vero. Se lo avesse fatto anche lui, nessuno avrebbe potuto giudicare quel ragazzo che passava di lì, che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma Michele non lo ha fatto, non si è voltato dall’altra parte, non si è fatto gli affari propri. Ha scelto di fare la cosa giusta, quella che riteneva giusta. E suo malgrado è diventato un eroe.

            L’amaro in bocca

            Ma la sua storia lascia anche un profondo senso di amarezza. Perché mai in un Paese civile fare la cosa giusta, essere altruista, e non girarsi dall’altra parte di fronte a un’ingiustizia, dovrebbe costare la vita. In un Paese davvero civile, non si diventa eroe in questo modo. Michele lo è diventato un eroe, purtroppo. E questo non può che fare tristezza.

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              La triste disfida tra rapper diventa un patetico show

              Fedez e Tony Effe a caccia di visualizzazioni e di like, chissenefrega se la musica viene relegata all’ultimo posto… l’importante è fare notizia, sempre e comunque.

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                Mi si nota più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Il dubbio amletico di Nanni Moretti in Ecce Bombo non esiste nel mondo del rap. Di certo ci si fa notare quando si è notati, anche se per farlo si sfiora il patetico. Per informazioni citofonare a Fedez e Tony Effe, che si sono contesi le prime pagine dei giornali non grazie a qualche strofa potente o a un nuovo sound rivoluzionario, ma grazie all’ultimo tragico e patetico episodio di una presunta “guerra tra rapper” che ispira un po’ di tenerezza e molta tristezza.

                Che barba, che noia…

                Il re delle polemiche su Instagram contro il campione dei trapper con la vocale mononota. E se già state sbuffando, avete ragione. Questo dissing, più che una sfida epica tra titani, sembra la trama di un film di serie B che nessuno vuole vedere, ma che alla fine tutti guardano, magari per sentirsi superiori.

                Sberleffi, insulti… ma la musica dov’è?!?

                In realtà quello che va in scena è una triste battaglia a caccia di un consenso più effimero che reale. Da un lato l’icona del rap diventato personaggio dei social e della tv, dall’altra il cattivo che cerca di accreditarsi come duro scimmiottando i gangsta rap americani. Ma in fondo, quello che rimane, è solo una guerra di like e visualizzazioni in cui la musica non conta nulla. E qualcuno, visti i risultati, potrebbe dire “meno male”. Perché mentre loro si azzuffano a suon di frecciatine, la colonna sonora di questo triste spettacolo è sempre più inascoltabile.

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