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Sonar: tra suoni e visioni

Complottismo rock: teorie suggestive per fan creduloni

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    Il mondo del Rock ha fornito ai propri appassionati, nel tempo, non solo musica (spesso grandiosa)… ma anche scenari particolarmente ricchi di sfaccettature fra le più strambe. I massimi esponenti del genere hanno costruito intorno a loro, più o meno involontariamente, leggende misteriose che, in determinati casi, hanno contribuito a lanciare la loro carriera. Ma anche sancendo rovinosi fallimenti.

    Non solo Elvis, Jim Morrison e McCartney

    Per definizione avulso dai canoni inibitori di una società alienante, il rock ha trasposto valori d’indipendenza e di libertà nella sua cultura, segnando un enorme divario con gli altri movimenti artistici. Con presupposti di questa vivacità, è impossibile evitare la nascita e la diffusione a macchia d’olio di vere e proprie correnti complottiste, Quelle che, nel corso degli anni, non hanno fatto altro che alimentare in modo esponenziale e deleterio varie dicerie. Che vorrebbero Elvis e Jim Morrison ancora vivi (ed anagraficamente decrepiti) in qualche parte del mondo sotto mentite spoglie, piuttosto che la morte per incidente d’auto di Paul McCartney nel 1966, poi sostituito da un sosia, che agirebbe in vece sua ancora oggi.

    I Supertramp sapevano in anticipo cosa sarebbe successo alle Twin Towers

    Breakfast In America, splendido album dei Supertramp uscito nel 1979, presenta in copertina, un’immagine che ha alimentato uan teoria particolarmente sinistra. La cover mostra, in primo piano, una foto di New York. Al posto della Statua della Libertà, c’è una cameriera di fast food che regge, invece della fiamma della Libertà, un bicchiere di succo d’arancia. L’immagine vorrebbe rappresentare una foto scattata dalla finestra di un aereo (il mezzo utilizzato per l’attentato), con le Torri Gemelle bene in vista. Il logo della band viene in parte coperto dalle Torri e mostrerebbe, specularmente, la scritta 9/11. Ci sono anche sostenitori dell’idea che il bicchiere di succo, di un arancione molto acceso, rappresenti le fiamme che avvolsero le torri in quel giorno tremendo. Comunque sia… rimane il loro album di maggiore successo commerciale, con più di quattro milioni di copie vendute nei soli Stati Uniti. Ma per i complottisti i membri del gruppo avrebbero previsto l’attentato terroristico dell’11 settembre ben 22 anni prima in quanto appartenenti ad una setta massonica che avrebbe contribuito all’attentato. Una strage pensata per rovesciare una delle più grandi potenze economiche globali e portare a compimento un nuovo ordine mondiale.

    Il Duca Bianco verrebbe dal futuro

    David Bowie sarebbestato un profeta che utilizzava i suoi dischi per mandare una serie di messaggi nascosti all’umanità. Era il 1972 e, il Duca Bianco pubblica The Rise And Fall Of Ziggy Stardust & The Spiders From Mars. Sulla cover del disco, figura un’insegna che sovrasta il capo di Bowie, “K.West”. Secondo il complotto, Bowie avrebbe predetto il successo del Rapper statunitense Kayne West che, sarebbe nato 5 anni dopo. La traccia d’apertura del disco, guarda tu che combinazione, si intitola Five Years! La storia che sottointende al disco racconta che, in un mondo post apocalittico, l’unica speranza per l’umanità sia rappresentata da un salvatore proveniente dallo spazio, l’uomo delle stelle.

    Quei satanassi degli Eagles

    Gruppi fra i più disparati sono stati accusati di professare il culto delle arti oscure e, tra queste, ci sono anche gli Eagles. In particolare, secondo alcune teorie, la copertina del celeberrimo Hotel California, mostrerebbe la dimora del maestro dell’occultismo Aleiester Crowley. Casa nella quale, tra l’altro, ha realmente per anni vissuto il chitarrista dei Led Zeppelin, Jimmy Page, grande appassionato di occultismo.

    Kurt Cobain non si sarebbe suicidato

    Tra i complotti più famosi figura quello del presunto omicidio del Leader dei Nirvana, Kurt Cobain. Il musicista pose fine alla sua esistenza nel 1994, presso la sua abitazione di Seattle. Ma l’inquieto Kurt non avrebbe scelto di togliersi la vita: alla base della sua scomparsa ci sarebbe una congiura architettata dalla moglie Courtney Love che avrebbe offerto 50 mila dollari ad un sicario affinché inscenasse il suicidio del marito.

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      Sonar: tra suoni e visioni

      Concertone o… talentone?!? Benvenuti al Primo Maggio 2.0!

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        Il rituale spettacolo musicale del Primo Maggio diventa l’afterparty di X Factor e Amici: pop, trap e star da talent show in un’unica maratona. Dove è finita la musica alternativa? Probabilmente in smart working…

        La scaletta dei record… di omologazione

        Addio chitarre sporche e folk impegnato: il palco del Primo Maggio a San Giovanni è ora territorio di Achille Lauro, Giorgia, Elodie, Ghali e compagnia cantante da reality. Tra 50 nomi in cartellone, i pochi outsider “indie” – Le Bambole di Pezza e Brunori Sas – sembrano esiliati, mentre il resto è un’unica colonna sonora in stile mensa aziendale. Anche il valido Lucio Corsi pare già inghiottito e digerito dal mainstream delle multinazionali. Se cercate il rock di una volta, provate il vintage: qui, all’ombra della chiesa di San Giovanni, si suona “musica per giovani”, versione playlist algoritmica.

        Il vero colpo di scena? Il professore di fisica

        Per dare un briciolo di credibilità intellettuale, al fianco della “triade pop” formata da Noemi, Ermal Meta e BigMama sale in cattedra Vincenzo Schettini, professore youtuber della meccanica quantistica. Perché nulla dice “lotta dei lavoratori” come le equazioni di Schrödinger tra un ritornello e l’altro…

        Talent reunion: da Sanremo a TikTok senza passare dal via

        Il Concertone 2025 sembra un raduno di ex allievi di Amici, X Factor e Sanremo Giovani. Dal glam-rock mistico di Lauro al rap da classifica di Ghali, dal pop patinato di Elodie alla marcetta sovranista di Gabry Ponte: insomma, l’orgoglio dell’“autenticità” oggi passa per filtri e coreografie. Quella vera, alternativa, è stata messa in lay-off.

        Dieci ore di show (con pausa per lo spuntino)

        La “tortura” comincia alle 13:30 su Rai 3, RaiPlay, Radio2 e Rai Italia, per chiudersi a notte fonda. Tra un cambio d’abito e un assolo di sintetizzatore, sbucheranno pure i giovani Cordio, Diniche e Fellow: il loro sogno? Non farsi inghiottire dall’autotune generalizzato.

        Primo Maggio, su coraggio: da festa dei lavoratori a fashion festival

        Una volta c’erano De André, Patti Smith, Elvis Costello, Miriam Makeba, i Gang, Guccini, Robert Plant, la PFM e Lou Reed. Oggi si celebra la “libertà” col rossetto glitter e hashtag come se piovesse. Se questo è il futuro della musica italiana, preparate i filtri Instagram e dimenticate i pianoforti: l’epoca dell’autotune è appena cominciata. Noi, per scaramanzia, teniamo nostalgicamente nello zaino una maglietta del Che: chissà che, prima o poi, torni l’occasione per sfoggiarla…

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          In primo piano

          Papa Francesco e la musica: arte, preghiera e incontro di anime

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            Il compianto Jorge Maria Bergoglio è senza dubbio il pontefice che ha saputo portare la musica nel cuore del messaggio spirituale. Amava il tango, apprezzava Claudio Baglioni, suggeriva Arvo Pärt per la meditazione e – unico nella storia recente – ha persino citato il grande musicista brasiliano Antonio Carlos Jobim in un documento ufficiale. La fede, per lui, aveva un ritmo tutto suo: profondo, inclusivo e – per certi versi sorprendentemente “rock”. Capace di riportare la Chiesa ai valori fondamentali di misericordia e accoglienza, in grado di fare sentire tutti accettati, ognuno coi propri difetti. Un potente che rinuncia alla sua potenza e si mostra al mondo con la sua sofferenza: soprattutto di questi tempi si tratta di un messaggio potentissimo, la straordinarietà della normalità Un uomo che arriva dalla fine del mondo che crede in un mondo migliore… non lo puoi facilmente fermare, proprio come il rock.

            Un papa con la musica nel cuore (e nella mente)

            Che Papa Francesco avesse un’anima musicale si era capito fin dall’inizio del suo pontificato. Cresciuto nei quartieri popolari di Buenos Aires, dove il tango era parte della quotidianità, ha sempre riconosciuto alla musica un potere unico: quello di unire le anime, parlare senza parole e guarire il cuore. Ma il suo rapporto con la musica non si fermava alla tradizione argentina.

            L’arte che unisce

            Fra gli artisti italiani più vicini a Papa Francesco c’è senza dubbio Claudio Baglioni, più volte ospite in Vaticano per eventi benefici. Il pontefice ha elogiato pubblicamente i testi del cantautore romano, capaci di raccontare le sfumature dell’umanità con delicatezza e profondità. Baglioni, da parte sua, ha ricambiato con affetto, definendo Francesco “una voce fuori dal coro” in grado di toccare corde profonde come solo un vero artista sa fare.

            Consigli per la meditazione

            Nei momenti di dolore o riflessione – come i giorni di lutto personale o collettivo – Papa Francesco ha invitato i fedeli a trovare nella musica una forma di preghiera. Una delle opere più adatte a questo scopo è senza dubbio il Te Deum del grande compositore estone Arvo Pärt, un capolavoro di spiritualità sonora: sospeso, essenziale, capace di trasportare l’anima in uno spazio sacro senza tempo. Perfetto per chi cerca raccoglimento, questo brano si trasforma in un ponte tra la terra e il cielo, tra il dolore e la speranza.

            Jobim e l’arte dell’incontro: la musica come linguaggio di pace

            In un gesto che ha sorpreso molti, Papa Francesco ha citato Antonio Carlos Jobim, uno dei padri della bossa nova, in un documento ufficiale. Nella sua visione pastorale, l’“arte dell’incontro” – espressione resa celebre da Jobim – è centrale: significa accogliere l’altro, costruire ponti, abbattere muri. Anche attraverso la musica. Una citazione che racchiude tutta la modernità di questo pontefice: capace di usare riferimenti colti e popolari per lanciare messaggi di unità, dialogo e misericordia.

            La fede può suonare come una sinfonia

            Papa Francesco è stato un uomo che parlava dritto al cuore della gente, anche con la musica. Con un’attitudine speciale per l’ascolta, citava i grandi della musica mondiale, consigliava brani per l’anima. Impossibile non ricordare il suo videomessaggio andato in onda durante l’ultimo festival di Sanremo, che conteneva un messaggio:

            La musica è bellezza, la musica è strumento di pace. È una lingua che tutti i popoli, in diversi modi, parlano e raggiunge il cuore di tutti. La musica può aiutare la convivenza dei popoli.
            Penso, in questo momento, a mia mamma che mi raccontava e mi spiegava alcuni brani di opere liriche facendomi conoscere il senso di armonia e i messaggi che la musica può donare. Penso direttamente a tanti bambini che non possono cantare, non possono cantare la vita, e piangono e soffrono per le tante ingiustizie del mondo, per le tante guerre, le situazioni di conflitto. Le guerre distruggono i bambini. Non dimentichiamo mai che la guerra è sempre una sconfitta.

            in uno fra i tanti episodi informali che l’hanno visto protagonista nel quale, liberandosi dalle briglie del protocollo, si fece portare in un negozio di dischi a Roma per acquistare un vinile di musica classica. Un negozio che Papa Francesco conosceva bene, fin dai tempi in cui si recava a Roma in veste di sacerdote e poi come cardinale di Buenos Aires, nel periodo in cui aveva preso alloggio nella vicina Casa del Clero di via della Scrofa.

            In copertina su Rolling Stone

            Più volte in copertina su riviste come Rolling Stone, sia nella sua edizione americana che italiana, nel 2015 uscì Pope Francis – Wake Up!, l’album musicale con parole e preghiere dello stesso Bergoglio la cui uscita era stata annunciata, con gran fanfara mediatica, come il “disco prog” del Santo Padre. In un tempo di rumore stridente e distrazioni di ogni tipo, quasi sempre malsane, il Santo Padre ci ha insegna che anche una nota può diventare preghiera. Soprattutto da oggi dove, senza di lui, in molti si sentiranno un po’ più soli.

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              Sonar: tra suoni e visioni

              Linus, profeta del nulla musicale: un orecchio smarrito tra Sanremo e il Live Aid

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                A due mesi da Sanremo, il direttore di Radio Deejay Linus dichiara il vuoto musicale assoluto. Ma sarà davvero così? L’icona radiofonica punta il dito contro un festival che non avrebbe lasciato traccia, tranne Cuoricini dei Coma Cose. Eppure, mentre il grande conoscitore musicale dispensa giudizi definitivi, riemergono clamorose gaffe musicali del passato, dal Live Aid ai nomi leggendari scambiati per comparse. Un’analisi ironica su chi dovrebbe raccontarci la musica… e forse dovrebbe ascoltarla un po’ meglio.

                Sanremo? Tutto da dimenticare… o, al massimo, da fischiettare sotto la doccia)

                Linus — al secolo Pasquale Di Molfetta — lancia il verdetto definitivo: “Non resterà nulla”. Un’apocalisse musicale secondo il decano di Radio Deejay. Con una sola eccezione: Cuoricini dei Coma Cose, che secondo lui sarà l’unico brano ricordato fra dieci anni. Olly? “Un bel personaggio, ma carino e basta.” Lucio Corsi e Brunori? “Hanno fatto di meglio”. Strano però… perchè quando andavo ai primi concerti di Corsi o di Brunori io Linus non l’ho mai notato fra lo sparuto pubblico che li animava…

                Me contro te

                Giudizi secchi, senza appello, quelli di Pasquale Di Molfetta. Ma siamo sicuri che Linus rappresenti il termometro musicale del paese? Ne avrei di aneddoti da riferire… come la sua precisa avversione per i Marillion con Steve Hogarth alla voce. Ma servirebbe a qualcosa? Lui rimane sempre e comunque un celebrato operatore musicale ed io un normalissimo giornalista, oltretutto affetto da periodici attacchi di nostalgia per la buona musica. Non certo quella che popola il palinsesto medio di Radio Deejay.

                Quando Linus commentava il Live Aid… senza riconoscere David Gilmour

                Sarà anche un’autorità radiofonica, ma il suo orecchio, in passato, ha preso sonore cantonate. Memorabile il disastro durante la diretta italiana del Live Aid, quando Linus non riconobbe l’imprescindibile David Gilmour sul palco con la band di Bryan Ferry.

                Un momento del set di Brian Ferry con, al suo fianco, David Gilmour

                Poi fece, se possibile, anche di peggio: scambiò il seminale Bo Diddley special guest durante il set di George Thorogood e dei suoi “distruttori” – per un “anonimo musicista” e corresse in diretta Kay Rush, che aveva giustamente identificato la chitarra di Gilmour come “Fender”. Lui, con il fare da saputello, la corresse in diretta: “Eh no, cara Kay… quella non è una Fender, è una Stratocaster!”. Come dire… quella non è una Fiat, è una 127! Una figuraccia epocale, soprattutto per uno che oggi si erge a custode della memoria musicale.

                Ho chiesto all’AI di creare un’immagine che mi vedeva in compagnia di Linus, in un ipotetico “duello radiofonico”, mai avvenuto in realtà. L’intelligenza artificiale mi ha fatto più grasso di quello che sono… mentre lui assomiglia all’inflessibile e spietato maestro di musica del film Whiplash, interpretato dall’ottimo Jonathan Kimble Simmons. Se non l’avete visto… recuperatelo!

                Il Festival della memoria corta

                È vero: Sanremo 2025 non ha forse prodotto tormentoni come in passato. Ma dichiarare “il nulla musicale” quando il pubblico canticchia a piè sospinto Volevo essere un duro di Lucio Corsi o La cura per me di Giorgia (in questo caso… ci prova senza riuscirvi dignitosamente), fa pensare più a una crisi d’ascolto personale che a un’emergenza collettiva. Forse Linus, che viene dal mondo nel quale le canzoni si ascoltavano con la moneta da 100 lire, faccia fatica a digerire TikTok e i trend digitali? Beh, almeno su questo aspetto generazionale siamo abbastanza allineati.

                Serie B o Serie Vintage?

                Nel suo sfogo, Linus ammette: “Ho sempre avuto la sensazione di essere il primo della Serie B.” Un cruccio che sembra più dettato dalla tv che dalla radio. Ma la verità è che la “Serie A” dello spettacolo (Fiorello, Bonolis, Amadeus) ha saputo reinventarsi nel tempo. Lui no. Lui è rimasto lì, saldo in cabina, a dire che “una volta era meglio”, mentre i podcast lo superano a destra e Spotify ruba ascolti a Radio Deejay.

                La pensione? Magari con un po’ di musica in cuffia

                A 67 anni, Linus confessa di pensare alla pensione. “Non voglio che la gente dica: ‘Ma è ancora lì?’” Forse il momento giusto per lasciare davvero, prima che l’eco del passato diventi più rumorosa delle sue playlist. Magari, nel tempo libero, potrà finalmente imparare a riconoscere David Gilmour in un solo dei Floyd… senza l’ansia della diretta.

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