Cronaca
Anche LaCityMag si schiera contro le leggi anti stampa
Le forze della maggioranza avrebbero voluto alcuni mesi fa rivedere il reato di diffamazione aumentando la pena fino a 4 anni e mezzo di reclusione per i giornalisti condannati. Una vera e propria legge anti stampa.

E’ stato condannato per diffamazione nei confronti del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nola per un articolo pubblicato nel 2020 sulla testata online Anteprima24. E’ Pasquale Napolitano il cronista del quotidiano Il Giornale che sta ricevendo la solidarietà delle testate cartacee e online italiane. La sentenza ordina otto mesi di carcere e una pena pecuniaria di 6.500 euro. Pena sospesa per le attenuanti generiche per cui Napolitano non andrà in prigione. Ma la sentenza fa discutere e non solo il mondo dell’editoria. Si assiste a un continuo tentativo di emettere leggi anti stampa. Riapre il dibattito sul carcere per i giornalisti in Italia previsto dall’articolo 595 del codice penale.
La questione diventa politica
Le forze della maggioranza avrebbero voluto alcuni mesi fa rivedere questo il reato di diffamazione aumentando la pena fino a 4 anni e mezzo di reclusione per i giornalisti condannati per diffamazione. Una vera e propria legge anti stampa. Un tentativo abortito sul nascere anche se un inasprimento delle condanne sembra essere la strada imboccata da molte forze che compongono e sostengono l’attuale governi. La prima voce istituzionale a farsi sentire, sul caso, è stato il Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti per bocca del suo attuale presidente Carlo Bartoli che ha preso una posizione ufficiale.
Libertà di stampa da difendere sempre
Per prima cosa Bartoli si è rivolto alla politica per chiedere a gran voce che venga garantita la “libertà di stampa” come imprescindibile “diritto di tutti i cittadini“. Sembra davvero anacronistico che in una democrazia possa essere comminata la pena del carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Al di là del merito della vicenda, che rimane comunque esempio della discrepanza tra il fatto e la condanna. Secondo i giornalisti è indispensabile comprendere che l’uso delle azioni giudiziarie (penali e civili) contro i giornalisti colpisce tutta la stampa in maniera indiscriminata. Bartoli rivolgendosi a tutte le forze politiche presenti in Parlamento ammonisce che non si può abolire il carcere a discapito dell’inasprimento delle pene pecuniaria. In questo modo si colpiscono soprattutto i cronisti più deboli e allo stesso tempo si auspica l’approvazione di una riforma che tuteli la libertà di informazione, architrave della nostra democrazia.
Emendamenti e tentativi per mettere un bavaglio alla stampa libera
Dallo scorso anno molte forse politiche hanno cercato d intervenire sulle regole il regime giudiziario riguardante anche i giornalisti. Emendamenti su emendamenti e tentativi di mettere davvero dei grossi limiti se non un bavaglio e costringere tutti noi a un auto censura spesso contraria al diritto di cronaca. C’è chi vorrebbe inasprire le pene e propone di punire anche con la reclusione chi attribuisce a mezzo della stampa “fatti che sa essere anche in parte falsi“.
Attualmente per esempio in Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia alla Camera è in corso la valutazione del disegno di legge in materia di rafforzamento della cybersicurezza nazionale e di reati informatici. Ma i continui e sistematici tentativi di cambiare le regole istituzionali e democratiche che giudicano il comportamento dei giornalisti sono respinte nelle Commissioni congiunte di Giustizia e Affari costituzionali di Montecitorio.
La condanna di Sallusti del 2007
Uno dei casi più eclatanti ha coinvolto qualche anno fa una firma importante come quella di Alessandro Sallusti quando firmava il quotidiano Libero. La sentenza di condanna che lo coinvolse nel 2007 arrivò persino alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Era stato condannato in via definitiva per diffamazione del magistrato, Giuseppe Cocilovo, a 14 mesi di reclusione dalla Cassazione per finire anche agli arresti domiciliari. Alla condanna si era aggiunta una multa di 5mila euro. Quell’episodio diede l’opportunità alla Corte di Strasburgo per confermare l’orientamento secondo il quale l’inflizione di una pena detentiva (benché commutata in pecuniaria) ad un giornalista colpevole di diffamazione costituisce una violazione dell’art. 10 Cedu, che sancisce il diritto alla libertà di espressione.
Carcere per diffamazione a mezzo stampa anche per tre giornalisti di Panorama Giorgio Mulè (otto mesi di reclusione senza condizionale), Andrea Marcenaro (un anno di carcere) e Riccardo Arena (un anno di reclusione) collaboratore della testata. La vicenda risale allla denuncia per diffamazione del procuratore di Palermo Francesco Messineo, in relazione ad un articolo del 2010 pubblicato sul settimanale. Nel processo Mulè era imputato per omesso controllo in relazione alla presunta diffamazione contestata a Marcenaro, autore dell’articolo su Messineo dal titolo ”Ridateci Caselli”. Il giudice monocratico di Milano, Caterina Interlandi, che nella sentenza aveva anche disposto un risarcimento di 20mila euro a favore del procuratore di Palermo.
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Cronaca Nera
Per Sgarbi nuovi guai giudiziari: la Camera dice sì al processo per gli insulti a Casalino in tv
Via libera della Giunta della Camera alla richiesta della Corte d’Appello di Roma contro Vittorio Sgarbi per diffamazione. Al centro c’è l’insulto rivolto a Rocco Casalino in tv nel 2020. Nel 2023 l’ex sottosegretario era già stato condannato a una multa e al risarcimento in sede civile.
Per Vittorio Sgarbi i guai giudiziari continuano a riaccendersi a distanza di anni. La Giunta per le Autorizzazioni a procedere della Camera ha votato all’unanimità a favore della richiesta arrivata dalla Corte d’Appello di Roma per il procedimento che lo vede accusato di diffamazione ai danni di Rocco Casalino. Una vicenda che nasce in televisione, passa per le aule giudiziarie e ora torna al centro dell’attenzione politica.
La frase del 30 gennaio 2020 in diretta tv
Il caso risale al 30 gennaio 2020, durante una puntata di Stasera Italia su Rete4. Nel corso di un acceso intervento contro alcune figure del governo Conte dell’epoca, Sgarbi attacca anche l’allora portavoce del premier. L’espressione usata fa scattare immediatamente l’accusa di diffamazione. Da quel momento la vicenda giudiziaria prende avvio, trasformando uno scontro televisivo in un procedimento penale vero e proprio.
La condanna del 2023 tra multa e risarcimento
Tre anni dopo, nel 2023, arriva una prima sentenza. Sgarbi viene condannato al pagamento di una multa da mille euro, più altri 3mila euro per le spese processuali, oltre al risarcimento in sede civile nei confronti di Casalino. Una cifra che, all’epoca, veniva stimata intorno ai 50mila euro. La vicenda, però, non si chiude lì.
Il voto della Giunta e l’immunità che cade
Solo ora la Giunta della Camera è intervenuta formalmente, dando il via libera alla richiesta di autorizzazione a procedere avanzata dalla Corte d’Appello di Roma. All’epoca dei fatti Sgarbi ricopriva il ruolo di sottosegretario ed era anche da poco stato eletto sindaco di Arpino. Proprio per questo passaggio procedurale era necessario il pronunciamento della Giunta, che è arrivato senza divisioni politiche, con un voto unanime.
La linea difensiva e il processo
Nel corso delle udienze, Sgarbi ha provato a difendersi sostenendo che l’espressione utilizzata fosse da intendere come sinonimo di “omosessuale”, respingendone l’accezione offensiva. Una tesi che, giudiziariamente, non ha convinto e che ha portato comunque alla condanna già arrivata nel 2023. Ora il nuovo via libera della Camera riporta la vicenda sul binario del procedimento penale, aggiungendo un altro capitolo a una storia che sembrava archiviata.
Tra un precedente giudiziario, una Giunta che si esprime all’unanimità e un caso che torna ciclicamente a far parlare, la partita tra Sgarbi e Casalino resta ancora aperta sul fronte giudiziario. E ancora una volta è una frase detta in tv a continuare a produrre strascichi a distanza di anni.
Cronaca
Dai riflettori alla cronaca giudiziaria: Gabriele Bonci a processo per maltrattamenti, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale
Gabriele Bonci, volto noto della cucina televisiva, è sotto processo con accuse pesanti: secondo la procura avrebbe messo in atto comportamenti di controllo, minacce e aggressioni fisiche contro la ex compagna, culminati in un episodio in cui le avrebbe infilato un dito in bocca provocando una ferita. Contestata anche la resistenza agli agenti intervenuti.
Dai set televisivi alle aule di giustizia: per Gabriele Bonci, 48 anni, il passaggio non è di quelli che si dimenticano. Il pizzaiolo romano diventato fenomeno dei social, protagonista di programmi tv e punto di riferimento per gli appassionati di lievitazioni, si trova ora imputato davanti ai giudici della V sezione collegiale di Roma. Le accuse sono pesanti: maltrattamenti, lesioni nei confronti della ex compagna e resistenza a pubblico ufficiale. Una vicenda complessa che sta ridisegnando l’immagine pubblica di uno dei personaggi più riconoscibili del panorama gastronomico italiano.
Un anno e mezzo di presunti episodi
Secondo la ricostruzione della procura, i fatti contestati si sarebbero verificati tra gennaio 2022 e giugno 2023. Gli inquirenti parlano di «comportamenti controllanti dovuti a ossessiva gelosia»: minacce, pressioni psicologiche e aggressioni fisiche. La donna avrebbe riferito di essere stata afferrata per i polsi, strattonata, tirata per i capelli, fino a riportare diversi ematomi sul corpo. Un quadro che, nelle carte del processo, viene delineato come un crescendo di tensioni e gesti sempre più violenti.
Le accuse sulla presenza sotto casa e gli oggetti scagliati a terra
Uno degli episodi contestati riguarda una visita di Bonci sotto l’abitazione della madre della ex compagna. Seduto all’ingresso del condominio, avrebbe atteso a lungo un confronto, situazione conclusa solo con l’arrivo delle forze dell’ordine. Ma non è l’unico episodio segnalato. In un’altra occasione, la donna si sarebbe recata in un bar per chiedere le chiavi di casa: secondo gli atti, lui avrebbe reagito insultandola, per poi tornare insieme nell’abitazione. Lì, la tensione sarebbe esplosa: pentole e bottiglie scagliate a terra, vetri rotti e un clima definito dagli inquirenti “altamente conflittuale”.
L’episodio ritenuto più grave dai magistrati
Il momento considerato più serio dalla procura risale ai primi giorni di giugno 2023. Dopo una discussione, la donna sarebbe tornata nell’appartamento, rassicurata dal pizzaiolo. Ma la situazione, secondo gli atti, sarebbe degenerata ulteriormente: oggetti rotti, parole pesanti e un gesto che ha aggravato il quadro accusatorio. Lui le avrebbe infilato un dito in bocca con forza, provocando un sanguinamento sotto la lingua. Un dettaglio che pesa molto all’interno del fascicolo, perché delineerebbe una condotta particolarmente aggressiva.
L’arrivo della polizia e la contestazione di resistenza
La scena avrebbe attirato l’attenzione dei vicini, che hanno chiamato le forze dell’ordine. All’arrivo degli agenti, Bonci – sempre secondo l’accusa – li avrebbe insultati e minacciati, rifiutando di calmarsi e ostacolando l’intervento. Da qui l’ulteriore imputazione per resistenza a pubblico ufficiale.
Il processo è in corso e la posizione dell’imputato sarà valutata nelle prossime udienze. Una vicenda che, comunque vada, ha già inciso profondamente sulla narrazione pubblica di un personaggio che era diventato simbolo di creatività e leggerezza televisiva. Ora il palcoscenico è un’aula giudiziaria, e la storia da raccontare è molto diversa.
Politica
Matteo Salvini avvisato: Pio e Amedeo tornano su Canale 5 mentre il vicepremier celebra “Oi vita mia” come fosse una rivelazione comica nazionale
Dopo l’entusiasmo social di Matteo Salvini per “Oi vita mia” – «era da tempo che non ridevo, sorridevo, mi emozionavo e piangevo per un film» – Pio e Amedeo si preparano a tornare su Canale 5 con un nuovo programma. Per Mediaset è l’ennesima scommessa su un duo che divide, intrattiene e infiamma discussioni a ogni apparizione.
Avvisate Matteo Salvini, perché per lui sarà come Natale anticipato. Il vicepremier ha infatti celebrato sui social “Oi vita mia”, l’ultimo film di Pio e Amedeo, con un entusiasmo che farebbe arrossire perfino i fan più irriducibili del duo pugliese. «Era da tempo che non ridevo, sorridevo, mi emozionavo e piangevo per un film», ha scritto il ministro dei Trasporti, trasformando la pellicola in un piccolo evento nazionale. E ora che Mediaset ha ufficializzato il ritorno dei due in primavera con un nuovo show su Canale 5, il tempismo sembra perfetto.
Il post di Salvini che accende i social
Il commento del ministro non è passato inosservato. Anzi, è stato accolto come la certificazione definitiva che Pio e Amedeo non sono soltanto un fenomeno popolare, ma un caso politico-culturale capace di entrare nelle timeline istituzionali. Che il vicepremier abbia un debole per il loro umorismo non sofisticatissimo non è una sorpresa, ma questa volta il suo entusiasmo ha acceso una curiosità in più: cosa penserà del nuovo programma in arrivo?
Il ritorno su Canale 5
Dopo il successo al botteghino, i due comici tornano dunque nel prime time Mediaset con un progetto pensato per riprendere lo stile che li ha resi celebri: spontaneità, battute al limite del caos e quel loro modo di trasformare qualsiasi siparietto in una serata di paese reinventata per la tv. La rete punta forte su di loro, consapevole che ogni nuova apparizione scatena discussioni, meme e reazioni contrastanti.
Un duo che divide ma funziona
Pio e Amedeo, del resto, vivono da sempre in un equilibrio curioso: da un lato il pubblico fedele che li segue ovunque, dall’altro chi sussurra che la loro comicità non esattamente profonda abbia comunque trovato un posto stabile nella televisione generalista. E mentre la primavera si avvicina, cresce l’attesa per capire che tipo di show porteranno su Canale 5 e fino a che punto riusciranno a spingere il loro universo comico.
Intanto Salvini li applaude
Per ora, una certezza c’è: Matteo Salvini è già pronto in prima fila, telecomando alla mano. E a questo punto è facile immaginare che il nuovo show diventi per lui un imperdibile appuntamento del palinsesto. Perché quando il ministro ride, ride sul serio… soprattutto con Pio e Amedeo.
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