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Cronaca

Caldo record e impatti devastanti

Il mondo a 50 gradi: dal Medio Oriente all’Asia la vita impossibile per il caldo da record. Migliaia di morti e danni alle colture, sono i Paesi poveri a soffrire di più.

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    Il mondo sta affrontando un’ondata di caldo record, senza precedenti, con temperature che superano regolarmente i 50 gradi in diverse regioni. L’India e il Medio Oriente sono tra le aree più colpite, con temperature notturne di 40 gradi e diurne che superano i 50 gradi, rendendo la vita insostenibile. Questa situazione sta portando il 2024 a essere uno degli anni più caldi della storia. Ma fino a quando potremo continuare così?

    Impatti devastanti su popolazioni e colture

    La Cina ha registrato il giugno più caldo di sempre, con temperature che hanno toccato i 49 gradi. L’America Latina, nonostante l’inverno, ha visto temperature anomale come i quasi 40 gradi in Paraguay. Le ondate di calore stanno causando migliaia di morti e gravi danni alle colture, colpendo duramente i Paesi più poveri.

    Record di calore in Medio Oriente

    Il Medio Oriente sta sperimentando temperature record, con la Mecca che ha raggiunto i 52 gradi, causando poche settimane durante l’Hajj – l’annuale pellegrinaggio islamico – la morte di oltre 1.300 pellegrini. Altri Paesi, come Kuwait e Iraq, stanno affrontando condizioni simili. Complessivamente, undici Paesi hanno raggiunto temperature di 50 gradi nel 2024.

    E in Europa? La crisi è doppia

    In Europa e nel Mediterraneo, le temperature roventi di Cipro, Grecia, Turchia e Sud Italia sono accompagnate da intensi nubifragi che causano frane e allagamenti. Il caldo estremo è anche una delle cause della morte di diversi turisti ed escursionisti. Le Olimpiadi di Parigi del 2024 sono a rischio a causa delle elevate temperature previste durante le gare.

    Colpiti anche gli Stati Uniti

    Negli Stati Uniti, circa 100 milioni di persone sono coinvolte in un’ondata di calore con temperature che vanno dai 32 gradi di New York ai 45 di Phoenix. Grandi eventi di massa, come le elezioni in India, hanno visto numerose vittime a causa del calore eccessivo.

    Adattamento e Sistemi di Allerta

    Le città più ricche stanno implementando sistemi di adattamento come stazioni di refrigerazione e paramedici per l’idratazione. Ma devono anche tenere conto del dispendio di energia utilizzata per refrigerare. E’ un gatto che si morde la coda. Sembriamo arrivati proprio a un punto di non ritorno. A questo si aggiunge che nelle aree più povere del Pianeta, il caldo uccide silenziosamente. Sistemi di allerta precoce e bollettini sul caldo sono diventati comuni, ma non sempre sufficienti. E soprattutto non alla portata di tutti.

    Che fare? Quali prospettive per il futuro?

    Uno studio recente su Scientific Reports prevede che entro il 2050 lo stress termico e idrico potrebbe ridurre la produzione alimentare globale del 14%, aumentando l’insicurezza nell’alimentazione per 1,36 miliardi di persone. Per mitigare questi effetti, è essenziale ridurre l’uso di combustibili fossili. Ma non sembra che il mondo abbia imboccato questa strada all’unisono.

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      Mondo

      Papa Leone tra Chicago e i Blues Brothers: il documentario che svela il lato pop, americano e sorprendente del Pontefice

      Il nuovo documentario prodotto dal Dicastero della Comunicazione mostra un Leone XIV inedito: un ragazzo del South Side che parlava con le gang, amava le Ford e cantava Elton John. Una storia pop e profondamente spirituale che cambia il modo di immaginare un Papa.

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        Il Vaticano che incontra i Blues Brothers. È questa la sensazione guardando Leo from Chicago, il documentario che racconta il passato americano di Leone XIV e che, per molti, è già un piccolo cult. La skyline della Windy City, le highway illuminate, la prima pagina del Chicago Sun Times con il titolo «Da Pope!» e un ragazzino del South Side che nessuno avrebbe mai immaginato sul trono di Pietro.

        Il film parte da lì, da Dolton, sobborgo operaio in cui il futuro Papa cresceva tra biciclette, partite di baseball e l’odore della pizza ai peperoni. Il fratello Louis ricorda ancora quando una gang provò a portargli via le bici. «Lascia parlare me», disse Rob, come lo chiamavano allora. Bastarono due parole e finirono tutti amici. Era già un mediatore nato.

        Un Papa con le scarpe sporche di terra americana
        Il documentario mescola immagini d’archivio e aneddoti familiari che trasformano Leone XIV in un protagonista da cinema indipendente: la madre che recita il rosario all’alba, il seminterrato trasformato dai fratelli in una “chiesa fai da te”, lui che preparava l’altare sopra l’asse da stiro e conosceva già le preghiere in latino. A scuola una suora gli disse: «Diventerai Papa». Risero tutti. Non lei.

        C’è poi il lato pop: le Ford aggiustate a mano, il tifo sfegatato per i White Sox, la passione per The Blues Brothers, tanto che c’è una foto in cui indossa gli stessi occhiali scuri di Belushi e Aykroyd. E i panini giganti, la pizza “poperoni”, le canzoni di Neil Diamond cantate al seminario come in un musical improvvisato.

        Dal South Side al mondo
        Il ritratto che emerge è quello di un uomo normale e fuori dal comune allo stesso tempo. Un giovane che avrebbe potuto fare carriera nell’accademia, e che invece scelse la missione. «Volevo stare con gli ultimi», raccontano gli amici. Così partì per il Perù, vivendo per decenni tra le comunità più povere.

        Poi Roma, il Dicastero dei vescovi, il cardinalato e infine la Sistina. Una scalata inattesa per un uomo che non ha mai cercato il centro della scena. Proprio per questo, forse, ci è finito.

        Un Papa che parla la lingua del popolo
        Il documentario riesce a far convivere due anime: quella spirituale e quella quotidiana, quella intellettuale e quella pop, quella del pastore e quella del ragazzo americano che guidava attraverso Chicago cantando Elton John.

        È questo contrasto, così cinematografico e vero, a rendere Leone XIV il Papa più pop degli ultimi anni: uno che potrebbe benissimo entrare in scena dicendo “Siamo in missione per conto di Dio”, e nessuno si stupirebbe.

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          Politica

          Andrea Giambruno e Federica Bianco, il bacio che fa rumore: la nuova coppia “ufficiale” finisce in copertina

          Il settimanale pubblica il primo bacio tra Andrea Giambruno e Federica Bianco, insieme da oltre un anno e sempre molto riservati. La relazione, finora schermata per discrezione e prudenza, torna al centro del gossip. E spuntano i precedenti selfie di coppia poi cancellati dai social, alimentando dubbi e domande.

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            Andrea Giambruno torna in prima pagina. Non per un fuorionda, non per un nuovo capitolo politico, ma per un bacio. Un bacio a stampo, catturato da Gente, che lo ritrae accanto a Federica Bianco, sua compagna da circa un anno e mezzo. Una foto che segna di fatto il loro debutto pubblico come coppia, dopo mesi trascorsi a dosare ogni uscita, ogni passo, ogni scatto.

            Lei, 42 anni, “beauty coach” — definizione che continua a dividere il pubblico del web — ed ex compagna del leghista Andrea Crippa. Lui, 44 anni, volto Mediaset ed ex della premier Giorgia Meloni, con cui condivide la figlia Ginevra. Insieme, fino a oggi, si erano concessi solo apparizioni di sfuggita, movimenti cadenzati e pochissimi segnali social.

            Un anno fa, sempre Gente, li aveva immortalati mentre cercavano di uscire di casa a distanza di pochi secondi, con la classica strategia degli innamorati “ma non troppo ufficiali”. Poi un parco, una passeggiata con i rispettivi figli — la famiglia allargata che si intravede ma non si dichiara. E poi il silenzio.

            A incrinare la riservatezza, qualche settimana fa, erano stati alcuni selfie pubblicati da Federica Bianco: abbracci, sguardi compiacenti, un accenno di normalità che sembrava preludere all’ufficialità. Poi, improvvisamente, le foto erano sparite. Rimosse. Nessuna spiegazione. Qualcuno aveva fatto pressione? Era stato un ripensamento? O semplicemente un eccesso di prudenza, vista la posizione dell’ex compagno della premier?

            Il tempismo rende tutto più interessante. Perché da quando, nell’ottobre 2023, Giorgia Meloni annunciò la fine della relazione via social dopo i fuorionda di Striscia la Notizia, la presidente del Consiglio ha mantenuto una riservatezza adamantina. Nessuna dichiarazione, nessun commento, nessun contatto pubblico con Giambruno. Una scelta personale, ma anche una linea politica: separare vita privata e ruolo istituzionale con rigore assoluto.

            Da qui la domanda inevitabile: come accoglierà questi nuovi scatti? Non tanto per gelosie superate, quanto per l’attenzione mediatica che ogni movimento dell’ex compagno inevitabilmente scatena.

            Giambruno e Bianco, dal canto loro, non sembrano più intenzionati a nascondersi. Il bacio di Gente sancisce un passaggio: la fine della fase “sotto traccia” e l’ingresso nel territorio delle coppie che non hanno più nulla da dissimulare.

            Il gossip ringrazia. E la politica osserva, leggermente divertita, leggermente infastidita, leggermente incuriosita. Anche perché, da queste parti, i baci non sono mai “solo” baci.

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              Cronaca Nera

              Garlasco, tensione in diretta tra Sciarelli e l’avvocato di Stasi: «Se l’è presa…» E Savu dal carcere accusa: «Andava con tutte»

              Durante la puntata è tornato anche l’ex avvocato di Sempio, Massimo Lovati, che ha commentato le indagini sulla presunta corruzione dell’ex pm Venditti: «Un’accusa che fa ridere»

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                A Chi l’ha visto?, la puntata di mercoledì 5 novembre si è trasformata in un confronto acceso sul caso Garlasco, a 17 anni dall’omicidio di Chiara Poggi.
                La conduttrice Federica Sciarelli ha ospitato in studio Antonio De Rensis, avvocato di Alberto Stasi, condannato a 16 anni per l’omicidio della fidanzata. Ma il clima si è surriscaldato dopo le parole di Flavius Savu, il cittadino romeno rientrato in Italia dopo un mandato di arresto internazionale per estorsione aggravata ai danni dell’ex rettore don Gregorio Vitali.

                Le accuse di Savu

                Dalla cella, in un audio mandato in onda in esclusiva, Savu ha puntato il dito contro Stasi: «Perché l’ha uccisa? Lui andava con tutte. Chiara Poggi l’ha scoperto e gli aveva detto che avrebbe parlato».
                Parole pesanti, che hanno provocato la reazione immediata del legale.

                La replica dell’avvocato De Rensis

                «La vita di Alberto Stasi è stata vivisezionata durante le indagini – ha detto De Rensis – mentre altre cose sono state guardate velocemente. Alberto era tutto il giorno all’università, impegnato con la tesi. Se avesse avuto un’altra relazione, nel clima colpevolista del 2007 lo avremmo saputo dopo due secondi».

                Quando Sciarelli, notando la sua irritazione, gli ha detto «Avvocato, lei se l’è presa», il legale ha ribattuto con fermezza: «No, sono tranquillissimo. Non vedo l’ora che questo signore vada in procura. Credo che non sarà importante ciò che potrà dire, ma ciò che potrà dare. Se ha davvero delle informazioni, le comunichi. Magari se all’epoca fossero state scandagliate tutte le vite come quella di Alberto, oggi non saremmo qui».

                Il ritorno di Lovati

                La serata ha visto anche il ritorno in video di Massimo Lovati, ex legale di Andrea Sempio, finito di recente al centro di un’indagine per presunta corruzione dell’ex pm Vincenzo Venditti, che nel 2017 aveva archiviato la posizione del suo assistito.
                «Non riesco a capire come possa profilarsi un’accusa del genere verso quell’uomo – ha dichiarato Lovati –. Questa indagine è solo un apripista, un grimaldello per arrivare ad altro. Per me, fa ridere».

                L’avvocato ha poi ammesso di aver ricevuto compensi per circa 15-16 mila euro dal team difensivo di Sempio: «Andavo a ritirare la mia parte, che veniva consegnata allo studio Soldani. Dividevamo per tre, la matematica non è un’opinione».
                Una versione smentita dagli avvocati Soldani e Grassi, che hanno ribadito di non aver mai ricevuto soldi dal loro assistito, ma solo “visibilità”.

                A 17 anni dal delitto, il caso di Garlasco continua a sollevare domande, sospetti e nuove tensioni, anche in diretta tv.

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