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Cose dell'altro mondo

Misteriosi droni giganti scatenano il caos negli Stati Uniti. Trump: “Abbatteteli!” Il Pentagono tace, i complottisti si scatenano.

Da metà novembre, enormi droni sorvolano il New Jersey, la Pennsylvania e altri stati, scatenando paure e teorie complottiste. Nessuno sa chi li controlli o quale sia il loro scopo, mentre il Pentagono minimizza e Trump invoca azioni drastiche: “Chiarite subito o abbatteteli!”. Avvistamenti, video amatoriali e il mistero che si allarga fino alla California, tra la rabbia dei cittadini e le tensioni del Congresso.

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    Da metà novembre, i cieli americani sono diventati il palcoscenico di un mistero degno di un film di fantascienza. Enormi droni, delle dimensioni di un Suv, sono stati avvistati in numerosi stati, dal New Jersey alla Pennsylvania, passando per New York e persino la California. Nessuno sa da dove vengano, chi li controlli e quale sia il loro scopo. Il Pentagono brancola nel buio, la Casa Bianca cerca di rassicurare, ma il pubblico è in fermento. E come spesso accade negli Stati Uniti, l’inspiegabile diventa subito terreno fertile per teorie cospirative e reazioni al limite del paradossale.

    Tutto è iniziato il 18 novembre, quando un drone è stato avvistato sopra l’arsenale militare Picatinny, a Wharton, New Jersey. Poco dopo, un altro ha sorvolato il campo da golf del resort di Donald Trump a Bedminster. Da allora, la situazione è degenerata. In poche settimane, decine di segnalazioni sono arrivate da almeno una dozzina di contee nel New Jersey, dalla Pennsylvania orientale e dalla Orange County di New York. Gli avvistamenti, documentati da video amatoriali e fotografie, hanno mostrato droni di dimensioni impressionanti, spesso in formazione, volare a bassa quota sopra quartieri residenziali e zone sensibili.

    Il fenomeno ha scatenato il panico e la curiosità. I cittadini hanno iniziato a intasare i centralini delle autorità locali e federali, chiedendo spiegazioni. I video si sono moltiplicati sui social media, mostrando perfino un drone in fiamme precipitare in una zona imprecisata. Un altro è stato filmato mentre cadeva a Morris County, New Jersey. Nel frattempo, le segnalazioni si sono estese ad altri stati, tra cui il Texas, l’Oklahoma e la California, anche se non ci sono prove che questi ultimi episodi siano collegati agli avvistamenti sulla costa est.

    Le autorità, però, non hanno risposte. Il Pentagono ha dichiarato che non ci sono prove di un coinvolgimento straniero o di una minaccia alla sicurezza nazionale. “Potrebbero non essere nemmeno droni”, ha spiegato John Kirby, portavoce della Casa Bianca per la sicurezza nazionale, alimentando ulteriormente i sospetti. Alejandro Majorkas, segretario alla Sicurezza nazionale, ha cercato di tranquillizzare il pubblico, affermando: “Non siamo a conoscenza di nessuna minaccia o di attività nefasta legata a questi avvistamenti”. Ma la mancanza di dettagli concreti ha lasciato spazio a ogni sorta di ipotesi.

    Le teorie complottiste si sprecano. Laura Loomer, influencer di estrema destra, ha accusato il Pentagono di nascondere la verità, mentre la deputata trumpiana Marjorie Taylor Greene ha definito le dichiarazioni ufficiali “un mucchio di str***”. “Se siamo attaccati dagli alieni, ditecelo”, ha scritto un utente sui social. Un altro ha ironizzato: “Probabilmente sono alieni in fuga dal nostro pianeta. E chi potrebbe biasimarli?”.

    La situazione ha attirato persino l’attenzione del presidente eletto Donald Trump, che ha commentato senza mezzi termini: “Non penso che questi droni possano volare senza che il governo ne sia a conoscenza. Chiarite subito con il pubblico. Altrimenti abbatteteli!”. Il messaggio, pubblicato sulla sua piattaforma Truth, ha dato il via a un’ondata di commenti, tra chi applaudiva l’idea di colpirli e chi sottolineava che abbattere un drone è illegale secondo le leggi federali.

    Intanto, i residenti delle zone colpite non restano a guardare. James Ward, agente immobiliare del Jersey Shore, ha condiviso un video di droni che sorvolavano il parco statale di Island Beach. “Una buona fucilata risolverà il problema”, ha commentato qualcuno. Ma non tutti sono armati fino ai denti. Evan Cutler, presidente del Montclair Bird Club, ha descritto con precisione un oggetto delle dimensioni di uno scuolabus fluttuare a bassa quota sopra una linea di alberi a Montclair, New Jersey. “So come identificare le cose nel cielo. Questo era qualcosa di molto insolito. Non era una luna piena, ve lo garantisco”, ha spiegato Cutler, che si definisce un osservatore esperto del cielo.

    Anche personalità pubbliche sono state coinvolte. Larry Hogan, ex governatore del Maryland, ha pubblicato un video girato sopra la sua residenza a Davidsonville, descrivendo decine di droni in formazione. “Ho osservato questa attività per circa 45 minuti”, ha raccontato, sottolineando l’assenza di rumori meccanici e la perfetta sincronia nei movimenti degli oggetti volanti.

    Nel frattempo, il governatore della Pennsylvania, Josh Shapiro, ha ordinato missioni di elicotteri statali per cercare di monitorare e analizzare il fenomeno. Ma l’FBI e il Dipartimento della Sicurezza Interna non sono riusciti a individuare la provenienza di questi droni né i loro punti di lancio e atterraggio. La loro mancanza di risposte ha innervosito anche il Congresso, che ha chiesto maggiore trasparenza e rapidità nelle indagini.

    Nonostante le dichiarazioni rassicuranti delle autorità, i residenti non sono convinti. “Non possono semplicemente dirci che non sanno cosa siano”, ha protestato un cittadino di Staten Island. “Se non sanno cosa succede nei cieli, allora chi dovrebbe saperlo?”.

    Il mistero si infittisce e alimenta una spirale di incertezza e paranoia. Che si tratti di un’operazione segreta, di un esperimento tecnologico o persino di un fenomeno naturale non ancora compreso, i droni giganti hanno trasformato i cieli americani in un teatro dell’assurdo. In assenza di risposte definitive, non resta che aspettare il prossimo avvistamento. O il prossimo tweet di Trump.

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      La procura di Roma indaga sui “nudi” generate dall’IA: immagini porno false di giornaliste e vip, inchiesta sul nuovo reato 612-quater

      A piazzale Clodio è partita un’indagine dopo la pubblicazione online di immagini deepfake che ritraggono donne del mondo dell’informazione e dello spettacolo. Si procede sulla base della fattispecie introdotta lo scorso ottobre nel codice penale: la diffusione illecita di contenuti generati o alterati con IA, punita con reclusione da uno a cinque anni.

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        La corsa della tecnologia sta producendo nuovi danni che la legge prova a intercettare. La procura di Roma ha aperto un fascicolo in seguito alla pubblicazione su un sito per adulti di immagini ritraenti giornaliste e donne dello spettacolo in pose o condizioni di nudo, immagini che — secondo le denunce raccolte — sarebbero state realizzate o manipolate attraverso sistemi di intelligenza artificiale. Tra le persone che hanno segnalato la vicenda c’è la giornalista Francesca Barra, che ha formalizzato la denuncia e ha portato la questione all’attenzione dei magistrati.

        Il quadro giudiziario
        Il procedimento è inquadrato nella nuova fattispecie penale inserita nel codice lo scorso ottobre: l’articolo 612-quater, che punisce la diffusione illecita di contenuti generati o alterati mediante sistemi di intelligenza artificiale. La norma risponde proprio all’emergere dei cosiddetti deepfake e prevede una pena detentiva che va da uno a cinque anni. Nel fascicolo romano i pm stanno valutando responsabilità e modalità di diffusione: se e come le immagini sono state create, chi le ha caricate e quali canali di distribuzione sono stati impiegati.

        Le indagini e le tracce digitali
        Gli accertamenti si concentrano su più fronti: raccolta delle segnalazioni, acquisizione dei file pubblicati, identificazione dei gestori del sito e dei profili responsabili della diffusione. I magistrati potranno richiedere consulenze tecniche per stabilire se le immagini siano effettivamente artefatte o il risultato di manipolazioni, e per ricostruire i collegamenti informatici. Non è escluso il coinvolgimento della Polizia Postale e di esperti di informatica forense, chiamati a mappare server, account e flussi di condivisione.

        Il problema sociale e le vittime
        Dietro l’apparato tecnologico ci sono persone reali: la diffusione di immagini intime fabbricate con l’IA può avere effetti profondi sulla reputazione, sulla sfera privata e sulla salute psicologica delle vittime. La nuova norma intende tutela­re la dignità e il diritto all’immagine in un contesto dove la circolazione virale del materiale digitale può amplificare il danno in poche ore. Nel contempo, le procure devono però dimostrare l’illiceità della condotta e il collegamento tra gli autori materiali e la rete di diffusione.

        Verso responsabilità e prevenzione
        L’episodio romano riporta al centro il nodo della responsabilità online: piattaforme, gestori di siti e intermediari tecnici sono spesso snodi chiave per risalire ai responsabili. L’indagine avviata a Roma potrebbe portare a misure cautelari, sequestri e richieste di identificazione degli autori. Ma solleva anche la questione preventiva: come regolamentare l’uso di tecnologie in grado di riprodurre fedelmente volti e voci e come tutelare le potenziali vittime prima che il danno si consumi.

        Il fascicolo di piazzale Clodio è solo il primo passo di una partita che unisce diritto penale, tecnologie digitali e tutela delle persone: nelle prossime settimane saranno gli atti investigativi a chiarire responsabilità, dinamiche di diffusione e, si spera, a prevenire nuovi abusi.

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          Quando il “morto” torna in vita: l’incredibile sorpresa al funerale

          La polizia locale aveva attribuito un’identità basandosi su indizi fragili, il corpo è stato consegnato ai familiari — finché il giovane creduto morto non ha fatto irruzione nella veglia funebre, costringendo a rivedere l’intera vicenda.

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          Quando il “morto” torna in vita: l’incredibile sorpresa al funerale

            La mattina seguente al disastro stradale, nei pressi di un ponte di Villa Carmela, le autorità scoprono un corpo irreconoscibile: profondamente mutilato dall’impatto con un camion, senza documenti addosso, senza tracce certe che possano identificare la vittima. Secondo le prime ricostruzioni, l’incidente è stato interpretato come un gesto volontario, ma i pubblici ministeri impongono un’indagine per determinarne l’identità.

            In assenza di un riconoscimento formale, la notizia che un corpo giaceva non reclamato all’obitorio si diffonde rapidamente in zona. Il giorno dopo, una donna — accompagnata da una sorella — si presenta davanti agli agenti, sostenendo che l’individuo investito potrebbe essere suo figlio, scomparso da giorni. Pur con il volto irriconoscibile, ella riconosce l’abbigliamento e alcune caratteristiche del corpo come familiari e chiede che venga consegnato loro. Le autorità, pur con riserve, cedono alla pressione: la salma viene affidata alla famiglia per i funerali.

            Mentre il feretro è esposto e i parenti vegliano, accade l’impensabile: un giovane irrompe nella veglia e annuncia di essere proprio il “de cuius”. Con voce incredula, afferma che è vivo — e che nella bara giace un estraneo. L’emozione è violenta: crolli, urla, svenimenti tra i presenti. Una vicina ricorda: “Molti erano terrorizzati, qualcuno urlava, altri piangevano… eravamo tutti senza parole.” Fanpage

            Il ragazzo racconta di essersi recato in un paese vicino, dove avrebbe perso i sensi dopo aver fatto uso di droga, restando isolato per alcuni giorni senza poter comunicare con la famiglia. Affermando di non sapere che i suoi parenti lo avevano riconosciuto come vittima dell’incidente, chiede spiegazioni: “Non sapevo che stessi ricevendo un funerale”. Fanpage

            La famiglia, sconvolta, avverte la polizia. Le autorità disporranno che il corpo nella bara venga riportato all’obitorio per ulteriori accertamenti. Nel frattempo, il clamore della vicenda attira l’attenzione anche in una città vicina, dove una famiglia segnala la smarrimento di un uomo, Maximiliano Enrique Acosta, 28 anni, scomparso da alcuni giorni. I media locali indicano che quella stessa salma — già oggetto del primo funerale — potrebbe appartenere a lui. Dopo un secondo riconoscimento, la salma viene definitivamente restituita ai familiari di Acosta per il seppellimento.

            Dietro questa storia dall’apparenza incredibile, tuttavia, si celano questioni ben più gravi: l’assenza di criteri affidabili per l’identificazione, l’urgenza delle autorità di dare un nome al cadavere, e la tendenza umana a ricorrere alla somiglianza quando mancano prove certe. In questo caso, il riconoscimento basato su abbigliamento e dettagli superficiali ha assunto il valore di verità, senza ulteriori verifiche forensi.

            L’episodio solleva interrogativi sul sistema giudiziario e la prassi investigativa: come garantire che un’identificazione sia valida quando le condizioni del corpo sono compromesse? Qual è il grado di responsabilità dei parenti che affermano riconoscimenti affrettati? E, soprattutto, quali guai possono scaturire quando le emozioni prevalgono sulla prudenza nelle procedure?

            In fondo, non si tratta soltanto di un caso singolare o di un colpo di scena mediatico: è un monito sul rispetto della dignità del corpo e sul diritto all’identità certa, che anche un funerale non può ribaltare senza verità documentate.

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              Dal sito del Comune al portale hard: a Santa Maria a Monte la politica finisce “a luci rosse” per un dominio scaduto

              Doveva essere la vetrina politica della maggioranza che guida il Comune, ma si è trasformato in un portale hard. È bastato il mancato rinnovo del dominio web della lista civica “Santa Maria a Monte Sempre” perché un sito a luci rosse ne prendesse il posto, mostrando foto di donne nude e messaggi inequivocabili.

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                Un click. E al posto del programma elettorale della lista civica di centrodestra, compare un sito erotico con immagini esplicite e offerte di incontri “nel raggio di trenta chilometri”. Succede a Santa Maria a Monte, Comune di circa tredicimila abitanti in provincia di Pisa, dove la coalizione “Santa Maria a Monte Sempre”, che dal 2023 sostiene la sindaca Manuela Del Grande, si è ritrovata suo malgrado protagonista di un incidente digitale che ha fatto il giro dei social.

                L’anomalia è stata scoperta da due consigliere di opposizione, Elisa Eugeni e Patrizia Faraoni, del gruppo “Sinistra Plurale”, che hanno segnalato l’accaduto con una pec indirizzata direttamente alla prima cittadina. «Nel cercare in rete il suo programma elettorale – scrivono – abbiamo constatato che il sito ufficiale della lista civica risulta compromesso. Non abbiamo voluto renderlo pubblico subito per senso di responsabilità, ma la invitiamo a intervenire per tutelare l’immagine delle istituzioni e del Consiglio comunale».

                Il tono è civile ma fermo. Eppure, la risposta della sindaca arriva tagliente come una lama. «Abbiamo letto la vostra comunicazione con una certa perplessità – replica Manuela Del Grande – un po’ per il tono, un po’ per la gravità che cercate di attribuire a un fatto in sé del tutto neutro, ma soprattutto per il livello di confusione tecnica che permea ogni riga della vostra missiva».

                Poi la spiegazione: il dominio in questione, acquistato il 22 marzo 2023, è scaduto due anni dopo, il 22 marzo 2025. Non essendo stato rinnovato, è tornato sul mercato digitale libero. Da quel momento, qualsiasi nuovo proprietario ha potuto registrarlo e farne ciò che voleva. «Dal 22 marzo 2025 – scrive la sindaca – la responsabilità e il controllo dei contenuti non sono più in alcun modo riconducibili alla nostra lista. Avreste evitato una figuraccia se vi foste informate meglio».

                Ma la vicenda, invece di spegnersi, è esplosa. Le opposizioni hanno deciso di rendere pubbliche le mail, denunciando “arroganza istituzionale” e “poca attenzione all’immagine pubblica del Comune”. Nei commenti social, ironia e sarcasmo si sono sprecati: “Santa Maria a Monte Sempre… più caliente che mai”, scrive qualcuno. “Un click di troppo e ti trovi su un sito vietato ai minori”, scherza un altro.

                In realtà, il fenomeno non è nuovo. Accade spesso che domini web non rinnovati finiscano acquistati da società che li rivendono o li riutilizzano per contenuti completamente diversi, compresi quelli pornografici. Ma che a cadere nel tranello sia una lista civica al governo di un Comune, con tanto di nome e logo ancora visibili nei motori di ricerca, è tutt’altra storia.

                La sindaca Del Grande, 47 anni, alla guida di una coalizione di centrodestra composta da esponenti di Fratelli d’Italia, Forza Italia e civici, difende la propria amministrazione: «L’impatto istituzionale non è quello che pensano loro. Parlano di “reputazione delle istituzioni” e di “contenuti lesivi” senza comprendere che si tratta di una questione tecnica, non politica. È un attacco infondato, portato avanti con leggerezza e superficialità».

                Nel frattempo, il link incriminato continua a essere attivo, anche se il Comune sta valutando un intervento per segnalare ai motori di ricerca la presenza di contenuti inadatti. Non mancano però i commenti sarcastici dei cittadini: «Almeno così qualcuno visita il sito», dice un commerciante.

                Dietro la gaffe digitale, si intravede anche il segno dei tempi: nella provincia toscana più tranquilla, la politica locale si scontra ora con gli effetti di un web sempre più spietato. Un dominio dimenticato diventa una trappola perfetta per l’imbarazzo. E il confine tra cronaca e farsa si assottiglia.

                Per l’opposizione, la vicenda «dimostra una mancanza di cura e di professionalità». Per la sindaca, invece, «un banale errore tecnico, gonfiato ad arte per creare clamore». In ogni caso, la lezione resta: in tempi di politica digitale, anche un click può trasformarsi in un caso politico.

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