Connect with us

Cose dell'altro mondo

Una modella si fa allungare le gambe chirurgicamente per compiacere il marito

La modella e star dei reality tv britannici, Theresia Fischer si è sottoposta a interventi chirurgici per diventare più alta. Lo voleva il marito.

Avatar photo

Pubblicato

il

    Quella di Theresia Fischer, modella e star della tv britannica, è stata una delle storie più incredibili mai lette e discusse. Lei che di reality ne ha girati tanti, ma proprio tanti, forse non si era accorta che la scelta che ha fatto è una bella sceneggiatura per una serie tv tra il fantascientifico e l’horror.

    Una scelta per assecondare i desideri del suo ex marito

    Per accontentare il marito – che nel frattempo ha avuto modo di diventato un ex marito – che la voleva più alta, Theresia si è sottoposta a una sere di interventi chirurgici per allungarsi le gambe!! Sì, sì avete letto bene: allungare le sue gambe. Per assecondare la richiesta dell’uomo con cui ha vissuto dal 2016 al 2022 Theresia si è sottoposta a numerosi interventi chirurgici spendendo 128 mila sterline (poco più di 151 mila euro). Risultato? Oggi Theresia è alta 184 cm rispetto ai suoi originali 170 cm.

    Interventi complessi e dolorosi per le nuove gambe

    Il procedimento, complesso e doloroso, ha previsto l’inserimento di barre in metallo nelle ossa delle gambe, rimosse solo dopo la crescita di nuovo tessuto osseo. Nonostante il lungo percorso di riabilitazione, Theresia è ora in grado di camminare senza dolore e spera di riprendere la sua carriera nella moda. Tuttavia, il matrimonio è finito in un divorzio, e la modella, ha dichiarato di sentirsi finalmente libera. “Posso fargli il dito medio perché non ha ottenuto ciò che voleva“. Oggi Theresia ha una nuova relazione e ha riflettuto su cosa significhi davvero l’amore: “sostegno, tolleranza e arricchimento, non subordinazione“.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Cose dell'altro mondo

      Un erede maschio cercasi: Sir Benjamin Slade, due castelli e una figlia che “non va bene” per la discendenza

      Sir Benjamin Julian Alfred Slade, proprietario terriero e aristocratico inglese, torna a far parlare di sé per una posizione che divide. Ha già una figlia, Violet, avuta con l’ex moglie Sahara Sunday Spain tramite fecondazione in vitro, ma per lui non è l’erede giusto. La ricerca di una moglie “adatta” continua.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        Nel Regno Unito c’è chi difende le tradizioni con discrezione e chi, come Sir Benjamin Julian Alfred Slade, le sventola senza troppi filtri. Aristocratico eccentrico e proprietario terriero, Slade è noto per una missione personale che va avanti da anni: trovare una moglie che possa dargli un erede maschio a cui lasciare il suo patrimonio, che comprende anche due castelli.

        Una ricerca che, finora, non ha dato i risultati sperati. E che continua a far discutere.

        Due castelli e un’eredità “da sistemare”
        Sir Benjamin Slade possiede vasti terreni e immobili storici, un patrimonio che per lui ha un destino preciso: passare a un figlio maschio. Non una preferenza romantica, ma una convinzione dichiarata, legata all’idea di continuità dinastica.

        È per questo che, nonostante l’età e le numerose attenzioni mediatiche, Slade continua a presentarsi come scapolo in cerca della moglie “giusta”. Non per compagnia, almeno non solo, ma per garantire una discendenza che rispetti il suo schema.

        La figlia Violet e l’ex moglie scrittrice
        In realtà, Sir Benjamin non è senza figli. Dalla relazione con l’ex moglie, la scrittrice statunitense Sahara Sunday Spain, è nata Violet. La bambina è venuta al mondo grazie alla fecondazione in vitro, dettaglio che Slade non ha mai nascosto.

        Il punto, però, è che Violet è una femmina. E secondo l’aristocratico questo non è sufficiente per assicurare il futuro dei suoi possedimenti. Una posizione che ha sollevato critiche e perplessità, soprattutto per il modo diretto con cui viene espressa.

        Una visione che divide
        L’idea che una figlia “non vada bene” per la discendenza appare fuori dal tempo, ma Slade non sembra interessato a rivedere le sue convinzioni. Anzi, le ribadisce con una franchezza che lo ha reso un personaggio discusso, spesso al centro di articoli e dibattiti.

        Non si tratta di una polemica episodica, ma di una linea di pensiero che lui porta avanti da anni, senza ammorbidimenti. E che, inevitabilmente, lo espone al giudizio pubblico.

        La ricerca continua
        Così Sir Benjamin Julian Alfred Slade resta in attesa. La moglie giusta, l’erede maschio, la continuità della stirpe. Tutto è ancora da scrivere, mentre Violet cresce lontana da queste logiche e la storia personale dell’aristocratico continua a intrecciarsi con un’idea di nobiltà che molti considerano ormai superata.

        Per ora, l’unica certezza è che la ricerca non è finita. E che, tra castelli, titoli e convinzioni granitiche, Slade non sembra intenzionato a cambiare rotta.

          Continua a leggere

          Cose dell'altro mondo

          La procura di Roma indaga sui “nudi” generate dall’IA: immagini porno false di giornaliste e vip, inchiesta sul nuovo reato 612-quater

          A piazzale Clodio è partita un’indagine dopo la pubblicazione online di immagini deepfake che ritraggono donne del mondo dell’informazione e dello spettacolo. Si procede sulla base della fattispecie introdotta lo scorso ottobre nel codice penale: la diffusione illecita di contenuti generati o alterati con IA, punita con reclusione da uno a cinque anni.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            La corsa della tecnologia sta producendo nuovi danni che la legge prova a intercettare. La procura di Roma ha aperto un fascicolo in seguito alla pubblicazione su un sito per adulti di immagini ritraenti giornaliste e donne dello spettacolo in pose o condizioni di nudo, immagini che — secondo le denunce raccolte — sarebbero state realizzate o manipolate attraverso sistemi di intelligenza artificiale. Tra le persone che hanno segnalato la vicenda c’è la giornalista Francesca Barra, che ha formalizzato la denuncia e ha portato la questione all’attenzione dei magistrati.

            Il quadro giudiziario
            Il procedimento è inquadrato nella nuova fattispecie penale inserita nel codice lo scorso ottobre: l’articolo 612-quater, che punisce la diffusione illecita di contenuti generati o alterati mediante sistemi di intelligenza artificiale. La norma risponde proprio all’emergere dei cosiddetti deepfake e prevede una pena detentiva che va da uno a cinque anni. Nel fascicolo romano i pm stanno valutando responsabilità e modalità di diffusione: se e come le immagini sono state create, chi le ha caricate e quali canali di distribuzione sono stati impiegati.

            Le indagini e le tracce digitali
            Gli accertamenti si concentrano su più fronti: raccolta delle segnalazioni, acquisizione dei file pubblicati, identificazione dei gestori del sito e dei profili responsabili della diffusione. I magistrati potranno richiedere consulenze tecniche per stabilire se le immagini siano effettivamente artefatte o il risultato di manipolazioni, e per ricostruire i collegamenti informatici. Non è escluso il coinvolgimento della Polizia Postale e di esperti di informatica forense, chiamati a mappare server, account e flussi di condivisione.

            Il problema sociale e le vittime
            Dietro l’apparato tecnologico ci sono persone reali: la diffusione di immagini intime fabbricate con l’IA può avere effetti profondi sulla reputazione, sulla sfera privata e sulla salute psicologica delle vittime. La nuova norma intende tutela­re la dignità e il diritto all’immagine in un contesto dove la circolazione virale del materiale digitale può amplificare il danno in poche ore. Nel contempo, le procure devono però dimostrare l’illiceità della condotta e il collegamento tra gli autori materiali e la rete di diffusione.

            Verso responsabilità e prevenzione
            L’episodio romano riporta al centro il nodo della responsabilità online: piattaforme, gestori di siti e intermediari tecnici sono spesso snodi chiave per risalire ai responsabili. L’indagine avviata a Roma potrebbe portare a misure cautelari, sequestri e richieste di identificazione degli autori. Ma solleva anche la questione preventiva: come regolamentare l’uso di tecnologie in grado di riprodurre fedelmente volti e voci e come tutelare le potenziali vittime prima che il danno si consumi.

            Il fascicolo di piazzale Clodio è solo il primo passo di una partita che unisce diritto penale, tecnologie digitali e tutela delle persone: nelle prossime settimane saranno gli atti investigativi a chiarire responsabilità, dinamiche di diffusione e, si spera, a prevenire nuovi abusi.

              Continua a leggere

              Cose dell'altro mondo

              Quando il “morto” torna in vita: l’incredibile sorpresa al funerale

              La polizia locale aveva attribuito un’identità basandosi su indizi fragili, il corpo è stato consegnato ai familiari — finché il giovane creduto morto non ha fatto irruzione nella veglia funebre, costringendo a rivedere l’intera vicenda.

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

              morto
              Quando il “morto” torna in vita: l’incredibile sorpresa al funerale

                La mattina seguente al disastro stradale, nei pressi di un ponte di Villa Carmela, le autorità scoprono un corpo irreconoscibile: profondamente mutilato dall’impatto con un camion, senza documenti addosso, senza tracce certe che possano identificare la vittima. Secondo le prime ricostruzioni, l’incidente è stato interpretato come un gesto volontario, ma i pubblici ministeri impongono un’indagine per determinarne l’identità.

                In assenza di un riconoscimento formale, la notizia che un corpo giaceva non reclamato all’obitorio si diffonde rapidamente in zona. Il giorno dopo, una donna — accompagnata da una sorella — si presenta davanti agli agenti, sostenendo che l’individuo investito potrebbe essere suo figlio, scomparso da giorni. Pur con il volto irriconoscibile, ella riconosce l’abbigliamento e alcune caratteristiche del corpo come familiari e chiede che venga consegnato loro. Le autorità, pur con riserve, cedono alla pressione: la salma viene affidata alla famiglia per i funerali.

                Mentre il feretro è esposto e i parenti vegliano, accade l’impensabile: un giovane irrompe nella veglia e annuncia di essere proprio il “de cuius”. Con voce incredula, afferma che è vivo — e che nella bara giace un estraneo. L’emozione è violenta: crolli, urla, svenimenti tra i presenti. Una vicina ricorda: “Molti erano terrorizzati, qualcuno urlava, altri piangevano… eravamo tutti senza parole.” Fanpage

                Il ragazzo racconta di essersi recato in un paese vicino, dove avrebbe perso i sensi dopo aver fatto uso di droga, restando isolato per alcuni giorni senza poter comunicare con la famiglia. Affermando di non sapere che i suoi parenti lo avevano riconosciuto come vittima dell’incidente, chiede spiegazioni: “Non sapevo che stessi ricevendo un funerale”. Fanpage

                La famiglia, sconvolta, avverte la polizia. Le autorità disporranno che il corpo nella bara venga riportato all’obitorio per ulteriori accertamenti. Nel frattempo, il clamore della vicenda attira l’attenzione anche in una città vicina, dove una famiglia segnala la smarrimento di un uomo, Maximiliano Enrique Acosta, 28 anni, scomparso da alcuni giorni. I media locali indicano che quella stessa salma — già oggetto del primo funerale — potrebbe appartenere a lui. Dopo un secondo riconoscimento, la salma viene definitivamente restituita ai familiari di Acosta per il seppellimento.

                Dietro questa storia dall’apparenza incredibile, tuttavia, si celano questioni ben più gravi: l’assenza di criteri affidabili per l’identificazione, l’urgenza delle autorità di dare un nome al cadavere, e la tendenza umana a ricorrere alla somiglianza quando mancano prove certe. In questo caso, il riconoscimento basato su abbigliamento e dettagli superficiali ha assunto il valore di verità, senza ulteriori verifiche forensi.

                L’episodio solleva interrogativi sul sistema giudiziario e la prassi investigativa: come garantire che un’identificazione sia valida quando le condizioni del corpo sono compromesse? Qual è il grado di responsabilità dei parenti che affermano riconoscimenti affrettati? E, soprattutto, quali guai possono scaturire quando le emozioni prevalgono sulla prudenza nelle procedure?

                In fondo, non si tratta soltanto di un caso singolare o di un colpo di scena mediatico: è un monito sul rispetto della dignità del corpo e sul diritto all’identità certa, che anche un funerale non può ribaltare senza verità documentate.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù