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Cronaca Nera

Il video segreto di Chiara: un nuovo tassello nel giallo di Garlasco

Il settimanale Giallo riporta una testimonianza finora ignorata: Marco Poggi avrebbe visto una chat in cui si accennava a un video hard tra la sorella Chiara e il suo fidanzato. Quella conversazione era salvata nel computer di casa, lo stesso dove giocavano i ragazzi del gruppo, compreso Andrea Sempio. Un dettaglio che, alla luce delle nuove indagini, riapre scenari rimossi. E spuntano anche quattro slip mai repertati.

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    Un anno prima della morte di Chiara Poggi, nel computer di casa, c’era un file. Non era un documento scolastico né una canzone scaricata da eMule: era un video privato, un contenuto intimo condiviso tra la ragazza e il fidanzato Alberto Stasi. Un dettaglio che all’epoca venne verbalizzato, ma che nel tempo è stato dimenticato o lasciato sullo sfondo. Oggi però quella vecchia dichiarazione di Marco Poggi, fratello della vittima, torna al centro dell’attenzione grazie a un’inchiesta del settimanale Giallo, che rilancia l’interrogativo: chi ha visto quel video? E se qualcuno lo ha visto, cosa ha pensato?

    Il fratello della vittima venne ascoltato dai carabinieri il 18 ottobre 2007, due mesi dopo il delitto. Durante l’interrogatorio raccontò che circa un anno prima dell’omicidio si era imbattuto in una chat salvata sul pc di Chiara, da cui si evinceva l’esistenza di un filmato intimo tra la sorella e il fidanzato. Una scoperta che lo colpì molto, tanto da rimanergli impressa. Ma quel computer non era chiuso a chiave né sotto controllo. Era il pc di casa, dove Marco passava ore giocando con gli amici. E tra quegli amici c’era anche Andrea Sempio.

    Il computer di casa, usato da tutti

    I videogiochi, le risate, le serate tra ragazzi. Quel computer era al centro della vita quotidiana dei fratelli Poggi. Nessuna password, nessun blocco. I file personali e i salvataggi erano accessibili a tutti. Il video era ancora lì quando Chiara è stata uccisa? E se sì, qualcuno lo ha visto di nascosto? La possibilità non è remota. Andrea Sempio, oggi tornato al centro delle attenzioni degli inquirenti, era un frequentatore abituale della casa, come dimostra la sua impronta palmare trovata sul portone. Un dato che inizialmente fu trascurato, ma che oggi – dopo 18 anni – assume ben altro peso.

    Secondo quanto riportato da Giallo, la domanda che gli investigatori avrebbero dovuto porsi è semplice quanto scomoda: se uno dei ragazzi avesse visto quel video, avrebbe potuto sviluppare un’ossessione? O magari un desiderio morboso, distorto, inconfessabile?

    Il contesto è delicato, e l’ipotesi non vuole scadere nel sensazionalismo. Ma è lecito – anzi, doveroso – interrogarsi su tutto ciò che è stato ignorato o archiviato troppo in fretta. Come un altro dettaglio, agghiacciante, rimasto senza spiegazioni.

    Gli slip sul divano: mai repertati

    Il giorno dell’omicidio, sul divano di casa Poggi, venne ritrovato un sacchetto con quattro paia di slip usati. In una foto esclusiva pubblicata da Giallo, si vedono gli indumenti tolti dal sacchetto e adagiati uno a uno sul divano, prima ancora di essere imbustati o conservati come prova. Nessuna analisi, nessuna ricerca di tracce biologiche, nessuna voce nel registro dei reperti. Come se non fossero mai esistiti.

    Eppure, in una scena del crimine in cui si cerca di ricostruire la dinamica dell’assassinio di una ragazza appena uscita dalla doccia, la presenza di indumenti intimi usati dovrebbe accendere mille campanelli d’allarme. Invece niente. Nessun riscontro, nessun approfondimento.

    Quel sacchetto resta uno dei tanti misteri irrisolti della casa di via Pascoli. Gli investigatori dell’epoca decisero di concentrarsi su Alberto Stasi, compagno della vittima e unico indagato. Una linea investigativa che portò alla sua condanna in via definitiva nel 2015, ma senza la certezza di aver sviscerato ogni dettaglio utile alla verità.

    La pista Sempio e le nuove domande

    Oggi, con la riapertura mediatica del caso e l’attenzione crescente attorno alla figura di Andrea Sempio – amico del fratello di Chiara, presente spesso nella villetta di Garlasco – tornano a galla le omissioni. Come la mancata analisi dei bigliettini trovati nella spazzatura, alcuni scritti a mano, con dichiarazioni d’affetto che sembrano firmate proprio da lui. O come l’impronta palmare, a lungo ignorata, che oggi è un elemento acquisito nel fascicolo.

    Chi indaga si chiede: c’è un collegamento fra il video, gli indumenti e la presenza di Sempio in casa? È possibile che proprio quella combinazione di informazioni – la scoperta della sfera sessuale di Chiara, l’accesso indiscriminato al computer, la sua intimità violata – abbia innescato una fantasia perversa sfociata in violenza?

    Sono domande che inquietano, ma che non si possono più evitare. Perché a distanza di 18 anni, l’impressione è che qualcosa di importante sia stato lasciato indietro, e che la verità, quella vera, sia ancora sepolta dietro reticenze, disattenzioni e scelte processuali affrettate.

    Chi ha ucciso Chiara Poggi? La risposta ufficiale c’è già. Ma forse non è ancora quella definitiva.

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      Cronaca Nera

      Una cascata di euro fasulli arrivano sul mercato. Come riconoscerli?

      Di fronte all’incremento delle operazioni di contraffazione, come dimostrano i recenti eventi a Napoli con il sequestro di una stamperia clandestina, diventa cruciale per i cittadini essere in grado di riconoscere le banconote euro false. Per questo motivo, è importante conoscere i controlli da effettuare per verificare l’autenticità delle banconote. Ecco quindi un breve schema che riassume i metodi per identificare le banconote euro contraffatte, accompagnato da alcuni dati sul fenomeno della contraffazione in Italia.

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        Napoli, città di contrasti e di vita pulsante, dove le storie si intrecciano come fili in una tela intricata. Nel cuore di Ponticelli, tra le strade trafficate e gli edifici fatiscenti, si nascondeva un’attività clandestina che avrebbe potuto essere scritta da Eduardo De Filippo stesso.

        Sembra un film ma non lo è

        I finanzieri hanno sequestrato ben 48 milioni di euro in banconote da 50 euro contraffatte di pregevole fattura, ritenute riconducibili al cosiddetto “Napoli Group” (una organizzazione di falsari già al centro di precedenti inchieste), sono state sequestrate dalla Guardia di Finanza in una stamperia allestita in un capannone industriale del quartiere Ponticelli di Napoli.

        L’operazione napoletana

        A coordinare le attività investigative è stata la Procura di Napoli Nord (pm Valeria Palmieri e Giulia Basile, procuratore aggiunto Mariella Di Mauro, procuratore Maria Antonietta Troncone).

        Nel corso del blitz, i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Napoli e del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria di Roma hanno sottoposto a fermo sette persone, tra le quali figura anche il capo della banda di falsari.

        Beccati con le mani nel sacco

        Le Fiamme Gialle, intervenute all’alba, hanno sorpreso i due falsari ancora a letto. Nel capannone, sono stati rinvenuti circa 80.000 fogli, ognuno dei quali raffigurava 12 banconote da 50 euro, praticamente complete: mancava solo il taglio finale per l’applicazione della striscia verticale argentata. Per evitare interruzioni nella produzione, il gruppo criminale si avvaleva di un intermediario, il quale forniva supporto logistico e mantenimento agli imputati.

        Tipografo criminale

        Quest’ultimo era responsabile dei contatti con il capo, un tipografo settantenne con un passato criminale, che coordinava le attività produttive insieme a tre autotrasportatori di Giugliano in Campania. Complessivamente, sette individui sono stati fermati.

        A mettere sulle tracce dei falsari anche alcune banconote finite in circolazione dove si potevano trovare annotazioni scritte a penna, come le indicazioni del tipografo per una stampa perfetta.

        Occhio ai colori

        “Benino, aumentare rosso”, “Giallo caldo”, “Non tirare due volte ma una sola (gialla)”. Questi erano i consigli del “maestro” ai suoi allievi, suggerimenti per migliorare la qualità del loro lavoro, come note su una partitura da seguire con attenzione.

        Ma come riconoscere le banconote fasulle da quelle vere? Ecco uno schema per riconoscerle:

        1. Controllare la striscia argentata con ologramma:
          • Guardare la parte superiore della striscia argentata.
          • Verificare la presenza dell’ologramma con il simbolo € e un satellite.
          • Muovendo la banconota, osservare il simbolo € che ruota attorno al numero.
        2. Controllare le cifre e i caratteri:
          • Esaminare le cifre scritte con caratteri più grandi, marcati e con contrasti superiori.
          • Lungo i bordi, verificare la presenza di segni tattili diversi per ogni taglio.
        3. Controllare la grandezza, i colori e la placca olografica:
          • Valutare la grandezza della banconota e la nitidezza dei colori.
          • Osservare la presenza di una placca olografica che brilla quando si muove la banconota.
        4. Statistiche italiane:
          • Nel corso del 2022, l’Italia ha registrato un aumento del 22% delle banconote euro false rispetto all’anno precedente.
          • Inoltre, sono stati sequestrati più di 900 monete da 2 euro contraffatte a Napoli.

        Questi controlli possono essere utili per individuare banconote e monete contraffatte e proteggersi dalla frode finanziaria.

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          Cronaca Nera

          Un’impronta misteriosa e una vecchia scala: il segno numero 44 riaccende i dubbi sul delitto di Garlasco

          È catalogata come “numero 44”, si trova sul muro delle scale che portano alla cantinetta dove fu ritrovato il corpo di Chiara Poggi. Per la Procura è compatibile con la ricostruzione dei movimenti di Andrea Sempio, l’amico della vittima mai indagato all’epoca. Ma il confronto del Dna resta un’incognita.

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            Un numero, un’impronta e una scala. Potrebbero bastare questi tre elementi a riaprire – simbolicamente e forse anche giudiziariamente – il caso Garlasco. Parliamo dell’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 nella villetta di via Pascoli, e di una traccia rimasta finora ai margini dell’inchiesta: l’impronta numero 44.

            È stata rilevata sul muro delle scale che conducono alla cantina, là dove il corpo della giovane venne trascinato. Ha la forma di una suola a righe verticali, collocata in basso, verso i gradini. E ora torna sotto la lente degli inquirenti. Non è sola: secondo la nuova ricostruzione della Procura di Pavia, guidata da Fabio Napoleone, la 44 va letta insieme alla traccia “33” (un’impronta palmare) e alla macchia ematica “97f”, presente sulla parete opposta.

            Tre segni, un’unica traiettoria. È questa la nuova ipotesi: una sola persona avrebbe lasciato tutte e tre le tracce. La mano insanguinata si poggia al muro (traccia 33), i piedi scivolano sui gradini (traccia 44), e la spinta sul corpo della vittima lascia la scia di sangue (97f). Un mosaico inquietante, che gli esperti del Ris stanno ricostruendo fotogramma per fotogramma.

            Il problema? Nessuna delle impronte esaminate finora ha restituito profili di Dna utili al confronto. I fogli di acetato usati per conservare le tracce digitali contengono campioni troppo degradati. Nemmeno la numero 10, quella sulla porta d’ingresso – potenzialmente la più compromettente – ha superato i test.

            Eppure, c’è un nome che aleggia su questa nuova fase dell’inchiesta: Andrea Sempio. Già menzionato in un’informativa dei carabinieri di Milano nel 2016, oggi è di nuovo al centro del lavoro dei consulenti della Procura. È lui, secondo alcune perizie, il soggetto compatibile con la palmare numero 33. Ma non è mai stato interrogato formalmente.

            Intanto, l’ex fidanzato di Chiara, Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni, è da poco in semilibertà. Mentre periti e consulenti si preparano a nuovi accertamenti, tra cui l’analisi del tappetino del bagno e dei tamponi sul corpo della vittima. La domanda resta sospesa: quella scarpa a righe, impressa in un angolo dimenticato, può ancora raccontare la verità?

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              Garlasco, nuove ombre sull’omicidio Poggi: Dna di Chiara e Stasi nei rifiuti, testimone minacciato sul Santuario

              Le ultime analisi sui reperti del caso Garlasco trovano solo il Dna della vittima e di Alberto Stasi. Ma un testimone parla della presenza abituale di Andrea Sempio al Santuario della Bozzola. E finisce sotto minaccia.

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                Nel sacchetto dell’immondizia ritrovato in via Pascoli a Garlasco ci sono tracce genetiche di Chiara Poggi e di Alberto Stasi. Nessuna presenza, almeno finora, di Andrea Sempio. È quanto emerge dai nuovi accertamenti disposti dal gip di Pavia, Daniela Garlaschelli, che ha incaricato la genetista Denise Albani di analizzare i materiali rimasti dalla scena del crimine.

                I tamponi effettuati giovedì 19 giugno negli uffici della Scientifica di Milano su un piattino di plastica, un sacchetto azzurro e le linguette di due confezioni di Fruttolo, hanno restituito sequenze biologiche appartenenti alla vittima. In un caso, si è addirittura ottenuta una sequenza quasi completa del Dna di Chiara. L’unico Dna maschile identificato – finora – è quello di Stasi, rinvenuto su una cannuccia di plastica del brick di Estathé.

                Parallelamente si sta lavorando anche su 34 fogli di acetato che in origine avevano conservato le impronte digitali, ma che ai primi test sul sangue sono risultati negativi. Due nuove impronte però sono ora sotto analisi: una scoperta sullo stipite della porta che porta alla cantina – comparabile ma non appartenente né a Stasi né a Sempio – e l’altra sulla cornetta del telefono. Secondo i tecnici, potrebbe essere della stessa Chiara, colta mentre tentava di difendersi.

                Ma il fronte più inquietante, oggi, è quello legato ai testimoni. A parlare è un uomo di nome Maurizio, frequentatore del Santuario della Bozzola fin dagli anni ’90, che ha raccontato in tv – a Mattino 5 – di aver visto spesso Andrea Sempio insieme a un gruppo di amici, tra cui anche Marco Poggi, fratello di Chiara. «Io vedevo le gemelle Cappa, insieme a volte con Chiara. Ma Stasi mai», ha dichiarato.

                Il suo racconto però ha avuto un prezzo. Durante la processione del 31 maggio scorso, al termine della preghiera, Maurizio è stato aggredito verbalmente da altri fedeli, scontenti del fatto che avesse parlato con i giornalisti. Un episodio grave, che getta nuove ombre su un caso mai del tutto chiuso, nonostante le condanne definitive.

                Intanto le indagini alternative proseguono. Ma i reperti sembrano restituire una sola verità: il Dna di Chiara e di Stasi. Nessuna traccia, per ora, di altri possibili indagati. E a Garlasco, chi parla, continua a farlo sottovoce.

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