Connect with us

Cronaca Nera

Prima udienza del processo a Filippo Turetta per l’omicidio di Giulia Cecchettin: lui non si presenta

Il 22enne, accusato di aver ucciso la sua ex fidanzata con 75 coltellate, non si presenta in aula. Il suo legale evita il confronto diretto e punta a ridurre l’esposizione mediatica. “Spero che il processo finisca presto”, ha detto Turetta, mentre il dolore della famiglia Cecchettin cerca giustizia.

Avatar photo

Pubblicato

il

    Il processo a Filippo Turetta per l’omicidio brutale di Giulia Cecchettin è iniziato questa mattina davanti alla Corte d’Appello di Venezia. Il 22enne rischia l’ergastolo e deve rispondere di reati gravissimi: omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà, efferatezza, stalking e occultamento di cadavere. Nonostante le gravi accuse, Turetta ha fatto sapere di voler partecipare alle udienze solo “quando è necessario”, sperando in una rapida conclusione del procedimento. Un atteggiamento che potrebbe sembrare distante, soprattutto se paragonato alla determinazione del padre della vittima, Gino Cecchettin, che, al contrario, non ha mai smesso di battersi affinché la morte di sua figlia non passi sotto silenzio.

    Giulia è stata uccisa il 18 novembre scorso con 75 coltellate in un parcheggio a Fossò, in provincia di Venezia. La sua storia ha scosso l’Italia intera e il suo omicidio è diventato simbolo di una lotta contro la violenza sulle donne. In un contesto così delicato, l’approccio di Gino Cecchettin ha colpito e diviso: ha scelto di non ritirarsi nel dolore privato, ma di affrontare pubblicamente questa tragedia per sensibilizzare l’opinione pubblica e richiamare l’attenzione sul dramma dei femminicidi. Un modo per dare voce a Giulia e a tutte le vittime di violenza, ma anche una decisione che non tutti hanno apprezzato.

    C’è chi ha criticato l’esposizione mediatica del padre di Giulia, vedendoci un’opportunità di farsi pubblicità o persino di intraprendere una carriera politica. Ma Gino non si è lasciato scoraggiare dalle critiche: ha continuato a viaggiare, a partecipare a eventi, a parlare nelle scuole, a scendere nelle piazze, perché “fare rumore” è la sua missione. “Non voglio che la morte di mia figlia sia l’ennesima storia che scivola via dalle pagine di cronaca nera”, ha dichiarato in una delle sue numerose interviste.

    Dall’altra parte, in cella a Verona, Filippo Turetta sembra essere sempre più consapevole del dramma che ha causato. La consapevolezza di quanto ha perso e di quanto ha distrutto potrebbe essere il peso più grande da sopportare, ben oltre il rischio di un ergastolo. Una consapevolezza che, però, non cambia i fatti: Turetta ha tolto la vita a Giulia e la giustizia deve fare il suo corso.

    “Il mio pensiero va alla mia famiglia, a mio fratello e ai miei genitori, che vengono continuamente fermati dai giornalisti”, avrebbe detto Filippo questa mattina, secondo quanto riferito da fonti accreditate. Parole che non sembrano risuonare con il dolore e l’angoscia che ha inflitto ai familiari di Giulia, e che suonano quasi come una richiesta di comprensione o di pietà, proprio a chi ha visto la propria vita devastata dal suo gesto.

    E mentre il processo prosegue, la domanda resta: quanto ci vorrà perché si arrivi a una sentenza definitiva? E, soprattutto, la giustizia sarà sufficiente per chiudere una ferita così profonda e dolorosa? Da una parte c’è un padre che cerca di trasformare il dolore in impegno, dall’altra un ragazzo che, forse, solo ora comincia a capire il vero significato delle sue azioni. Due vite legate per sempre da una tragedia che nessuna sentenza potrà mai cancellare.

      Cronaca Nera

      Michele Misseri torna a parlare del caso Scazzi: “Toccai Sarah e poi la uccisi, non l’avevo mai vista vestita così”

      Lo zio di Sarah, figura controversa del caso, rievoca dettagli di quel giorno e confessa di essere stato attratto dalla giovane. Parla anche della produzione televisiva sul caso, definendola “un magna magna per fare soldi”.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        Sono passati oltre 14 anni dal 26 agosto 2010, quando Sarah Scazzi, quindicenne di Avetrana, fu uccisa. Il caso sconvolse l’Italia e portò alla condanna all’ergastolo della zia Cosima Serrano e della cugina Sabrina Misseri. Una figura centrale, sin dall’inizio, è stata Michele Misseri, zio della vittima e marito di Cosima. In passato si era autoaccusato del delitto, ma le sue dichiarazioni sono state spesso contraddittorie. In un’intervista rilasciata al quotidiano La Stampa, Misseri è tornato a raccontare la sua versione dei fatti.

        Il racconto del 26 agosto 2010

        Michele Misseri descrive quel giorno come uno dei più bui della sua vita. Parlando di Sarah, racconta di essere stato attratto dal suo abbigliamento, affermando: “Non l’avevo mai vista vestita così”. Secondo lui, il comportamento della nipote lo avrebbe spinto a un impulso incontrollabile. L’avvocato Franco Coppi, che ha seguito il caso, sostiene che Misseri avrebbe cercato di approcciare Sarah qualche giorno prima con una “pacca sul sedere”, un fatto confermato durante gli interrogatori del 5 novembre. “Il suo movente sembra più credibile rispetto a quello di Cosima e Sabrina”, afferma l’avvocato.

        “Sono stato io, loro sono innocenti”

        Dopo aver scontato una condanna per occultamento di cadavere, Misseri insiste ancora oggi sulla sua colpevolezza, dichiarando di aver agito da solo: “Se fossero colpevoli, non mi prenderei la colpa. Non è facile stare in carcere da innocenti”. Il suo racconto rimane dettagliato, descrivendo come ha sollevato Sarah, il calcio che la giovane gli ha dato, e il momento in cui ha perso il controllo, strangolandola con una corda. “Non ricordo come l’ho uccisa”, aggiunge Misseri.

        Le accuse contro Cosima e Sabrina

        Nelle sue dichiarazioni, Misseri afferma di aver accusato Sabrina sotto l’effetto di farmaci: “Non ero io, a tratti ero lucido, a tratti no”. A suo dire, il movente sessuale iniziale è stato censurato per vergogna e per pressioni ricevute. “Mi avevano detto di non dirlo e così ho fatto”, confessa. Il suo racconto, tuttavia, continua a essere ambiguo, alimentando dubbi e contraddizioni.

        La serie tv su Disney+: “Un magna magna”

        Riguardo alla serie Avetrana: Qui non è Hollywood, in arrivo su Disney+, Misseri ha parole dure: “È tutto un magna magna per fare soldi”. La produzione, che intende raccontare il caso che ha sconvolto l’Italia, viene criticata dallo stesso Misseri come una forma di speculazione mediatica su una tragedia familiare.

          Continua a leggere

          Cronaca Nera

          Maddie McCann, assolto il pedofilo Christian Brueckner: il sospettato del rapimento uscirà presto dal carcere fino al 2025″

          Christian Brueckner, accusato per anni di aver rapito la piccola Maddie McCann, scomparsa nel 2007 all’età di tre anni durante una vacanza in Portogallo, è stato dichiarato non colpevole per cinque reati sessuali da un tribunale tedesco. Nonostante la sua assoluzione, potrebbe essere presto libero poiché sta scontando una pena separata che terminerà nel 2025.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            Christian Brueckner, il 47enne sospettato per anni di essere coinvolto nella scomparsa di Maddie McCann, è stato assolto dal tribunale di Braunschweig da cinque accuse di gravi reati sessuali, tra cui tre stupri e due casi di abuso su minori. Le accuse si riferivano a crimini che si sarebbero verificati in Portogallo tra il 2000 e il 2017, ma il tribunale ha dichiarato Brueckner non colpevole.

            Sebbene l’uomo non sia formalmente accusato della scomparsa di Maddie McCann, le autorità portoghesi continuano a indicarlo come sospettato principale. Tuttavia, questo verdetto rappresenta un colpo per la pubblica accusa che, in un procedimento separato, aveva chiesto 15 anni di carcere per Brueckner per reati sessuali.

            Le accuse cadute

            Le accuse da cui Brueckner è stato assolto riguardavano episodi di violenza sessuale che si sarebbero verificati durante il lungo periodo in cui ha vissuto in Portogallo, in particolare nell’area dell’Algarve, tra il 2000 e il 2017. Durante questo periodo, si ritiene che Brueckner abbia condotto attività illecite e violente, molte delle quali in coincidenza con la scomparsa di Maddie McCann, avvenuta nel 2007. Tuttavia, nonostante le prove raccolte dalla polizia tedesca e dalle autorità portoghesi, il tribunale di Braunschweig ha ritenuto che gli elementi presentati non fossero sufficienti per giungere a una condanna.

            Il rischio di recidiva

            Nonostante l’assoluzione, Brueckner resterà in carcere fino a settembre 2025 per scontare una condanna separata, legata a un altro episodio di stupro. Il procuratore capo, Ute Lindemann, ha sottolineato l’alto grado di pericolosità del soggetto, richiedendo una misura di detenzione preventiva una volta scontata la pena. Secondo Lindemann, c’è un «alto grado di certezza» che Brueckner possa recidivare, motivo per cui si richiedono misure aggiuntive per proteggere la società.

              Continua a leggere

              Cronaca Nera

              “Strage di Erba: Olindo Romano e Rosa Bazzi restano colpevoli. Rigettata la richiesta di nuovo processo”

              I giudici della Corte d’Appello di Brescia dichiarano inammissibile la revisione della sentenza all’ergastolo. La difesa non porta elementi nuovi, e le prove ammesse in precedenza confermano la colpevolezza della coppia per l’omicidio di quattro persone e il ferimento di Mario Frigerio, unico superstite.

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                La Corte d’Appello di Brescia ha rigettato la richiesta di revisione presentata per conto di Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati all’ergastolo per la strage di Erba dell’11 dicembre 2006. I giudici hanno dichiarato l’istanza inammissibile “per mancanza di novità e per l’inidoneità a ribaltare il giudizio di penale responsabilità delle prove presentate”. Il sostituto procuratore di Milano, Cuno Tarfusser, aveva avanzato la richiesta, ma è stato ritenuto privo di legittimazione, come specificato nel documento della Corte.

                Nel verdetto, la Corte spiega che il fascicolo è stato trasmesso alla Corte d’appello di Brescia dal Procuratore Generale di Milano, il quale ha sottolineato la carenza di legittimazione del proponente. Quest’ultimo non era delegato alla materia delle revisioni, una competenza riservata all’avvocato generale.

                L’assenza di nuove prove e il rifiuto di vecchie tesi

                La sentenza, che ha richiesto diverse udienze per essere definita, respinge categoricamente l’idea che ci sia un complotto contro i coniugi Romano. I giudici escludono l’ipotesi di falsificazione delle prove, affermando che le confessioni raccolte in passato da Olindo Romano e Rosa Bazzi non presentano alcuna irregolarità. “Nessuna illegittimità è stata riscontrata nell’operato dei Pubblici Ministeri,” si legge nelle motivazioni, e le registrazioni delle confessioni sono state eseguite seguendo i protocolli.

                La Corte evidenzia anche che le nuove testimonianze presentate, come quelle di Abdi Kais e altri detenuti intervistati durante il processo di revisione, non sono considerate prove ammissibili. La natura delle interviste, secondo la Corte, non può essere considerata alla pari di una testimonianza in aula. Le dichiarazioni raccolte al di fuori del processo non garantiscono la veridicità o la spontaneità delle affermazioni, a differenza di un testimone sotto giuramento.

                Mario Frigerio: un testimone attendibile

                La Corte ribadisce la credibilità del super testimone Mario Frigerio, unico sopravvissuto all’attacco e testimone chiave nel processo. I giudici ricordano che l’ipotesi del “falso ricordo” è già stata esaminata e respinta sia in appello che in Cassazione. Durante il primo grado, Frigerio aveva fornito una descrizione dettagliata e coerente degli eventi, combaciando con le altre prove istruttorie raccolte. I giudici hanno rigettato anche la teoria della difesa riguardante un’intossicazione da monossido di carbonio che avrebbe alterato le dichiarazioni di Frigerio.

                Le analisi mediche effettuate su Frigerio dopo il salvataggio non hanno mai incluso test specifici per la carbossiemoglobina, e il tempo di esposizione ai fumi dell’incendio è stato troppo breve per causare effetti significativi. Secondo la Corte, la confusione e il disorientamento del testimone sono imputabili alla gravità del trauma subito e alle circostanze drammatiche dell’aggressione.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù