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Cronaca

Depardieu fermato a Parigi: ritirata anche la Legion d’Onore!

L’attore francese Gerard è stato ascoltato in un commissariato di Parigi dagli investigatori e rischia il fermo per violenza sessuale, ma sono anni che colleziona denunce per molestie da altre donne. Il “Cirano” ha 75 anni e verrà interrogato sui due casi che lo riguardano e dovrà rispondere delle gravi accuse.

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    Rischia un duro procedimento giudiziario
    Gérard Depardieu è stato convocato dalla polizia in seguito alle accuse di violenza sessuale che gli sono state mosse. La sua convocazione è il risultato di un’indagine in corso e, se ritenuto colpevole, rischia conseguenze legali e il possibile coinvolgimento in procedimenti giudiziari.

    Le accuse di violenza sessuale hanno già avuto un impatto significativo sulla sua reputazione e sulla sua carriera, con conseguenze che vanno oltre il campo cinematografico. Inoltre, il fatto che abbia restituito la Legione d’onore, un’onorificenza prestigiosa, solleva ulteriori interrogativi sulla sua condotta e sulla sua idoneità a mantenere riconoscimenti di questo genere.

    In sintesi, Gérard Depardieu è al centro di una controversia legale che potrebbe avere conseguenze profonde sulla sua vita personale e professionale, e che sta suscitando dibattiti sul tema della responsabilità delle azioni e della giustizia per le vittime di violenza sessuale.

    Non è la prima volta!
    Le ultime accuse aggiungono un peso significativo a un elenco già lungo di denunce contro di lui. Tuttavia, sono proprio le recenti accuse che rischiano di segnare irrimediabilmente la sua carriera, già in netto declino, e di compromettere il suo rispetto come persona. La gravità delle accuse e il loro impatto sulla reputazione di Gérard Depardieu sollevano questioni cruciali riguardanti la responsabilità delle azioni e la necessità di giustizia per le vittime di violenza sessuale.

    Tutti i nomi delle vittime dell’attore, aggredite sessualmente
    Le aggressioni sessuali di cui è accusato Gérard Depardieu sarebbero avvenute sui set cinematografici: nel 2014 durante le riprese di un cortometraggio e nel 2021 sul set di un film.

    Questi non sono gli unici casi, poiché nel dicembre 2020 è stato incriminato per stupro e violenza sessuale nei confronti dell’attrice Charlotte Arnould.

    Inoltre, nel 2007 l’attrice Hélène Darras aveva denunciato Depardieu per violenze sessuali durante le riprese di un film, ma il reato è caduto in prescrizione.

    Oltre a ciò, in Spagna, Depardieu è oggetto di una denuncia della giornalista e scrittrice Ruth Baza, che lo accusa di averla violentata nel 1995. Queste accuse hanno scosso profondamente l’industria cinematografica e sollevato questioni cruciali riguardanti il rispetto sul luogo di lavoro e la giustizia per le vittime di violenza sessuale.

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      Mondo

      I diari di Comey riaprono il caso Trump–Russia: tra “pioggia dorata”, richieste di lealtà e vanti di Putin sulle “migliori prostitute del mondo”

      Dai colloqui descritti nei diari di James Comey emergono dettagli esplosivi: Trump che nega prostitute e molestie, Putin che gli vanta “le migliori prostitute del mondo”, le richieste di “lealtà” alla Casa Bianca, la “roba della pioggia dorata” e le pressioni per indagare sul dossier Steele. Appunti che riaprono il nodo: il presidente ostacolò la giustizia?

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        Il materiale pubblicato nei diari di James Comey è di quelli destinati a riscrivere la narrativa del Russiagate. Non solo retroscena, ma frammenti di conversazioni tra l’allora direttore dell’Fbi e Donald Trump che riportano alla luce uno dei periodi più tesi e surreali della Casa Bianca. E tra i passaggi più incredibili, c’è perfino Vladimir Putin che si vantava col presidente americano di avere “le migliori prostitute del mondo”. Una frase che da sola basterebbe a spiegare perché, ancora oggi, quei dossier fanno tremare Washington.

        Il primo incontro: il dossier Steele e la smentita di Trump
        Il primo colloquio avviene a New York, poco dopo le elezioni. Comey informa Trump delle accuse contenute nel rapporto Steele: presunti incontri con prostitute al Ritz Carlton di Mosca nel 2013. Trump lo interrompe: «Non c’erano prostitute, non ci sono mai state». Ride, lasciando intendere di non aver bisogno di pagare per il sesso. Poi smentisce anche le accuse di molestie da parte di una stripper. Nessuna incertezza, nessun tentennamento: solo negazioni.

        La cena nella Green Room e la richiesta che spiazza Comey
        Il 28 gennaio 2017, nella Green Room della Casa Bianca, tutto si fa ancora più incandescente. «Mi serve lealtà, mi aspetto lealtà», dice Trump. Comey tace, lui se ne accorge. La conversazione è caotica: mail di Hillary Clinton, soffiate, sospetti sul vice McCabe. Finché non riaffiora la questione più delicata: la “pioggia dorata”. Trump ribadisce che era una fake news e confida di essere infastidito dal fatto che la moglie possa crederci. Poi insiste: vuole che l’Fbi indaghi per dimostrare che la storia è falsa. Comey gli spiega che così sembrerebbe sotto inchiesta. Trump torna alla carica: «Ho bisogno di lealtà». Lui concede solo “onestà”. Trump replica: «Lealtà onesta». Un compromesso che sembra uscito da un dialogo teatrale.

        Priebus, Flynn e il mosaico dell’inchiesta
        L’8 febbraio Comey incontra il capo di gabinetto Reince Priebus. Gli spiega che alcune parti del dossier Steele sono state corroborate da altra intelligence. Priebus vuole sapere se esiste un ordine per spiare Michael Flynn. Poi cerca di capire perché Hillary Clinton non sia stata incriminata. Poco dopo, Trump appare e ripete la sua posizione: la storia è falsa. Ma aggiunge un dettaglio che gela la stanza: «Putin mi ha detto che in Russia hanno alcune delle migliori prostitute del mondo». Un’affermazione che pare più una vanteria che una difesa.

        Il nodo politico e giudiziario: ostacolo alla giustizia?
        I memo riportano non solo scene imbarazzanti, ma anche pressioni che potrebbero essere interpretate come tentativi di influenzare l’operato dell’Fbi. Richieste di lealtà personale, pressioni sulle indagini, sospetti interni, tentativi di indirizzare la narrativa pubblica. Tutto questo mentre l’ombra del Russiagate si allungava sulla presidenza.

        Un caso che continua a parlare
        A distanza di anni, le parole annotate da Comey restano uno degli strumenti più preziosi per capire la tensione di quei mesi. Un racconto fatto di frasi scomposte, richieste sibilline e dettagli imbarazzanti, in cui la politica si mescola allo show. E ogni memo diventa un tassello che riporta al centro una domanda sospesa: quanto lontano si spinse davvero la Casa Bianca?

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          Politica

          Nordio scatena la tempesta alla Conferenza sul femminicidio: dal “codice genetico maschile” alle accuse di Medioevo

          Intervenendo alla Conferenza contro il femminicidio alla Camera, Carlo Nordio parla di un retaggio “darwiniano” e di una “tara” nella mentalità maschile che deriverebbe da millenni di superiorità fisica. Sul web e in Parlamento esplodono le reazioni: Appendino (M5S) parla di “Lombroso”, Bonelli (Avs) di “Medioevo”, Boschi (IV) accusa il governo di arretramento culturale. E il dibattito si accende alla vigilia delle mobilitazioni del 25 novembre.

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            Alla Conferenza internazionale contro il femminicidio, organizzata alla Camera dei Deputati alla vigilia della Giornata del 25 novembre, Carlo Nordio immaginava forse un discorso solenne. Di certo non immaginava l’incendio politico scoppiato dopo le sue parole. Parlando della “prevaricazione secolare dell’uomo sulla donna”, il ministro della Giustizia ha offerto una lettura che ha immediatamente fatto alzare sopracciglia, toni e telefoni.

            Il passaggio incriminato: “È la legge del più forte”
            Nordio, in un ragionamento che voleva essere storico, ha parlato di una radice darwiniana della violenza maschile: nei primordi, ha detto, la forza muscolare avrebbe determinato la nascita del maschilismo. «La natura ha dotato i maschietti di una forza muscolare maggiore delle femminucce… questo unico criterio di superiorità ha fondato il maschilismo». Una spiegazione che si inserisce nel solco della lunga oppressione patriarcale, ma che — complice un linguaggio vecchio stile — ha creato immediatamente un corto circuito.

            “Sedimentazione nel codice genetico”: esplode la polemica
            Il Guardasigilli ha poi parlato di una “sedimentazione millenaria” nella mentalità del maschio, difficile da rimuovere, quasi una tara culturale che resiste anche quando l’uomo accetta formalmente la parità. Per superarla, sostiene, non basta la repressione: servono prevenzione ed educazione. «Un po’ come fanno psicologi e psicanalisti», ha detto, invocando una rivoluzione educativa che parta dalla famiglia.

            Appendino: “E la prossima cosa, Lombroso?”
            La prima a rispondere è Chiara Appendino (M5S), che su X definisce le parole di Nordio “un’altra perla” dopo “impunità ai soliti noti” e una gestione della giustizia che lei considera fallimentare. Poi l’affondo: «La prossima sarà propagandare Lombroso? Se questo è un ministro…». Il tono è durissimo, e il post diventa virale in pochi minuti.

            Bonelli: “È Medioevo”
            Non meno netto Angelo Bonelli (Avs), che cita i nuovi dati Istat: 6,4 milioni di donne italiane hanno subito violenze fisiche o sessuali. «Di fronte a questa realtà — dice — evocare un ‘codice genetico maschile’ è un arretramento culturale pericoloso». La critica è chiara: così si deresponsabilizzano gli aggressori e si cancella il carattere strutturale della violenza di genere.

            Boschi: “Le donne non hanno bisogno di teorie ottocentesche”
            Maria Elena Boschi (Italia Viva) aggiunge un altro tassello: «Imbarazzanti». Accusa il governo di offrire un contributo del tutto fuori fuoco alla Conferenza e sottolinea che le donne hanno bisogno di leggi applicate, fondi certi e centri antiviolenza, non di letture pseudo-biologiche: «La parità non è un’idea, è un dovere costituzionale».

            Un caso che arriva nel giorno più sensibile dell’anno
            Il tempismo ha aggravato tutto: la discussione esplode proprio mentre in Italia si preparano le manifestazioni del 25 novembre. E mentre piazze, scuole e associazioni chiedono protezione e politiche efficaci, il dibattito politico si ritrova impantanato tra Darwin, codici genetici e accuse di Medioevo.

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              Cronaca

              Gintoneria, nuovi dettagli nell’inchiesta: spuntano un’influencer e un giornalista di gossip nelle notti di coca, escort e privè milanesi

              La Procura di Milano aggiunge nuovi tasselli al caso Gintoneria: nei documenti compaiono un’influencer e un giornalista televisivo esperto di gossip. Secondo gli atti, Davide Lacerenza avrebbe offerto almeno 30 grammi di cocaina alla prima e ceduto una riga da 20 centimetri al secondo, oltre a quattro escort mandate a casa sua. Nessuno dei due risulta indagato. L’inchiesta ruota attorno al giro di droga e prostituzione che ha già portato ai patteggiamenti di Lacerenza e Stefania Nobile.

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                L’inchiesta sulla Gintoneria non smette di aggiungere capitoli. E l’ultimo, emerso dall’avviso di conclusione indagini della Procura di Milano, apre un nuovo fronte che coinvolge due volti noti del mondo pop: un’influencer molto seguita e un giornalista esperto di gossip e televisione. Entrambi citati nei verbali, ma senza alcuna iscrizione nel registro degli indagati.

                L’influencer e la notte del 7 maggio
                Secondo quanto riportato negli atti, Davide Lacerenza avrebbe offerto all’influencer “almeno 30 grammi di cocaina”. La donna, stando ai documenti, l’avrebbe assunta. La sostanza risulterebbe “preparata insieme ad Ariganello”, il nome ricorrente nel fascicolo. Tutto sarebbe avvenuto nella notte del 7 maggio 2024, in un clima che gli inquirenti descrivono come quello di un privè in cui droga e frequentazioni ruotavano nello stesso circuito.

                Il giornalista e la riga da 20 centimetri
                Un altro episodio riguarda la notte tra il 5 e il 6 maggio 2024, sempre all’interno del privè La Malmaison. Qui Lacerenza avrebbe ceduto a un “noto giornalista di gossip e tv” una quantità non precisata di cocaina, con la dicitura che spicca negli atti: “almeno una riga da 20 centimetri”. A questo si aggiunge un ulteriore elemento: quattro escort, presenti nel privè, sarebbero state inviate direttamente a casa del giornalista. Anche in questo caso, nessuna contestazione formale nei suoi confronti.

                Il contesto: il giro della Gintoneria
                Questi nuovi dettagli si inseriscono in un’inchiesta più ampia, quella sul presunto giro di droga e prostituzione legato alla Gintoneria di Milano. Il 22 ottobre scorso sono arrivati i patteggiamenti: 4 anni e 8 mesi per Davide Lacerenza e 3 anni per Stefania Nobile, figlia di Wanna Marchi. Una vicenda che ha intrecciato nightlife, volti noti, locali privè e un sottobosco che ora la Procura sta ricostruendo voce per voce.

                Un mosaico che continua a espandersi
                La presenza nei verbali di figure pubbliche, pur non indagate, accende inevitabilmente i riflettori su dinamiche finora rimaste nell’ombra. E mentre gli atti continuano a emergere, il caso Gintoneria si conferma uno dei racconti più complessi e controversi della Milano notturna, dove droga, lusso e relazioni incrociate compongono un mosaico che la Procura sembra intenzionata a completare fino all’ultima tessera.

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