Cronaca
I sopravvissuti, l’attentato a Trump è solo l’ultimo di una serie
Questi episodi evidenziano la vulnerabilità delle figure pubbliche, la cui sicurezza può essere messa a rischio da attentatori con motivazioni varie, dalla fama al fanatismo politico o religioso. La storia degli attentati ci ricorda la fragilità della pace e la necessità di vigilare costantemente sulla sicurezza dei leader mondiali.
Donald Trump si è salvato per caso. Forse il cecchino non voleva ucciderlo, forse la fortuna dell’ex presidente degli USA lo ha protetto, facendogli girare la destra proprio mentre il proiettile lo stava raggiungendo. Quello che ha colpito Donald Trump è solo l’ultimo di una lunga serie di attentati falliti a presidenti, re, regine e personalità politiche. Dalla regina Elisabetta II a Ronald Reagan una lunga scia di tentativi…
Ronald Reagan e il fan di Taxi Driver
A soli 69 giorni dall’inizio del suo primo mandato, Ronald Reagan, presidente degli Stati Uniti, fu vittima di un attentato. Era il 30 marzo 1981, all’Hotel Hilton di Washington, un folle emerse dalla folla e sparò sei colpi di pistola contro il presidente. Oltre a Reagan, furono colpiti anche il portavoce della Casa Bianca James Brady, la guardia del corpo Tim McCarthy e l’agente di polizia Thomas Delahanty. L’attentatore, John Warnock Hinckley, era ossessionato da Jodie Foster e dal personaggio di Travis Bickle, interpretato da Robert De Niro in Taxi Driver. Dichiarato non colpevole per infermità mentale, Hinckley ha trascorso più di trent’anni in un istituto psichiatrico prima di essere rilasciato nel 2016. Quindi ora è in libertà…
Jacques Chirac colpito da un Long Rifle Calibro 22
Era proprio il 14 luglio 2002, per la Francia un giorno di festa nazionale più comunemente nota come il giorno della presa della Bastiglia, quando nel bel mezzo di una parata militare a Parigi, il presidente Jacques Chirac rimase vittima di un tentativo di assassinio. L’attentatore, Maxime Brunerie, era un militante di estrema destra che cercava una morte gloriosa per diventare famoso. Condannato a dieci anni di reclusione, Brunerie è stato rilasciato nel 2009 dopo aver scontato sette anni. Oggi gestisce un’attività di compravendita di libri antichi e da collezione.
Il sangue freddo di Elisabetta II
Il 13 giugno 1981, durante la parata militare Trooping the Colour, la regina Elisabetta II subì un tentativo di assassinio. L’attentatore, Marcus Sarjeant, sparò sei colpi di pistola caricati a salve. Sarjeant fu condannato a cinque anni di prigione. Al suo rilascio, inviò una lettera di scuse alla regina, che non rispose mai.
Il perdono di Papa Giovanni Paolo II
Il 13 maggio 1981, Papa Giovanni Paolo II – Karol Wojtyla – fu colpito da due colpi di pistola sparati da Mehmet Ali Agca, un membro dell’organizzazione nazionalista turca dei Lupi Grigi. Il papa perdonò Agca nel 1983, visitandolo in prigione. Liberato nel 2010, Agca ha pubblicato un’autobiografia in cui accusa l’ayatollah iraniano Khomeini di essere stato il mandante di quell’attentato.
Robert Fico gravemente ferito
Il 15 maggio 2024, il primo ministro slovacco Robert Fico fu gravemente ferito durante un comizio a Handlová. L’attentatore, Juraj Cintula, un poeta di 71 anni, aveva criticato apertamente Fico sui social network. Attualmente, Cintula è accusato di tentato omicidio premeditato ed è detenuto in custodia cautelare.
Il Principe Carlo e i proiettili a salve
Il 26 gennaio 1994, durante una visita ufficiale a Sydney, il principe Carlo fu bersaglio di due colpi a salve sparati da David Kang, un giovane rifugiato cambogiano. Kang, ora avvocato, vive una vita tranquilla con la sua famiglia a Sydney.
La statuetta di Berlusconi
Il 13 dicembre 2009, Silvio Berlusconi, allora presidente del Consiglio italiano, fu colpito al volto con una statuetta del Duomo di Milano scagliata da Massimo Tartaglia, un perito elettrotecnico. Tartaglia fu assolto l’anno successivo per incapacità di intendere e di volere.


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Mondo
Papa Leone tra Chicago e i Blues Brothers: il documentario che svela il lato pop, americano e sorprendente del Pontefice
Il nuovo documentario prodotto dal Dicastero della Comunicazione mostra un Leone XIV inedito: un ragazzo del South Side che parlava con le gang, amava le Ford e cantava Elton John. Una storia pop e profondamente spirituale che cambia il modo di immaginare un Papa.
Il Vaticano che incontra i Blues Brothers. È questa la sensazione guardando Leo from Chicago, il documentario che racconta il passato americano di Leone XIV e che, per molti, è già un piccolo cult. La skyline della Windy City, le highway illuminate, la prima pagina del Chicago Sun Times con il titolo «Da Pope!» e un ragazzino del South Side che nessuno avrebbe mai immaginato sul trono di Pietro.
Il film parte da lì, da Dolton, sobborgo operaio in cui il futuro Papa cresceva tra biciclette, partite di baseball e l’odore della pizza ai peperoni. Il fratello Louis ricorda ancora quando una gang provò a portargli via le bici. «Lascia parlare me», disse Rob, come lo chiamavano allora. Bastarono due parole e finirono tutti amici. Era già un mediatore nato.
Un Papa con le scarpe sporche di terra americana
Il documentario mescola immagini d’archivio e aneddoti familiari che trasformano Leone XIV in un protagonista da cinema indipendente: la madre che recita il rosario all’alba, il seminterrato trasformato dai fratelli in una “chiesa fai da te”, lui che preparava l’altare sopra l’asse da stiro e conosceva già le preghiere in latino. A scuola una suora gli disse: «Diventerai Papa». Risero tutti. Non lei.
C’è poi il lato pop: le Ford aggiustate a mano, il tifo sfegatato per i White Sox, la passione per The Blues Brothers, tanto che c’è una foto in cui indossa gli stessi occhiali scuri di Belushi e Aykroyd. E i panini giganti, la pizza “poperoni”, le canzoni di Neil Diamond cantate al seminario come in un musical improvvisato.
Dal South Side al mondo
Il ritratto che emerge è quello di un uomo normale e fuori dal comune allo stesso tempo. Un giovane che avrebbe potuto fare carriera nell’accademia, e che invece scelse la missione. «Volevo stare con gli ultimi», raccontano gli amici. Così partì per il Perù, vivendo per decenni tra le comunità più povere.
Poi Roma, il Dicastero dei vescovi, il cardinalato e infine la Sistina. Una scalata inattesa per un uomo che non ha mai cercato il centro della scena. Proprio per questo, forse, ci è finito.
Un Papa che parla la lingua del popolo
Il documentario riesce a far convivere due anime: quella spirituale e quella quotidiana, quella intellettuale e quella pop, quella del pastore e quella del ragazzo americano che guidava attraverso Chicago cantando Elton John.
È questo contrasto, così cinematografico e vero, a rendere Leone XIV il Papa più pop degli ultimi anni: uno che potrebbe benissimo entrare in scena dicendo “Siamo in missione per conto di Dio”, e nessuno si stupirebbe.
Politica
Andrea Giambruno e Federica Bianco, il bacio che fa rumore: la nuova coppia “ufficiale” finisce in copertina
Il settimanale pubblica il primo bacio tra Andrea Giambruno e Federica Bianco, insieme da oltre un anno e sempre molto riservati. La relazione, finora schermata per discrezione e prudenza, torna al centro del gossip. E spuntano i precedenti selfie di coppia poi cancellati dai social, alimentando dubbi e domande.
Andrea Giambruno torna in prima pagina. Non per un fuorionda, non per un nuovo capitolo politico, ma per un bacio. Un bacio a stampo, catturato da Gente, che lo ritrae accanto a Federica Bianco, sua compagna da circa un anno e mezzo. Una foto che segna di fatto il loro debutto pubblico come coppia, dopo mesi trascorsi a dosare ogni uscita, ogni passo, ogni scatto.
Lei, 42 anni, “beauty coach” — definizione che continua a dividere il pubblico del web — ed ex compagna del leghista Andrea Crippa. Lui, 44 anni, volto Mediaset ed ex della premier Giorgia Meloni, con cui condivide la figlia Ginevra. Insieme, fino a oggi, si erano concessi solo apparizioni di sfuggita, movimenti cadenzati e pochissimi segnali social.
Un anno fa, sempre Gente, li aveva immortalati mentre cercavano di uscire di casa a distanza di pochi secondi, con la classica strategia degli innamorati “ma non troppo ufficiali”. Poi un parco, una passeggiata con i rispettivi figli — la famiglia allargata che si intravede ma non si dichiara. E poi il silenzio.
A incrinare la riservatezza, qualche settimana fa, erano stati alcuni selfie pubblicati da Federica Bianco: abbracci, sguardi compiacenti, un accenno di normalità che sembrava preludere all’ufficialità. Poi, improvvisamente, le foto erano sparite. Rimosse. Nessuna spiegazione. Qualcuno aveva fatto pressione? Era stato un ripensamento? O semplicemente un eccesso di prudenza, vista la posizione dell’ex compagno della premier?
Il tempismo rende tutto più interessante. Perché da quando, nell’ottobre 2023, Giorgia Meloni annunciò la fine della relazione via social dopo i fuorionda di Striscia la Notizia, la presidente del Consiglio ha mantenuto una riservatezza adamantina. Nessuna dichiarazione, nessun commento, nessun contatto pubblico con Giambruno. Una scelta personale, ma anche una linea politica: separare vita privata e ruolo istituzionale con rigore assoluto.
Da qui la domanda inevitabile: come accoglierà questi nuovi scatti? Non tanto per gelosie superate, quanto per l’attenzione mediatica che ogni movimento dell’ex compagno inevitabilmente scatena.
Giambruno e Bianco, dal canto loro, non sembrano più intenzionati a nascondersi. Il bacio di Gente sancisce un passaggio: la fine della fase “sotto traccia” e l’ingresso nel territorio delle coppie che non hanno più nulla da dissimulare.
Il gossip ringrazia. E la politica osserva, leggermente divertita, leggermente infastidita, leggermente incuriosita. Anche perché, da queste parti, i baci non sono mai “solo” baci.
Cronaca Nera
Garlasco, tensione in diretta tra Sciarelli e l’avvocato di Stasi: «Se l’è presa…» E Savu dal carcere accusa: «Andava con tutte»
Durante la puntata è tornato anche l’ex avvocato di Sempio, Massimo Lovati, che ha commentato le indagini sulla presunta corruzione dell’ex pm Venditti: «Un’accusa che fa ridere»
A Chi l’ha visto?, la puntata di mercoledì 5 novembre si è trasformata in un confronto acceso sul caso Garlasco, a 17 anni dall’omicidio di Chiara Poggi.
La conduttrice Federica Sciarelli ha ospitato in studio Antonio De Rensis, avvocato di Alberto Stasi, condannato a 16 anni per l’omicidio della fidanzata. Ma il clima si è surriscaldato dopo le parole di Flavius Savu, il cittadino romeno rientrato in Italia dopo un mandato di arresto internazionale per estorsione aggravata ai danni dell’ex rettore don Gregorio Vitali.
Le accuse di Savu
Dalla cella, in un audio mandato in onda in esclusiva, Savu ha puntato il dito contro Stasi: «Perché l’ha uccisa? Lui andava con tutte. Chiara Poggi l’ha scoperto e gli aveva detto che avrebbe parlato».
Parole pesanti, che hanno provocato la reazione immediata del legale.
La replica dell’avvocato De Rensis
«La vita di Alberto Stasi è stata vivisezionata durante le indagini – ha detto De Rensis – mentre altre cose sono state guardate velocemente. Alberto era tutto il giorno all’università, impegnato con la tesi. Se avesse avuto un’altra relazione, nel clima colpevolista del 2007 lo avremmo saputo dopo due secondi».
Quando Sciarelli, notando la sua irritazione, gli ha detto «Avvocato, lei se l’è presa», il legale ha ribattuto con fermezza: «No, sono tranquillissimo. Non vedo l’ora che questo signore vada in procura. Credo che non sarà importante ciò che potrà dire, ma ciò che potrà dare. Se ha davvero delle informazioni, le comunichi. Magari se all’epoca fossero state scandagliate tutte le vite come quella di Alberto, oggi non saremmo qui».
Il ritorno di Lovati
La serata ha visto anche il ritorno in video di Massimo Lovati, ex legale di Andrea Sempio, finito di recente al centro di un’indagine per presunta corruzione dell’ex pm Vincenzo Venditti, che nel 2017 aveva archiviato la posizione del suo assistito.
«Non riesco a capire come possa profilarsi un’accusa del genere verso quell’uomo – ha dichiarato Lovati –. Questa indagine è solo un apripista, un grimaldello per arrivare ad altro. Per me, fa ridere».
L’avvocato ha poi ammesso di aver ricevuto compensi per circa 15-16 mila euro dal team difensivo di Sempio: «Andavo a ritirare la mia parte, che veniva consegnata allo studio Soldani. Dividevamo per tre, la matematica non è un’opinione».
Una versione smentita dagli avvocati Soldani e Grassi, che hanno ribadito di non aver mai ricevuto soldi dal loro assistito, ma solo “visibilità”.
A 17 anni dal delitto, il caso di Garlasco continua a sollevare domande, sospetti e nuove tensioni, anche in diretta tv.
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