Cronaca
Il Conclave non perde ulteriormente tempo ed elegge il nuovo papa
A sorpresa, abbiamo un nuovo papa! Nessuno si aspettava la nomina alla prima votazione ed invece… habemus papam!

I porporati elettori hanno eletto il nuovo Papa alla terza votazione del secondo giorno. Dopo l’attesa vana di ieri nel tardo pomeriggio, finalmente pochi istanti fa una fumata bianca ha scatenato la gioia dei fedeli presenti in Piazza San Pietro e di quelli collegati in televisione nel mondo, smentendo le ipotesi di ulteriori giorni di incertezza.
Fumata bianca alla prima votazione
In una svolta storica, il conclave ha eletto il nuovo Papa, segnando una delle elezioni più rapide degli ultimi secoli. La fumata bianca, salita dal comignolo della Cappella Sistina, ha annunciato al mondo l’avvenuta elezione, lasciando sbalorditi esperti e fedeli.
Smentite le previsioni di incertezza
Alla vigilia del conclave, molti esperti parlavano di divisioni tra i cardinali, ipotizzando giorni di votazioni incerte. E invece, fin da subito è emersa una larga convergenza su un nome considerato capace di unire anime diverse della Chiesa. Le “cordate” interne hanno trovato un equilibrio, dando vita a un’elezione che rimarrà nella storia della chiesa.
Un Papa che promette unità e rinnovamento
Il nuovo Pontefice, il cui nome pontificale sarà annunciato a breve, si presenta come figura di continuità spirituale ma anche di possibile innovazione. Secondo fonti vicine al conclave, la scelta sarebbe caduta su un cardinale noto per la sua apertura pastorale, il dialogo interreligioso e l’attenzione ai temi sociali.
Un nuovo inizio
Inizia ora un nuovo capitolo per la Chiesa di Roma, sotto la guida di un Papa scelto con rapidità, in un momento storico segnato dal desiderio di stabilità e speranza. Con l’auspicio condiviso che il fondamentale lavoro iniziato da Papa Francesco – fortemente amato ma anche osteggiato per alcune posizioni fortemente progressiste – possa trovare un convinto successore e prosecutore.
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Cronaca Nera
Risponde alla chiamata dei carabinieri e perde 39.000 euro: ecco come funziona la truffa dei numeri clonati
Un sessantenne di Genova è stato truffato con la tecnica dello spoofing, un attacco sofisticato che replica numeri telefonici ufficiali, rendendo difficile distinguere la truffa dalla realtà. Con un finto maresciallo dei carabinieri e un “operatore” della banca, i truffatori hanno svuotato il suo conto. Ecco i dettagli di questo inganno e come difendersi.

Tutto inizia con una chiamata apparentemente da parte di un maresciallo dei carabinieri: avverte la vittima di una frode sul suo conto bancario. Poco dopo, segue una telefonata da un operatore della banca che conferma l’allarme e consiglia di trasferire i risparmi su un nuovo conto “sicuro”. La vittima, un sessantenne di Genova, esegue l’operazione tramite home banking e solo dopo scopre l’amara realtà: quei soldi, circa 39.000 euro, sono spariti per sempre.
Spoofing: una truffa sempre più sofisticata
Questo tipo di truffa, noto come spoofing, sfrutta la falsificazione dell’identità per ingannare le vittime. I truffatori possono clonare numeri telefonici di carabinieri, banche o altri enti, così da sembrare affidabili e mettere a segno il colpo. Nel caso del sessantenne, persino una verifica online non ha aiutato, poiché i numeri corrispondevano effettivamente a quelli reali delle forze dell’ordine e della banca.
Come difendersi dallo spoofing
Per evitare di cadere in trappola, è fondamentale non condividere mai dati personali o bancari via telefono e non avviare operazioni durante una chiamata, anche se la fonte sembra affidabile. In caso di dubbio, è sempre meglio chiamare direttamente la propria banca o l’ente coinvolto, usando numeri verificati. Chi sospetta di essere stato vittima di uno spoofing dovrebbe denunciare il fatto alla polizia postale o ai carabinieri per aiutare a fermare questi truffatori.
Mondo
Il nipote rompe il silenzio: “Zio Trump ha i segni dell’Alzheimer”
“Riconosco quei segnali”: il nipote dell’ex presidente rompe il silenzio e chiede trasparenza. Sintomi, storia familiare e un memoir che riaccende il dibattito. Intanto la politica americana si interroga sull’età dei suoi leader

La domanda che aleggia da mesi nei corridoi della politica americana ora arriva da dentro casa: Donald Trump sta mostrando i primi segni dell’Alzheimer? A rompere il muro di silenzio non sono avversari politici o analisti, ma un parente diretto. Fred Trump III, figlio del fratello maggiore dell’ex presidente, ha parlato apertamente della sua preoccupazione per lo zio, evocando ricordi dolorosi legati alla lunga malattia del nonno Fred Trump Sr., morto nel 1999 dopo otto anni di lotta contro l’Alzheimer.
«Non sono un medico, ma riconosco quei segnali», ha detto il nipote in un’intervista a SiriusXM. Il riferimento è a momenti di incoerenza nei discorsi pubblici di Donald Trump, pause sospette, divagazioni improvvise, che – a suo dire – ricordano il declino cognitivo già vissuto all’interno della famiglia. Nessuna accusa, precisa Fred Trump III, ma un invito alla trasparenza. «Chi guida una nazione ha il dovere di essere lucido. E se ci sono dubbi, vanno chiariti. Anche per rispetto del ruolo».
Il caso non arriva a caso. Il nipote ha appena pubblicato il libro “All in the Family: The Trumps and How We Got This Way”, un memoir che racconta luci e ombre della dinastia Trump. Tra le pagine, si parla della disabilità del figlio William, di conflitti familiari mai sopiti e di un isolamento che avrebbe colpito i Trump “di serie B”, esclusi dal cuore del potere. Ma il passaggio che ha fatto più rumore è proprio quello sulla salute dell’ex presidente: una possibile ereditarietà genetica e il timore che i primi sintomi vengano ignorati o sottovalutati.
Nel 2020, fu lo stesso Donald Trump a vantarsi dei risultati ottenuti nel Montreal Cognitive Assessment, una sorta di test per verificare le funzioni cognitive di base. Lo usò come clava politica contro Joe Biden. Oggi, però, la parte si inverte: Fred Trump III chiede che sia lo zio a sottoporsi a un nuovo test, per dissipare ogni dubbio. «Non è una questione di parte», ha detto. «È un tema di salute pubblica».
I segnali a cui il nipote fa riferimento sono quelli noti agli esperti: dimenticanze ripetute, discorsi sconnessi, calo del linguaggio fluido, cambiamenti d’umore, disorientamento. Presi da soli potrebbero sembrare normali segni dell’invecchiamento. Ma quando si presentano insieme e con frequenza, è bene non ignorarli. Tanto più se riguardano un leader globale.
Trump ha oggi 77 anni ed è, con Biden, uno dei candidati più anziani alla Casa Bianca nella storia americana. La questione dell’età e della lucidità mentale è ormai parte integrante del dibattito elettorale, e non senza motivo: nel luglio 2024 Joe Biden ha annunciato il proprio ritiro dalla corsa alla rielezione, lasciando il testimone a Kamala Harris. Le pressioni sul suo stato mentale erano diventate insostenibili.
Nessuna replica ufficiale finora da parte di Trump o del suo staff alle dichiarazioni del nipote. Ma la sensazione, a Washington e dintorni, è che il tema sia destinato a esplodere, in un’America sempre più spaccata, dove anche la salute diventa arma politica.
E quando la battaglia si combatte in famiglia, diventa ancora più difficile ignorarla.
Mondo
Vaccini in calo, l’infanzia torna a morire: decuplicati i casi di morbillo in Europa
Colpa della pandemia, delle guerre e della disinformazione: l’immunizzazione infantile arretra ovunque e le malattie considerate debellate tornano a colpire. Nel 2024 l’Unione europea ha registrato dieci volte più casi di morbillo rispetto all’anno precedente. L’Oms teme una nuova ondata di morti evitabili

C’è un segnale che si sta facendo largo nei silenzi delle agende politiche e nei reparti pediatrici del mondo: i bambini stanno tornando a morire per malattie che si pensavano sconfitte da decenni. Il dato più allarmante arriva dall’Unione europea: nel 2024 i casi di morbillo sono aumentati di dieci volte rispetto all’anno precedente. Negli Stati Uniti, solo nel mese di maggio 2025, sono stati registrati più di mille nuovi contagi, superando l’intero bilancio del 2024. La causa? Un crollo della copertura vaccinale, che non riguarda soltanto i Paesi poveri, ma anche quelli più industrializzati.
A lanciare l’allarme è uno studio pubblicato dalla rivista scientifica The Lancet, che analizza la situazione in 204 Paesi e territori. Secondo il rapporto, l’immunizzazione infantile è in calo in tutto il pianeta: la pandemia ha rotto il ritmo delle campagne vaccinali, le guerre hanno sfollato milioni di persone e la disinformazione ha fatto il resto. Una combinazione micidiale, che rischia di far saltare decenni di progressi.
Il quadro tracciato dallo studio è sconfortante. Dal 2020 al 2023, quasi 13 milioni di bambini in più rispetto agli anni precedenti non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino, mentre oltre 15 milioni non hanno completato il ciclo per difterite, tetano, pertosse o morbillo. Paesi interi hanno perso terreno: in America Latina e nei Caraibi, la copertura contro il morbillo si è dimezzata tra il 2010 e il 2019. E il trend non si è fermato.
Nemmeno l’Europa è immune. Negli ultimi due anni, anche nei Paesi ad alto reddito, si è registrato un calo nell’immunizzazione di base, con un progressivo indebolimento della protezione collettiva. La ripresa è lenta, frammentaria, e i segnali di allarme spesso ignorati. In Africa subsahariana e Asia meridionale, la situazione è ancora più grave: oltre la metà dei 15,7 milioni di bambini non vaccinati nel 2023 vive in appena otto Paesi, dove mancano strutture, farmaci, medici e – troppo spesso – anche la volontà politica di intervenire.
Eppure, i numeri del passato dovrebbero bastare a ricordare quanto siano state determinanti le vaccinazioni: più di 150 milioni di vite salvate negli ultimi quarant’anni secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, con una copertura raddoppiata tra il 1980 e il 2023. Un successo che oggi appare fragile, persino reversibile.
«È la prima volta da decenni che il numero di bambini che muoiono nel mondo rischia di aumentare invece di diminuire», ha dichiarato Bill Gates, finanziatore della ricerca attraverso la sua fondazione. «È una tragedia». E se oggi il traguardo di vaccinare il 90% dei bambini del mondo sembra lontanissimo, lo è ancora di più l’obiettivo di dimezzare, entro il 2030, la quota di bambini che non ricevono nemmeno una dose entro l’anno di età. Ad oggi, solo 18 Paesi su 204 hanno raggiunto questo obiettivo.
A perdere tempo, adesso, è l’intera umanità. Ma a pagare il prezzo più alto, ancora una volta, saranno i più piccoli.
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