Cronaca
Il secondo insediamento di Trump sarà un grande show, parola di The Donald
Il giuramente del rieletto presidente Trump si appresta ad essere ricordato soprattutto per un grande evento televisivo, che ospiterà alcuni noti personaggi della musica, cari agli ideali del 47° capo degli Stati Uniti.

L’America è tante cose… soprattutto è il paese dello spettacolo per antonomasia, dove anche il giuramento di un presidente si può trasformare in uno show da diretta tv con milioni di spettatori davanti allo schemo. Come per questo nuovo insediamento alla Casa Bianca da parte del rieletto Donald Trump. Una “seconda volta”, la sua, che dovrebbe essere molto diversa dall’ultima volta che l’America ha avuto un nuovo presidente. Trump, che si è rifiutato di accettare la sconfitta del 2020, non ha partecipato alla cerimonia di giuramento del democratico Joe Biden al Campidoglio, dove erano ancora visibili i ricordi del violento assedio del 6 gennaio 2021 all’edificio da parte dei sostenitori trumpiani.
Trump stravolge le regole
Tutto pronto quindi per la cerimonia di insediamento del 47esimo presidente davanti a molti ospiti, da William e Kate d’Inghilterra al presidente argentino Javier Milei. Quasi certa anche la presenza di Giorgia Meloni. Tutti vogliono andare a Washington: di solito le cerimonie di insediamento dei presidenti a stelle e strisce non prevedono la partecipazione di leader stranieri ma, per il suo ritorno alla Casa Bianca, Trump ha deciso di stravolgere le regole e far recapitare inviti a personalità politiche a lui affini di ogni angolo del globo.
L’invito che non ti aspetti
Il più clamoroso è forse quello arrivato sulla scrivania del presidente cinese Xi Jinping, che pur rifiutandolo (sembra però che manderà un suo alto rappresentante) ha scatenato una reazione a catena che ha spinto molti colleghi più o meno illustri a chiedere alla segreteria di Trump di poter partecipare all’evento che sancirà ufficialmente l’inizio del suo secondo mandato. Secondo il NY Post, l’avrebbero fatto i leader di Mozambico, Nigeria, Perù e Cile. Le loro probabilità di ricevere risposte affermative sono però praticamente nulle, visto che il futuro presidente ha ben chiaro chi vorrà a battergli le mani nel giorno che considera quello della sua rivincita.
Si esibiranno i Village People
La cerimonia si svolgerà davanti al Campidoglio a partire da mezzogiorno ora locale (circa le 18.00 qui da noi in Italia). Il primo a giurare, tenendo la mano destra sollevata e la sinistra posata sulla Bibbia sorretta dalla moglie, sarà il vicepresidente JD Vance, seguito da Trump, che immediatamente dopo pronuncerà il discorso inaugurale. Da pochi giorni sono stati anche annunciati, dopo molte speculazioni, gli artisti che si esibiranno lunedì 20 gennaio. Tra questi figurano alcuni nomi celebri della musica, come il gruppo storico dei Village People e Carrie Underwood. Ci saranno diversi momenti di intrattenimento, come l’esibizione dei Village People che canteranno i loro cavalli di battaglia.
Un punto fermo nella campagna elettorale di Trump
La hit più nota dei Village People, Y.M.C.A., è ampiamente considerata un inno gay – nonostante ciò che dicono alcuni membri – e si è trasformata in un momento immancabile dei comizi di Trump alle ultime elezioni, insieme a un’altra loro hit, Macho Man. “Sappiamo che questo non farà piacere ad alcuni di voi, ma crediamo che la musica debba essere eseguita senza tener conto della politica”, ha dichiarato la band in un post su Facebook. A seguire la cantante country Carrie Underwood – che intonerà la canzona America the Beautiful – e il cantante lirico Christopher Macchio.
Presenti anche gli ultimi ex presidenti
Non mancheranno infatti, oltre al presidente uscente Joe Biden insieme alla first lady Jill, i predecessori George W. Bush, Bill Clinton e Barack Obama, non accompagnato dalla moglie Michelle, contrariamente a quanto si era inizialmente ipotizzato.
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Storie vere
Elena Maraga, la maestra licenziata per OnlyFans, rilancia con un calendario: “Ogni curva parla di forza e libertà”
La vicenda aveva fatto discutere: licenziata per aver aperto un profilo OnlyFans, Elena Maraga non si è arresa. Oggi presenta un calendario autoprodotto e rivendica la scelta come atto di emancipazione e autodeterminazione, trasformando la vicenda in un nuovo percorso professionale.

La chiamavano la “maestra di OnlyFans” e la sua storia aveva scatenato polemiche. Oggi Elena Maraga, 29 anni, dopo la bufera e il licenziamento dalla scuola materna cattolica del Trevigiano in cui insegnava, ha scelto di voltare pagina. Non solo non si è fermata, ma ha deciso di reinventarsi partendo proprio da quel caso che l’aveva messa all’angolo. Il suo nuovo progetto è un calendario autoprodotto, accompagnato dalla vendita online di polaroid di nudo attraverso il proprio e-commerce personale.






Una scelta di continuità rispetto all’esperienza che aveva acceso lo scandalo. La primavera scorsa, quando alcuni genitori scoprirono il suo profilo sulla piattaforma per adulti, la direzione scolastica reagì con fermezza, inviandole due lettere di licenziamento per “giusta causa”. Un iter che si è concluso soltanto poche settimane fa, con un accordo definitivo tra l’istituto e l’insegnante. Un epilogo che non ha però cancellato il segno lasciato dalla vicenda, ma che per la diretta interessata si è trasformato in un’occasione di rinascita.
Sul suo sito web, Maraga ha scelto di raccontare pubblicamente il percorso. “Ho perso il lavoro, ma non mi sono fermata. Amo il mio corpo perché racconta chi sono: ogni muscolo è una conquista, ogni curva parla di forza e libertà”, scrive la giovane, presentando così il suo calendario. Un progetto che non si limita all’aspetto estetico, ma che rivendica un messaggio preciso: l’idea che il corpo possa essere strumento di affermazione e libertà personale, indipendentemente dai giudizi esterni.
Per molti la sua vicenda è stata un caso di cronaca legato al conflitto tra moralità, lavoro e libertà individuale. Per lei, invece, rappresenta la possibilità di costruire un percorso diverso. “Per qualcuno è stato uno scandalo, per me è stata una scelta consapevole”, rivendica. Dopo mesi di silenzio, Maraga ha scelto di presentarsi non come vittima ma come protagonista del proprio destino.
Il calendario autoprodotto segna dunque l’inizio di una nuova fase, lontana dalle aule scolastiche ma vicina a un pubblico che, dopo la vicenda, ha imparato a conoscerla e a seguirla. Un passaggio netto che sancisce il modo in cui la ex maestra ha deciso di trasformare una pagina difficile in un progetto personale e professionale.
Mondo
Cina, stretta sui social: stop a pessimismo, troll e contenuti negativi
Il governo lancia una campagna di due mesi per limitare messaggi che diffondono sconforto e rabbia online

La Cina ha deciso di lanciare una nuova campagna contro i contenuti considerati troppo negativi diffusi su internet. Lunedì l’Amministrazione del Cyberspazio cinese ha annunciato un’iniziativa di due mesi per “fermare chi incita emozioni pessimistiche e sentimenti maligni” nelle piattaforme online.
L’operazione non riguarda solo i social network più diffusi, ma anche i servizi di video brevi, le piattaforme di live streaming usate per l’e-commerce e perfino i commenti pubblicati sotto articoli o video.
Alcuni divieti, come quello contro la violenza o le minacce, sono comuni in molti Paesi. Ma Pechino vuole andare oltre: l’obiettivo è limitare anche chi diffonde messaggi che parlano di “vita senza speranza”, “studio inutile” o “impegno sprecato”. Si tratta di pensieri legati alla cosiddetta cultura Sang, una tendenza nata tra i giovani cinesi che esprime stanchezza, sfiducia e rassegnazione.
Una sfida sociale ed economica
La cultura Sang ha preso piede negli ultimi anni per vari motivi: il costo della vita sempre più alto nelle grandi città, le difficoltà a trovare lavori soddisfacenti anche per i laureati, la crescita economica più lenta rispetto al passato. Tutto questo alimenta la sensazione che “non valga la pena lottare”.
Secondo le autorità, i social network contribuiscono a rafforzare questi sentimenti perché mostrano agli utenti contenuti simili a quelli che già guardano. In questo modo chi segue video e post “depressi” finisce per rimanere chiuso in un tunnel di pessimismo.
Per questo la nuova campagna punta a bloccare chi “si denigra in modo eccessivo, esagera la tristezza o promuove la stanchezza esistenziale, inducendo altri a imitarla”.
Anche troll e fake news nel mirino
Il governo vuole colpire anche i troll, cioè gli utenti che organizzano attacchi online contro altri. Il documento ufficiale cita il caso di chi sfrutta film, talk show o eventi sportivi per spingere i fan a lanciarsi in insulti e denunce di massa contro i rivali.
Nella lista nera entrano pure i contenuti generati dall’intelligenza artificiale che mostrano scene violente, così come la diffusione di teorie del complotto e notizie false.
Le piattaforme che ospiteranno post vietati rischiano multe e dovranno effettuare una “rettifica”: non solo scuse formali, ma l’impegno concreto a cambiare regole e strumenti per impedire che gli errori si ripetano.
Non è la prima volta
Non si tratta di una novità assoluta. Secondo dati raccolti da The Register, questa è almeno la quinta campagna di questo tipo dal 2021. Ciò fa pensare che le precedenti non abbiano avuto un’efficacia duratura.
Tuttavia il messaggio politico è chiaro: la Cina vuole mantenere il controllo sul clima emotivo della sua rete, limitando i discorsi di scoraggiamento e rafforzando una narrazione positiva.
Resta da capire se questo intervento servirà davvero a migliorare l’umore collettivo o se finirà per alimentare nuove critiche, magari proprio di quel pessimismo che Pechino vuole mettere a tacere.
Cronaca Nera
Pamela Genini: il sangue di Milano. Red flag, segnali d’allarme e come intervenire prima che sia troppo tardi
L’omicidio della 29enne modella e imprenditrice ha riaperto il dibattito sui segnali che precedono un femminicidio. Ecco i “campanelli” che non vanno ignorati e cosa fare per proteggersi.

La morte di Pamela Genini, uccisa giovedì sera 14 ottobre nella sua casa a Milano da un uomo che avrebbe cercato di strapparle la vita dopo una discussione degenerata, ha scioccato l’opinione pubblica. I primi elementi, ricostruiti da Sky TG24, da Il Fatto Quotidiano e da altri quotidiani nazionali, riportano che Pamela aveva manifestato la volontà di interrompere la relazione. ‒ L’aggressore, Gianluca Soncin, 52 anni, avrebbe approfittato dell’accesso all’appartamento per poi trascinarla sul balcone e colpirla più volte con un coltello. I vicini hanno sentito le urla e hanno chiamato le forze dell’ordine.
Dietro questa tragedia ci sono segnali già emersi nel passato, che sono spesso ignorati finché non è troppo tardi. Come in molti casi di femminicidio, esistono red flag ‒ segnali d’allarme ‒ che, se riconosciuti, possono permettere un intervento precoce. Ecco quali sono, da cosa derivano e cosa si può fare per prevenirli.
I red flag: segnali che non vanno sottovalutati
Dai fatti noti su Pamela Genini emergono alcuni di questi indicatori:
- Volontà di porre fine alla relazione: quando una persona manifesta la decisione di lasciare o distaccarsi, può generare crisi violente se l’altro non accetta la fine. Nel caso di Genini, la volontà di chiudere era chiara.
- Precedenti litigi, minacce o aggressioni: fonti indicano che la relazione era già nota per tensioni. I vicini avevano sentito urla, e alcune segnalazioni precedenti avevano allarmato.
- Stalking o controllo ossessivo: possesso di chiavi copiate (come emerso nel caso di Soncin che avrebbe fatto copie della chiave di nascosto) è un segno di comportamento coercitivo e invasivo dello spazio personale.
- Violenza improvvisa o escalation rapida: l’aggressione sul balcone, la modalità con cui l’omicidio è avvenuto (trascinamento, uso di coltello multiplo) dimostrano una escalation non moderata.
Altri segnali più sottili che spesso precedono la violenza sono: isolamento sociale, svalutazione o umiliazioni, gelosia eccessiva, controllo degli spostamenti, delle relazioni con amici/famiglia, frequenti richieste di spiegazioni, comportamento imprevedibile.
Perché alcuni red flag vengono ignorati
Ci sono varie ragioni:
- Minimizzazione: la persona affetta da violenza può credere che “non è così grave”, che passerà, che l’altro cambierà.
- Vergogna o senso di colpa: chi subisce può sentire che è colpa sua, o che denuncia significherebbe fallimento personale.
- Dipendenza economica o emotiva: il temere le conseguenze della fine della relazione (isolamento, perdita, solitudine).
- Scarsa conoscenza dei diritti o delle risorse disponibili.
Cosa fare concretamente: prevenire, proteggere, intervenire
- Ascoltare le persone in difficoltà: quando qualcuno parla di paura, di momenti in cui si sente in pericolo, non liquidare il racconto come semplice “drama”.
- Segnalare alle autorità competenti: polizia, carabinieri, numero antiviolenza nazionale 1522. Centri antiviolenza, associazioni come Di.Re sono risorse fondamentali.
- Mettere in sicurezza: cambiare luoghi, rafforzare porte, evitare di restare da sola in situazioni di rischio.
- Cercare sostegno psicologico: la violenza psicologica è spesso precoce e invisibile. Un esperto può aiutare a riconoscere manipolazione e comportamenti abusanti.
- Educazione affettiva: insegnare sin da giovani cosa siano il rispetto, i confini, il consenso. Le scuole e le istituzioni hanno un ruolo cruciale nel costruire modelli relazionali sani.
La riflessione a partire dal caso Genini
La tragedia di Pamela Genini deve spingere non solo all’indignazione ma all’azione concreta. È un promemoria che il femminicidio non è mai un evento isolato, ma l’esito estrema di una serie di segnali ignorati. Secondo dati recenti in Italia, il numero di donne uccise da partner o ex‐partner è in aumento rispetto ai periodi precedenti, con circa più di 50 casi già nel 2025.
Non basta la cronaca, se poi non cambiano le misure: rafforzamento delle leggi, più centri antiviolenza accessibili, formazione delle forze dell’ordine, sensibilizzazione dei medici, insegnanti, amici, parenti.
Il femminicidio di Pamela Genini è una ferita che scuote la coscienza collettiva. Ma è anche un campanello d’allarme per chiunque: i red flag esistono, sono visibili a chi vuole vedere. Non possiamo più permetterci di ignorarli. Ogni segnale va preso sul serio, ogni vittima potenzialmente salvata merita che qualcuno l’ascolti, che qualcuno intervenga.
Perché spesso chi salva una persona è chi osa chiedere: “Stai bene? Hai bisogno d’aiuto?”. Chiedere può davvero fare la differenza.
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