Italia
Albania: nuovo paradiso per i pensionati italiani. Incassi a tasso zero
L’Albania offre opportunità per i pensionati italiani che desiderano godersi una pensione serena e dignitosa, in luoghi accoglienti e con un costo della vita più basso.

Il presidente dell’Apia, l’associazione pensionati italiani in Albania, Carmine Iampietro, 75 anni, vive a Durazzo da dieci anni con la moglie. Il signor Carmine è il punto di riferimento per tutti coloro che vogliono trasferire il proprio domicilio fiscale e residenza nel Paese delle Aquile. Dopo 48 anni di lavoro come meccanico di moto a Novara, nel 2015 Carmine ha intrapreso un viaggio di sola andata alla volta dell’Albania, portando con sé il suo camper e i suoi sogni di una pensione serena. Vediamo se ce l’ha fatta.
Quali sono i vantaggi di vivere in Albania
I motivi che spingono molti italiani a trasferirsi in Albania non sono solo economici. Sebbene l’assegno spedito dall’Inps resti lordo e non si pagano tasse, Carmine sottolinea che in Albania ci si sente anche più sicuri. Non c’è microcriminalità, e la certezza della pena garantisce tranquillità e serenità. Inoltre, il costo della vita è di gran lunga più basso rispetto a quello medio italiano. “Siamo andati con gli amici a mangiare il capretto e abbiamo speso appena 15 euro a testa per una cena completa. Una cosa impensabile nel nostro Paese!“, dice Carmine.
Comunità italiana in crescita
Negli ultimi tre anni, il numero di pensionati italiani in Albania è aumentato esponenzialmente. Secondo gli ultimi dati dell’Aire, con l’approvazione della legge che permette ai cittadini europei di trasferirsi in Albania con esenzione totale dalle imposte sulla pensione, il numero di pensionati italiani è passato da circa 300 a quasi 3.000. Carmine ha fatto da apripista, battendosi per ottenere il permesso di soggiorno per i pensionati italiani senza l’obbligo di acquistare una casa o trovare un lavoro.
E quindi quanto costa vivere nel Paese delle Aquile?
Carmine nel 2013 ha comprato una casa a Durazzo, a pochi passi dal mare, per un prezzo notevolmente inferiore rispetto ai prezzi di oggi. Gli affitti sono ancora convenienti, aggirandosi sui 300 euro al mese, mentre le utenze ammontano complessivamente a circa 100 euro al mese, includendo luce, gas, wifi e acqua. Questo consente ai pensionati italiani di vivere una vita più che dignitosa. E per le cure sanitarie come andiamo? In Albania, la sanità pubblica è al di sotto degli standard europei, ma quella privata offre un servizio eccellente. L’Apia ha una convenzione con una clinica di Tirana dove lavorano molti medici italiani. Per una visita specialistica, che in Italia costa in media 150 euro, in Albania ci vogliono dai 30 ai 40 euro e non ci sono liste d’attesa.
Per i pensionati italiani non solo Albania
Non solo in Albania, ma anche in altri Paesi, molti pensionati italiani trovano vantaggi economici e una migliore qualità della vita. Ad esempio, in Portogallo – in auge venti anni fa – e in Spagna, grazie ad accordi bilaterali, i pensionati italiani possono beneficiare di una tassazione ridotta o nulla sulle loro pensioni.
Portogallo: c’eravamo tanto amati
Il Portogallo è diventato una meta popolare per i pensionati italiani, grazie alla tassazione zero per i primi dieci anni per i residenti non abituali. Ora non più attivo resta comunque al di sotto del 15%. A Lisbona e nelle regioni circostanti, i pensionati trovano un clima mite, un costo della vita inferiore rispetto all’Italia e una qualità della vita elevata. La Spagna, con le sue coste soleggiate e una vita sociale vivace, è un’altra destinazione ambita. Le regioni come la Costa del Sol e le Isole Canarie offrono un clima perfetto per godersi la pensione, oltre a servizi sanitari di alta qualità e un costo della vita più basso rispetto all’Italia.
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Italia
L’Oca trionfa nel Palio di Siena: Tittia su Diodoro doma la mossa e vince tra passione, storia e leggenda
Con una corsa mozzafiato, la contrada dell’Oca ha vinto il Palio 2025 grazie alla maestria di Tittia e al cuore di Diodoro. Dietro la vittoria, mesi di preparazione, antichi riti, tensioni e sogni condivisi. È il trionfo di una comunità, di un’identità. Il Palio non è solo una corsa. È un destino.

Alla fine ha vinto l’Oca. Giovanni Atzeni, detto Tittia, ha portato Diodoro al trionfo nel Palio di Siena del 3 luglio 2025. Una gara serrata, corsa con il cuore in gola, vinta all’ultimo respiro davanti a una Piazza del Campo gremita e palpitante.
Dopo il rinvio per maltempo, l’attesa è stata ripagata da una corsa intensa, avvincente, che ha tenuto tutti col fiato sospeso fino all’ultimo metro. Tre giri furiosi di tufo e adrenalina, un boato che ha scosso la città, e poi la gioia esplosiva della contrada dell’Oca, che ha visto il proprio cavallo tagliare per primo il traguardo.
Il Palio non è solo una corsa di cavalli. È una religione civile, un rito antico che trasforma Siena due volte l’anno in un teatro epico, dove ogni contrada diventa un popolo, ogni fantino un eroe, ogni cavallo un simbolo. Si corre per onore, per identità, per passione. E chi vince non alza solo un drappellone: alza un pezzo d’eternità.
Quest’anno, ancora una volta, il fantino più titolato della piazza ha fatto la differenza. Tittia ha dimostrato sangue freddo, strategia e un legame perfetto con Diodoro. Dopo una mossa lunga e tesa, con i cavalli nervosi e la tensione alle stelle, è scattato al momento giusto, ha tenuto la testa della corsa e non l’ha più mollata. Una vittoria costruita con mestiere e cuore.
Dietro a quei tre giri c’è molto di più. Ci sono mesi di preparazione, cene nelle contrade, alleanze segrete, benedizioni solenni, accordi, strategie. Ogni scelta pesa, ogni dettaglio conta. Ma poi, quando il canapo si abbassa, tutto si annulla. Contano solo il coraggio, l’istinto e la capacità di leggere la piazza come un libro aperto.
La contrada dell’Oca ora festeggia, con il Drappellone firmato dall’artista in trionfo tra le vie, i canti, le bandiere, i botti. È un momento che resterà impresso nella memoria collettiva, nei racconti, nelle foto, nei sogni dei bambini che oggi hanno imparato che vincere il Palio è il massimo che un senese possa desiderare.
Ma il Palio, alla fine, appartiene a tutta Siena. Anche a chi ha perso, a chi ha lottato, a chi ci ha creduto fino all’ultimo. Perché a Siena non si corre per lo spettacolo: si corre per il sangue, per l’identità, per sentirsi vivi. E per sapere che, in fondo, qui la storia non è mai finita. Sta solo aspettando il prossimo giro.
Italia
“Anto’, fa caldo, meglio non lavorare”: scatta lo stop al lavoro all’aperto per 3 milioni di italiani (e forse per una volta ha ragione pure il governo)
Dalle 12.30 alle 16 si fermano cantieri, magazzini e campi: si teme per la salute dei lavoratori, dopo diversi malori e un operaio in coma a Vicenza. Intanto la ministra Calderone riscopre la cassa integrazione anti-afa e promette un protocollo tra imprese e sindacati

“Anto’, fa caldo, meglio non lavorare”. E per una volta non è solo un meme o un modo per svicolare da un trasloco. È diventata realtà: in 15 regioni italiane sono scattate ordinanze che vietano o limitano il lavoro all’aperto nelle ore più roventi della giornata, tra mezzogiorno e le 16. Una pausa forzata che interessa oltre tre milioni di persone e che, dati alla mano, potrebbe perfino salvare qualche vita. Perché con 40 gradi percepiti e l’asfalto che scotta più di un barbecue ferragostano, parlare di “emergenza climatica” non è più un esercizio accademico, ma una questione di sopravvivenza.
Il primo a muoversi è stato il Piemonte: ordinanza firmata, valida fino al 31 agosto. Seguono a ruota Lazio, Emilia-Romagna, Campania, Sardegna, Sicilia, Toscana, Puglia e via dicendo. Mancano all’appello solo Valle d’Aosta (dove evidentemente resistono al sole armati di stambecchi), Molise (che ci sarà, ma non si vede) e Trentino Alto Adige, dove la brezza montana mitiga. Il Friuli Venezia Giulia e le Marche sono in dirittura d’arrivo.
A essere coinvolti dallo stop sono soprattutto lavoratori dell’edilizia, della logistica, dell’agricoltura e del florovivaismo. Insomma, chi la fatica la conosce per davvero. Le costruzioni impiegano 1,7 milioni di persone, la logistica oltre un milione, l’agricoltura circa mezzo milione. A questi si sommano gli addetti ai lavori stagionali, bersagliati dai 40 gradi tanto quanto dalle paghe da fame.
Secondo uno studio pubblicato su “Environmental Research”, e citato da Collettiva-Cgil, ogni estate l’Italia conta almeno 4mila infortuni da caldo. E non sempre si tratta di giramenti di testa o colpi di sole risolti con un ghiacciolo. A Vicenza, pochi giorni fa, due operai si sono sentiti male mentre lavoravano all’interno di una cisterna d’alluminio: uno dei due è ora in coma, ricoverato in rianimazione. A Bagheria, nel Palermitano, una donna cardiopatica è morta dopo essere svenuta in strada.
Così, sotto la pressione sindacale e davanti ai numeri inaccettabili, anche il governo ha fatto qualcosa di sensato (sì, hai letto bene). La ministra del Lavoro Marina Calderone ha annunciato la firma imminente di un protocollo con imprese e sindacati: prevede il ricorso facilitato alla cassa integrazione per chi deve sospendere l’attività a causa del caldo, anche nel lavoro stagionale. Un paracadute che sarà attivabile anche con semplice ordinanza locale. Non è la rivoluzione francese, ma è un inizio.
Le linee guida recepite dalle Regioni fissano parametri internazionali per stabilire le fasce orarie da evitare e invitano a ridurre al minimo l’esposizione diretta al sole. Raccomandate anche le rotazioni dei turni, per non mandare al collasso gli operai nei cantieri o nei magazzini, dove il calore si somma all’umidità come in una sauna finlandese ma senza idromassaggio.
Francesca Re David, della Cgil, chiede però una soglia fissa per legge, così da rendere automatica l’attivazione delle misure. E la deputata dem Chiara Gribaudo rilancia: “Non servono interventi spot, ma una risposta strutturale. I cambiamenti climatici non sono più emergenze, sono la nuova normalità”.
Nel frattempo, tra un decreto e una raffica di bollini rossi su mezza penisola, si scopre che anche un paese come il nostro – che si muove di solito solo dopo la tragedia – può imparare a fermarsi prima che sia troppo tardi. E se per una volta l’afa diventa più forte del precariato, c’è quasi da ringraziare il termometro.
Perché il diritto a non morire di caldo sul lavoro dovrebbe essere scontato. Invece, serve un’ondata bollente e un operaio in coma per ricordarcelo.
Italia
L’incubo di Angelina Mango: lo stalker patteggia, ora vivrà in comunità terapeutica
Dopo mesi di ossessione e violazioni, l’uomo che perseguitava la cantante e sua madre è stato condannato: per lui due anni e dieci giorni, poi la comunità.

Per Angelina Mango, vincitrice del Festival di Sanremo 2024 e figlia del compianto Pino Mango e della cantante Laura Valente, si chiude un capitolo doloroso. Un capitolo che ha segnato la sua vita privata negli ultimi mesi. Il 47enne che l’ha perseguitata con insistenza, trasformando la sua quotidianità in un incubo, ha patteggiato una condanna a due anni e dieci giorni di reclusione. L’uomo, affetto da disturbi psichiatrici e giudicato parzialmente incapace di intendere e di volere, era stato arrestato dopo aver ignorato ripetutamente le misure restrittive imposte nei suoi confronti.
Dall’ammirazione alla pericolosa ossessione
Tutto è iniziato come una forma di ammirazione, ma ben presto si è trasformata in un’ossessione pericolosa. Lo stalker ha tempestato Angelina e sua madre di messaggi, telefonate, lettere e raccomandate, arrivando a cercare un contatto diretto, presentandosi nei pressi della loro abitazione. Nonostante i domiciliari e il divieto assoluto di comunicazione imposto nel febbraio 2024, l’uomo ha continuato a inviare messaggi, ignorando ogni limite e alimentando un clima di paura e tensione.
In detenzione domiciliare fino a ottobre…
La giudice per le indagini preliminari di Milano, Sonia Mancini, ha accolto la richiesta di patteggiamento presentata dalla difesa dell’uomo e dalla procura. La pena sarà scontata inizialmente in detenzione domiciliare fino a ottobre, dopodiché scatterà un periodo di libertà vigilata con obbligo di residenza in una comunità terapeutica nel Ferrarese. Lì, l’uomo resterà finché l’équipe psicosociale non riterrà che sia pronto per un eventuale reinserimento.
Un momento di svolta per la Mango
Per Angelina Mango, che ha affrontato la vicenda con discrezione e forza, la sentenza rappresenta un momento di svolta. Dopo mesi di silenzio e preoccupazione, la giovane artista è tornata a mostrarsi serena in pubblico, partecipando a eventi musicali e condividendo momenti di leggerezza sui social. Questa vicenda solleva ancora una volta l’attenzione su un tema delicato. Quello dello stalking ai danni di personaggi pubblici, spesso donne, che si trovano esposte a forme di violenza psicologica e minacce da parte di individui che confondono l’ammirazione con il possesso.
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