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Cronaca

Via lo stemma italiano dalle nuove macchine Stellantis

Sequestrate nel porto di Livorno 134 Fiat Topolino del gruppo Stellantis prodotte in Marocco con lo stemma della bandiera italiana sulle portiere.

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    Grosso guaio per Stellantis. La Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli del porto di Livorno hanno sequestrato 119 Fiat Topolino e 15 Fiat Topolino Dolcevita, del gruppo Stellantis, prodotte in Marocco. La motivazione del sequestro riguarderebbe la presenza di adesivi con la bandiera italiana sulle portiere delle auto, che potrebbero indurre i consumatori a pensare che le vetture siano state prodotte in Italia. L’accusa principale è di aver violato la legge sul Made in Italy (350/2003), e in particolare l’articolo 4 comma 49, con un reato punito dall’articolo 517 del codice penale.

    E invece non sono italiane

    La presenza di un simbolo che riporta a una presunta produzione dei veicoli in Italia in questo caso è stato considerato un possibile “segno ingannevole” di fabbricazione italiana, violando la legge sul Made in Italy. Ora le Topolino si trovano sotto custodia giudiziaria ai terminal Leonardo Da Vinci e alla Compagnia impresa lavoratori portuali.

    Come si difende Stellantis

    Stellantis ha risposto sottolineando di avere regolarmente dichiarato fin dall’inizio che la sede di produzione fosse in Marocco. L’adesivo italiano? Per la casa automobilistica aveva la sola finalità di indicare l’origine imprenditoriale del prodotto. Tutto qui. Tuttavia, per risolvere la questione, Stellantis ha deciso di rimuovere gli adesivi incriminati previa autorizzazione delle autorità.

    Come è potuto accadere

    Nel commercio internazionale l’autenticità delle indicazioni sui prodotti di importazione è governato da un accordo doganale denominato Madrid. L’accordo punta sulla repressione delle false o fallaci indicazioni di provenienza. Il rischio per l’azienda è che il sequestro possa verificarsi anche nei 53 paesi che hanno siglato l’accordo.

    Contrastare l’Italian sounding

    In merito a questa grave vicenda il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha ribadito che l’azione del governo non è diretta contro Stellantis, ma contro l’Italian sounding,. Ovvero l’uso di riferimenti che possano far credere ai consumatori che il prodotto sia italiano quando in realtà non lo è. Questo approccio rientra in una più ampia politica di protezione del Made in Italy e di contrasto alle indicazioni fuorvianti sulla provenienza dei prodotti.

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      Cose dell'altro mondo

      La procura di Roma indaga sui “nudi” generate dall’IA: immagini porno false di giornaliste e vip, inchiesta sul nuovo reato 612-quater

      A piazzale Clodio è partita un’indagine dopo la pubblicazione online di immagini deepfake che ritraggono donne del mondo dell’informazione e dello spettacolo. Si procede sulla base della fattispecie introdotta lo scorso ottobre nel codice penale: la diffusione illecita di contenuti generati o alterati con IA, punita con reclusione da uno a cinque anni.

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        La corsa della tecnologia sta producendo nuovi danni che la legge prova a intercettare. La procura di Roma ha aperto un fascicolo in seguito alla pubblicazione su un sito per adulti di immagini ritraenti giornaliste e donne dello spettacolo in pose o condizioni di nudo, immagini che — secondo le denunce raccolte — sarebbero state realizzate o manipolate attraverso sistemi di intelligenza artificiale. Tra le persone che hanno segnalato la vicenda c’è la giornalista Francesca Barra, che ha formalizzato la denuncia e ha portato la questione all’attenzione dei magistrati.

        Il quadro giudiziario
        Il procedimento è inquadrato nella nuova fattispecie penale inserita nel codice lo scorso ottobre: l’articolo 612-quater, che punisce la diffusione illecita di contenuti generati o alterati mediante sistemi di intelligenza artificiale. La norma risponde proprio all’emergere dei cosiddetti deepfake e prevede una pena detentiva che va da uno a cinque anni. Nel fascicolo romano i pm stanno valutando responsabilità e modalità di diffusione: se e come le immagini sono state create, chi le ha caricate e quali canali di distribuzione sono stati impiegati.

        Le indagini e le tracce digitali
        Gli accertamenti si concentrano su più fronti: raccolta delle segnalazioni, acquisizione dei file pubblicati, identificazione dei gestori del sito e dei profili responsabili della diffusione. I magistrati potranno richiedere consulenze tecniche per stabilire se le immagini siano effettivamente artefatte o il risultato di manipolazioni, e per ricostruire i collegamenti informatici. Non è escluso il coinvolgimento della Polizia Postale e di esperti di informatica forense, chiamati a mappare server, account e flussi di condivisione.

        Il problema sociale e le vittime
        Dietro l’apparato tecnologico ci sono persone reali: la diffusione di immagini intime fabbricate con l’IA può avere effetti profondi sulla reputazione, sulla sfera privata e sulla salute psicologica delle vittime. La nuova norma intende tutela­re la dignità e il diritto all’immagine in un contesto dove la circolazione virale del materiale digitale può amplificare il danno in poche ore. Nel contempo, le procure devono però dimostrare l’illiceità della condotta e il collegamento tra gli autori materiali e la rete di diffusione.

        Verso responsabilità e prevenzione
        L’episodio romano riporta al centro il nodo della responsabilità online: piattaforme, gestori di siti e intermediari tecnici sono spesso snodi chiave per risalire ai responsabili. L’indagine avviata a Roma potrebbe portare a misure cautelari, sequestri e richieste di identificazione degli autori. Ma solleva anche la questione preventiva: come regolamentare l’uso di tecnologie in grado di riprodurre fedelmente volti e voci e come tutelare le potenziali vittime prima che il danno si consumi.

        Il fascicolo di piazzale Clodio è solo il primo passo di una partita che unisce diritto penale, tecnologie digitali e tutela delle persone: nelle prossime settimane saranno gli atti investigativi a chiarire responsabilità, dinamiche di diffusione e, si spera, a prevenire nuovi abusi.

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          Cronaca Nera

          Omicidio Meredith, parla Mignini: «Una nuova pista, un nome mai emerso». E riapre il caso di Amanda Knox e Raffaele Sollecito

          Giuliano Mignini rivela di aver trasmesso alla Procura un nome inedito. L’ex magistrato non assolve Knox e Sollecito: «Erano gli unici presenti. Circostanze fortunate per loro». Mentre la nuova pista prende forma, tornano dubbi, ferite e domande su uno dei casi più mediatici della cronaca italiana.

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            Diciotto anni dopo, il caso Meredith Kercher torna a farsi sentire come un eco che non si spegne mai. A riaccendere la miccia è Giuliano Mignini, il magistrato che coordinò le indagini sull’omicidio della studentessa inglese uccisa a Perugia nel 2007. Una dichiarazione, una suggestione, e il fascicolo rientra nell’immaginario di un Paese che quel delitto non l’ha mai davvero archiviato.

            Mignini parla di una nuova informazione arrivata di recente: «Una fonte che ritengo affidabile mi ha fatto il nome di un individuo, mai preso in considerazione prima d’ora. Una persona che potrebbe essere implicata nell’omicidio e che scappò all’estero pochi giorni dopo il delitto». Una frase che pesa, perché arriva da chi quella storia l’ha vissuta dall’interno. E perché, per la prima volta, si cita un potenziale nuovo protagonista.

            La Procura di Perugia, per ora, non conferma l’apertura di un nuovo fascicolo. Ma Mignini specifica: «Ci sono elementi che potrebbero far pensare che questa persona abbia un qualche coinvolgimento nella vicenda. Ho segnalato la cosa alla Procura di Perugia». Poi un retroscena: «Se avessi conosciuto certi particolari all’epoca, avrei sicuramente approfondito. Purtroppo, per anni, chi sapeva non ha parlato per paura».

            Nel frattempo, la storia resta segnata dalla condanna di Rudy Guede — oggi libero — e dall’assoluzione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito dopo un percorso giudiziario infinito. Una conclusione che Mignini non ha mai considerato soddisfacente. «Le circostanze sono state fortunate per loro», osserva. E aggiunge: «Sicuramente Knox e Sollecito pensano di aver “stravinto” ma la realtà è ben diversa. Bastava che l’avvocato Biscotti non chiedesse il rito abbreviato per Guede e la condanna sarebbe stata certa anche per loro».

            Non un’accusa esplicita, ma un’ombra che torna. «Sono stati assolti con formula dubitativa», ricorda l’ex pm. «Gli unici presenti sul luogo del delitto erano con certezza conclamata Amanda Knox e quasi certamente Raffaele Sollecito. Il dubbio è su quello che hanno fatto. Hanno partecipato o sono stati solo spettatori?». Una domanda che sembra avere perso i confini del processo per diventare terreno di memoria, convinzioni personali, ferite istituzionali.

            Diciotto anni dopo, Meredith Kercher resta al centro di una storia giudiziaria che continua a interrogare più che a rassicurare. E nell’Italia che osserva questi ritorni, c’è una sensazione sospesa: come se il tempo avesse provato a chiudere una porta che qualcuno, ancora oggi, non riesce a sigillare.

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              Politica

              Nuovo amore per Maria Elena Boschi: dopo Berruti arriva l’avvocato Roberto Vaccarella. Prima fuga romantica a New York

              Avvistati a Capalbio e pronti per un viaggio insieme negli Stati Uniti, Boschi e Vaccarella sembrano intenzionati a vivere questo nuovo legame lontano dal clamore. Per la deputata di Italia Viva si apre una nuova fase sentimentale: discreta, sorridente e con il passo leggero di chi ricomincia.

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                Archiviata una storia lunga e mediatica, se ne apre un’altra, più silenziosa ma non per questo meno intensa. Maria Elena Boschi sembra aver ritrovato il sorriso accanto a Roberto Vaccarella, avvocato penalista e fratello di Elena, da anni compagna del presidente del CONI Giovanni Malagò.

                Dopo cinque anni con l’attore Giulio Berruti — relazione intensa, raccontata e spesso sotto i riflettori — l’ex ministra di Italia Viva sceglie oggi un passo diverso. Meno esposizione, più vita reale. La notizia è circolata nelle ultime ore dopo le indiscrezioni sui primi avvistamenti a Capalbio, poi confermati da più fonti. Passeggiate, cene riservate, niente ostentazione.

                A questo si aggiunge un dettaglio che racconta bene l’evoluzione del rapporto: i due sarebbero pronti a partire per New York per la loro prima vacanza a due. Un viaggio simbolico, di quelli che segnano il passaggio da conoscenza promettente a coppia ufficiale. E chi conosce Boschi racconta di una serenità nuova, più matura, più protetta.

                La parabola è chiara: dalle copertine alla discrezione, dall’amore cinematografico a una relazione che sembra preferire il passo lento e gli occhi bassi sulle cose piccole. Il resto, al momento, resta fuori dall’inquadratura. Nessun annuncio, nessuna foto insieme, nessuna conferma social.

                Per lei è un ritorno a una normalità voluta, dopo anni in cui la vita privata è stata materia di dibattito pubblico. Oggi la narrazione cambia: c’è spazio per un sorriso nelle vie del centro, per un viaggio programmato con calma, per un tempo personale che non chiede applausi.

                Se son rose fioriranno, dice il proverbio. Qui, per ora, c’è un bocciolo custodito, e la scelta precisa di lasciarlo crescere senza fretta. In un mondo che corre, Maria Elena Boschi — almeno sul fronte del cuore — sembra aver deciso di fermarsi dove il ritmo è più umano. E di ripartire, stavolta, solo quando sarà il momento.

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