Cronaca
La tartaruga arrivata dal mare, ha deposto le uova tra la sorpresa dei turisti
La tartaruga arriva in spiaggia e depone le uova, con la sorpresa e la meraviglia dei bagnanti che hanno potuto assistere a un evento alquanto eccezionale. L’area interessata è stata protetta

La tartaruga arriva in spiaggia e depone le uova, con la sorpresa e la meraviglia dei bagnanti che hanno potuto assistere a un evento alquanto eccezionale. L’area interessata è stata protetta.
Evento raro
Una tartaruga marina è emersa dal mare e, con il suo caratteristico andamento lento, ha deposto decine di uova sulla spiaggia libera vicino al lido Baia del Sole a Monopoli (Bari). I turisti, sbalorditi, hanno immortalato l’evento poi diffuso sui social. Il responsabile del centro di recupero delle tartarughe di Molfetta, ha contattato i turisti francesi per individuare il nido, che è stato quindi recintato per protezione. Il comune di Monopoli sta predisponendo ordinanze per garantire la sicurezza del nido, con la schiusa prevista tra circa 60 giorni.
Arrivederci a settembre
La tartaruga marina ha sorpreso un po’ tutti i turisti che non si aspettavano di assistere a quell’evento. Lei tranquilla, come se niente fosse, ha deposto le sue uova in pieno giorno. Una famiglia di turisti francesi ha documentato l’evento catturando l’attenzione del centro di recupero delle tartarughe di Molfetta. Grazie alle indicazioni dei turisti, il nido è stato quindi recintato e il comune sta lavorando per tutelare l’area, con l’attesa schiusa prevista per fine settembre.
Intanto una Caretta Caretta nidifica a pochi chilometri
A poca distanza, a lido Torre Egnazia, un’altra Caretta Caretta ha scelto la costa pugliese per deporre le uova. Ma in questo caso però è stato il movimento del mare sulla battigia a far emergere le uova che stavano per dispersi in acqua. Sono state prelevate dai volontari e sotterrate nella parte più isolata della battigia monitorato giorno a notte.
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Politica
Tajani sorride, i Berlusconi comandano: Forza Italia a Cologno fra consigli, statuti e voglia di rinnovamento
Antonio Tajani arriva a Cologno Monzese per un incontro “tra amici”, ma la regia politica di Forza Italia è ormai tutta nelle mani degli eredi del Cav. Pier Silvio parla di “rinnovamento”, e il segretario obbedisce: nuovo statuto, nuova comunicazione, stesso sorriso forzato.

«Parleremo di tutto, del futuro e anche di Forza Italia». Antonio Tajani prova a recitare il copione del leader saldo, mentre si presenta alla villa di Marina Berlusconi a Cologno Monzese. Lo accompagna il mantra di sempre: «Li conosco da quando sono ragazzi, questi incontri li abbiamo sempre fatti». Ma dietro le parole di circostanza, la fotografia è chiara: chi comanda davvero sono gli eredi del Cavaliere.
A tavola con lui ci sono Marina e Pier Silvio, veri azionisti politici e finanziari del partito – il loro credito verso Forza Italia sfiora i 90 milioni di euro – e Gianni Letta, garante della liturgia familiare. L’incontro era stato rinviato due settimane fa tra voci di malumori, ora torna come se nulla fosse: «Un incontro tra amici», dice Tajani, cercando di smussare i rumors su un partito percepito come troppo appiattito sugli alleati e incapace di ritagliarsi uno spazio proprio.
La realtà è che basta una frase di Pier Silvio Berlusconi per orientare la rotta: quando ha parlato di “rinnovamento”, Tajani ha eseguito. In pochi giorni è arrivato il nuovo statuto, è stato scelto Simone Baldelli come coordinatore della comunicazione e si è dato il via a un lifting silenzioso della catena di comando. Tutto senza clamori, ma con un messaggio inequivocabile: Forza Italia è un marchio di famiglia, e chi la gestisce in politica lo fa in affitto.
Intanto, le voci di insofferenza per il segretario crescono: la linea prudente di Tajani, fatta di piccoli compromessi e temi secondari come lo Ius scholae, convince poco i custodi del brand berlusconiano. «Ascolto i consigli che arrivano dagli amici», ripete lui, ma gli amici hanno appena deciso quali note dovrà suonare.
Per ora Tajani sorride e incassa. La regia resta a Cologno, la bacchetta pure.
Cronaca Nera
La madre di Andrea Sempio rompe il silenzio: «Non ha ucciso Chiara Poggi, sta pagando un’accusa ingiusta»
Dopo mesi di sospetti, microfoni e titoli urlati, la madre di Andrea Sempio racconta l’angoscia di una famiglia nell’occhio del ciclone. Dallo «scontrino del parcheggio» al peso dei giudizi mediatici, l’appello è uno solo: «Chiarite tutto, mio figlio non ha mai fatto del male a Chiara».

Stamattina, davanti al cancello di casa, Daniela Ferrari ha deciso di parlare. «Basta con le bugie in tv e sui giornali», ha detto affrontando le telecamere di Morning News. Lo ha fatto con la voce ferma di chi da 151 giorni vede la faccia del proprio figlio passare da un talk show all’altro come quella di un assassino annunciato. Eppure, giura, Andrea Sempio non ha ucciso Chiara Poggi.
Il nuovo capitolo del giallo di Garlasco ha travolto ancora una volta la sua famiglia. Da quando la Procura ha riaperto l’inchiesta puntando i riflettori sul ragazzo, la vita nella villetta di provincia è diventata un inferno di chiamate, sguardi e sospetti. «Non ha ammazzato Chiara e lo ripeterò fino alla morte», ha detto la madre davanti ai microfoni, ripercorrendo punto per punto i tasselli di una vicenda che non sembra finire mai.
Ferrari ha parlato dell’alibi di Andrea, legato a un dettaglio minuscolo ma diventato simbolico: uno scontrino del parcheggio di Vigevano. «Quel pezzo di carta l’ho conservato su consiglio delle detenute del carcere dove ho lavorato negli anni Ottanta», ha spiegato. «Mi dicevano: qualsiasi cosa succeda, tieni le prove. E così ho fatto». Secondo lei, quello scontrino dimostra che Andrea era altrove, lontano dalla casa dei Poggi.
Poi ha ricordato l’interrogatorio che l’ha vista protagonista, quando ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. «Mi sentivo già male prima, avevo capogiri. Non sono mai svenuta, ma la pressione di quei momenti è stata devastante», ha raccontato. Intorno, il clima familiare è fatto di ansia costante e sospetti che corrono più veloci della giustizia.
Daniela ripercorre con precisione la mattina del 13 agosto 2007. «Io ero in auto a Gambolò, mio marito a casa con Andrea. Quando sono tornata, lui è andato a Vigevano e poi dalla nonna. È rientrato con gli stessi vestiti, puliti, senza una macchia. Se fosse stato nella casa di Chiara, come dicono, come avrebbe fatto a non sporcarsi di sangue?»
Il punto cruciale, per lei, resta uno: «Non esiste impronta che possa cambiare la verità. Mio figlio non è entrato in quella casa per uccidere Chiara». E aggiunge: «Credo che i Poggi sappiano che Andrea non c’entra nulla. Non aveva motivi, lei era solo la sorella di un suo amico».
La madre non nasconde la paura di un processo che potrebbe trascinarsi per anni. «E se lo arrestassero? Sarebbe arrestato da innocente», sospira. «Noi stiamo vivendo nell’angoscia dalla mattina alla sera. La nostra salute si sta rovinando sul nulla».
E c’è spazio anche per l’amarezza verso l’eco mediatica: «Gli imbecilli che pensano che sia colpevole ci saranno sempre. Si sta puntando a mio figlio per ripulire la faccia di qualcun altro», un riferimento chiaro, seppur mai nominato, ad Alberto Stasi, il primo imputato del caso.
Il suo appello finale è un misto di speranza e stanchezza: «Spero che la Procura chiarisca tutto il prima possibile. Noi viviamo con la sensazione di essere già stati condannati senza processo».
Cronaca
A Treviso scatta la guerra ai ratti: trappole al prosecco per debellare 800mila roditori
L’idea arriva dalla Mayer Braun, azienda trevigiana che ha già ripulito metropoli come Londra e New York. La Ceo Barbara Donadon racconta il progetto: «Il ratto ama ciò che mangiamo noi. A Treviso lo attiriamo col prosecco, in autunno useremo le nuove uve». Il piano prevede anche rapaci, monitoraggi e campagne di sensibilizzazione per ristoratori e cittadini.

Treviso ha deciso di dichiarare guerra ai suoi abitanti più indesiderati: circa 800mila ratti, dieci per ogni residente. Per farlo, ha scelto una strategia che sembra uscita da un racconto surreale, ma che ha basi scientifiche ben solide: trappole al prosecco. A idearle è la Mayer Braun, società con sede a Carbonera, che da decenni esporta la sua arte della derattizzazione nelle grandi capitali mondiali, da Londra a New York, fino a Dubai. «Il nostro approccio – spiega Barbara Donadon, Ceo dell’azienda – nasce da un’idea semplice: il topo è attratto da ciò che piace all’uomo e si nutre degli scarti che lasciamo. Per catturarlo bisogna parlargli con i nostri stessi sapori».
La “cucina stellata del ratto”, come la chiamano ironicamente in azienda, ha già collezionato un menu di esche gourmet degno di un ristorante internazionale: aromi di pop corn negli Stati Uniti, strutto a Londra, carne speziata a Dubai e pastasciutta in Italia. Ora, per la campagna trevigiana, arriva la novità più iconica: il prosecco. «Abbiamo testato l’aroma delle uve della prossima vendemmia e i roditori ne sono irresistibilmente attratti – racconta Donadon –. L’effetto è duplice: li attira e, grazie alla componente alcolica, li stordisce prima della fine. È un modo ironico di dire che muoiono… allegri».
Il piano cittadino non si ferma però alle esche profumate di bollicine. L’amministrazione ha predisposto un rafforzamento del monitoraggio, unito a una campagna di sensibilizzazione per residenti e ristoratori. Una brochure spiega come gestire al meglio i rifiuti domestici e l’umido, evitare ciotole di cibo all’aperto e proteggere le aree dei locali che servono tavoli esterni, riducendo al minimo la disponibilità di cibo per i roditori. A completare la strategia, entra in scena anche la natura: i rapaci notturni, in particolare l’allocco, saranno incoraggiati a nidificare in città come alleati silenziosi nella battaglia.
Così Treviso si prepara a una vendemmia speciale: non solo calici di prosecco per gli umani, ma anche trappole profumate per i topi, nella speranza che la città delle bollicine diventi presto off‑limits per gli ospiti più sgraditi.
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