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Cronaca

L’inchiesta di Genova: stipendi d’oro ma sempre senza soldi

In casa di Aldo Spinelli la Guardia di Finanza ha sequestrato oltre 200 mila euro. Nell’abitazione dell’ex presidente dell’autorità portuale Paolo Emilio Signorini, neanche un euro.

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    Vuoi vedere che Paolo Emilio Signorini, ex presidente dell’autorità portuale di Genova unico arrestato nello scandalo tangenti in Regione Liguria, risulta davvero un incapiente. Senza più un euro. Una situazione davvero paradossare emerge dalla lettura di alcuni passaggi dell’ordinanza di misura cautelare che ha spedito il manager in cella a Marassi. Infatti si legge che durante l’indagine è emersa chiaramente “l’indisponibilità”, da parte dell’indagato sul conto corrente, di liquidità nei propri rapporti finanziari per saldare alcune spese e d essere costretto a chiedere aiuto proprio ai sui ‘amici’ Aldo Spinelli (ex Genova calcio) anche lui coinvolto nell’inchiesta e l’imprenditore Mauro Vianello“.

    E quali sarebbero queste spese?

    La principale riguarderebbe il matrimonio della figlia. Ma dai davvero? La figuraccia è totale. Soprattutto nei confronti della figlia. Poi c’è la richiesta di aiuto agli stessi compagni di merenda per organizzare il viaggio a Las Vegas. E anche per fare dei regali e giocare al Casinò. Anche in questo caso dall’indagine emerge la mancanza di disponibilità per provvedere a tutto.

    Stipendio d’oro ma conto corrente a zero

    Si scopre quindi che Signorini spendeva e spendeva per le cene e le giocate ai casino di Monte Carlo sapendo di poter contare sulla ‘collaborazione’ dei suoi amici di tangente. Praticamente tutto quello che incassava – 230 mila euro lordi l’anno – se lo sparava in una vita fatta di lusso sfrenato. Sono finiti così i soldi guadagnati negli anni dal manager Ad della multiutility Iren, incarico sospeso, con una carriera costruita tra Banca d’Italia e la frequentazione di ministeri e presidenza del Consiglio dei ministri. La parola incapiente l’ha scritta la giudice per le indagini preliminari che scrive come le spese dei Signorini negli ultimi anni sono state pagate da scio’ Aldo Spinelli che, quando andavano insieme al Casinò, lo prendeva in giro per le sue basse puntate. “Giochi proprio come uno dell’Italsider“, diceva Spinelli mentre Signorini puntava 15 o al massimo 25 euro.

    Un giorno dopo l’altro…

    A proposito delle spese per il matrimonio della figlia e del viaggio a Las Vegas Signorini chiede aiuto a Spinelli che gli diceva di passare da casa sua che lo avrebbe aiutato. Te li do io Paolo è la risposta di Spinelli, quella più trascritta nell’indagine della procura. E così alla fine scopri che in casa di Signorini non c’era un euro mentre la Guardia di Finanza ne ha trovati – oltre 200 mila euro – proprio in casa di Aldo Spinelli.

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      Cronaca Nera

      Doppia curva, nelle motivazioni spunta il “progetto economico” tra Luca Lucci e Fedez: cosa scrive la giudice

      Non è una trama da serie tv, ma un passaggio nero su bianco nelle motivazioni della sentenza sul caso “doppia curva”. La gup di Milano Rossana Mongiardo descrive un sistema di affari, violenze e collegamenti: tra “progetti economici”, bodyguard e la vicenda Iovino, con i distinguo sulle posizioni giudiziarie.

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        A volte basta una riga in una motivazione per far esplodere una storia fuori dal tribunale, dritta nella conversazione pubblica. Nel caso “doppia curva”, la gup di Milano Rossana Mongiardo mette in fila un quadro che non parla solo di tifo organizzato, ma di “strategie” del gruppo ultrà, business e una “inquietante vocazione all’aggressione”. E in quel quadro compaiono anche nomi che con lo stadio, almeno in apparenza, c’entrano poco: Fedez, Emis Killa, Cristian Rosiello, Cristiano Iovino.

        Dalle curve allo showbusiness: il “progetto economico”

        Secondo quanto riportato nelle motivazioni, tra l’ormai ex capo della Curva Sud milanista, Luca Lucci, e il rapper Fedez ci sarebbe stato un “legame” legato a un “progetto economico”, descritto come parte di una strategia del gruppo. Nello stesso contesto si parla di collegamenti con “persone del mondo dello spettacolo”, anche attraverso servizi da guardia del corpo offerti a personaggi noti.

        Il nodo Iovino e il ruolo dell’ex bodyguard

        La giudice cita anche la vicenda, contenuta nelle imputazioni, della “spedizione punitiva” e del pestaggio del 22 aprile 2024 ai danni del personal trainer Cristiano Iovino, a cui “partecipavano” Fedez e Cristian Rosiello, ultrà rossonero indicato “in veste di suo bodyguard”. Fedez, viene ricordato, non è indagato nell’inchiesta “doppia curva” e ha ottenuto l’archiviazione nel procedimento per rissa. In aula, inoltre, Lucci avrebbe riconosciuto di intrattenere affari con Fedez anche in relazione alla discoteca Old Fashion di Milano e di aver favorito una soluzione transattiva sull’episodio Iovino, che non denunciò.

        Barberie, affari e infiltrazioni: la cornice più ampia

        Nel racconto delle motivazioni, il “prestigio” conquistato con la violenza da Lucci, detto “Il Toro”, avrebbe potuto favorire gli affari suoi e del gruppo. Tra i tasselli compare anche la catena di barberia Italian Ink: uno dei negozi, viene riportato, era gestito da Emiliano Giambelli, in arte Emis Killa, indicato come indagato in un filone ancora aperto. Sullo sfondo, nelle quasi 300 pagine citate, c’è il capitolo più pesante: le “infiltrazioni della ’ndrangheta” nel tifo organizzato, visto come terreno fertile per produrre introiti, con business che vanno dal bagarinaggio ai parcheggi, fino a merchandising e altre attività.

        Il risultato è un mosaico in cui i confini tra curva, affari e notorietà vengono descritti come molto più porosi di quanto piaccia pensare. E, una volta che i nomi finiscono su carta, smettono di essere solo chiacchiera da bar: diventano materia da leggere riga per riga.

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          Cose dell'altro mondo

          Un erede maschio cercasi: Sir Benjamin Slade, due castelli e una figlia che “non va bene” per la discendenza

          Sir Benjamin Julian Alfred Slade, proprietario terriero e aristocratico inglese, torna a far parlare di sé per una posizione che divide. Ha già una figlia, Violet, avuta con l’ex moglie Sahara Sunday Spain tramite fecondazione in vitro, ma per lui non è l’erede giusto. La ricerca di una moglie “adatta” continua.

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            Nel Regno Unito c’è chi difende le tradizioni con discrezione e chi, come Sir Benjamin Julian Alfred Slade, le sventola senza troppi filtri. Aristocratico eccentrico e proprietario terriero, Slade è noto per una missione personale che va avanti da anni: trovare una moglie che possa dargli un erede maschio a cui lasciare il suo patrimonio, che comprende anche due castelli.

            Una ricerca che, finora, non ha dato i risultati sperati. E che continua a far discutere.

            Due castelli e un’eredità “da sistemare”
            Sir Benjamin Slade possiede vasti terreni e immobili storici, un patrimonio che per lui ha un destino preciso: passare a un figlio maschio. Non una preferenza romantica, ma una convinzione dichiarata, legata all’idea di continuità dinastica.

            È per questo che, nonostante l’età e le numerose attenzioni mediatiche, Slade continua a presentarsi come scapolo in cerca della moglie “giusta”. Non per compagnia, almeno non solo, ma per garantire una discendenza che rispetti il suo schema.

            La figlia Violet e l’ex moglie scrittrice
            In realtà, Sir Benjamin non è senza figli. Dalla relazione con l’ex moglie, la scrittrice statunitense Sahara Sunday Spain, è nata Violet. La bambina è venuta al mondo grazie alla fecondazione in vitro, dettaglio che Slade non ha mai nascosto.

            Il punto, però, è che Violet è una femmina. E secondo l’aristocratico questo non è sufficiente per assicurare il futuro dei suoi possedimenti. Una posizione che ha sollevato critiche e perplessità, soprattutto per il modo diretto con cui viene espressa.

            Una visione che divide
            L’idea che una figlia “non vada bene” per la discendenza appare fuori dal tempo, ma Slade non sembra interessato a rivedere le sue convinzioni. Anzi, le ribadisce con una franchezza che lo ha reso un personaggio discusso, spesso al centro di articoli e dibattiti.

            Non si tratta di una polemica episodica, ma di una linea di pensiero che lui porta avanti da anni, senza ammorbidimenti. E che, inevitabilmente, lo espone al giudizio pubblico.

            La ricerca continua
            Così Sir Benjamin Julian Alfred Slade resta in attesa. La moglie giusta, l’erede maschio, la continuità della stirpe. Tutto è ancora da scrivere, mentre Violet cresce lontana da queste logiche e la storia personale dell’aristocratico continua a intrecciarsi con un’idea di nobiltà che molti considerano ormai superata.

            Per ora, l’unica certezza è che la ricerca non è finita. E che, tra castelli, titoli e convinzioni granitiche, Slade non sembra intenzionato a cambiare rotta.

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              Mondo

              Scommettere sulla guerra e sulle catastrofi: quando il conflitto diventa merce per trader

              Piattaforme cripto come Polymarket e app-mappe come PolyGlobe trasformano le crisi globali in previsioni – e lucro. Ma dietro la “previsione” si nascondono opacità, conflitti etici e rischi reali.

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              Scommettere sulla guerra

                Con l’avvento delle criptovalute, piazzare scommesse su eventi globali diventati incomprensibili — guerre, carestie, instabilità economiche — non è mai stato così semplice. Al centro di questo nuovo e controverso panorama c’è – oggi – Polymarket: una piattaforma cripto che consente di puntare su catastrofi, conflitti, elezioni e crisi, trattando il destino delle persone come merce.

                Polymarket non è una semplice linea di scommesse sportive: permette di comprare e vendere “contratti di probabilità” su eventi reali, trasformando l’incertezza geopolitica in un prodotto finanziario. Alcuni definiscono questi strumenti “mercati predittivi”, altri li chiamano — senza mezzi termini — casinò digitali.

                Perché molti puntano sull’orrore

                La logica che spinge un mercato come Polymarket è semplice: il conflitto globale, gli scenari politici instabili, gli eventi catastrofici generano incertezze. Dove c’è incertezza, c’è domanda di “previsioni”. In un mondo che consuma notizie e reazioni in tempo reale, la speculazione sulle conseguenze di guerre, elezioni, crisi economiche diventa una commodity — e un’occasione per scommettere.

                Alcuni analisti spiegano che questi mercati possono — almeno in teoria — riflettere “il sentiment collettivo”, offrendo uno specchio in tempo reale delle aspettative globali.

                Tuttavia il confine tra previsione e scommessa è labile, e le conseguenze etiche sono tangibili: quando si scommette su morti, distruzioni o esiti tragici, il profitto diventa direttamente collegato al dolore altrui. Critici e avvocati lo definiscono «cynical», immorale.

                Dalla mappa al portafoglio: l’ascesa di PolyGlobe

                Per seguire questi mercati si è diffusa recentemente un’app — PolyGlobe — pensata per “mappare” le scommesse su eventi globali. In pratica trasforma le probabilità in geo-punti visualizzabili su una mappa: così un conflitto in Ucraina, una crisi in Medio Oriente o una potenziale guerra globale diventa un’opportunità finanziaria navigabile.

                Secondo i suoi sviluppatori, l’app fornisce anche dati “open source in tempo reale” (tweet, report, fonti OSINT) per seguire l’evoluzione degli eventi, e un’interfaccia con grafici che ricordano quelli di un listino azionario. Il mercato diventa immediatamente visibile, tracciabile, speculabile.

                Ma quanto sono affidabili questi mercati?

                Diversi esperti mettono in guardia:

                • Il meccanismo di risoluzione dei contratti può essere opaco o arbitrario. Il risultato di una scommessa — su guerre, vittorie politiche o eventi economici — spesso viene deciso da comitati anonimi o token holder crittografici, non da decisioni oggettive. Questo apre a rischi di manipolazione.
                • Anche in mercati “trasparenti”, basta una grande puntata iniziale di un professionista per alterare drasticamente le probabilità, creando un consenso artificiale: le probabilità non riflettono più un’opinione collettiva, ma le scelte di pochi.
                • Dal punto di vista etico, scommettere su guerra, crisi o disastri significa mettere la propria posta sul destino di vite umane, deprivandolo di qualsiasi rispetto. Trasforma tragedie in grafici e numeri.

                Regole, chi decide? Il quadro normativo è in bilico

                Fino a poco tempo fa, in molti paesi questi mercati erano in un limbo legale. Commodity Futures Trading Commission (CFTC), autorità americana, considerava Polymarket come una piattaforma di derivati non registrata — e nel 2022 costrinse la società a bloccare gli utenti statunitensi, multandola.

                Ma nel 2025 la situazione è cambiata: grazie a una acquisizione e a un nuovo accordo, Polymarket ha ottenuto il via libera per operare nuovamente negli USA come exchange regolamentato.

                Questo riporta il dibattito su un terreno controverso: se da un lato si legittima il mercato predittivo, dall’altro si rafforza la critica che identifica in queste piattaforme una forma di gioco d’azzardo legalizzato, con tutte le implicazioni che ne derivano.

                Mercato, ma a quale prezzo?

                Mercati come Polymarket e strumenti come PolyGlobe rappresentano un’innovazione tecnologica e finanziaria: prevedere eventi, speculare sull’incertezza, raccogliere informazioni. Ma trasformare guerra, crisi e tragedie umane in scommesse e token traduce la sofferenza collettiva in profitto individuale. La promessa di “trasparenza” e “intelligenza collettiva” — per quanto seducente — non cancella il fatto che dietro ogni dato, ogni probabilità, ci siano vite reali.

                E anche se oggi queste piattaforme possono essere regolamentate in alcuni paesi, il dibattito etico resta. Perché certi mercati sono costruiti non su desideri o sogni, bensì su paura, morti e disperazione. In definitiva: un “mercato predittivo” può forse anticipare eventi, ma non rende giustizia al valore della vita.

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