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Donald Trump ed Elon Musk, due bambini in lite: “Sei ingrato!” – “Sei un bugiardo!” – Ma chi li ha messi lì?

Dall’Ovale alla Silicon Valley: Trump e Musk se le dicono di tutti i colori, tra accuse di “ingratitudine” e insulti social, minacce di tagli ai sussidi e complotti nei file di Epstein. Una guerra tra titani? No: una rissa tra due ragazzini viziati, col potere di decidere il destino del mondo.

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    Benvenuti alla rissa dell’anno: Trump contro Musk, Musk contro Trump. Uno spettacolo che ha il gusto di un litigio tra due bambini dell’asilo che si contendono il triciclo, solo che questi qui hanno in mano le chiavi del pianeta. Il primo, Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, che sfoggia la sua solita retorica da bar sport con la stessa grazia di un toro in cristalleria. L’altro, Elon Musk, il bambino prodigio (o presunto tale) della Silicon Valley, che a forza di razzi, algoritmi e idee folli sembra convinto di essere il salvatore della patria. E invece? Litigano come due scolaretti.

    La miccia? Poca roba, come sempre quando i capricci incontrano l’ego. Musk, offeso dal taglio dei sussidi per le sue Tesla, spara a zero sui tagli fiscali dei Repubblicani e insinua che Trump sia un ingrato, un bugiardo, un uomo che non mantiene le promesse. Trump, dal canto suo, scoppia di bile e tuona: “Il modo più semplice per risparmiare miliardi è chiudere i rubinetti a Musk”. Sembra un dialogo da cartone animato – e invece è la realtà di un mondo guidato da questi due.

    E mentre Musk lancia sondaggi su X per creare “un nuovo partito che rappresenti l’80% della popolazione” (detto da uno che flirta con i neonazi tedeschi, fa ridere e tremare insieme), Trump non resiste alla tentazione di passare dalle minacce ai complotti. Perché Musk non si ferma: pubblica e cancella, ironizza, poi spara la bomba – “Il nome di Trump è nei file di Epstein”. E chi se ne importa se non c’è una prova? L’importante è mettere in difficoltà l’altro, come due bimbi pestiferi che si accusano a vicenda davanti alla maestra.

    La cosa surreale è che sono loro a decidere il futuro: un ex presentatore tv trasformato in presidente e un miliardario che gioca a fare l’imperatore di Marte. Ma chi li ha messi lì? Chi ha pensato che fossero i “salvatori” dell’Occidente? La risposta è semplice e fa rabbrividire: la gente. Quella che crede alle promesse urlate, ai meme virali, ai tweet da quattro parole che promettono rivoluzioni e cambiano il destino di milioni di persone.

    Così, mentre la Casa Bianca e la Silicon Valley si trasformano in un pollaio, il mondo osserva attonito. Musk twitta e cancella, Trump minaccia e sconfessa. E i veri problemi – la crisi climatica, le guerre, la miseria, i diritti – stanno lì a guardare, ignorati come brutti ceffi al ballo della recita scolastica.

    Elon Musk, l’uomo dei razzi e delle auto elettriche, quello che “non vuole essere schiavo dell’ipocrisia” ma poi sbava dietro ai contratti governativi. Trump, il re delle televendite trasformato in presidente, che parla di “etica del guerriero” e poi si comporta come un venditore di pentole porta a porta.

    E la gente? A guardare questi due che si ringhiano addosso, come se fosse una puntata di Beautiful. Sì, perché alla fine il popolo ama i drammi: se i due litigano, tanto meglio – un po’ di trash distrae dalle bollette, dalla guerra, dal resto.

    Ma mentre ci godiamo lo show – un tweet qui, una minaccia lì – resta il retrogusto amaro. Perché questi due, con le loro scenette e la loro faida da circo, hanno in mano il mondo. E mentre si accusano come due mocciosi, la sensazione è che la politica, la scienza, la responsabilità siano andate in vacanza.

    Buon divertimento a tutti. Ma ricordiamoci che in questa commedia – o tragedia, fate voi – a pagare il prezzo siamo noi. Il pubblico. Gli spettatori. Quelli che alla fine restano sempre a bocca aperta a chiedersi: “Ma come abbiamo fatto a finire così?”.

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      Mondo

      007 in allarme: il telefono di Trump è una minaccia nazionale?

      Il presidente risponde a numeri anonimi con estrema disinvoltura, ignorando i rischi di intercettazione da parte di hacker cinesi e iraniani. Gli agenti di sicurezza temono per la sicurezza nazionale.

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        Già da ex presidente Donald Trump è stato un pericolo. Da presidente lo è ancra di più. Il motivo? Semplice: risponde alle chiamate che riceve con il suo telefono. E negli ambienti della CIA e del Secret Service il telefono personale di Trump è diventato un incubo tecnologico perchè ignora ogni avvertimento e continua a rispondere a chiamate da numeri sconosciuti, mettendo a rischio la sicurezza delle comunicazioni presidenziali.

        Pronto chi parla? Donald Trump of course

        Secondo un’inchiesta di The Atlantic, gli hacker cinesi e iraniani potrebbero ascoltare ogni conversazione, raccogliendo informazioni preziose per attività di spionaggio. Non sarebbe la prima volta. Già in passato, pirati informatici iraniani hanno violato il sistema di posta elettronica della campagna elettorale di Trump, mentre gruppi legati a Pechino hanno infiltrato le email del Comitato Nazionale Repubblicano. Eppure, mentre altri membri della sua squadra hanno adottato precauzioni, come cambiare numero di telefono o utilizzare cellulari usa e getta, Trump non è mai sembrato preoccuparsene. Il tycoon è talmente affezionato al suo telefono che ha persino impostato come salvaschermo una foto di sé stesso.

        Ma è davvero un rischio reale per la sicurezza nazionale?

        Gli 007 americani temono che proprio questo atteggiamento disinvolto possa trasformarsi in un vettore di attacchi informatici. Se il telefono del presidente può essere protetto dagli hacker, le chiamate che lui stesso effettua potrebbero esporre dati sensibili. L’intelligence ha già messo in allarme la Casa Bianca, sollecitando misure di sicurezza più stringenti. Ma riuscire a far cambiare abitudini a Trump potrebbe essere una missione più difficile di qualsiasi operazione segreta. Nel frattempo, il timore cresce: la sicurezza nazionale può davvero dipendere dalle chiamate spericolate di un uomo così attaccato al suo telefono? Gli agenti del Secret Service incrociano le dita e tengono i firewall pronti.

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          Mondo

          Referto medico implacabile: Imane Khelif costretta a rivedere la sua carriera sportiva?

          Il referto trapelato fornisce un dato genetico (cariotipo XY), ma non è la prova definitiva per squalificare Imane Khelif o per affermare che sia un uomo.

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            Il dibattito sulla partecipazione di Imane Khelif alle competizioni di pugilato femminile si è intensificato dopo la diffusione online di un presunto referto medico. Il documento, attribuito al Dr. Lal PathLabs di Nuova Delhi, indicherebbe la presenza di un cariotipo maschile (46,XY) in 30 cellule della pugile analizzate. Tuttavia, la sua interpretazione è ben più complessa di quanto possa sembrare a prima vista.

            La questione del referto: è autentico e cosa implica?

            Il referto circolato online non ha ricevuto conferma ufficiale né dal laboratorio né dalla stessa Imane Khelif. Sebbene il documento indichi un cariotipo XY, questo dato da solo non è sufficiente a sostenere con certezza che Khelif sia biologicamente un maschio nel senso comune del termine, né che vi sia stato un “imbroglio”. Lo stesso laboratorio, infatti, nel referto specifica che non sono state osservate anomalie cromosomiche numeriche o strutturali macroscopiche. Ma sottolinea che il test non rileva microdelezioni o mutazioni genetiche più sottili. Queste ultime potrebbero essere alla base di condizioni di Differenze dello Sviluppo del Sesso (DSD), che includono diverse forme di intersessualità. Il documento, inoltre, invita espressamente a una “correlazione clinica” («Results to be clinically correlated»). Ovvero una valutazione medica completa che tenga conto di anatomia, ormoni ed eventuali sindromi genetiche.

            Cariotipo XY: la scienza oltre la semplificazione

            La scienza medica ha da tempo chiarito che possedere un corredo cromosomico XY non equivale automaticamente a essere un uomo. Esistono condizioni genetiche rare, come la sindrome da insensibilità agli androgeni (AIS), in cui un individuo con cromosomi XY sviluppa caratteristiche femminili. Come spiegato dall’Istituto Superiore di Sanità, lo sviluppo delle caratteristiche sessuali è il risultato di una complessa interazione tra cromosomi e ormoni. Ci sono diverse condizioni che possono portare a uno sviluppo sessuale diverso da quello atteso in base al cariotipo di partenza. In tali casi, come ribadito dalla Società Italiana di Endocrinologia (SIE), pur essendo geneticamente XY, l’organismo potrebbe non rispondere agli ormoni maschili, portando a uno sviluppo femminile già in fase embrionale e all’attribuzione del genere femminile alla nascita.

            Ma quindi quali saranno le mplicazioni per la carriera sportiva di Khelif?

            La World Boxing ha stabilito che Imane Khelif non può partecipare a futuri eventi femminili senza sottoporsi a test cromosomici. Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO), tramite il suo presidente Thomas Bach, ha suggerito che i risultati trapelati siano frutto di una campagna di disinformazione russa, dato il disconoscimento dell’IBA da parte del CIO per dispute etiche e finanziarie. Tuttavia, l’autenticazione del laboratorio indiano che ha condotto i test aumenta la pressione sul CIO affinché chiarisca la sua posizione. Per quanto riguarda eventuali vantaggi sportivi, la SIE ha sottolineato che non ci sono evidenze scientifiche che dimostrino un beneficio atletico in queste condizioni.

            Il referto trapelato fornisce un dato genetico (cariotipo XY), ma non è la prova definitiva per squalificare Khelif o per affermare che sia un uomo. La situazione richiede una comprensione più approfondita delle complesse intersezioni tra genetica, sviluppo sessuale e regolamenti sportivi.

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              Mondo

              Trump e gli “Epstein files”: cosa sono e perché potrebbero diventare un boomerang

              Elon Musk rilancia un’accusa pesante: “Trump è nei file di Epstein e per questo non sono stati pubblicati”. Ma cosa sono davvero questi documenti? Ecco i dossier segreti che legano il finanziere al potere, tra jet privati e nomi altisonanti. La verità, dicono i complottisti, sarebbe pronta a emergere.

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                Si chiama “Epstein files” la nuova arma di Elon Musk nella battaglia a colpi di post con Donald Trump. Secondo il patron di Tesla e X, proprio lì ci sarebbe la vera “bomba” capace di mettere in imbarazzo il presidente americano: “Donald Trump è nei file di Epstein. Questa è la ragione vera del perché non sono stati resi pubblici”, ha scritto Musk sui social, alimentando la curiosità e il sospetto. Ma cosa sono questi file e cosa contengono davvero?

                I cosiddetti “Epstein files” sono un insieme di documenti legati a Jeffrey Epstein, il finanziere di New York arrestato nel 2019 per traffico sessuale di minorenni e morto suicida in carcere poco dopo. Quattro i dossier principali: il primo è il “Black Book”, una rubrica segreta con centinaia di contatti, tra politici, imprenditori e celebrità. Ci sono nomi come Tony Blair, Rupert Murdoch, Richard Branson e Mick Jagger. La sola presenza nel “libro nero” però non significa un coinvolgimento diretto negli abusi.

                Il secondo fascicolo è il “logbook” dei voli sul jet privato di Epstein, il famigerato “Lolita Express”, usato per portare ospiti nelle sue ville o nell’isola privata caraibica. Anche qui, i nomi illustri non provano di per sé comportamenti illeciti. Il terzo filone riguarda le testimonianze di vittime e collaboratori, mentre il quarto contiene gli atti processuali contro Epstein e la sua collaboratrice Ghislaine Maxwell, condannata a vent’anni.

                Il nome di Trump è già emerso nel “Black Book”, dove comparivano numeri di telefono suoi e di alcuni familiari. Negli anni ’90, il tycoon vantava un’amicizia con Epstein, ricordando che a entrambi “piacevano le belle donne, anche giovani”. Ma dopo l’arresto del finanziere, Trump si affrettò a prenderne le distanze. Nei registri di volo, non esiste prova che abbia mai preso parte ai viaggi sul “Lolita Express”.

                Tuttavia, Musk, nel suo stile provocatorio, suggerisce che esisterebbero verità più esplosive, tenute nascoste dal dipartimento di Giustizia guidato da Pam Bondi, ex alleata di Trump. “Segnatevi questo post. La verità verrà fuori”, ha scritto il miliardario. I complottisti trumpiani, però, finora avevano sempre accusato i Democratici di coprire i nomi scomodi.

                Insomma, nel gioco di accuse reciproche, gli “Epstein files” tornano a fare da sfondo a un duello tra i due uomini più influenti e, forse, più divisivi del mondo. Ma se davvero la verità dovesse emergere, non risparmierebbe nessuno.

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