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Mondo

Il mondo in movimento: gli eventi chiave che hanno segnato il 2024

Un anno di sfide globali e cambiamenti storici: tra conflitti, elezioni cruciali e iniziative per il clima, il 2024 ha ridefinito il panorama internazionale.

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    Dalla persistente guerra in Ucraina ai drammatici sviluppi in Medio Oriente, passando per eventi climatici devastanti e decisioni politiche epocali, il 2024 sarà ricordato come un anno di profondi cambiamenti e sfide globali.

    Gli eventi globali del 2024: ricorrenze, meeting, conflitti e disastri ambientali

    La guerra in Ucraina

    Nel 2024, il conflitto tra Russia e Ucraina è proseguito con intensità. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato che l’ingresso dell’Ucraina nella NATO è essenziale per porre fine alla guerra, ma Mosca ha risposto intensificando gli attacchi. A novembre, un attacco alle infrastrutture energetiche ucraine ha lasciato un milione di persone senza elettricità. La pace appare ancora lontana.

    La morte di Aleksej Navalny

    Il 16 febbraio 2024 è morto Aleksej Navalny, noto oppositore di Vladimir Putin, nella colonia penale IK-3 oltre il Circolo Polare Artico. La causa ufficiale è stata un mix di complicazioni mediche. La sua morte ha avuto luogo pochi giorni prima della rielezione di Putin a presidente della Federazione Russa.

    Conflitti in Medio Oriente

    Anniversario del 7 ottobre. Il primo anniversario dell’attacco di Hamas contro Israele è stato segnato dalla persistenza del conflitto. Gaza è in una crisi senza precedenti, con oltre 45.000 vittime. Israele ha aperto un fronte con il Libano, raggiungendo un cessate il fuoco il 27 novembre.

    Tensioni con l’Iran. Teheran ha lanciato missili verso Israele il 13 aprile e l’1 ottobre, in risposta all’uccisione di esponenti dell'”Asse della Resistenza”. Gli attacchi non hanno causato vittime significative, ma hanno aumentato la tensione nella regione.

    La guerra in Siria. A fine novembre, ribelli jihadisti filo-turchi hanno rovesciato il regime di Bashar al-Assad, al potere da 25 anni. Mohammed al-Bashir è stato nominato premier ad interim, mentre Israele ha inviato truppe sulle Alture del Golan per la prima volta dal 1973.

    Crisi in Corea del Sud

    Il 3 dicembre, il presidente Yoon Suk Yeol ha dichiarato la legge marziale per contrastare presunte “forze comuniste”, ma ha dovuto ritirare il provvedimento a causa delle proteste popolari e dell’opposizione parlamentare.

    Politica statunitense

    La vittoria di Trump. Donald Trump ha vinto le elezioni presidenziali di novembre, sconfiggendo Kamala Harris. Promette una “nuova età dell’oro” per gli Stati Uniti.

    Il ritiro di Biden. Joe Biden ha annunciato il 21 luglio il ritiro dalla corsa presidenziale, dichiarando che la decisione è stata presa per il bene della nazione e del partito. Nei suoi ultimi mesi, Biden ha approvato il trasferimento di missili Atacms all’Ucraina e concesso la grazia al figlio Hunter.

    Elezioni in Europa

    Elezioni europee. In Italia, Fratelli d’Italia ha ottenuto un ampio successo, mentre in Francia si è verificata una crisi di governo culminata nella nomina di François Bayrou come premier.

    Regno Unito. Il Partito Laburista ha vinto le elezioni di luglio, portando Keir Starmer a diventare Primo Ministro.

    Eventi climatici e ambientali

    Alluvione a Valencia. A novembre, un’alluvione ha devastato la Spagna, causando oltre 220 morti. Quartieri interi sono stati sommersi, e il premier Pedro Sánchez è stato contestato durante una visita alle aree colpite.

    COP29 a Baku. La conferenza ha approvato un aumento degli aiuti climatici ai Paesi in via di sviluppo, con l’obiettivo di raggiungere i 300 miliardi di dollari l’anno entro il 2035. È stato inoltre istituito un mercato internazionale del carbonio.

    Notizie dal mondo reale

    Re Carlo III e la principessa Kate Middleton hanno rivelato di essere in cura per forme di cancro, mentre Margrethe II di Danimarca ha abdicato a favore del figlio Fredrik X.

    Liberazione di Julian Assange. Dopo cinque anni in carcere in Inghilterra, Assange è stato liberato e è tornato in Australia.

    Riapertura di Notre Dame. Il 7 dicembre, la cattedrale simbolo di Parigi ha riaperto le sue porte cinque anni dopo l’incendio del 2019.

    2024. L’anno si chiude con una serie di eventi che lasciano il mondo in bilico tra speranza e preoccupazione per il futuro. Buon inizio 2025!!

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      Mondo

      Giovani donne e il “sogno americano” in fuga: perché il 40% vorrebbe lasciare gli Stati Uniti

      Tra clima politico, diritti riproduttivi e sfiducia nelle istituzioni, cresce il numero di giovani donne che non si riconoscono più nell’immagine degli Stati Uniti come terra di opportunità. Canada, Nuova Zelanda, Italia e Giappone le mete più ambite.

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      sogno americano

        Un mito che si incrina

        Per generazioni il “sogno americano” ha rappresentato l’idea di un Paese in cui chiunque potesse aspirare a una vita migliore. Oggi, però, sempre più giovani donne non lo percepiscono più come tale. L’ultimo sondaggio Gallup indica che il 40% delle statunitensi tra i 15 e i 44 anni lascerebbe definitivamente gli USA, se ne avesse la possibilità: un dato mai raggiunto prima e quattro volte superiore rispetto al 2014.

        La tendenza non è improvvisa. Già nel 2016 si registra un rialzo significativo nelle aspirazioni migratorie femminili, in un contesto politico polarizzato e dopo la definizione dei candidati alle presidenziali poi vinte da Donald Trump. Negli anni successivi la percentuale ha continuato a salire, fino a raggiungere il 44% alla fine dell’amministrazione Biden e stabilizzarsi su valori simili nel 2025.

        Politica e identità: un distacco crescente

        Il desiderio di trasferirsi non riguarda in modo uniforme tutta la popolazione. Il divario di genere è il più ampio mai rilevato da Gallup: 21 punti separano uomini (19%) e donne (40%) nella stessa fascia d’età.
        Gli analisti sottolineano che si tratta di aspirazioni, non di intenzioni concrete, ma la dimensione del fenomeno — parliamo di milioni di giovani — resta indicativa.

        La frattura politica pesa molto. Nel 2025, il gap nel desiderio di emigrare tra chi approva e chi disapprova la leadership nazionale raggiunge 25 punti percentuali, il valore più alto osservato negli ultimi quindici anni. Prima del 2016, differenze di questo tipo non erano rilevanti. Con Trump il divario ha iniziato a crescere, si è temporaneamente ridotto sotto Biden e poi è tornato ad ampliarsi.

        Una scelta che supera età, matrimonio e figli

        Un altro aspetto significativo è che questa spinta migratoria riguarda allo stesso modo donne sposate, single e neomamme. Tra le 18-44enni, il 41% delle sposate e il 45% delle single vorrebbe trasferirsi in modo permanente all’estero.
        Perfino la presenza di figli piccoli non sembra frenare il desiderio di partire: il 40% delle madri recenti condivide questa prospettiva, una percentuale in linea con quella delle coetanee senza figli.

        Canada in testa, Italia tra le destinazioni più citate

        Tra le mete più desiderate emerge il Canada, indicato dall’11% delle giovani intervistate. Seguono Nuova Zelanda, Italia e Giappone, tutte al 5%.
        Questo dato contrasta con la situazione nei Paesi dell’Ocse, dove le aspirazioni migratorie delle giovani donne sono rimaste stabili — mediamente tra il 20% e il 30% — senza aumenti paragonabili a quelli degli Stati Uniti.

        Diritti e fiducia nelle istituzioni: un legame che si spezza

        A spiegare questa disaffezione contribuisce anche il crollo della fiducia nelle istituzioni. Secondo il National Institutions Index di Gallup, tra il 2015 e il 2025 le donne tra i 15 e i 44 anni hanno perso 17 punti di fiducia complessiva.

        Un momento cruciale è stato il ribaltamento nel 2022 della sentenza Roe v. Wade, che per mezzo secolo aveva garantito il diritto costituzionale all’aborto. Dopo la decisione della Corte Suprema, la fiducia delle giovani donne nelle istituzioni è scesa dal 55% del 2015 al 32% nel 2025. Tuttavia, Gallup osserva che il trend di crescente desiderio migratorio era iniziato già anni prima, segno di un malessere più ampio.

        Un Paese che rischia di perdere una generazione

        Il quadro tracciato dal sondaggio rivela più di un disagio passeggero: racconta una generazione che percepisce gli Stati Uniti come un luogo meno capace di garantire diritti, sicurezza e opportunità reali.
        Se anche solo una parte di queste aspirazioni dovesse concretizzarsi, gli effetti demografici e culturali sarebbero notevoli. Per molte giovani donne, il “sogno americano” non si è infranto: semplicemente, oggi lo stanno cercando altrove.

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          Mondo

          Scommettere sulla guerra e sulle catastrofi: quando il conflitto diventa merce per trader

          Piattaforme cripto come Polymarket e app-mappe come PolyGlobe trasformano le crisi globali in previsioni – e lucro. Ma dietro la “previsione” si nascondono opacità, conflitti etici e rischi reali.

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          Scommettere sulla guerra

            Con l’avvento delle criptovalute, piazzare scommesse su eventi globali diventati incomprensibili — guerre, carestie, instabilità economiche — non è mai stato così semplice. Al centro di questo nuovo e controverso panorama c’è – oggi – Polymarket: una piattaforma cripto che consente di puntare su catastrofi, conflitti, elezioni e crisi, trattando il destino delle persone come merce.

            Polymarket non è una semplice linea di scommesse sportive: permette di comprare e vendere “contratti di probabilità” su eventi reali, trasformando l’incertezza geopolitica in un prodotto finanziario. Alcuni definiscono questi strumenti “mercati predittivi”, altri li chiamano — senza mezzi termini — casinò digitali.

            Perché molti puntano sull’orrore

            La logica che spinge un mercato come Polymarket è semplice: il conflitto globale, gli scenari politici instabili, gli eventi catastrofici generano incertezze. Dove c’è incertezza, c’è domanda di “previsioni”. In un mondo che consuma notizie e reazioni in tempo reale, la speculazione sulle conseguenze di guerre, elezioni, crisi economiche diventa una commodity — e un’occasione per scommettere.

            Alcuni analisti spiegano che questi mercati possono — almeno in teoria — riflettere “il sentiment collettivo”, offrendo uno specchio in tempo reale delle aspettative globali.

            Tuttavia il confine tra previsione e scommessa è labile, e le conseguenze etiche sono tangibili: quando si scommette su morti, distruzioni o esiti tragici, il profitto diventa direttamente collegato al dolore altrui. Critici e avvocati lo definiscono «cynical», immorale.

            Dalla mappa al portafoglio: l’ascesa di PolyGlobe

            Per seguire questi mercati si è diffusa recentemente un’app — PolyGlobe — pensata per “mappare” le scommesse su eventi globali. In pratica trasforma le probabilità in geo-punti visualizzabili su una mappa: così un conflitto in Ucraina, una crisi in Medio Oriente o una potenziale guerra globale diventa un’opportunità finanziaria navigabile.

            Secondo i suoi sviluppatori, l’app fornisce anche dati “open source in tempo reale” (tweet, report, fonti OSINT) per seguire l’evoluzione degli eventi, e un’interfaccia con grafici che ricordano quelli di un listino azionario. Il mercato diventa immediatamente visibile, tracciabile, speculabile.

            Ma quanto sono affidabili questi mercati?

            Diversi esperti mettono in guardia:

            • Il meccanismo di risoluzione dei contratti può essere opaco o arbitrario. Il risultato di una scommessa — su guerre, vittorie politiche o eventi economici — spesso viene deciso da comitati anonimi o token holder crittografici, non da decisioni oggettive. Questo apre a rischi di manipolazione.
            • Anche in mercati “trasparenti”, basta una grande puntata iniziale di un professionista per alterare drasticamente le probabilità, creando un consenso artificiale: le probabilità non riflettono più un’opinione collettiva, ma le scelte di pochi.
            • Dal punto di vista etico, scommettere su guerra, crisi o disastri significa mettere la propria posta sul destino di vite umane, deprivandolo di qualsiasi rispetto. Trasforma tragedie in grafici e numeri.

            Regole, chi decide? Il quadro normativo è in bilico

            Fino a poco tempo fa, in molti paesi questi mercati erano in un limbo legale. Commodity Futures Trading Commission (CFTC), autorità americana, considerava Polymarket come una piattaforma di derivati non registrata — e nel 2022 costrinse la società a bloccare gli utenti statunitensi, multandola.

            Ma nel 2025 la situazione è cambiata: grazie a una acquisizione e a un nuovo accordo, Polymarket ha ottenuto il via libera per operare nuovamente negli USA come exchange regolamentato.

            Questo riporta il dibattito su un terreno controverso: se da un lato si legittima il mercato predittivo, dall’altro si rafforza la critica che identifica in queste piattaforme una forma di gioco d’azzardo legalizzato, con tutte le implicazioni che ne derivano.

            Mercato, ma a quale prezzo?

            Mercati come Polymarket e strumenti come PolyGlobe rappresentano un’innovazione tecnologica e finanziaria: prevedere eventi, speculare sull’incertezza, raccogliere informazioni. Ma trasformare guerra, crisi e tragedie umane in scommesse e token traduce la sofferenza collettiva in profitto individuale. La promessa di “trasparenza” e “intelligenza collettiva” — per quanto seducente — non cancella il fatto che dietro ogni dato, ogni probabilità, ci siano vite reali.

            E anche se oggi queste piattaforme possono essere regolamentate in alcuni paesi, il dibattito etico resta. Perché certi mercati sono costruiti non su desideri o sogni, bensì su paura, morti e disperazione. In definitiva: un “mercato predittivo” può forse anticipare eventi, ma non rende giustizia al valore della vita.

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              Mondo

              I diari di Comey riaprono il caso Trump–Russia: tra “pioggia dorata”, richieste di lealtà e vanti di Putin sulle “migliori prostitute del mondo”

              Dai colloqui descritti nei diari di James Comey emergono dettagli esplosivi: Trump che nega prostitute e molestie, Putin che gli vanta “le migliori prostitute del mondo”, le richieste di “lealtà” alla Casa Bianca, la “roba della pioggia dorata” e le pressioni per indagare sul dossier Steele. Appunti che riaprono il nodo: il presidente ostacolò la giustizia?

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                Il materiale pubblicato nei diari di James Comey è di quelli destinati a riscrivere la narrativa del Russiagate. Non solo retroscena, ma frammenti di conversazioni tra l’allora direttore dell’Fbi e Donald Trump che riportano alla luce uno dei periodi più tesi e surreali della Casa Bianca. E tra i passaggi più incredibili, c’è perfino Vladimir Putin che si vantava col presidente americano di avere “le migliori prostitute del mondo”. Una frase che da sola basterebbe a spiegare perché, ancora oggi, quei dossier fanno tremare Washington.

                Il primo incontro: il dossier Steele e la smentita di Trump
                Il primo colloquio avviene a New York, poco dopo le elezioni. Comey informa Trump delle accuse contenute nel rapporto Steele: presunti incontri con prostitute al Ritz Carlton di Mosca nel 2013. Trump lo interrompe: «Non c’erano prostitute, non ci sono mai state». Ride, lasciando intendere di non aver bisogno di pagare per il sesso. Poi smentisce anche le accuse di molestie da parte di una stripper. Nessuna incertezza, nessun tentennamento: solo negazioni.

                La cena nella Green Room e la richiesta che spiazza Comey
                Il 28 gennaio 2017, nella Green Room della Casa Bianca, tutto si fa ancora più incandescente. «Mi serve lealtà, mi aspetto lealtà», dice Trump. Comey tace, lui se ne accorge. La conversazione è caotica: mail di Hillary Clinton, soffiate, sospetti sul vice McCabe. Finché non riaffiora la questione più delicata: la “pioggia dorata”. Trump ribadisce che era una fake news e confida di essere infastidito dal fatto che la moglie possa crederci. Poi insiste: vuole che l’Fbi indaghi per dimostrare che la storia è falsa. Comey gli spiega che così sembrerebbe sotto inchiesta. Trump torna alla carica: «Ho bisogno di lealtà». Lui concede solo “onestà”. Trump replica: «Lealtà onesta». Un compromesso che sembra uscito da un dialogo teatrale.

                Priebus, Flynn e il mosaico dell’inchiesta
                L’8 febbraio Comey incontra il capo di gabinetto Reince Priebus. Gli spiega che alcune parti del dossier Steele sono state corroborate da altra intelligence. Priebus vuole sapere se esiste un ordine per spiare Michael Flynn. Poi cerca di capire perché Hillary Clinton non sia stata incriminata. Poco dopo, Trump appare e ripete la sua posizione: la storia è falsa. Ma aggiunge un dettaglio che gela la stanza: «Putin mi ha detto che in Russia hanno alcune delle migliori prostitute del mondo». Un’affermazione che pare più una vanteria che una difesa.

                Il nodo politico e giudiziario: ostacolo alla giustizia?
                I memo riportano non solo scene imbarazzanti, ma anche pressioni che potrebbero essere interpretate come tentativi di influenzare l’operato dell’Fbi. Richieste di lealtà personale, pressioni sulle indagini, sospetti interni, tentativi di indirizzare la narrativa pubblica. Tutto questo mentre l’ombra del Russiagate si allungava sulla presidenza.

                Un caso che continua a parlare
                A distanza di anni, le parole annotate da Comey restano uno degli strumenti più preziosi per capire la tensione di quei mesi. Un racconto fatto di frasi scomposte, richieste sibilline e dettagli imbarazzanti, in cui la politica si mescola allo show. E ogni memo diventa un tassello che riporta al centro una domanda sospesa: quanto lontano si spinse davvero la Casa Bianca?

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