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Cronaca

Omelie? I consigli di Papa Francesco

Papa Francesco, con il suo consiglio di mantenere le omelie entro gli 8 minuti, sottolinea l’importanza di comunicare in modo chiaro e conciso per mantenere l’attenzione dei fedeli e rendere la Parola di Dio rilevante nella vita quotidiana. Questo consiglio, ereditato da grandi figure ecclesiastiche come il cardinale Siri, mira a migliorare l’efficacia delle omelie e a garantire che il messaggio rimanga impresso nei cuori dei fedeli.

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    Papa Francesco ha molto a cuore i fedeli e il loro comfort. Per questo ha ribadito la sua avversione per le omelie lunghe. In pratica Francesco consiglia i sacerdoti di non superare gli 8 minuti di predica durante le celebrazioni eucaristiche. Questa raccomandazione è stata fornita durante un’udienza generale, parte della catechesi intitolata “Lo Spirito e la Sposa“. Il Pontefice ha sottolineato l’importanza della brevità per mantenere l’attenzione dei fedeli che altrimenti rischiano di annoiarsi e distrarsi. Secondo il Papa dopo 8 minuti, l’attenzione cala e “la gente si addormenta e ha ragione“.

    Perché è importante essere brevi

    Papa Francesco ha spiegato che lo scopo dell’omelia è quello di aiutare a trasferire la parola di Dio “dal libro alla vita“, e per raggiungere questo obiettivo in modo efficace deve essere breve. Il suo consiglio è stato ancora più restrittivo rispetto a una simile raccomandazione suggerita nel 2018, quando aveva detto che l’omelia non avrebbe dovuto mai superare i dieci minuti.

    Appello per la pace

    Come di consueto, Papa Francesco ha concluso l’udienza lanciando un messaggio di pace, invitando a pregare per i popoli afflitti dalla guerra, tra cui Ucraina, Palestina, Israele e Myanmar. “Preghiamo per la pace, oggi ci vuole la pace. La guerra sempre, dal primo giorno, è una sconfitta“, ha detto il Pontefice.

    Una raccomandazione non nuova

    La richiesta della brevità delle omelie non è una novità nella Chiesa. Il cardinale Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova, infatti, era noto per consigliare ai suoi sacerdoti di non superare i sette-otto minuti. Siri credeva fermamente che tutto potesse essere detto in questo breve lasso di tempo, sottolineando ironicamente che “se avrete parlato bene, tutti saranno contenti. Se sarete stati noiosi, tutti saranno contenti ugualmente, perché non l’avrete fatta tanto lunga“.

    Un consiglio seguito da pochi

    Monsignor Guido Marini, attualmente vescovo di Tortona, ha ricordato che le omelie di Siri erano sempre brevi e incisive, non superavano mai i dieci minuti. Questo dono della sinteticità, accompagnato da una grande chiarezza di pensiero, faceva sì che le parole del Cardinale rimanessero ben impresse nella mente e nel cuore dei fedeli.

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      Cronaca

      Ricatto a luci rosse contro un manager vicino a Meloni: cameriere condannato per tentata estorsione dopo un video erotico girato di nascosto

      Il dirigente pubblico, figura di fiducia della presidente del Consiglio, è stato minacciato con la diffusione online di un filmato intimo. L’imputato avrebbe agito insieme a un complice armato. La corte riconosce il tentativo di estorsione e respinge l’accusa di possesso di arma da fuoco.

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        Un manager pubblico di primo piano, vicino a Giorgia Meloni, e un cameriere vent’anni più giovane. Da un incontro casuale in un ristorante di Roma nord nasce una frequentazione che, dopo anni di silenzio, si trasforma in un ricatto violento. È il quadro ricostruito dal tribunale, che ha condannato l’imputato a tre anni e 1.200 euro di multa per tentata estorsione.

        La promessa, il ritorno di fiamma e il video nascosto

        La relazione risale al 2013, quando i due si conoscono in una trattoria di Anzio. Secondo gli atti, il manager avrebbe accennato alla possibilità di “sistemare economicamente” il giovane amante. Un impegno rimasto nella memoria dell’indagato per oltre un decennio.
        Nel 2024 un messaggio riapre i contatti: “Ciao, sei sparito. Come stai?”. Da quel momento i due tornano a frequentarsi. Durante un rapporto, il cameriere registra di nascosto un video hard, considerato dai magistrati la leva per il ricatto.

        L’incontro all’Eur e la pistola in auto

        Il filmato non basta: l’imputato coinvolge un complice, figura già conosciuta dal dirigente pubblico. Quando i tre si incontrano all’Eur, il complice sale sulla macchina della vittima, estrae una pistola e sostiene di appartenere a un gruppo criminale. La minaccia è esplicita: pagare, oppure vedere il video diffuso online.
        Nei giorni successivi partono messaggi e nuove pressioni. Il manager propone 50mila euro, ma l’imputato respinge l’offerta: “Con il costo della vita non si compra neanche una casa”.

        La denuncia, il processo e la condanna

        La richiesta finale è di 300mila euro da inviare tramite bonifico. Prima che il pagamento avvenga, il dirigente decide di denunciare tutto. Le indagini portano al processo: il complice, giudicato con rito abbreviato, è già stato condannato. Ora arriva anche la sentenza per il cameriere: tre anni per tentata estorsione, nessuna responsabilità invece per l’arma utilizzata nell’agguato.

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          Cronaca Nera

          Caso Garlasco, la perita smonta le certezze sul DNA: “Dati non affidabili”, compatibilità con Sempio ma con fortissime criticità scientifiche

          Nella relazione di 93 pagine la perita mette in fila limiti metodologici, contaminazioni, assenza di un database locale e profili genetici troppo degradati per conclusioni nette. Restano solo due compatibilità “moderate”, mentre sugli altri reperti sono presenti solo DNA di Chiara e Stasi.

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            La perizia sul DNA sotto le unghie di Chiara Poggi, attesa per mesi, non chiude il cerchio. Al contrario, apre un fronte di incertezze che la stessa esperta, Denise Albani, mette nero su bianco: le tracce genetiche estratte nel 2014 dall’allora perito De Stefano “non sono consolidate né affidabili dal punto di vista scientifico”.
            Materiale parziale, misto, degradato e mai sottoposto a verifica successiva. Su questo, la genetista non lascia margini di interpretazione. E tuttavia, applicando modelli biostatistici, arriva a una compatibilità della linea maschile di Andrea Sempio con due tracce rinvenute su due dita della vittima: un “supporto da moderatamente forte a forte” per una, “moderato” per l’altra.
            Ma la stessa Albani avverte: non è possibile rispondere a domande fondamentali come “come, quando e perché” quel materiale genetico sia stato depositato. Un limite che, in un processo, pesa come un macigno.

            Analisi biostatistiche tra limiti e assenze nei database

            La relazione spiega perché le valutazioni statistiche non possano essere considerate definitive: manca un database della popolazione locale, condizione ideale per stimare la frequenza reale di un dato profilo genetico.
            Per questo, la perita ha dovuto utilizzare gruppi molto più ampi: la metapopolazione europea e quella mondiale. Scelte obbligate, ma che possono produrre risultati “sottostimati” e comunque non riferibili con precisione al contesto di Garlasco.
            Non stupisce che sia la difesa di Sempio sia i consulenti della famiglia Poggi continuino a parlare di dati “non scientifici” e “non utilizzabili” in sede processuale. La battaglia tra esperti è solo all’inizio.

            Sugli altri reperti resta solo il DNA di Chiara e Stasi

            L’incidente probatorio conferma inoltre che sugli altri reperti non emergono elementi nuovi. Le sessanta impronte rinvenute nella villetta non restituiscono profili utili, e sugli oggetti recuperati in pattumiera compaiono esclusivamente il DNA di Chiara e quello di Stasi.
            Sul tappetino del bagno, ancora una volta, solo materiale genetico della studentessa e del padre. Nessuna traccia collegabile ad Andrea Sempio. Persino l’“ignoto 3”, per un periodo considerato possibile svolta, si rivela frutto di contaminazione autoptica.

            Un risultato che non chiude nulla

            La perita ricorda che gli aplotipi analizzati non sono identificativi e non permettono attribuzioni personali. La compatibilità con Sempio riguarda l’intera linea patrilineare: tutti i parenti maschi condividono quel profilo.
            Alla domanda decisiva — basterà questo per incriminarlo? — oggi la risposta è no. Non con questi dati, non con queste criticità, non con tracce così fragili.
            L’inchiesta prosegue, ma la scienza, per ora, non indica una verità univoca.

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              Storie vere

              A Biancavilla famiglie in lacrime davanti alla salma sbagliata: scambio di feretri in ospedale e mistero su chi abbia invertito le bare

              Lo scambio è avvenuto dopo il ricovero dei due uomini, coetanei, nello stesso ospedale di Biancavilla. Le bare tornano alle famiglie corrette, ma resta senza risposta la domanda chiave: quando e perché i feretri sono stati confusi?

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                A Biancavilla, nel Catanese, una famiglia ha vegliato per ore un uomo che non conosceva, convinta di trovarsi davanti al proprio caro estinto. La scena, quasi irreale, si è consumata in una casa privata dove parenti e amici avevano iniziato il rito del commiato. Nessuno aveva notato nulla di anomalo. L’allarme è scattato solo quando l’Azienda sanitaria provinciale di Catania ha contattato uno dei familiari, invitandolo a verificare l’identità della salma. Una richiesta insolita che ha subito acceso i sospetti.
                Il controllo, effettuato con maggiore attenzione, ha confermato il peggiore dei timori: la persona nella bara non era il loro congiunto. Da quel momento la situazione si è capovolta, trascinando entrambe le famiglie in uno sconcerto difficile da spiegare.

                Due uomini, stesso ospedale, età simile

                Le informazioni raccolte indicano un punto comune: i due defunti, uomini di età simile, erano stati ricoverati nel medesimo ospedale, il “Maria SS. Addolorata” di Biancavilla. È lì che le loro strade si sarebbero incrociate per l’ultima volta.
                Le operazioni successive – preparazione delle salme, trasferimenti, consegna delle bare – rappresentano una catena lunga, fatta di passaggi tecnici e procedure che, in teoria, riducono al minimo la possibilità di errori. Ma qualcosa, questa volta, non ha funzionato. E le famiglie, ignare, hanno accolto due feretri invertiti senza sospettare alcuno scambio.

                Un errore ancora senza autore

                Resta ora la domanda più scomoda: chi ha invertito le bare? E soprattutto, in quale momento della procedura è avvenuta la confusione?
                L’Asp ha segnalato l’accaduto e dovrà ricostruire ogni fase, dai reparti al deposito delle salme, fino al passaggio alle imprese funebri. Errori del genere sono rari, ma quando accadono lasciano dietro di sé non solo disagi burocratici ma ferite emotive profonde.
                Le due famiglie, dopo ore di smarrimento, hanno finalmente riavuto indietro i rispettivi defunti. Un epilogo necessario, ma che non cancella lo choc di aver pianto un estraneo, né le domande ancora aperte su una vicenda che richiede chiarezza.

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