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Adolf Hitler? Microdotato, omosessuale e con un solo testicolo. Per non parlare delle sue flatulenze…

La sua vita sessuale rimane un territorio inesplorato, un labirinto di voci, ipotesi e scarse certezze. Mentre nuove ricerche e documenti continuano ad emergere, la verità definitiva su questo aspetto intimo e controverso del dittatore nazista sembra destinata a rimanere, almeno per ora, avvolta nel mistero.

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    Ancora oggi, la sfera sessuale di Adolf Hitler rimane uno degli enigmi più oscuri e dibattuti della storia. Più insondabile persino del leggendario “sesso degli angeli“, la presunta vita intima del Führer ha alimentato un’infinita schiera di speculazioni da parte di storici, giornalisti, psicologi e sessuologi. Spesso con scarse prove a sostegno. Nonostante decenni di ricerche, la verità su questo aspetto della sua esistenza sfugge ancora.

    Il monorchidismo di Hitler: aveva un solo testicolo

    L’ultimo contributo a questo intricato puzzle arriva dal libro “Der Tod geht über Leichen” (La morte cammina sui cadaveri) di Klaus Püschel, ex direttore dell’Istituto di Medicina legale di Amburgo, e della giornalista Bettina Mittelacher. Concentrandosi sulle ultime ore di Hitler e citando fascicoli segreti sovietici relativi alle autopsie, archivi del KGB e fotografie inedite, il libro riapre un vecchio dibattito: il monorchidismo (o criptorchidismo) del Führer. I documenti sembrerebbero confermare la voce, circolata a lungo, sulla mancanza del testicolo sinistro. Questa tesi si ricollega a quanto sostenuto nel 2017 dagli storici Jonathan Mayo ed Emma Craigie nel loro “Hitler’s Last Day: Minute by Minute“, i quali ipotizzarono non solo l’assenza di un testicolo, ma anche la presenza di un micropene.

    La bizzarra teoria del “caprone mutilatore”

    Le autopsie citate nei vari studi sembrerebbero avvalorare la singolare testimonianza di Eugen Wasner, un commilitone di Hitler durante la Prima Guerra Mondiale. Wasner affermò che il futuro dittatore sarebbe stato mutilato ai genitali da un caprone a cui il giovane Adolf avrebbe urinato addosso per una bravata. Nonostante la palese improbabilità, questa storia ha ispirato una curiosa letteratura, come il libro “I testicoli di Hitler” di Alain Libert e Victor Drossert (2019).

    L’ombra dell’omosessualità

    Un altro filone di indagine sulla sessualità di Hitler riguarda la sua presunta omosessualità. Il libro “Il segreto di Hitler” di Lothar Machtan, pubblicato nel 2001 con grande successo, presentava numerose testimonianze e documenti che, secondo l’autore, provavano come le amicizie maschili di Hitler fossero vere e proprie relazioni amorose. Machtan fornì un lungo elenco di queste presunte relazioni. Dagli anni giovanili (con voci di una sua presunta prostituzione in bordelli maschili) fino al periodo della Prima Guerra Mondiale e all’ascesa al potere. Tuttavia, molti critici hanno evidenziato la fragilità delle fonti utilizzate e la tendenza dell’autore a sottovalutare o omettere prove contrarie alla sua tesi.

    I “gay nazisti”: il caso Röhm e altre ipotesi

    Quando le teorie sulla vita sessuale di Hitler vacillano, emerge spesso l’argomento della presenza di figure omosessuali di alto rango nel partito nazista. Si è insistito, ad esempio, su una presunta (e infondata) omosessualità di Rudolf Hess, ricordando l’episodio del nudismo in carcere con Hitler. Ma il caso più emblematico è quello di Ernst Röhm, capo delle famigerate SA e dichiaratamente omosessuale. La sua stretta relazione con Hitler, durata fino alla “Notte dei lunghi coltelli” nel 1934, viene spesso citata come “prova” di una possibile omosessualità del Führer.

    Tra virilità forzata e fastidiosa flatulenza

    In contrasto con l’immagine di un Hitler “freak”, emerge anche quella di un leader macho e donnaiolo. Documenti del 2012 rivelarono presunte iniezioni di sperma di toro a cui il dittatore si sarebbe sottoposto per rinvigorire una libido provata dallo stress, sviluppando una sorta di “superpotere sessuale”. A questa immagine si contrappone un dettaglio più prosaico e meno “glorioso”. Ovvero la sua presunta sofferenza di una fastidiosa e incontrollabile flatulenza, che pare curasse con la stricnina. Così, alla lunga lista di presunte parafilie (omosessualità, sado-masochismo, feticismo urinario e fecale, zoofilia, voyeurismo, dipendenza da pornografia, pedofilia) si aggiunge anche quella di un Führer afflitto da problemi intestinali.

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      Cronaca

      Siete dei latitanti? Scappate qui… non vi prenderanno mai

      Ecco i Paesi nel mondo in cui non valgono gli accordi per l’estradizione nei quali è possibile rifugiarsi per sfuggire al carcere italiano.

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        Quali sono i Paesi che non hanno accordi di estradizione con l’Italia o che non estradano cittadini italiani latitanti verso il nostro Paese? Il loro elenco può variare e dipendere da diversi fattori. Dalla mancanza di trattati bilaterali alle leggi nazionali che proteggono i delinquenti dalla estradizione, o per considerazioni politiche e diplomatiche.

        I Paesi dove si rischia meno

        Nella lista dei Paesi che spesso non hanno accordi di estradizione con l’Italia o che pongono restrizioni all’estradizione troviamo la Cina che per impostazioni politiche spesso non estrada i propri cittadini. Segue la Russia che ha una politica restrittiva riguardo l’estradizione dei propri cittadini ma non nei confronti di cittadini italiani che hanno commesso crimini. Il Vietnam come la Cina, il raramente estrada i propri cittadini così come l’Arabia Saudita che non concede l’estradizione per vari motivi, inclusi quelli religiosi e politici. L’Iran non ha accordi di estradizione con molti paesi occidentali, compresa l’Italia. La Corea del Nord è estremamente improbabile che accetti qualsiasi richiesta di estradizione.

        La mancanza di cooperazione aiuta la malavita

        Cuba storicamente rifiutata molte richieste di estradizione da paesi occidentali. In Somalia la mancanza di un governo centrale stabile rende difficile qualsiasi cooperazione internazionale sull’estradizione. Così pure in Siria Paese nel quale le attuali condizioni politiche e di sicurezza impediscono accordi di estradizione efficaci. Tutti i Paesi senza relazioni diplomatiche con l’Italia come Bhutan o Tuvalu, Stato insulare polinesiano, potrebbero non avere accordi di estradizione semplicemente perché non hanno relazioni diplomatiche stabilite con l’Italia.

        I magnifici nove

        I Paesi nel mondo in cui con certezza non valgono gli accordi per l’estradizione – e quindi quelli in cui è possibile rifugiarsi per sfuggire al carcere in Italia – sono nove in tutto: dal Nepal alla Cambogia, dalle Seychelles alla Malesia, da Capo Verde al Belize. E inoltre Giamaica, Madagascar e Namibia. In Italia l’estradizione è regolata dall’articolo 13 del codice penale italiano che stabilisce come sia regolata dalla legge penale italiana, dalle convenzioni e dagli usi internazionali. Il nostro Paese, dal 1873, ha stipulato diversi accordi di estradizione bilatere con la maggior parte dei Paesi nel mondo.

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          Mondo

          Michelle Obama: «Barak? Mi sono innamorata della sua voce»

          Trentadue anni di matrimonio, due figlie e una storia d’amore nata da una telefonata: Michelle Obama ha rivelato come è iniziata la relazione con l’uomo che sarebbe diventato il 44° Presidente degli Stati Uniti.

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          Michelle Obama

            Michelle Obama ha raccontato un episodio inedito e personale del suo passato sentimentale nell’ultima puntata del podcast “In My Opinion (IMO)”, ospitato dal fratello Craig Robinson. Quando lui le ha chiesto quale fosse stato il primo dettaglio ad attirarla in Barack Obama, la risposta è stata immediata: «La sua voce. Profonda, calda, sicura. Più sexy di quanto mi aspettassi».

            La loro prima interazione non fu dal vivo, ma al telefono. Michelle, all’epoca giovane avvocata nello studio legale Sidley Austin di Chicago, era stata incaricata di fare da mentore a un promettente tirocinante di Harvard. Nonostante inizialmente lo immaginasse come un tipo “nerd e un po’ strano”, l’impressione cambiò non appena lo sentì parlare.

            Una scintilla difficile da ignorare

            Quando finalmente si incontrarono di persona, la sorpresa fu totale. «Era alto, affascinante, con una sicurezza disarmante. E decisamente più attraente della foto che avevo ricevuto». I due condivisero un pranzo ricco di risate e conversazioni profonde, e tra loro nacque subito un’intesa speciale. Tuttavia, Michelle tentò inizialmente di resistere: «Essendo la sua mentore, non volevo mischiare lavoro e sentimenti».

            Al punto da cercare di presentargli altre donne. Ma Barack, con la calma e la determinazione che ancora oggi lo contraddistinguono, non si fece scoraggiare. «Hai fascino, sei brillante. E poi, che importa cosa pensa lo studio? È la nostra vita», le disse per convincerla a uscire con lui.

            Le regole (e il rischio) di perdere l’amore

            Michelle ha ammesso che la sua rigidità iniziale rischiava di farle perdere “l’amore della vita”. «Stavo per lasciar perdere tutto per rispettare regole che, col senno di poi, non avevano alcun senso. Per fortuna Barack ha avuto la pazienza e il coraggio di farmelo capire».

            Oggi i due festeggiano 32 anni di matrimonio, hanno cresciuto insieme due figlie, Malia e Sasha, e affrontato con unità ogni fase della vita pubblica e privata. Nonostante le voci ricorrenti di crisi, Michelle chiarisce: «Non ho mai pensato di lasciarlo. Abbiamo affrontato momenti duri, ma sono diventata una donna migliore grazie a lui. E quella voce, credetemi, è ancora sexy come allora».

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              Mondo

              Trump vuole il Nobel per la Pace. Ma di pacifico, in lui, c’è solo l’ego

              Si paragona a Mandela, ma firma accordi che non reggono una settimana, minaccia l’Iran, accarezza Netanyahu e rilancia la pena di morte. Ora sogna il Nobel per la Pace, come se la pace fosse un reality di cui essere il protagonista.

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                Donald Trump non vuole solo governare il mondo. Vuole anche essere premiato per averlo messo a ferro e fuoco. Il 10 ottobre verrà annunciato il nuovo Nobel per la Pace e, tra i candidati più discussi, spunta proprio lui: l’uomo che bombarda, firma tregue che non durano un giorno e si autoproclama salvatore dell’umanità.

                «Ho concluso sette guerre», si è vantato dal palco dell’Onu, mentre il pianeta conta i danni lasciati dalle sue “missioni di pace”. Dall’Iran al Congo, dal Caucaso a Gaza, Trump si attribuisce meriti che non ha e si vende come un mediatore globale. In realtà, le sue “pacificazioni” sono contratti commerciali camuffati da diplomazia.

                Gli Accordi di Abramo, che nel 2020 dovevano normalizzare i rapporti tra Israele e il mondo arabo, oggi sono ridotti in macerie. Il Medio Oriente brucia, Netanyahu lo ringrazia a colpi di missili e i Paesi firmatari si sfilano uno dopo l’altro. Lo stesso vale per l’Asia, dove i “cessate il fuoco” tra India e Pakistan o tra Thailandia e Cambogia sono serviti solo a fargli scrivere qualche tweet trionfale.

                Ma il colpo più grottesco resta la “pace” afghana. Trump firmò con i Talebani un accordo di resa travestito da vittoria, lasciando a Biden il compito di gestire la disfatta. La sua eredità? Un Paese tornato indietro di vent’anni e le donne di nuovo sotto il burqa.

                Eppure, nonostante guerre sospese e bombe che ancora cadono, Trump insiste: “Merito il Nobel”. Del resto, ha appena ribattezzato il Pentagono “Dipartimento della Guerra” e reintrodotto la pena di morte a Washington DC. È la sua personale idea di “fratellanza tra i popoli”.

                Il Comitato di Oslo, se ha ancora un briciolo di senso dell’umorismo, potrebbe anche premiarlo. Ma dovrebbe farlo per la categoria giusta: miglior attore non protagonista nel film della pace mondiale. Perché se davvero il Nobel finisse nelle sue mani, l’unica cosa a morire sarebbe la credibilità del premio stesso.

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