Cronaca
Papa Francesco è morto: addio a Jorge Mario Bergoglio, il Papa della misericordia e del cambiamento
Dalla scelta del nome Francesco all’impegno per i poveri, dai gesti rivoluzionari ai grandi appelli per la pace e il clima: Bergoglio ha lasciato un’impronta profonda nella storia della Chiesa e del mondo.
Papa Francesco è morto. Jorge Mario Bergoglio, 266esimo Papa della Chiesa cattolica, si è spento questa mattina alle 7:35. L’annuncio ufficiale è arrivato dal cardinale Kevin Farrell: “Carissimi fratelli e sorelle, con profondo dolore devo annunciare la morte di nostro Santo Padre Francesco. La sua vita è stata dedicata interamente al servizio del Signore e della Chiesa”. Il Pontefice aveva 88 anni.
Nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936, figlio di emigrati piemontesi, Bergoglio si era avvicinato al sacerdozio dopo un percorso come tecnico chimico. Entrato nella Compagnia di Gesù nel 1958, fu ordinato sacerdote nel 1969. Arcivescovo di Buenos Aires dal 1998 e cardinale dal 2001, nel marzo 2013 fu eletto Papa dopo la storica rinuncia di Benedetto XVI. Primo gesuita e primo latinoamericano a salire al soglio di Pietro, scelse il nome di Francesco, in omaggio al santo di Assisi, simbolo di povertà, pace e amore per il creato.




Il pontificato di Francesco è stato segnato da riforme profonde e da gesti carichi di significato. Sin dall’inizio, Bergoglio ha posto al centro l’opzione per i poveri, la misericordia, il dialogo interreligioso, l’impegno per la giustizia sociale e la tutela del pianeta. Memorabili le sue parole: “Chi sono io per giudicare?” rivolte alla comunità LGBTQ+, così come l’apertura ai divorziati risposati e la mano tesa alle periferie esistenziali dell’umanità.
Nel 2015 ha indetto il Giubileo straordinario della Misericordia. Nel 2023, ancora, ha promulgato le nuove norme contro gli abusi nella Chiesa. Sotto il suo pontificato sono proseguiti i passi di avvicinamento alla Cina e sono stati lanciati vigorosi appelli per la lotta al cambiamento climatico, culminati nella storica enciclica Laudato si’.
Iconiche le immagini del Papa solo, sotto la pioggia, in una piazza San Pietro deserta durante il lockdown per il Covid-19. In quei mesi difficili, Francesco fu per molti un simbolo di speranza e resilienza.
Negli ultimi anni la salute del Pontefice si era progressivamente aggravata: dal primo intervento chirurgico al colon nel 2021, ai ripetuti ricoveri al Policlinico Gemelli. Nonostante le difficoltà, Papa Francesco ha continuato a svolgere il suo ministero, anche se con frequenti deleghe per le cerimonie più impegnative.
Soltanto ieri, nella domenica di Pasqua, si era affacciato dalla Loggia delle Benedizioni per impartire l’Urbi et Orbi, lasciando però la lettura del messaggio a mons. Diego Ravelli. Un gesto che aveva destato preoccupazione, pur nel clima di festa per la Risurrezione.
Con la morte di Papa Francesco si chiude un’epoca di grandi cambiamenti e sfide. Il suo lascito è quello di una Chiesa più aperta, più vicina agli ultimi, capace di dialogare con il mondo contemporaneo. Ora l’intera comunità cattolica mondiale si raccoglie in preghiera, in attesa delle prossime decisioni sulla sede vacante e sul futuro conclave.
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Cronaca
Corrado Augias lascia “Più Libri Più Liberi”: “La mia tolleranza si ferma davanti al nazismo”, dopo Zerocalcare un altro addio eccellente
Corrado Augias ha annunciato che non sarà presente a “Più Libri Più Liberi”, dove avrebbe dovuto parlare di Gobetti. Motivo: la presenza, tra gli espositori, di una casa editrice dichiaratamente neonazista. “Nulla in contrario che esista”, scrive, “ma non voglio avere nulla a che spartire con lui”. Una decisione che segue quella di Zerocalcare e riaccende il dibattito.
Il caso esploso attorno a “Più Libri Più Liberi” continua ad allargarsi. Dopo la rinuncia di Zerocalcare, anche Corrado Augias ha deciso di fare un passo indietro. Lo ha comunicato con una lettera a Repubblica, spiegando motivazioni e limiti di una scelta che non vuole essere un atto divisivo, ma una questione di coerenza. Perché, come scrive, «la mia tolleranza si ferma davanti al nazismo».
La lettera che cambia il clima della fiera
Augias avrebbe dovuto intervenire oggi pomeriggio in un incontro dedicato a Piero Gobetti, figura cardine dell’antifascismo italiano. Un contesto che rende ancora più significativo il suo ritiro. Lo scrittore precisa di non opporsi alla presenza di un editore dalle “dichiarate simpatie neonaziste”, ma di non voler condividere con lui alcuna forma di partecipazione pubblica. Un confine netto, tracciato con fermezza.
Un gesto che segue quello di Zerocalcare
La sua scelta arriva a poche ore dall’annuncio di Zerocalcare, che aveva già spiegato le ragioni del proprio rifiuto. Il risultato è un effetto domino che travolge il programma della fiera e obbliga organizzatori e pubblico a confrontarsi con la questione politica e morale legata agli spazi condivisi. La presenza di quell’editore sta diventando il punto di frattura del dibattito culturale di queste ore.
Il dibattito cresce anche fuori dalla fiera
Sui social, la notizia ha generato reazioni opposte: c’è chi difende la coerenza di Augias e chi ritiene che una fiera debba essere un luogo plurale, senza esclusioni. Ma nel cuore della discussione emerge una domanda più profonda: che cosa è accettabile condividere in uno spazio pubblico? E dove si colloca il limite tra libertà e convivenza?
Un segnale che peserà sulle prossime edizioni
Indipendentemente dalle posizioni, la doppia rinuncia ha già lasciato un segno. “Più Libri Più Liberi” si trova per la prima volta al centro di un cortocircuito tra cultura, etica e identità politica. E l’assenza di Augias, con il suo linguaggio misurato e deciso, rende impossibile ignorare la questione.
Cronaca Nera
Antonella Clerici si smarca dai talk sul caso Garlasco: “Non ce la farei a parlarne sempre”, la conduttrice rompe il silenzio
Antonella Clerici interviene sul modo in cui il caso Garlasco viene trattato dalla tv italiana. «Io non ce la farei a parlare sempre della stessa cosa», afferma, lanciando un messaggio chiaro ai talk show che continuano a dedicare intere puntate al delitto. Un commento che riapre il dibattito sui limiti del racconto mediatico della cronaca nera.
Quando Antonella Clerici decide di entrare in un dibattito pubblico, lo fa con la schiettezza che la contraddistingue. Questa volta il tema è il caso Garlasco, tornato al centro dell’informazione televisiva con una frequenza quasi quotidiana. E la conduttrice, con la sua sincerità disarmante, ha preso posizione: «Io non ce la farei a parlare sempre della stessa cosa». Una frase che fotografa un malessere diffuso.
Il peso della cronaca nei palinsesti
La televisione italiana ha sempre avuto un rapporto complesso con la cronaca nera, ma il caso Garlasco ha superato ogni soglia di esposizione. Puntate speciali, approfondimenti, dibattiti infiniti: un’attenzione martellante che, secondo molti spettatori, rischia di trasformare il dolore in intrattenimento. La posizione di Clerici intercetta questa sensibilità e la amplifica.
Una voce fuori dal coro
Abituata a gestire programmi legati alla cucina, all’intrattenimento e alla quotidianità, Antonella rappresenta l’altra faccia della tv: quella che preferisce raccontare la vita, non dissezionare ossessivamente un delitto. La sua presa di distanza non è una critica diretta alle colleghe e ai colleghi dei talk, ma una riflessione personale su un linguaggio televisivo che sente distante.
La reazione del pubblico
Il suo commento è stato accolto con un misto di sollievo e approvazione. Molti spettatori si riconoscono nella fatica emotiva di seguire l’ennesima puntata identica alla precedente. Altri sottolineano come la tv abbia il potere di scegliere cosa raccontare e con quale equilibrio. In mezzo, il solito dibattito social che trasforma ogni frase in un caso.
Una discussione più ampia sulla tv di oggi
L’intervento della Clerici apre un varco su una questione più grande: cosa vuole davvero il pubblico? E soprattutto, cosa dovrebbe offrire la tv generalista nel 2025? La risposta, forse, è nella misura. E nelle parole di una conduttrice che non ha bisogno di forzare la mano per far passare un messaggio semplice e potentissimo.
Cronaca
Ricatto a luci rosse contro un manager vicino a Meloni: cameriere condannato per tentata estorsione dopo un video erotico girato di nascosto
Il dirigente pubblico, figura di fiducia della presidente del Consiglio, è stato minacciato con la diffusione online di un filmato intimo. L’imputato avrebbe agito insieme a un complice armato. La corte riconosce il tentativo di estorsione e respinge l’accusa di possesso di arma da fuoco.
Un manager pubblico di primo piano, vicino a Giorgia Meloni, e un cameriere vent’anni più giovane. Da un incontro casuale in un ristorante di Roma nord nasce una frequentazione che, dopo anni di silenzio, si trasforma in un ricatto violento. È il quadro ricostruito dal tribunale, che ha condannato l’imputato a tre anni e 1.200 euro di multa per tentata estorsione.
La promessa, il ritorno di fiamma e il video nascosto
La relazione risale al 2013, quando i due si conoscono in una trattoria di Anzio. Secondo gli atti, il manager avrebbe accennato alla possibilità di “sistemare economicamente” il giovane amante. Un impegno rimasto nella memoria dell’indagato per oltre un decennio.
Nel 2024 un messaggio riapre i contatti: “Ciao, sei sparito. Come stai?”. Da quel momento i due tornano a frequentarsi. Durante un rapporto, il cameriere registra di nascosto un video hard, considerato dai magistrati la leva per il ricatto.
L’incontro all’Eur e la pistola in auto
Il filmato non basta: l’imputato coinvolge un complice, figura già conosciuta dal dirigente pubblico. Quando i tre si incontrano all’Eur, il complice sale sulla macchina della vittima, estrae una pistola e sostiene di appartenere a un gruppo criminale. La minaccia è esplicita: pagare, oppure vedere il video diffuso online.
Nei giorni successivi partono messaggi e nuove pressioni. Il manager propone 50mila euro, ma l’imputato respinge l’offerta: “Con il costo della vita non si compra neanche una casa”.
La denuncia, il processo e la condanna
La richiesta finale è di 300mila euro da inviare tramite bonifico. Prima che il pagamento avvenga, il dirigente decide di denunciare tutto. Le indagini portano al processo: il complice, giudicato con rito abbreviato, è già stato condannato. Ora arriva anche la sentenza per il cameriere: tre anni per tentata estorsione, nessuna responsabilità invece per l’arma utilizzata nell’agguato.
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