Politica
Due scandali “is meglio che one”: Report e Le Iene promettono fuochi d’artificio tra Giuli e Sangiuliano
Tutti sintonizzati per la serata più esplosiva della TV italiana: Report chiama e mette nel mirino Alessandro Giuli, mentre Le Iene rispondono e scoperchiano il mistero della chiave d’oro di Pompei tra un Sangiuliano che non si ricorda dove l’ha messa e una Boccia che fugge in macchina. Da cravatte Hermès a regali da 12 mila euro, la sceneggiatura è pronta e l’intrigo è assicurato.
Due scandali “is meglio che one”, si potrebbe dire facendo il verso a una mai dimenticata pubblicità di un noto gelato. E così chi non vede l’ora di sapere cosa succederà nella telenovela del Ministero della Giustizia, stasera dovrà armarsi di telecomando e far la spola tra Rai3 e Italia Uno. Sì, perché in contemporanea ci saranno Report e le Iene a raccontarci due storie capaci – a loro dire – di scuotere il Palazzo di via del Collegio Romano fino alle fondamenta.
Report chiama Le Iene risponde
O almeno così promettono. E se del primo, quello che andrà in onda su Report si sa già molto dopo che le anticipazioni di Sigfrido Ranucci hanno letteralmente terremotato la politica italiana da una settimana a questa parte, la notizia dello scoop sulle Iene è arrivata solo ieri. Se sulla Rai nel mirino ci sarà Alessandro Giuli, neoministro della poltrona più calda di Roma, alle Iene si tornerà a parlare di Gennaro Sangiuliano e della storia con Maria Rosaria Boccia che l’ha costretto alle dimissioni.
Insomma, una serata da non perdere per chi è appassionato di intrighi politici e piccoli (o grandi) misteri, tra cravatte simboliche, chiavi dorate e un cast di protagonisti che sembra uscito da una serie TV. Il doppio colpo d’inchiesta promette di scuotere non poco le poltrone governative.
Si apre con Sigfrido Ranucci
La serata si apre su Report, che presenterà un’inchiesta sulla nomina di Alessandro Giuli al Ministero della Cultura. La poltrona, fresca di assegnazione, si è già surriscaldata, e le anticipazioni promettono di mettere il dito nella piaga: collegamenti, accordi e dettagli inediti su un percorso che potrebbe avere qualche ombra. Giuli, con la sua carriera da opinionista e un passato di dichiarazioni al vetriolo, si trova ora a fronteggiare l’occhio indagatore del giornalismo d’inchiesta, e a quanto pare Report non si lascerà sfuggire nulla.
Ma la vera “chiave” della serata arriva subito dopo, su Italia 1: Le Iene torneranno a scavare nel mistero della chiave d’oro di Pompei, quel dono di 12 mila euro consegnato dall’entusiasta sindaco Carmine Lo Sapio a Gennaro Sangiuliano. Un omaggio scintillante, tempestato di rubini e smeraldi, che secondo la gioielleria Vitiello di “patacca” non ha nulla. L’artigiana che lo ha cesellato, puntualmente intervistata, respinge ogni sospetto con una certa ironia: «Patacca? Ma per l’amor di Dio, lei mi offende!», dichiara indignata ai giornalisti, precisando che l’oggetto è certificato e che persino un occhio distratto ne avrebbe notato il valore. Come dire: questa chiave brilla e pesa, e di certo non è la chiave del garage.
Aggiungere pepe al gossip
Per aggiungere pepe alla vicenda, si scopre che una chiave identica era stata regalata anche al predecessore di Sangiuliano, Dario Franceschini, che per anni l’aveva conservata a casa, probabilmente accanto a una serie di altri souvenir di Stato. Anche lui dichiarava di non essersi mai accorto del valore reale, fino a quando, colto alla sprovvista dallo scandalo, ha deciso di restituirla. L’ex ministro ribadisce di aver trattato il prezioso come una semplice onorificenza, ma l’orafo Vitiello ha tutt’altra opinione: “Se Franceschini pensava fosse finta, posso pure pensare che lui tiene una laurea finta!”. Insomma, la questione qui non è solo simbolica ma anche identitaria, e le dichiarazioni incrociate rischiano di trasformarsi in un botta e risposta pungente tra politici e artigiani.
Ministri ed ex ministri
Ma cos’è questa smania da parte dei ministri in carica di tenersi doni che per legge appartengono solo allo Stato? E mentre il caso diventa un pasticcio, Sangiuliano cerca di fare chiarezza, dichiarando di aver protocollato il dono e di averlo lasciato agli atti. Ma qualcosa non torna, perché alcuni sostengono che la chiave d’oro sia in realtà in possesso di Maria Rosaria Boccia, che pare aver pubblicato foto “compromettenti” dell’oggetto sui social. O’ Ministro ‘Nammurato gliel’avrebbe regalata, insomma. Tanto che in una lettera esclusiva inviata al Ministero, Sangiuliano ribadisce di non avere più la chiave e si dichiara pronto a pagare una differenza di 11 mila e 700 euro per compensare eventuali malintesi. Come dire: la chiave non c’è più, ma sono pronto a pagarla. Un gesto nobile, forse, ma che non spegne certo le domande che la vicenda ha suscitato.
La Boccia scappa
Infine, come in ogni buon giallo, arriva la fuga della protagonista. Quando Alessandro Sortino, l’inviato delle Iene, ha cercato di parlare con Maria Rosaria Boccia, la donna ha preferito svicolare, chiedendo di spegnere le telecamere e lasciando la scena in auto, come nei migliori thriller. Ma non finisce qui: la Boccia ha persino inviato una diffida formale a Le Iene, esortando la redazione a “non diffondere notizie destituite di fondamento” per non intaccare la sua “reputazione”. Un epilogo degno di una soap, in cui la consulente si defila in un ultimo, sfuggente colpo di scena.
Appuntamento imperdibile
Prepariamoci, quindi, perché questa sera chi cerca emozioni forti avrà di che gioire. Con un telecomando strategico tra le mani, i telespettatori potranno fare un tour de force tra Report e Le Iene, le due trasmissioni pronte a offrirci una scorpacciata di scandali e inchieste esclusive sui misteri del Ministero della Cultura. Insomma, una sorta di “Casa della Cultura” in versione soap opera, che promette colpi di scena, sorprese e qualche risata amara. Da una parte, Report si occuperà del neoministro Alessandro Giuli e delle sue “connessioni” politiche; dall’altra, Le Iene ci porteranno nei meandri dorati della “patacca” più famosa d’Italia: la chiave d’oro di Pompei. Quello che è certo è che, per una notte, il Ministero della Cultura ci regalerà intrighi e giochi di potere degni delle migliori soap opera.
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Politica
Maria Rosaria Boccia, spuntano documenti choc: quella prima laurea in Economia Aziendale non esisterebbe!
In atti del 2011 e 2012, la stessa Boccia si dichiara “diplomata”, mentre nel profilo LinkedIn, poi rimosso, millantava una laurea in Economia Aziendale del 2005 e una recente. Con la prima laurea ormai smentita, il caso si fa sempre più controverso e il curriculum dell’imprenditrice rischia di sgretolarsi.
Nuove ombre sul curriculum di Maria Rosaria Boccia: il settimanale “Oggi” pubblica documenti che metterebbero in discussione la legittimità della prima delle sue due lauree in Economia Aziendale. Un colpo di scena che porta a chiedersi quanto di vero ci sia nella narrazione accademica dell’imprenditrice di Pompei, già al centro di polemiche per le sue frequenti revisioni del passato.
Quello che lascia a bocca aperta è che la fonte di questi documenti è proprio Maria Rosaria Boccia stessa. Lo scorso 30 ottobre, forse nel tentativo di sviare l’attenzione, ha condiviso sui social una copia della sentenza di divorzio. Eppure, in quegli atti ufficiali del 2011 e 2012, risulta chiaramente “diplomata”. Nella prima pagina del ricorso, in bella vista, compare la dicitura “di professione commerciante e titolo di studio diploma”. Insomma, nessuna traccia di lauree!
Ma l’imprenditrice, fino a poco tempo fa, era stata molto chiara nella sua bio su LinkedIn, dove vantava due titoli accademici: uno in Economia Aziendale, conseguito nel 2005 presso l’Università degli Studi Parthenope di Napoli, e una seconda laurea, completata nel 2023 in modalità telematica. Non solo la Boccia sfoggiava un titolo “tardivo” di dubbia utilità, ma anche una laurea in economia che oggi sembra frutto della sua fantasia.
Se le rivelazioni di “Oggi” sono veritiere, la prima laurea della Boccia si dissolverebbe come una bolla di sapone. E viene da chiedersi: qual è il motivo di questo gioco di prestigio accademico? Perché costruire un curriculum su un falso titolo? I documenti sono chiari, e l’immagine dell’imprenditrice rischia ora di essere travolta da questo crollo di credibilità.
Intanto, gli osservatori più attenti si interrogano su cosa possa ancora emergere dalle ricerche che continuano a scavare nel passato della Boccia.
Politica
Caso Santanchè: Ki Group Holding sull’orlo del fallimento, debiti e indagini travolgono il “gioiellino bio”
Dopo la composizione negoziata fallita, gli avvocati che assistono Ki Group Holding spa rinunciano all’incarico, lasciando l’azienda bio sempre più vicina alla liquidazione giudiziale. L’Agenzia delle entrate presenta istanza per il fallimento, mentre la Procura di Milano continua a indagare sulla gestione della ministra Santanchè e dell’ex compagno.
Nuovi guai per Daniela Santanché. Dopo il collasso di Ki Group srl e Biofood, ora anche Ki Group Holding spa – la società che fino alla fine del 2021 è stata nelle mani della ministra del Turismo e del suo ex compagno, l’imprenditore Canio Mazzaro – si trova a un passo dal baratro, con oltre 400 mila euro di debiti verso il Fisco. La situazione, già precaria da tempo, ha spinto l’Agenzia delle entrate a chiedere l’intervento del Tribunale di Milano per avviare la procedura di liquidazione giudiziale. La “rottamazione-quater”, che avrebbe dovuto dare respiro alle casse della società, non ha portato i frutti sperati: anche questa strada è fallita con il mancato pagamento delle rate.
I pm valutano l’ipotesi di bancarotta
La Procura di Milano, sotto la guida di Marcello Viola, continua a indagare sul ruolo dell’imprenditrice di Fratelli d’Italia nella gestione della società, il cui declino sembra proprio coincidere con la presenza di Santanchè e Mazzaro. La loro amministrazione, tra mancati pagamenti e tentativi infruttuosi di risanamento, ha trasformato quello che un tempo era considerato un “piccolo gioiellino bio” in un’impresa in perenne crisi. E mentre i pm valutano l’ipotesi di bancarotta – ipotesi esclusa in precedenza per il caso Visibilia, legato invece all’accusa di falso in bilancio – la situazione di Ki Group Holding si fa sempre più critica.
Il tentativo di risanamento è naufragato
L’istanza per la liquidazione giudiziale, firmata dall’avvocato Carlo Dall’Asta, è stata depositata martedì. Non è la prima volta che la società tenta di rimanere a galla: già i pm Marina Gravina e Luigi Luzi avevano richiesto il fallimento per l’intero gruppo, ma la Holding era riuscita a ottenere una composizione negoziata della crisi, protetta da misure temporanee. Tuttavia, anche questo tentativo di risanamento è naufragato, e gli avvocati che assistevano la società in sede civile hanno rinunciato all’incarico, lasciando la Ki Group Holding sempre più isolata.
L’Agenzia delle entrate, che vanta crediti per oltre 414 mila euro, ha tentato di recuperare il proprio credito tramite pignoramenti, senza però ottenere alcun successo. Di fronte a questa situazione disperata, ha deciso di rivolgersi al Tribunale per far dichiarare lo “stato di insolvenza” della società, considerata incapace di onorare le proprie obbligazioni. Come si legge nell’istanza, la decadenza dal beneficio della rateazione e l’esito negativo dei pignoramenti sinora eseguiti sono la prova di un’azienda ormai incapace di risollevarsi.
L’appuntamento per discutere il destino di Ki Group Holding è fissato per il 14 novembre, data in cui verranno anche esaminate le sorti di Bioera, altra società della galassia bio associata a Santanchè e Mazzaro. La domanda, ormai, sembra essere una sola: ci sarà ancora spazio per un nuovo miracolo finanziario, o assisteremo all’ennesimo epilogo amaro per un’azienda italiana che non è riuscita a mantenere le promesse?
Politica
Guerra è il più amato. Fedriga al top fra i governatori. Lo dice un sondaggio nazionale
Un sondaggio ha evidenziato che le strade di sindaci e presidenti di Regione seguono tendenze divergenti. Mentre il calo di gradimento è fisiologico per un governatore su due, tre sindaci su quattro perdono consenso. Il ruolo dei presidenti di Regione è percepito come più incisivo, influenzato anche dal dibattito sull’autonomia differenziata che ha aumentato il loro protagonismo a livello nazionale.
Il Governance Poll 2024, condotto dall’Istituto demoscopico Noto Sondaggi per il Sole 24 Ore, ha svelato le classifiche di gradimento per sindaci e presidenti di Regione. In vetta alla classifica dei sindaci troviamo Michele Guerra di Parma con il 63%, seguito da Gaetano Manfredi di Napoli con il 62% e Michele De Pascale di Ravenna con il 61%, completando così un podio tutto di centrosinistra. Al quarto posto si piazzano Luigi Brugnaro (Venezia), Giuseppe Cassì (Ragusa), Claudio Scajola (Imperia) e Matilde Celentano (Latina).
Per quanto riguarda i presidenti di Regione, Massimiliano Fedriga (Friuli Venezia Giulia) conquista la prima posizione con il 68%, superando Stefano Bonaccini (Emilia Romagna, 67%) e Luca Zaia (Veneto, 66%). Fedriga scalza così Bonaccini e Zaia, mantenendo invariato il trio di testa rispetto agli anni precedenti, ma con piazzamenti invertiti.
Sindaci: cala la popolarità
Un dato significativo del Governance Poll 2024 è il calo di popolarità della maggior parte dei sindaci. Solo uno su quattro ha visto un incremento di consenso rispetto al giorno delle elezioni. Clemente Mastella (Benevento) guida questo gruppo con un +6,3%, seguito da Jamil Sadegholva (Rimini, +6,2%) e Luigi Brugnaro (Venezia, +5,9%).
Al contrario, tre sindaci su quattro hanno registrato una flessione nei consensi. Roberto Gualtieri (Roma) ha subito un calo del 15,2%, posizionandosi penultimo con il 45%, insieme a Roberto Lagalla (Palermo). Anche Giuseppe Falcomatà (Reggio Calabria) ha perso il 12,9%, piazzandosi al 77° posto con il 45,5%. Stefano Lo Russo (Torino) è sceso al 57° posto con il 51,5% (-7,7%), mentre Matteo Lepore (Bologna) ha registrato un calo del 7,4%, piazzandosi al 37° posto con il 54,5%. Marco Bucci (Genova) ha perso il 6,5%, scendendo al 67° posto con il 49%. Beppe Sala (Milano) è rimasto stabile al 57%, conquistando il 19° posto.
Presidenti di Regione: Fedriga in vetta
Tra i presidenti di Regione, Massimiliano Fedriga ha scalato la classifica con il 68%, seguito da Stefano Bonaccini (67%) e Luca Zaia (66%). Al quarto posto, con il 60%, si trovano Vincenzo De Luca (Campania) e Roberto Occhiuto (Calabria). Francesco Roberti (Molise) e Donatella Tesei (Umbria) condividono il sesto posto con il 57,5%, mentre Renato Schifani (Sicilia) è ottavo con il 57%. Attilio Fontana (Lombardia) è nono con il 55% (+0,3%). Francesco Rocca (Lazio) è in calo del 6,4%, posizionandosi undicesimo con il 47,5%.
Stefano Bonaccini (+15,6%) e Renato Schifani (+14,9%) hanno registrato i maggiori incrementi di consenso rispetto al giorno delle elezioni.
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