Politica
Regione Lombardia approva il bilancio 2025-27: sanità, infrastrutture e diritti degli animali al centro
Un bilancio da 34 miliardi con investimenti su sanità, trasporti e inclusione sociale. Marrelli: “Un passo di civiltà per i diritti degli animali”.

Dopo una maratona di 38 ore e oltre 4.200 emendamenti discussi, il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato il bilancio di previsione 2025-27 e la legge di Stabilità, con un valore complessivo di 34 miliardi di euro. Al centro della manovra, la sanità, con uno stanziamento record di 23 miliardi, insieme a investimenti per infrastrutture, politiche sociali e sostegno alle imprese e alle famiglie.
L’intervento di Luca Marrelli
Soddisfatto il consigliere regionale Luca Marrelli, che ha definito il bilancio “una manovra senza aumenti di pressione fiscale, ma ricca di investimenti mirati per i territori”. Tra le priorità citate, la sanità e il trasporto pubblico, con il prolungamento della linea metropolitana M5 fino a Monza finanziato con 37,2 milioni di euro l’anno dal 2027 al 2032. Marrelli ha inoltre evidenziato il valore del suo ordine del giorno approvato dall’aula per l’istituzione del garante dei diritti degli animali: “Un passo di civiltà che riconosce l’importanza dei nostri amici a quattro zampe, ormai parte integrante delle famiglie lombarde”.
Sanità e trasporti in primo piano
Tra gli interventi più significativi figurano 300 milioni per l’edilizia sanitaria, un incremento di 480 milioni sul Fondo Sanitario Regionale e 500 mila euro per potenziare i reparti di neuropsichiatria infantile. Nel settore trasporti, oltre al prolungamento della linea lilla, sono previsti investimenti per la sicurezza nelle stazioni, grazie alle richieste della Lega, e per nuovi spazi camperistici, proposti da Fratelli d’Italia.
Inclusione e lotta alla mafia
Grazie agli emendamenti delle opposizioni, sono stati stanziati 5 milioni per la rimozione delle barriere architettoniche nelle case popolari Aler, 500 mila euro per il recupero dei beni confiscati alla mafia e 500 mila euro per il servizio di ostetricia a domicilio. Inoltre, 2 milioni di euro saranno destinati alla sicurezza sul lavoro.
Critiche dalle opposizioni
Non sono mancate le polemiche. Secondo Pierfrancesco Majorino, capogruppo del Pd, “il bilancio è palesemente inadeguato e non risponde alle reali necessità dei cittadini”. Anche Nicola Di Marco, leader dei Cinque Stelle, ha criticato la manovra definendola passiva rispetto ai tagli del governo, mentre Onorio Rosati di Avs ha lamentato risposte parziali o negative alle proposte delle opposizioni.
Fontana e Alparone difendono la manovra
Il presidente della Regione, Attilio Fontana, ha sottolineato come il bilancio sia incentrato sul miglioramento dei servizi senza aumentare tasse o imposte, continuando a investire in infrastrutture e progetti strategici senza ricorrere a nuovo debito. L’assessore al Bilancio Marco Alparone ha ribadito la volontà di mantenere saldo il principio di sostenibilità economica, puntando su trasparenza e responsabilità.
Un bilancio, dunque, che punta a sostenere i lombardi in un contesto economico complesso, pur tra le critiche e le richieste di maggiore incisività da parte dell’opposizione.
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Politica
Tajani sorride, i Berlusconi comandano: Forza Italia a Cologno fra consigli, statuti e voglia di rinnovamento
Antonio Tajani arriva a Cologno Monzese per un incontro “tra amici”, ma la regia politica di Forza Italia è ormai tutta nelle mani degli eredi del Cav. Pier Silvio parla di “rinnovamento”, e il segretario obbedisce: nuovo statuto, nuova comunicazione, stesso sorriso forzato.

«Parleremo di tutto, del futuro e anche di Forza Italia». Antonio Tajani prova a recitare il copione del leader saldo, mentre si presenta alla villa di Marina Berlusconi a Cologno Monzese. Lo accompagna il mantra di sempre: «Li conosco da quando sono ragazzi, questi incontri li abbiamo sempre fatti». Ma dietro le parole di circostanza, la fotografia è chiara: chi comanda davvero sono gli eredi del Cavaliere.
A tavola con lui ci sono Marina e Pier Silvio, veri azionisti politici e finanziari del partito – il loro credito verso Forza Italia sfiora i 90 milioni di euro – e Gianni Letta, garante della liturgia familiare. L’incontro era stato rinviato due settimane fa tra voci di malumori, ora torna come se nulla fosse: «Un incontro tra amici», dice Tajani, cercando di smussare i rumors su un partito percepito come troppo appiattito sugli alleati e incapace di ritagliarsi uno spazio proprio.
La realtà è che basta una frase di Pier Silvio Berlusconi per orientare la rotta: quando ha parlato di “rinnovamento”, Tajani ha eseguito. In pochi giorni è arrivato il nuovo statuto, è stato scelto Simone Baldelli come coordinatore della comunicazione e si è dato il via a un lifting silenzioso della catena di comando. Tutto senza clamori, ma con un messaggio inequivocabile: Forza Italia è un marchio di famiglia, e chi la gestisce in politica lo fa in affitto.
Intanto, le voci di insofferenza per il segretario crescono: la linea prudente di Tajani, fatta di piccoli compromessi e temi secondari come lo Ius scholae, convince poco i custodi del brand berlusconiano. «Ascolto i consigli che arrivano dagli amici», ripete lui, ma gli amici hanno appena deciso quali note dovrà suonare.
Per ora Tajani sorride e incassa. La regia resta a Cologno, la bacchetta pure.
Politica
Pier Silvio, lo sapevamo! E ora se ne accorge anche Elon Musk…
È bastato un sondaggio su X per confermare quello che in pochi osavano dire ad alta voce: l’aria attorno a Pier Silvio si è fatta politica. E i segnali, per chi li sa leggere, c’erano già tutti.

Che Pier Silvio Berlusconi si stia preparando al grande salto, lo diciamo da mesi. Altro che operazione estemporanea, altro che voce di corridoio estiva. Chi ha seguito davvero l’evoluzione di questo “uomo nuovo” della galassia berlusconiana — il figlio silenzioso, manageriale, quasi allergico ai riflettori — sa bene che certi segnali non arrivano mai per caso. Ora a certificare l’odore di politica è anche Andrea Stroppa, l’uomo-ombra di Elon Musk in Italia, che da X lancia l’endorsement più bizzarro dell’estate: “Pier Silvio in politica sarebbe positivo. E divertente”. In tempi normali, verrebbe da sorridere. Ma qui si parla della piattaforma social preferita dai potenti, e di un nome che, con tutto il suo low profile, fa tremare ancora qualche sismografo.
Stroppa, senza un partito né un programma, si spinge a dichiarare che un eventuale movimento guidato da Pier Silvio sarebbe già intorno al 15%. Con che base, non si sa. Ma il messaggio è chiaro: da oltreoceano l’ipotesi piace. E quando Musk fiuta qualcosa, anche solo per gioco, c’è sempre qualcuno che prende nota. A partire da chi ha interesse a vedere cambiare volto (e stile) al centrodestra.
Certo, ufficialmente Pier Silvio continua a dirsi estraneo alla politica. Ma intanto ha ripulito Mediaset, ha imposto una nuova linea editoriale, ha tagliato le unghie al trash di partito, ha ricostruito un’identità aziendale fatta di ordine e sobrietà. E ora viene celebrato da quelli che — a parole — odiano la “casta”, ma in fondo cercano proprio un nuovo principe ereditario a cui aggrapparsi.
Non serve che parli, per essere ascoltato. Non serve che si candidi, per fare paura. Pier Silvio c’è, eccome. E chi lo ha capito in tempo, oggi non ha bisogno di sondaggi per fiutare dove tira il vento.
Politica
Meloni sul Time: dalla fiamma al glamour, ora Giorgia conquista la copertina del magazine americano.
Giorgia Meloni è la nuova star del Time: “Figura interessante d’Europa”. Il profilo elogia la sua ascesa, il pragmatismo e la postura internazionale. Ma tra omissioni, ambiguità e scatti patinati, l’operazione profuma più di rebranding che di rivoluzione politica.

Altro che l’Italia degli spaghetti e mandolino: ora ci sono i tacchi, i dossier sottobraccio e le copertine patinate. Giorgia Meloni si prende il Time. E non un trafiletto laterale: la copertina. “Una delle figure più interessanti d’Europa”, scrive il magazine. Tradotto: la destra in tailleur è finalmente presentabile anche in salotto, purché non urli troppo.
Il ritratto firmato da Massimo Calabresi è lungo, curato, levigato. E racconta una Meloni capace di sorprendere: meno barricadera di quanto i suoi stessi elettori forse speravano, più atlantista di molti centristi in doppiopetto. Una premier che affascina Washington, piace a Bruxelles, si fa fotografare in posa riflessiva mentre promette riforme “presidenziali” con un occhio a Mattarella e l’altro a Trump.
Ma il punto non è chi l’ha intervistata. È chi ha scelto di dimenticare. Perché nel ritratto non c’è traccia di certi provvedimenti sgraziati, né delle leggi che strizzano l’occhio al voto nostalgico. Scompare magicamente il piglio muscolare sui migranti, l’offensiva contro la stampa, i sussurri autoritari che sanno tanto di passato che non passa mai. E il pragmatismo? Viene scambiato per democrazia, come se bastasse non salire su un balcone per essere Churchill.
Certo, l’articolo ricorda che Biden l’aveva presa con le molle. Ma oggi la benedice, come fanno Von der Leyen e i repubblicani Usa. Tutti affascinati da una leader che parla chiaro, cammina dritta e non fa troppe onde. In fondo, Meloni non rompe con Bruxelles: cerca solo di renderla un po’ più FdI-friendly. Altro che rivoluzione: è la normalizzazione del post-fascismo a colpi di selfie e parole misurate.
E se oggi il mondo applaude Giorgia, è anche perché fa comodo una destra “gestibile” nel cuore dell’Europa. Una che non alza la voce, ma tiene saldo il timone. E soprattutto non si vergogna di portare in copertina la fiamma del MSI, pur illuminata da un riflettore americano.
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