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Politica

Scoppia il caso Boccia: quali sono i rapporti reali tra la bionda misteriosa e il ministro Sangiuliano?

Da Portici a Roma, la fulminea ascesa di Maria Rosaria Boccia come presenza fissa accanto al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano solleva interrogativi e polemiche. Dopo aver annunciato sui social la sua nomina, il ministero la smentisce e scoppia il caso politico. L’opposizione chiede chiarezza, mentre la Boccia insiste e non rimuove nulla dai suoi profili. Un gioco di specchi tra ambizione, fascino e una politica che forse ha abboccato troppo in fretta.

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    Forse è solo una sorta di genio del marketing personale, capace di incantare un’intera istituzione con un sorriso smagliante e un profilo social ben curato. Quello che è certo è che Maria Rosaria Boccia, una bionda nata sotto il sole di Pompei, ha fatto parlare di sé annunciando su Instagram di essere stata nominata “Consigliere per i Grandi Eventi” dal Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. Ma mentre il portavoce del Ministro smentisce seccamente, sostenendo che la Boccia non è mai stata nominata, l’ombra del dubbio aleggia su chi sia davvero questa misteriosa organizzatrice di eventi, così abile nel farsi strada nei corridoi del potere.

    Una sconosciuta signorina bionda…

    Come ha fatto una misconosciuta bionda di Portici a diventare una presenza fissa accanto al Ministro? Il Foglio racconta di una donna capace di entrare alla Camera, organizzare serate di gala e fare lobbying, arrivando persino ad accreditarsi come una sorta di consigliera ombra. Qualcuno dirà che il Ministro sia stato abbagliato da tanto fascino, altri preferiscono pensare che ci sia stato un malinteso, ma la realtà è che Maria Rosaria Boccia è riuscita a guadagnarsi un posto in prima fila negli ambienti che contano.

    Storia degna di un rotocalco

    La storia, che sembra uscita da un romanzo di intrighi, racconta di una Boccia che immortala ogni momento della sua ascesa su Instagram: decine di foto con Sangiuliano (in contesti istituzionali e non), selfie con Lollobrigida, video alla Camera dei Deputati. Difficile per il titolare del dicastero della Cultura negare di conoscerla di fronte alla gallery che noi pubblichiamo.

    Un curriculum che diventa sempre più nutrito, con incarichi di collaborazione alla Bocconi e addirittura il titolo di “ambasciatrice della moda ad Atene”. E mentre il Ministero diffida la Boccia a rimuovere la notizia della nomina, lei continua a postare e aggiornare il suo profilo come se nulla fosse.

    Quante domande…

    Questa vicenda ha suscitato non poche domande: chi è davvero Maria Rosaria Boccia e come è riuscita a diventare una figura così influente? La risposta non è ancora chiara, ma una cosa è certa: ha saputo sfruttare al massimo le opportunità e i contatti a sua disposizione, affermandosi come una presenza costante accanto a figure di spicco del governo.

    L’opposizione, nel frattempo, non perde tempo e presenta due interrogazioni parlamentari per fare chiarezza sulla vicenda. “Il curriculum di Maria Rosaria Boccia risulta palesemente carente sia rispetto alle tematiche di interesse del dicastero, sia rispetto all’organizzazione di grandi eventi in generale”, scrivono i senatori di Italia Viva. Intanto non si parla d’altro e la figura di questa donna ambiziosa continua a sollevare curiosità e polemiche. Cosa la lega a Sangiuliano? Chi vivrà vedrà… Quello che è sicuro che questa storia non è finita qui!

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      Politica

      Pier Silvio, lo sapevamo! E ora se ne accorge anche Elon Musk…

      È bastato un sondaggio su X per confermare quello che in pochi osavano dire ad alta voce: l’aria attorno a Pier Silvio si è fatta politica. E i segnali, per chi li sa leggere, c’erano già tutti.

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        Che Pier Silvio Berlusconi si stia preparando al grande salto, lo diciamo da mesi. Altro che operazione estemporanea, altro che voce di corridoio estiva. Chi ha seguito davvero l’evoluzione di questo “uomo nuovo” della galassia berlusconiana — il figlio silenzioso, manageriale, quasi allergico ai riflettori — sa bene che certi segnali non arrivano mai per caso. Ora a certificare l’odore di politica è anche Andrea Stroppa, l’uomo-ombra di Elon Musk in Italia, che da X lancia l’endorsement più bizzarro dell’estate: “Pier Silvio in politica sarebbe positivo. E divertente”. In tempi normali, verrebbe da sorridere. Ma qui si parla della piattaforma social preferita dai potenti, e di un nome che, con tutto il suo low profile, fa tremare ancora qualche sismografo.

        Stroppa, senza un partito né un programma, si spinge a dichiarare che un eventuale movimento guidato da Pier Silvio sarebbe già intorno al 15%. Con che base, non si sa. Ma il messaggio è chiaro: da oltreoceano l’ipotesi piace. E quando Musk fiuta qualcosa, anche solo per gioco, c’è sempre qualcuno che prende nota. A partire da chi ha interesse a vedere cambiare volto (e stile) al centrodestra.

        Certo, ufficialmente Pier Silvio continua a dirsi estraneo alla politica. Ma intanto ha ripulito Mediaset, ha imposto una nuova linea editoriale, ha tagliato le unghie al trash di partito, ha ricostruito un’identità aziendale fatta di ordine e sobrietà. E ora viene celebrato da quelli che — a parole — odiano la “casta”, ma in fondo cercano proprio un nuovo principe ereditario a cui aggrapparsi.

        Non serve che parli, per essere ascoltato. Non serve che si candidi, per fare paura. Pier Silvio c’è, eccome. E chi lo ha capito in tempo, oggi non ha bisogno di sondaggi per fiutare dove tira il vento.

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          Politica

          Meloni sul Time: dalla fiamma al glamour, ora Giorgia conquista la copertina del magazine americano.

          Giorgia Meloni è la nuova star del Time: “Figura interessante d’Europa”. Il profilo elogia la sua ascesa, il pragmatismo e la postura internazionale. Ma tra omissioni, ambiguità e scatti patinati, l’operazione profuma più di rebranding che di rivoluzione politica.

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            Altro che l’Italia degli spaghetti e mandolino: ora ci sono i tacchi, i dossier sottobraccio e le copertine patinate. Giorgia Meloni si prende il Time. E non un trafiletto laterale: la copertina. “Una delle figure più interessanti d’Europa”, scrive il magazine. Tradotto: la destra in tailleur è finalmente presentabile anche in salotto, purché non urli troppo.

            Il ritratto firmato da Massimo Calabresi è lungo, curato, levigato. E racconta una Meloni capace di sorprendere: meno barricadera di quanto i suoi stessi elettori forse speravano, più atlantista di molti centristi in doppiopetto. Una premier che affascina Washington, piace a Bruxelles, si fa fotografare in posa riflessiva mentre promette riforme “presidenziali” con un occhio a Mattarella e l’altro a Trump.

            Ma il punto non è chi l’ha intervistata. È chi ha scelto di dimenticare. Perché nel ritratto non c’è traccia di certi provvedimenti sgraziati, né delle leggi che strizzano l’occhio al voto nostalgico. Scompare magicamente il piglio muscolare sui migranti, l’offensiva contro la stampa, i sussurri autoritari che sanno tanto di passato che non passa mai. E il pragmatismo? Viene scambiato per democrazia, come se bastasse non salire su un balcone per essere Churchill.

            Certo, l’articolo ricorda che Biden l’aveva presa con le molle. Ma oggi la benedice, come fanno Von der Leyen e i repubblicani Usa. Tutti affascinati da una leader che parla chiaro, cammina dritta e non fa troppe onde. In fondo, Meloni non rompe con Bruxelles: cerca solo di renderla un po’ più FdI-friendly. Altro che rivoluzione: è la normalizzazione del post-fascismo a colpi di selfie e parole misurate.

            E se oggi il mondo applaude Giorgia, è anche perché fa comodo una destra “gestibile” nel cuore dell’Europa. Una che non alza la voce, ma tiene saldo il timone. E soprattutto non si vergogna di portare in copertina la fiamma del MSI, pur illuminata da un riflettore americano.

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              Politica

              Farmacia Meloni: Gemmato sogna il viceministero e intanto incassa la ricetta giusta

              Il fedelissimo di Giorgia Meloni e farmacista a tempo pieno, è il nome più caldo per il ruolo di viceministro alla Salute. Il decreto di nomina è pronto da settimane, ma sul tavolo del ministro Orazio Schillaci resta lì, fermo, in attesa di una firma che non arriva. E non per pigrizia. Ma perché il conflitto d’interessi è fin troppo evidente.

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                Marcello Gemmato, fedelissimo di Giorgia Meloni e farmacista a tempo pieno, è il nome più caldo per il ruolo di viceministro alla Salute. Il decreto di nomina è pronto da settimane, ma sul tavolo del ministro Orazio Schillaci resta lì, fermo, in attesa di una firma che non arriva. E non per pigrizia. Ma perché il conflitto d’interessi è fin troppo evidente.

                Gemmato, pugliese doc, già noto per le sue uscite discutibili sui vaccini, è anche titolare di una farmacia a Terlizzi. Ed è proprio questo a preoccupare Schillaci: perché da quando il sottosegretario ha ricevuto la delega sulla farmaceutica, le farmacie hanno iniziato a godere di trattamenti da veri e propri privilegiati.

                Il caso più eclatante? Il trasferimento di intere categorie di farmaci dalla cosiddetta “assistenza diretta” (cioè distribuiti dagli ospedali con forti sconti per le Regioni) agli scaffali delle farmacie. Una scelta venduta come “semplificazione” per i cittadini, ma che ha fatto felici soprattutto i titolari di farmacie: meno burocrazia, più margini. Il tutto senza veri benefici per gli utenti, che prima prendevano quei medicinali gratis o a basso costo nei presìdi sanitari e ora li pagano (indirettamente) con i bilanci regionali.

                Schillaci, uomo di medicina e non di partito, ha espresso più di una perplessità. E anche dal Colle, dove Marcello Gemmato non riscuote le simpatie che ha a Palazzo Chigi, si invita alla prudenza.

                A pesare, poi, c’è anche la rete di rapporti tessuta dal sottosegretario. Dopo la fusione tra Unico e Q Farma è nato un colosso della distribuzione da 2,5 miliardi. E nel cda è spuntato un amico storico di Gemmato: Sergio Silvestris, ex europarlamentare FdI. Coincidenze?

                Giorgia Meloni, che nella masseria di Gemmato ha passato più di una vacanza, prende tempo. Pubblicamente tace, privatamente sa che una nomina sbagliata alla Salute potrebbe costarle cara. Anche perché promuovere un farmacista con delega alla farmaceutica non è solo un rischio politico: è una bomba a orologeria. E il conto, prima o poi, arriva. Con o senza ricetta.

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