Cronaca
Scuola: avete 5 in condotta? Bocciati
Il ddl proposto del Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara è chiaro, con un “5” in condotta si è bocciati anche se nelle altre materie si va benissimo.
Il ddl proposto del Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara è chiaro, con un “5” in condotta si è bocciati anche se nelle altre materie si va benissimo. Il ddl è stato accolto dal Senato e ora si aspetta la sua approvazione alla Camera. Fulcro dello stesso denominato ‘Revisione della disciplina in materia di valutazione del comportamento delle studentesse e degli studenti‘, sono la disciplina e il comportamento dello studente a scuola.
Il ddl, infatti, introduce una stretta nella valutazione e l’introduzione di alcune sanzioni per studenti che commettono “violenze” in ambito scolastico. Il provvedimento inserisce la bocciatura automatica se si ha un “5” in condotta. Inoltre alle superiori se in concotta si ha “6” si avrà un debito scolastico cui riparare con un’esamino’ in educazione civica.
Cosa cambierà effettivamente
Il ddl attribuisce maggiore peso alla valutazione del comportamento degli studenti puntando a responsabilizzare gli stessi e ad arginare una certa permissività adottata negli ultimi anni. Soprattutto dopo i recenti fatti di violenza fisica accaduti ai danni di professori e docenti. Inoltre introduce una diversa valutazione sia per le scuole primarie che per medie e superiori. Da segnalare che per ottenere dei crediti da utilizzare all’esame di maturità il voto in condotta deve essere minimo un “9”. Con un “8” non si ha diritto ad alcun credito.
Condotta? Con un “5” sei bocciato…
La condotta avrà un peso determinante per l’ammissione all’anno scolastico successivo o alla maturità. Tutti gli studenti, infatti, dovranno raggiungere un voto minimo, con il rischio di essere bocciati se il voto scenderà sotto al “5”. Alle scuole superiori se in condotta si ha un “6”, anche se nelle materie di va benissimo, il passaggio alla classe successiva, o alla maturità, sarà legato al superamento di un esame in educazione civica.
Valutazione? Si ritorna al 2…
Alle medie e superiori anziché per singolo quadrimestre la valutazione sarà considerata nell’arco dell’intero anno scolastico con il ritorno al voto espresso in numeri. Abbandonando quindi il sistema descrittivo fin qui usato. Alla primaria, invece, i giudizi “avanzato”, “intermedio”, “base” – introdotti nel 2020 dal Ministro Lucia Azzolina – verranno sostituiti da giudizi sintetici con valutazioni che partiranno da “ottimo” fino a “gravemente insufficiente“.
Violenza? Ti tocca pagare…
Non saranno più tollerati gesti e comportamenti violenti o aggressivi nei confronti di docenti, di altri studenti e del personale scolastico. Comportamenti che peseranno di più nelle tasche delle famiglie con la possibilità di sanzioni e multe per chi danneggia gli istituti durante le occupazioni e manifestazioni di ogni tipo.
Sospensioni? Rivoluzionato anche il sistema di sospensioni
Con due giorni di stop per motivi disciplinari gli studenti verranno coinvolti in attività di riflessione e approfondimento per comprendere i motivi dei loro comportamenti. Ma non solo. Allo studente si chiederà la produzione di un elaborato critico con il quale valutare la maturità dello studente. Per sospensioni più lunghe, invece, verranno assegnate attività di cittadinanza solidale, ovvero alcune attività da sviluppare in collaborazione con associazioni e onlus.
Su quest’ultimo punto il Ministro è stato chiaro: “Nel caso di atti di bullismo ritengo che non solo sia inutile ma anche dannoso tenere il ragazzo lontano da scuola, lasciato a non fare nulla. L’impegno in attività sociali è molto più costruttivo, perché lo studente possa analizzare e comprendere i motivi dei propri comportamenti inappropriati. Far parte di una comunità comporta diritti e doveri, tra i quali il rispetto per i docenti, i propri compagni e i beni pubblici“. Inoltre, prosegue Valditara è importante che chi “(…) aggredisce personale della scuola risarcisca la scuola stessa per il danno di immagine che ha contribuito a creare.(…).
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Cronaca
Rigato e l’accusa choc: la testimone Skorkina in aula racconta minacce e il milione chiesto a Berlusconi nel processo di Monza
Raissa Skorkina racconta in aula la sua versione dei fatti e descrive anche la relazione durata quattro anni con Silvio Berlusconi. Al centro del processo l’accusa a Giovanna Rigato, che avrebbe preteso prima una casa e poi un milione di euro minacciando dichiarazioni ai pm secondo l’accusa.
L’aula del Tribunale di Monza si è collegata fino in Thailandia per ascoltare una delle testimonianze più delicate del processo che vede imputata Giovanna Rigato. A parlare è stata Raissa Skorkina, modella russa considerata una delle cosiddette Olgettine, chiamata a confermare un presunto tentativo di estorsione ai danni di Silvio Berlusconi. Parole pesanti, pronunciate a distanza, che hanno riaperto una vicenda che intreccia denaro, relazioni personali e vecchi equilibri mai davvero spenti.
La testimonianza dalla Thailandia
Affiancata dal suo avvocato Mirko Palumbo, Skorkina ha ribadito davanti ai giudici un’accusa già messa nero su bianco dagli inquirenti. «Rigato lo minacciava», ha detto in modo diretto, ricostruendo il contesto in cui sarebbero maturate le richieste. Secondo l’impianto accusatorio, all’ex premier sarebbe stato chiesto inizialmente un immobile, trasformato poi in una richiesta esplicita di denaro contante. Il tutto, sempre secondo l’accusa, accompagnato dalla minaccia di rendere dichiarazioni “pregiudizievoli” ai pubblici ministeri. Una pressione che, nelle intenzioni di chi indaga, avrebbe dovuto costringere Berlusconi a pagare per evitare nuove conseguenze giudiziarie.
La richiesta della casa e del milione
Il passaggio chiave del racconto riguarda proprio l’escalation delle pretese. Prima una casa, poi un milione di euro. Una cifra enorme, che avrebbe rappresentato il punto di rottura definitivo. Skorkina ha confermato questa versione senza aggiungere dettagli ulteriori, limitandosi a ribadire l’esistenza delle minacce. Rigato, dal canto suo, è imputata per aver cercato di ottenere denaro lamentando presunti danni d’immagine legati al suo coinvolgimento nei procedimenti giudiziari e per l’interruzione dei contributi economici che avrebbe ricevuto in passato. Un intreccio che, secondo l’accusa, avrebbe portato all’incontro del 2016 nella villa di Arcore.
La relazione con Berlusconi
Nel corso della sua deposizione, Skorkina ha anche ripercorso il proprio rapporto personale con Berlusconi. Lo avrebbe conosciuto nel 2005 durante un concorso di bellezza a Porto Cervo. Da lì sarebbe nata una relazione durata circa quattro anni, sebbene entrambi fossero sposati. «Era geloso e non voleva che io lavorassi o facessi carriera. Così facevo la casalinga e lui si occupava delle mie necessità», ha raccontato la modella. Ha inoltre precisato di non aver mai partecipato a feste con altre ragazze e di non sapere nulla a riguardo, prendendo le distanze da qualsiasi altro tipo di frequentazione legata a quel periodo.
Arcore, il 2016 e l’attesa per marzo
Il momento considerato decisivo dagli inquirenti resta quello dell’incontro avvenuto a Villa San Martino, ad Arcore, nel 2016. È lì che, secondo l’accusa, si sarebbe consumato il tentativo di estorsione. Intanto il dibattimento è stato aggiornato al mese di marzo, quando verranno ascoltati i testimoni della difesa. Tra i nomi che potrebbero comparire spunta anche quello di Karima El Mahroug, conosciuta come Ruby, già protagonista di altri procedimenti legati alle vicende giudiziarie dell’ex premier. Un processo che continua ad aggiungere tasselli a una storia che, a distanza di anni, non smette di far discutere.
Italia
Perché l’8 dicembre l’Italia si ferma davvero: la verità sull’Immacolata
In Italia l’8 dicembre è un giorno di festa nazionale e segna l’inizio delle celebrazioni natalizie. Ma qual è l’origine di questa ricorrenza e perché è così importante per la tradizione cattolica?
L’8 dicembre, ogni anno, l’Italia si ferma. Le scuole chiudono, molti uffici restano serrati e le città si riempiono di luci e decorazioni: per molti è l’inizio “ufficiale” del Natale. Ma questa festività, riconosciuta come giorno festivo nazionale, ha una storia molto più profonda che affonda le radici nella teologia cristiana.
Il significato religioso dell’Immacolata Concezione
Contrariamente a un equivoco comune, questa festa non riguarda il concepimento di Gesù, bensì quello di Maria. La dottrina cattolica afferma che la madre di Cristo sia stata preservata dal peccato originale fin dal primo istante della sua esistenza. Una credenza presente nel cristianesimo da secoli, ma che divenne verità di fede soltanto il 8 dicembre 1854, quando Papa Pio IX proclamò solennemente il dogma con la bolla Ineffabilis Deus.
Questa convinzione attribuisce a Maria un ruolo unico nel disegno di salvezza: essere un grembo “puro”, pronto ad accogliere il Figlio di Dio. È per questo che l’Immacolata è tra le feste mariane più sentite e celebrate in tutto il mondo cattolico.
Una tradizione popolare radicatissima
Nel corso del tempo la festa è uscita dalle sole mura ecclesiastiche per diventare un appuntamento amato dalla comunità civile. In Italia, grazie alla forte tradizione cattolica, l’Immacolata è riconosciuta come festività nazionale: una giornata di pausa che coincide con la voglia di prepararsi al Natale.
In moltissime famiglie si approfitta dell’8 dicembre per fare l’albero di Natale e addobbare la casa: un rituale che, pur non avendo origini religiose, è entrato a pieno titolo nella tradizione del Paese. Nelle piazze più importanti vengono accese le luminarie, e nelle parrocchie si inaugurano presepi e mercatini.
A Roma, ogni anno, il Papa rende omaggio alla statua della Vergine in Piazza di Spagna, un gesto di devozione che si ripete dal 1953 e che attira fedeli e curiosi da tutto il mondo. In molte città italiane si svolgono processioni, incontri di preghiera e celebrazioni comunitarie.
La festa che unisce fede e identità culturale
L’Immacolata Concezione rappresenta un crocevia tra patrimonio religioso e costume sociale: per chi crede, è la celebrazione della purezza e dell’amore materno; per tutti gli altri, è l’occasione per vivere una giornata di tradizioni, in famiglia o con gli amici, alle porte del Natale.
In un mondo che corre veloce, l’8 dicembre ci ricorda l’importanza della memoria collettiva e dei simboli condivisi. Perché, al di là della fede personale, questa data continua ad essere un momento di unione: un punto di partenza per entrare nel clima natalizio, con quel mix di sacralità, festa e calore che da sempre contraddistingue la cultura italiana.
Mondo
Giovani donne e il “sogno americano” in fuga: perché il 40% vorrebbe lasciare gli Stati Uniti
Tra clima politico, diritti riproduttivi e sfiducia nelle istituzioni, cresce il numero di giovani donne che non si riconoscono più nell’immagine degli Stati Uniti come terra di opportunità. Canada, Nuova Zelanda, Italia e Giappone le mete più ambite.
Un mito che si incrina
Per generazioni il “sogno americano” ha rappresentato l’idea di un Paese in cui chiunque potesse aspirare a una vita migliore. Oggi, però, sempre più giovani donne non lo percepiscono più come tale. L’ultimo sondaggio Gallup indica che il 40% delle statunitensi tra i 15 e i 44 anni lascerebbe definitivamente gli USA, se ne avesse la possibilità: un dato mai raggiunto prima e quattro volte superiore rispetto al 2014.
La tendenza non è improvvisa. Già nel 2016 si registra un rialzo significativo nelle aspirazioni migratorie femminili, in un contesto politico polarizzato e dopo la definizione dei candidati alle presidenziali poi vinte da Donald Trump. Negli anni successivi la percentuale ha continuato a salire, fino a raggiungere il 44% alla fine dell’amministrazione Biden e stabilizzarsi su valori simili nel 2025.
Politica e identità: un distacco crescente
Il desiderio di trasferirsi non riguarda in modo uniforme tutta la popolazione. Il divario di genere è il più ampio mai rilevato da Gallup: 21 punti separano uomini (19%) e donne (40%) nella stessa fascia d’età.
Gli analisti sottolineano che si tratta di aspirazioni, non di intenzioni concrete, ma la dimensione del fenomeno — parliamo di milioni di giovani — resta indicativa.
La frattura politica pesa molto. Nel 2025, il gap nel desiderio di emigrare tra chi approva e chi disapprova la leadership nazionale raggiunge 25 punti percentuali, il valore più alto osservato negli ultimi quindici anni. Prima del 2016, differenze di questo tipo non erano rilevanti. Con Trump il divario ha iniziato a crescere, si è temporaneamente ridotto sotto Biden e poi è tornato ad ampliarsi.
Una scelta che supera età, matrimonio e figli
Un altro aspetto significativo è che questa spinta migratoria riguarda allo stesso modo donne sposate, single e neomamme. Tra le 18-44enni, il 41% delle sposate e il 45% delle single vorrebbe trasferirsi in modo permanente all’estero.
Perfino la presenza di figli piccoli non sembra frenare il desiderio di partire: il 40% delle madri recenti condivide questa prospettiva, una percentuale in linea con quella delle coetanee senza figli.
Canada in testa, Italia tra le destinazioni più citate
Tra le mete più desiderate emerge il Canada, indicato dall’11% delle giovani intervistate. Seguono Nuova Zelanda, Italia e Giappone, tutte al 5%.
Questo dato contrasta con la situazione nei Paesi dell’Ocse, dove le aspirazioni migratorie delle giovani donne sono rimaste stabili — mediamente tra il 20% e il 30% — senza aumenti paragonabili a quelli degli Stati Uniti.
Diritti e fiducia nelle istituzioni: un legame che si spezza
A spiegare questa disaffezione contribuisce anche il crollo della fiducia nelle istituzioni. Secondo il National Institutions Index di Gallup, tra il 2015 e il 2025 le donne tra i 15 e i 44 anni hanno perso 17 punti di fiducia complessiva.
Un momento cruciale è stato il ribaltamento nel 2022 della sentenza Roe v. Wade, che per mezzo secolo aveva garantito il diritto costituzionale all’aborto. Dopo la decisione della Corte Suprema, la fiducia delle giovani donne nelle istituzioni è scesa dal 55% del 2015 al 32% nel 2025. Tuttavia, Gallup osserva che il trend di crescente desiderio migratorio era iniziato già anni prima, segno di un malessere più ampio.
Un Paese che rischia di perdere una generazione
Il quadro tracciato dal sondaggio rivela più di un disagio passeggero: racconta una generazione che percepisce gli Stati Uniti come un luogo meno capace di garantire diritti, sicurezza e opportunità reali.
Se anche solo una parte di queste aspirazioni dovesse concretizzarsi, gli effetti demografici e culturali sarebbero notevoli. Per molte giovani donne, il “sogno americano” non si è infranto: semplicemente, oggi lo stanno cercando altrove.
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