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Cronaca

Se potessi guadagnare a Milano, con gli affitti di Avellino e la sicurezza di Cuneo…

Una “città ideale” dove si guadagna come a Milano, si pagano affitti come ad Avellino e si vive sicuri come a Cuneo non esiste. Tuttavia, la ricerca dimostra che è possibile trovare un buon equilibrio tra lavoro e vita privata in diverse città italiane, a seconda delle proprie priorità e necessità. Le imprese devono evolversi per valorizzare i dipendenti, creando un ambiente di lavoro positivo che favorisca sia la produttività che il benessere dei lavoratori.

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Milano la città dove si guadagna mediamente di più in Italia

    Guadagnare a Milano, vivere in affitto ad Avellino e stare tranquilli a Cuneo. Si potrebbe sintetizzare così una interessante ricerca realizzata dalla Fondazione Aidp, Associazione Italiana per la Direzione del Personale. L’indagine basata su dati raccolti dall’istituto Isfort, ci offre una panoramica dettagliata delle condizioni lavorative e della qualità della vita nelle città italiane. Lo studio valuta fattori interni alle aziende (retribuzione, ambiente di lavoro, reputazione aziendale) e fattori esterni (trasporti, accessibilità, servizi alla persona e al tempo libero, digitalizzazione).

    Milano resta il top per chi vuole lavorare…per davvero

    Se siete lavoratori autonomi e cercate di aumentare i vostri guadagni, Milano è la città ideale per voi. Nel capoluogo lombardo, infatti, l’occupazione autonoma è la più redditizia d’Italia, con un introito medio di 87.468 euro annui, più del doppio rispetto ad Enna, dove il reddito medio è di 36.640 euro. Anche per i lavoratori dipendenti, Milano offre stipendi più elevati, con una media di 34.981 euro. Molto superiore ai 14.900 euro di Andria.

    Ma i costi stanno diventando davvero troppo alti

    Tuttavia, vivere a Milano comporta costi elevati, soprattutto per quanto riguarda gli affitti. Le città come Enna e Andria, sebbene offrano stipendi più bassi, permettono di risparmiare notevolmente sui costi abitativi. Il cambiamento nel mondo del lavoro sta portando alla ricerca di un equilibrio tra vita e lavoro. I lavoratori non considerano più il livello di retribuzione come il principale indicatore di soddisfazione. Il clima aziendale e l’equilibrio tra lavoro e vita privata sono diventati fondamentali. E quindi se la qualità dell’aria è una priorità, città come Aosta e Brindisi sono preferibili rispetto all’area milanese, soprattutto rispetto a Monza, nota per i suoi problemi di inquinamento.

    Famiglie con prole alla ricerca di servizi e sicurezza

    Per chi ha figli piccoli, secondo la ricerca, Nuoro è la città ideale, grazie alla sua ampia disponibilità di asili nido. Gli amanti della bicicletta troveranno invece in Padova la città perfetta, con oltre 150 km di piste ciclabili ogni 100 kmq. La sicurezza è un altro fattore importante di cui le famiglie tengono conto. Città come Cuneo, Ragusa e L’Aquila dal punto di vista sicurezza offrono un ambiente più ambito rispetto alle grandi città del Nord.

    Ma quindi dove dobbiamo trasferirci per vivere meglio?

    La graduatoria generale è stata ponderata su sette parametri (Fondamentali economici, Servizi di cittadinanza, Cultura e tempo libero, Sicurezza, Vivibilità ambientale, Inclusione e diritti, Futuro e innovazione). Intrecciando tutti i dati ne scaturisce una classifica generale che conferma il predominio del Nord, con Milano in testa e città come Trieste e Udine tra le prime tre città dove si vivrebbe meglio per diversi aspetti. Cagliari si distingue al sesto posto per sicurezza e ambiente. Al contrario, città come Roma (39esima), Genova (31esima) e Torino (28esima) si trovano più in basso nella classifica.

    Ci sono anche disparità economiche e culturali che fanno la differenza

    Le città del Nord, come Pordenone e Belluno, eccellono per fondamentali economici, mentre città come Roma, Venezia e Napoli sono in difficoltà a causa di stipendi bassi e alti costi abitativi. Per la voce affitti ragionevoli, Avellino, Ascoli e Gorizia sono le migliori opzioni. Per cultura e tempo libero, invece, emergono Pescara, Sondrio e Siena ai vertici della classifica.

    La trasformazione delle imprese nel miglioramento della qualità della vita

    Le aziende stanno gradualmente comprendendo l’importanza di valorizzare i dipendenti. Secondo l’indagine molte imprese sono ancora legate a vecchi modelli padronali, ma altre, stanno gradualmente evolvendo verso una maggiore sostenibilità e responsabilità sociale. Peraltro le imprese benefit, cioè quelle che integrano la responsabilità sociale nel loro modello di business, performano meglio e attraggono più talenti.

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      Cronaca

      Caso Ranucci, il Copasir chiede gli atti secretati: ora le accuse sui servizi segreti diventano un fronte politico per il governo

      Il Copasir vuole acquisire le parti coperte da segreto delle audizioni di Sigfrido Ranucci. I magistrati indagano sulle accuse di attivazione dei servizi segreti, sulle smentite del governo e sulle minacce al giornalista, mentre si valuta la possibile audizione di Fazzolari, Mantovano e dello stesso conduttore.

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      Sigfrido Ranucci

        Il caso Ranucci entra ufficialmente nella sfera della sicurezza nazionale. Il Copasir, l’organo parlamentare che vigila sull’operato dell’intelligence, ha chiesto di acquisire la parte secretata delle audizioni del conduttore di “Report” nelle commissioni Antimafia e Vigilanza Rai. A confermare la richiesta è stata la presidente della Vigilanza, Barbara Floridia, che ha convocato l’ufficio di presidenza per sottoporla al voto dei gruppi. Un passaggio che trasforma una vicenda finora confinata tra dichiarazioni e smentite in un dossier politico a pieno titolo.

        Al centro ci sono i racconti forniti da Sigfrido Ranucci, che nelle due audizioni avrebbe descritto episodi da lui interpretati come attività di pedinamento e monitoraggio condotte da uomini legati ai servizi segreti. Due gli episodi principali: la presenza di un presunto agente durante la presentazione di un suo libro in Sicilia, evento per il quale sostiene di essere stato seguito da Roma, e un secondo episodio in cui la scorta avrebbe notato persone che lo filmavano mentre incontrava una fonte.

        Secondo la ricostruzione del giornalista, alla base di questi controlli ci sarebbe l’attivazione dei servizi da parte del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. Una circostanza che, se confermata, rappresenterebbe un’anomalia procedurale, dato che l’autorità delegata è il sottosegretario Alfredo Mantovano. Ranucci ha affermato di avere avuto “certezza” dell’interessamento di Fazzolari; il diretto interessato ha replicato parlando di «menzogne volontarie» e negando qualsiasi coinvolgimento.

        La richiesta del Copasir è considerata un segnale di forte attenzione istituzionale. Non è escluso che il Comitato possa convocare in audizione sia Ranucci sia i due sottosegretari per chiarire la catena di comando e verificare se vi siano stati fraintendimenti, abusi o attivazioni irregolari. La cautela con cui Fratelli d’Italia commenta il dossier indica quanto il tema sia politicamente sensibile.

        Nel suo intervento, Ranucci ha richiamato anche l’attentato del 16 ottobre, quando una bomba carta ha danneggiato la sua auto e quella della figlia a Campo Ascolano. Un salto di qualità rispetto agli episodi intimidatori già ricevuti negli anni. La procura di Roma indaga su più piste: gli ambienti criminali che si sarebbero ritenuti danneggiati dal programma, una lettera anonima che allude a mandanti “occulti” e possibili intrecci con famiglie del clan dei casalesi coinvolte nel traffico internazionale di armi.

        Il Viminale, intanto, ha alzato il livello di tutela per il cronista: da livello tre a livello due, con scorta rinforzata, due auto blindate e presidio dell’esercito sotto casa. Una misura ritenuta necessaria in base alla valutazione del rischio.

        Ora il coinvolgimento del Copasir introduce una dimensione istituzionale che potrebbe ridefinire i contorni della vicenda. L’analisi degli atti secretati servirà a stabilire se esistano elementi concreti a sostegno delle accuse o se il caso sia frutto di incomprensioni e tensioni politiche. Le prossime settimane saranno decisive per capire se si andrà verso nuove audizioni o verso un chiarimento interno alla maggioranza.

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          Cronaca Nera

          Caso Garlasco, i punti rimasti in ombra che tornano a pesare: perché i pm guardano ora ad Andrea Sempio

          L’inchiesta su Andrea Sempio, 37 anni, si fonda su sei elementi chiave: dal Dna sotto le unghie di Chiara Poggi all’“impronta 33”, passando per uno scontrino contestato e telefonate mai del tutto spiegate. Sullo sfondo, l’indagine di Brescia sulle presunte pressioni che avrebbero portato all’archiviazione del 2017

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            La nuova indagine sul caso Garlasco riparte da punti che per anni sono rimasti sospesi. La posizione di Andrea Sempio, 37 anni, amico del fratello di Chiara Poggi, torna al centro della scena giudiziaria con un fascicolo che la procura di Pavia considera molto diverso da quelli del passato. L’elemento più discusso riguarda il Dna trovato sotto le unghie della vittima: una corrispondenza con la linea maschile della famiglia Sempio emersa dall’incidente probatorio. La difesa non contesta la scienza, ma il significato: per gli avvocati si tratterebbe di un trasferimento indiretto, non di un segno di colluttazione. Le ipotesi parlano di un contatto accidentale, addirittura di residui rimasti in casa tramite un telecomando della Playstation o uno starnuto. Una lettura che la procura giudica improbabile.

            Al centro della nuova istruttoria c’è anche lo scontrino del parcheggio di Vigevano, presentato da Sempio nel 2008 come prova della sua presenza altrove la mattina del delitto. I nuovi accertamenti non solo ritengono il ticket inutilizzabile come alibi, ma dubitano che fosse effettivamente suo. Lo stesso Sempio, negli anni, aveva espresso rammarico per l’assenza di verifiche sulle telecamere dell’epoca, ma oggi la difesa considera quell’elemento “non sufficiente” a collocarlo lontano da via Pascoli.

            Il fascicolo riapre anche il tema delle telefonate effettuate alla famiglia Poggi. I tabulati mostrano varie chiamate nei giorni precedenti al delitto. Sempio aveva spiegato di aver cercato l’amico Marco o di aver sbagliato numero, ma all’epoca non furono acquisiti i suoi tabulati. Oggi la procura ritiene che quelle versioni non abbiano mai trovato riscontro.

            Tra gli aspetti tecnici, uno dei più rilevanti è la cosiddetta “impronta 33”, una traccia individuata sul muro della scala che porta al seminterrato. In passato considerata marginale, ora viene ritenuta compatibile con almeno 15 minuzie attribuibili a Sempio. Un dettaglio che, secondo gli investigatori, colloca una presenza maschile proprio nel punto in cui il corpo di Chiara venne trovato.

            Il nodo del movente resta invece coperto dal segreto istruttorio. Per anni l’assenza di un rapporto significativo fra Sempio e Chiara era stata considerata un ostacolo a qualunque ipotesi accusatoria. Ora gli inquirenti ritengono di aver individuato un possibile collegamento, ritenuto rilevante ma non ancora rivelato.

            Sul fondo della vicenda resta l’inchiesta della procura di Brescia sulla presunta corruzione legata alla precedente archiviazione del 2017. Un’indagine che coinvolge il padre di Sempio e l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti. Non c’è un collegamento diretto, ma eventuali riscontri potrebbero influire sul quadro complessivo.

            Ora tutti gli elementi verranno valutati insieme: Dna, impronte, alibi, telefonate. Sarà il mosaico, non il singolo indizio, a decidere se l’indagine condurrà all’improcedibilità o a una richiesta di rinvio a giudizio.

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              Mistero

              Marilyn Monroe, mistero infinito: James Patterson rilancia l’ombra dei Kennedy, di Sinatra e della Mafia

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                Marilyn Monroe non smette di far parlare di sé, nemmeno 63 anni dopo la morte. Nel suo nuovo libro The Last Days of Marilyn Monroe: A True Crime Thriller, James Patterson — uno degli autori più letti al mondo — rimette in scena la teoria più inquietante: la diva sarebbe morta non per un gesto volontario, ma per le informazioni che custodiva. «Navigava in acque molto pericolose», ha detto al Hollywood Reporter. Le sue frequentazioni? John e Robert Kennedy, Frank Sinatra, figure legate alla Mafia. «Gente che le confidava cose. E lei ne teneva traccia».

                Un’indagine mai chiusa, tra autopsie incomplete e detective dubbiosi

                Il corpo di Marilyn fu trovato nella sua casa di Brentwood: barbiturici sul comodino, una bottiglia di Nembutal, la tesi del suicidio archivata in poche ore. Ma, ricorda Patterson, l’autopsia «non fu completa come avrebbe dovuto». Non tutti i dettagli tornarono. E uno dei detective arrivati sul posto si convinse “di trovarsi davanti a una messa in scena”. Elementi che alimentano un alone di sospetto mai dissolto, alimentato dalle tantissime versioni circolate negli anni.

                Una vita romanzo, tra dodici famiglie affidatarie e un talento che travolge

                Il libro scritto con Imogen Edwards-Jones si muove tra fatti, ricostruzioni e dialoghi immaginati — dichiarati come tali — ripercorrendo anche l’infanzia drammatica della diva, cresciuta in undici famiglie affidatarie e segnata da una balbuzie che solo anni dopo riuscì a controllare. Patterson sostiene che il pubblico non conosca davvero la sua storia e che, dietro ogni fotografia patinata, ci fosse un percorso pieno di crepe e fragilità.

                Oggi Marilyn è ancora al centro della cultura pop come simbolo, ossessione e mito irrisolto. Patterson spera ora che il libro diventi una serie tv. Per Hollywood, un altro tassello nell’eterno ritorno della sua stella più luminosa — e più controversa.

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