Storie vere
Vince una casa in un borgo toscano disegnando un murales capace di stupire
L’artista romano, Stefano Lucà, ha vinto il concorso di Castelnuovo Val di Cecina con un trompe l’oeil che racconta la bottega artigiana di un artista.

Ha deciso di partecipare all’evento, Imago in Villa, che ha visto sfidarsi numerosi artisti provenienti da tutto il mondo nella creazione di murales, con la tecnica del trompe l’oeil. La manifestazione è stata organizzata dal comune di Castelnuovo Val di Cecina, un borgo medioevale appoggiato in angolo incantato della Toscana che ha trasformato le sue mura in un museo a cielo aperto. Ad aggiudicarsi il primo premio messo in palio dal concorso è stata l’opera I confini dell’Arte dell’artista romano Stefano Lucà. Ora vorreste sapere in che cosa consisteva il primo premio… Si trattava di un appartamento proprio nel centro del borgo.
Un premio davvero speciale
Il murale di Lucà, che rappresenta una bottega artigiana dove uno scultore e il suo assistente lavorano sotto lo sguardo sognante di una ragazza dietro una finestra, è un riuscito esempio di trompe l’oeil, che riesce a creare l’illusione di una scena reale. Questo capolavoro ha conquistato sia la giuria tecnica, presieduta da Sylvain Bellenger, sia quella popolare. Lucà ha però deciso di cedere il premio della giuria popolare alla seconda classificata, Daniela Benedini, autrice dell’opera Fiori di ciliegio, ispirata alle Grazie di Botticelli.
La tecnica trompe l’oeil ha trasformato il borgo in una galleria d’arte a cielo aperto
Rimasto affascinato dall’autenticità di Castelnuovo Val di Cecina l’artista romano ha deciso di utilizzare la casa vinta come rifugio dalla frenesia di Roma. “Non ho mai visto un posto così autentico“, ha commentato, aggiungendo che il borgo sarà per lui un luogo dove dedicarsi alla pittura in tranquillità. L’artista ha approfittato del momento di celebrità per sollevare una riflessione sul confine tra arte e artigianato. Ha invitato chi osserva il suo murale a porsi la domanda: “È possibile definire artista un artigiano?” Due forme di espressione che per Lucà è minima, se non inesistente.
Il decoro borghigiano abbellito dalle opere degli artisti
Oltre a Lucà, altri artisti hanno contribuito a decorare le strade del borgo con opere che sembrano raccontare storie segrete. Dalla giovane con l’orecchino di pietra alla ragazza che sogna la bellezza della vita toscana, dalle due pecorelle affacciate a una porta fino a un giardino con fontana. Tra gli atri hanno esposto gli artisti Riccardo Isacchini, Tommaso Carozzi, Mirco della Secchia che hanno donato a Castelnuovo Val di Cecina una nuova veste, trasformandolo in una vera e propria galleria d’arte.
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Storie vere
La donna con la barba più giovane al mondo è Harnaam Kaur, Guinness World Records nel 2016.
Soffre della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), una patologia che può causare, tra le altre cose, una crescita eccessiva di peli (irsutismo).

La storia di Harnaam Kaur è una vera e propria rivoluzione. Questa donna britannica di 34 anni, affetta dalla sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), ha trasformato la sua caratteristica più evidente – la barba – in un simbolo di forza e autoaccettazione. Harnaam non è solo un’icona visiva, ma soprattutto una voce potente nel movimento body positivity. L’ovaio policistico è una espressione di una complessa alterazione funzionale del sistema riproduttivo. Una alterazione dovuta all’aumento degli ormoni maschili (androgeni), causa di segni e sintomi quali: irsutismo (eccesso di peluria su viso e corpo), e alopecia androgenetica (acne e calvizie di tipo maschile).
La bellezza della diversità
Fin dall’infanzia, Harnaam ha affrontato il bullismo e il giudizio sociale per il suo aspetto. Inizialmente, come molte persone che si sentono diverse, ha cercato di conformarsi, radendosi la barba per adeguarsi agli standard tradizionali di bellezza femminile. Tuttavia, questo non ha fatto altro che accrescere il suo disagio interiore. La svolta è arrivata quando ha deciso di abbracciare la sua unicità e smettere di lottare contro la sua natura. Ha trasformato quella che molti consideravano una debolezza in un punto di forza, trovando nella sua barba non un motivo di vergogna, ma una “corona” da indossare con fierezza.
Un’attivista per l’autoaccettazione
Oggi, Harnaam Kaur è una delle voci più influenti nel mondo della body positivity. Attraverso i social media e le sue apparizioni pubbliche, trasmette un messaggio chiaro. Ovvero che la bellezza non è un concetto rigido e predefinito, ma un’espressione autentica di sé. Il suo motto, “Non abbiamo bisogno di rientrare in schemi per essere belli”, è un invito a chiunque si senta inadeguato rispetto ai modelli imposti dalla società. La sua storia ha ispirato migliaia di persone a rivalutare il proprio valore personale, al di là delle etichette. Harnaam ha collaborato con importanti brand di moda impegnati a promuovere la diversità, sfidando gli stereotipi e dimostrando che la bellezza risiede nella fiducia in se stessi.
Per Harnaam Kaur un messaggio di coraggio e amore per sé
Molto più di una semplice detentrice di un record mondiale – riconosciuto ufficialmente dal Guinness World Records nel 2016 – l’esistenza e il coraggio di Harnaam Kaur dimostrano che la vera forza sta nell’accettarsi e nell’amarsi incondizionatamente. Un esempio che insegna quanto non si debba permettere agli altri di definire chi siamo o quanto valiamo. Nel suo percorso, Harnaam ha trasformato la sua esperienza personale in un movimento più ampio, aiutando chiunque si senta escluso o giudicato a trovare la forza di essere se stesso.
Storie vere
Non è mai troppo tardi: condannato per bancarotta, finisce in carcere a 94 anni
Un uomo di 94 anni entra nel carcere di Sollicciano, Firenze: la sua condanna per bancarotta fraudolenta è diventata definitiva. Una vicenda che interroga il rapporto tra giustizia, età e dignità.

Un ex imprenditore fiorentino è stato incarcerato all’età di 94 anni in seguito a una condanna per bancarotta fraudolenta. Il reato risale a oltre 15 anni fa, ma la giustizia ha seguito il suo corso fino alla definitiva esecuzione della pena. Le sue condizioni fisiche sono fragili, ma la legge non ha previsto alternative alla detenzione in carcere. Un caso che solleva interrogativi sulla gestione giudiziaria delle persone ultra-novantenni.
Il caso
I fatti risalgono a oltre quindici anni fa, quando l’azienda da lui amministrata andò incontro a un fallimento considerato doloso. All’epoca l’uomo aveva già 80 anni. La condanna iniziale – quattro anni e otto mesi – era stata emessa in primo grado e confermata in appello nel 2024. Nessun ulteriore ricorso è stato presentato, e la pena si è quindi trasformata in esecutiva.
Una detenzione che fa discutere
L’uomo si trova ora recluso in una cella del reparto clinico del carcere fiorentino. Le sue condizioni fisiche sono fragili: cammina con un bastone e necessita dell’aiuto di un altro detenuto per i piccoli spostamenti. La decisione di procedere comunque all’incarcerazione, nonostante l’età avanzata e la salute compromessa, ha già acceso un dibattito tra giuristi e opinione pubblica.
Giustizia o accanimento
Il caso pone interrogativi etici e giuridici. La legge italiana prevede possibilità alternative alla detenzione per le persone in gravi condizioni di salute o molto anziane, ma queste misure devono essere richieste e approvate attraverso procedimenti specifici. Non risulta che siano state presentate istanze per detenzione domiciliare o differimento pena, e dunque l’uomo è stato trasferito in carcere come qualsiasi altro condannato.
Un sistema da ripensare
Questa vicenda è diventata emblematica di un sistema che, pur nella sua rigidità normativa, rischia di perdere di vista il senso di umanità. È giusto che un uomo di quasi cento anni finisca in carcere per un reato finanziario commesso decenni prima? O è forse il momento di aprire una riflessione seria su come il sistema penale gestisce la fragilità, l’età e la dignità? Un fatto di cronaca che, oltre il caso singolo, certamente racconta molto del nostro rapporto collettivo con il concetto di giustizia.
Storie vere
Stregato dalla luna! Il bandito Albino Carioli dichiarato pazzo per evitare il carcere
Dai furti milionari alle crisi in prigione, la storia del “parigino” che scivolava tra Milano e Pigalle e fu dichiarato pazzo per evitare la condanna.

Nella Milano del dopoguerra, il nome di Albino Carioli circolava nei corridoi del Palazzo di Giustizia tanto quanto tra le strade della città. Arrestato cento volte e cento volte assolto, la sua figura era quella di un bandito astuto, difficile da incastrare, capace di scivolare tra processi e prigioni con la stessa abilità con cui svaligiava le gioiellerie. Lo chiamavano “il profumiere”, perché da giovane gestiva un negozio vicino a casa sua, in corso XXII Marzo, a Milano. Poi “il parigino”, per via della sua fuga a Place Pigalle, quando aveva deciso di allontanarsi dal suo ambiente milanese dopo un colpo da 45 milioni di lire in una oreficeria di via Savona.
Furti, rapine e poi la perizia svizzera: il ladro impazzisce con la luna
Lontano dall’Italia, per campare si dedicava a furti meno spettacolari: portafogli, valigie, oggetti di lusso rubati nei vicoli di Parigi. Ma quando la polizia francese lo acciuffò per un furtarello, si rese conto di aver messo le mani su un ricercato internazionale. Eppure il colpo più incredibile lo fece a livello giudiziario. Arrestato in Svizzera per una rapina, durante la detenzione iniziò ad avere crisi violentissime, con urla laceranti udite persino dalle case vicine. Il suo caso finì sotto l’analisi di due psichiatri, che dopo 18 mesi di osservazione firmarono un verdetto che lo rese una leggenda: “Il bandito che impazzisce quando cambia la luna”. Secondo i medici, soffriva di un disturbo psichico ciclico, simile alla licantropia, che lo rendeva non imputabile. Rimandato in Italia, si liberò di tutte le accuse, e tornò alla sua vita da fuggitivo.
Il declino di Albino il “parigino”
Nel 1956 fu ricercato per un furto clamoroso alla stazione Centrale: una valigetta contenente francobolli rari del Regno delle Due Sicilie, per un valore altissimo. Ma questa volta i giornali lo raccontarono con un tono diverso. Non più il ladro elegante e sfuggente, ma un uomo sulla via del declino. Il “profumiere”, che un tempo faceva tremare le gioiellerie, si era ridotto a rubare in treno, come un comune borseggiatore. Il destino di Albino Carioli rimane avvolto nel mistero: nessuno conosce la sua data di nascita, né quella della sua morte. Ma la sua leggenda, tra colpi spettacolari, fughe, assoluzioni e una follia lunare, continua.
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