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Storie vere

Peccato! L’Autovelox non era omologato: annullata la multa per l’automobilista a 255 km/h

Sfreccia in auto a 255 all’ora ma la maxi multa viene annullata: l’Autovelox non era omologato.

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    Lui tranquillo sfrecciava in auto a ben 255 km/h su un tratto autostradale con limite di 130, ma la multa salatissima gli è stata annullata per un errore burocratico. Mannaggia!! L’Autovelox usato per la contravvenzione non era omologato. Gasp! L’episodio risale allo scorso maggio quando un automobilista è stato multato per eccesso di velocità, con una sanzione di 845 euro e la sospensione della patente da 6 a 12 mesi.

    Provaci ancora Sam magari la prossima volta ti beccano per davvero

    L’automobilista, assistito dall’avvocato Gabriele Pipicelli di Verbania, ha presentato ricorso alla prefettura di Novara, che ha accolto le sue motivazioni. Il prefetto ha verificato infatti che lo strumento della Polizia Stradale, sebbene “approvato”, non risultava “omologato”, come richiesto dalla legge per validare le rilevazioni di velocità.

    Autovelox omologato, automobilista sanzionato!

    L’avvocato ha spiegato che il ricorso è stato fondato sulla giurisprudenza della Cassazione, che distingue tra “approvazione” e “omologazione” degli apparecchi di rilevazione. Solo quelli omologati garantiscono misurazioni legittime. Di fronte a questa discrepanza, il prefetto ha annullato la multa e tutte le sanzioni correlate, restituendo anche la patente all’automobilista.

      Storie vere

      “Non voglio andare in paradiso oggi”: la drammatica supplica di una bambina al padre armato

      Il rapimento, le minacce e lo scontro armato: un caso sconvolgente che ha lasciato una bambina salva ma profondamente segnata. La famiglia chiede aiuto per affrontare il trauma.

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        Una storia da brividi che avrebbe potuto concludersi in tragedia, ma che, pur con un epilogo drammatico, ha permesso di salvare la vita di una bambina innocente. Oaklynn Alexander, 7 anni, è sopravvissuta al rapimento e alle minacce di morte del padre non affidatario, Charles Ryan Alexander, 43 anni, grazie all’intervento tempestivo della polizia.

        L’incubo è iniziato l’11 novembre nella contea di Jefferson, in Ohio orientale, quando Charles ha rapito Oaklynn dalla casa della nonna, dove viveva con la madre. L’uomo, armato e in fuga, ha contattato i servizi di emergenza, esprimendo il suo desiderio di parlare con la madre della bambina. «Voglio parlare con sua madre. Se stai ascoltando, Ashley, avresti dovuto chiamarmi», ha dichiarato durante una conversazione registrata.

        Il contenuto dell’audio, diffuso dalla polizia, rivela anche la drammatica supplica di Oaklynn: «Non voglio andare in paradiso oggi», ha implorato la bambina, terrorizzata dalla minaccia del padre. L’uomo ha risposto con una giustificazione che ha gelato gli agenti: «Nemmeno io volevo che succedesse. Volevo solo parlare con tua madre».

        Le forze dell’ordine, intervenute rapidamente, hanno messo in atto una manovra per sgonfiare le ruote della vettura in fuga. Il confronto si è concluso con uno scontro a fuoco durante il quale Charles Ryan Alexander è rimasto ucciso. Oaklynn, miracolosamente illesa, è stata riconsegnata sana e salva alla sua famiglia, ma ha assistito all’uccisione del padre, un evento che segnerà profondamente la sua vita.

        Un portavoce della polizia ha descritto l’intervento come «necessario per salvare una vita». L’audio dell’operatore del 911 evidenzia il tentativo di evitare il peggio: «So che non volevi fare del male a tua figlia e non volevi che andasse così. Non facciamo nulla che non possiamo annullare». Tuttavia, le circostanze hanno portato a un epilogo drammatico.

        Oaklynn è ora affidata alla madre e alla famiglia, che dovranno affrontare un lungo percorso di supporto psicologico per superare questo momento traumatico. Nel frattempo, un amico di famiglia ha lanciato una raccolta fondi su GoFundMe per garantire il sostegno necessario alla bambina e consentire alla madre di prendersi una pausa dal lavoro per occuparsi di lei.

        Questa vicenda sconvolgente è un promemoria del potenziale devastante dei conflitti familiari irrisolti, in cui il dolore e la disperazione possono trasformarsi in tragedie. La piccola Oaklynn è salva, ma l’impatto emotivo di questa esperienza richiederà un lungo processo di guarigione.

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          Storie vere

          Una bambina di Auschwitz, creduta morta nel lager, ricompare negli USA

          Le peripezie della piccola Gertrude, deportata nell’inferno di Auschwitz. Creduta morta da tutti, ora ha 86 anni e vive negli Stati Uniti. La scoperta grazie alla preside di un liceo romano.

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            Si chiama Gertrude ed è la protagonista di una storia tragica, con un finale però di speranza. Per anni lei è stata una dei troppi bambini la cui esistenza si era spezzata nel tristemente famoso campo di concentramento di Auschwitz. Una rapida apparizione nella storia la sua, scoperta per altro casualmente, al fianco del padre Isidor Stricks, cittadino polacco ebreo catturato vicino a Roma e deportato dai nazisti.

            Sorriso e forza senza pari

            Visto che non sempre i bambini venivano registrati sui treni della morte, si era creata l’idea che anche lei avesse finito i suoi giorni in un lager. «Ma Trudy lì non è mai arrivata, si è salvata ed è ancora viva: oggi ha 86 anni, si trova in America, è sposata e ha tre figli. Ha un sorriso bellissimo e una forza senza pari». Questa la descrizione dolcissima che ne fa di lei Maria Grazia Lancellotti, attuale preside del liceo classico e linguistico romani Orazio. Nell’ambito del progetto «Il civico giusto», che si pone l’obiettivo di scoprire storie di solidarietà e di coraggio nell’Italia fascista al tempo delle ldiscriminazioni raziziali, si è imbattuta in un dettaglio che ha catturato la sua attenzione. Tanto da spingerla alla ricerca della verità.

            L’intuito della preside Lancellotti

            «Mi stavo documentando sulla fuga di Sandro Pertini e Giuseppe Saragat dal carcere romano di Regina Coeli. Quando nei racconti Marcella Ficca, la moglie di Alfredo Monaco, il medico che quella fuga ideò, comparvero Trudy e suo padre – racconta con trasporto la Lancellotti -. Mi disse che quest’uomo che teneva stretta a sé una bambina di 5-6 anni, prima di essere caricato sul camion diretto a Fossoli, le rivolse uno sguardo terrorizzato. Come di chi non sapeva cosa lo aspettasse, trovò gli occhi di una donna, le fece un cenno, si fidò e le affidò quello che aveva di più caro pur di salvarlo». Così Marcella ospita la piccola in casa sua per qualche mese, fino a quando la mamma, Fanny, non la rintraccia e la riprende con sé.

            Da Napoli verso la salvezza ad Oswego

            Da questo momento ha inizio una storia fatta di fughe, svariate peripezie e lunghe settimane nascoste in due distinti conventi di Roma, fino alla fine della guerra. Poi la salvezza arriva quando nel luglio del ’44 salgono a bordo della Herry Gibbons, una nave che salpa da Napoli con mille profughi verso raggiunge Oswego, negli Stati Uniti.

            Il figlio Brian è venuto in Italia per abbracciare i figli di chi salvò sua madre

            «Da qui si perdono le tracce della piccola Trudy, la mamma si sposa e cambia cognome. La stessa cosa fa lei anni dopo – riprende a raccontatre la Lancellotti -. Ma a questo punto volevo arrivare alla verità su di lei per cui ho scritto a un museo della città: Trudy in America doveva essere arrivata viva e qualcuno doveva sapere qualcosa di lei. Poco dopo mi ha risposto direttamente suo figlio Brian e mi ha raccontato la vita di sua mamma Gertrude».

            I gesti che cambiano il destino delle persone

            Brian – assoluta casualità – aveva già organizzato un viaggio in Italia per la scorsa estate. Con l’occasione si è recato pure a Roma, dove ha potuto conoscere e abbracciare i figli di Alfredo e Marcella Monaco. «Purtroppo loro sono morti senza sapere se quella bambina ebrea che avevano salvato alla fine ce l’avesse fatta. Ma l’aver scoperto il loro grande gesto d’amore ha fatto in modo che venissero avviate le pratiche allo Yad Vashem per far insignirli del titolo di “Giusti fra le Nazioni”». Ora la preside Lancellotti, di questa bella storia, ne vorrebbe fare un libro.

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              Cronaca

              Padova, la casa occupata diventa un incubo: dalla prenotazione alla rissa legale

              Un B&B trasformato in campo profughi abusivo, la denuncia del proprietario travolto dalla legge degli occupanti. La vicenda ha del surreale: serrature scassinate, furto di energia e violenza in un condominio tranquillo.

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                Un sogno di affitto trasformato in un incubo. L.S. racconta la disavventura che ha visto la sua casa invasa da una famiglia che si è rifiutata di andarsene, minacciando il proprietario e facendo esplodere le tensioni con i vicini.

                Un semplice appartamento alla periferia di Padova, trasformato in un B&B intimo e ben arredato, dove ogni dettaglio era stato pensato per accogliere i turisti. Un sogno di investimento che per L.S., il proprietario, si è presto trasformato in un incubo senza fine. La sua casa, situata in via Pontevigodarzere, avrebbe dovuto offrire a turisti di passaggio qualche giorno di relax a Padova. Ma non appena la casa è stata messa in affitto su piattaforme online, i problemi sono iniziati.

                A settembre, dopo aver recentemente ristrutturato l’appartamento di settanta metri quadrati, L.S. ha aperto le porte del suo B&B, chiamato “La Mansarda”, a turisti in cerca di un posto dove pernottare. Inizialmente tutto sembrava procedere per il meglio: prenotazioni regolari, ospiti cordiali, tutto sotto controllo. Fino a metà ottobre, quando una coppia di turisti provenienti da Trento ha prenotato il suo appartamento per quattro giorni.

                Un comportamento sospetto e l’inizio dell’incubo
                «Quando sono arrivati sembravano una famiglia normale, racconta L.S., ci hanno detto che erano in città per una breve visita». Ma dopo i quattro giorni previsti, invece di lasciare la casa, i due hanno cominciato a fare resistenza. «Hanno pagato la quota stabilita, ma non mostravano segni di volersene andare», continua il proprietario. «Quando abbiamo chiesto loro di lasciare l’appartamento, sono iniziati i problemi. Ci hanno minacciato, dicendo che avevano deciso di “occupare” la casa. E uno di loro ha anche detto di essere “zingaro” e che la legge sarebbe stata dalla loro parte». Una frase che ha spinto L.S. a denunciare l’accaduto ai carabinieri.

                L’occupazione che diventa una minaccia
                Le forze dell’ordine si sono presentate prontamente, cercando di convincere la coppia a lasciare l’appartamento. Ma la situazione si è rapidamente complicata. I vicini hanno notato una strana affluenza di persone, anche bambini, e dopo qualche giorno la casa si è trasformata in una sorta di rifugio per numerosi parenti. Un tentativo di sgombero, durato ore, ha avuto successo solo temporaneamente. Infatti, pochi giorni dopo, i due sono tornati, scassinando la serratura della porta e riprendendo il controllo della casa. Non solo: la coppia si è anche allacciata abusivamente alle utenze di luce, acqua e gas del condominio, aggravando ulteriormente la situazione.

                Le forze dell’ordine bloccate dalla burocrazia
                La situazione nel palazzo è peggiorata drasticamente. I vicini raccontano di continui rumori notturni, feste improvvisate, e un via vai incessante di persone. «La notte non si riesce più a dormire, è diventato insopportabile», affermano alcuni residenti. «Ci sono anche bambini, e la casa è ormai un campo di battaglia». L.S. ha dovuto cambiare la serratura per proteggere la sua proprietà, ma il danno era ormai fatto. «Abbiamo capito che non era una situazione facile», ammette, con un evidente senso di frustrazione.

                Nonostante le continue denunce, il proprietario si è scontrato con la dura realtà della burocrazia. Le forze dell’ordine hanno spiegato che, senza un ordine di sgombero emesso dalla Procura, non potevano intervenire direttamente. E mentre la situazione si trascinava, i vicini continuavano a vivere nel timore di nuove tensioni e pericoli. Il loro senso di impotenza è palpabile, poiché i loro consumi di energia sono aumentati a causa degli abusi e la convivenza è diventata intollerabile.

                Ora, la comunità di Padova è preoccupata. I residenti chiedono l’intervento dei servizi sociali per cercare di risolvere la situazione, augurandosi che le persone coinvolte possano trovare una soluzione migliore. Tuttavia, la speranza sembra appesa a un filo sottile, mentre il legame tra legge, giustizia e burocrazia appare sempre più fragile. L’incubo di L.S. e dei vicini continua, mentre l’appartamento di via Pontevigodarzere è diventato un simbolo di una situazione che potrebbe accadere a chiunque.

                Foto cover – Repertorio dal websequestro immobile

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