Storie vere
Roberta Tagliavini, la forza di una donna che non si è mai arresa
Dopo la separazione ha dormito in una vasca da bagno, senza un soldo e senza aiuti. Oggi è la mercante d’arte più amata d’Italia. La sua storia è una lezione di coraggio e indipendenza.

Roberta Tagliavini ha 83 anni, quasi 84, e la sua vita è una storia che sembra uscita da un romanzo. Volto iconico di programmi come La Mercante di Brera e Cash or Trash, oggi è una delle mercanti d’arte più influenti d’Italia, ma la sua strada per arrivare fin qui è stata tutt’altro che semplice. Tagliavini non ha ricevuto niente in regalo, ha costruito tutto da sola, con una determinazione che l’ha spinta avanti anche quando le sembrava di non avere più nulla. “Dopo la separazione ho dormito in una vasca da bagno. Non avevo una lira, ma sapevo che ce l’avrei fatta”, racconta.
Un matrimonio che era una prigione
Roberta Tagliavini si è sposata a 15 anni e mezzo, sperando di trovare la famiglia unita che non aveva mai avuto. “Mi sembrava la famiglia del Mulino Bianco”, dice con un sorriso amaro. Ma la realtà era ben diversa. In casa con i suoceri, soffocata dalle regole di un matrimonio che le negava libertà e rispetto, si è resa conto che non poteva vivere così per sempre. A quel tempo, separarsi era quasi impensabile. La società si aspettava che le donne sopportassero tutto, ma Roberta ha scelto di ribellarsi. Quando ha lasciato Bologna per Milano, il divorzio non esisteva ancora, e il codice civile prevedeva addirittura l’obbligo di fedeltà. Se fosse stata sorpresa con un altro uomo, avrebbe rischiato il carcere.
Tagliavini balla da sola
La sua famiglia non poteva aiutarla. Sua madre era ricoverata dopo un’epidemia di tifo e suo padre non si era mai davvero interessato a lei. “Non mi ha mai portato fuori, al cinema o a passeggiare. Pensava solo a se stesso.” Sola, senza un soldo e senza un posto dove dormire, Roberta si è arrangiata come ha potuto. Per due mesi, la sua casa è stata una vasca da bagno. “Non avevo niente, ma non mi sono mai pianta addosso”, racconta. Anzi, ogni difficoltà la rendeva ancora più determinata. “Più la vita cercava di buttarmi giù, più mi incazzavo e volevo dimostrare che potevo farcela”.
La forza dell’indipendenza
Roberta ha sempre saputo che l’unico modo per ottenere qualcosa era guadagnarselo da sola. A 12 anni, aveva visto una maglia di angora in un negozio, ma nessuno gliela poteva regalare. Da quel momento ha capito che se voleva qualcosa, avrebbe dovuto comprarsela con il proprio lavoro. Questa convinzione l’ha guidata per tutta la vita. Non ha mai voluto dipendere da nessuno, e lo stesso ha insegnato ai suoi figli: “La libertà è la cosa più importante”. E che fa oggi Roberta Tagliavini? Gestisce cinque negozi a Milano e uno a Londra, con il marchio Robertaebasta. Continua a comprare e vendere arte, e dei soldi non le importa nulla.
Il suo segreto? Ama la vita
“Se un giorno mi mettessero da parte, mi sentirei morire”, confessa. Il lavoro è la sua energia, la sua indipendenza la sua vittoria personale. La sua storia non è solo quella di una donna che ha avuto successo. È la storia di una combattente, di qualcuno che ha dimostrato che la forza per ricostruirsi si trova dentro di noi. “Non è importante quello che ci capita, ma come reagiamo. Questa è la base della vita”, dice con convinzione. E la sua vita ne è la prova più concreta.
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Storie vere
La tragedia di un padre: trova un video-selfie dell’assassino del figlio
Dopo un anno di tentativi falliti da parte degli esperti, il padre di Michael Boschetto è riuscito a sbloccare l’iPhone del figlio ucciso, scoprendo un video-selfie di Giacomo Friso, il principale indiziato.

Il caso dell’omicidio di Michael Boschetto, il 32enne accoltellato a morte lo scorso anno a Villafranca Padovana, potrebbe essere a una svolta decisiva. Ciò che esperti informatici non sono riusciti a fare in un anno di sforzi, ci sono riusciti l’amore e la determinazione di un padre. E stato lui a sbloccare il telefono del figlio ucciso e trovare una prova che potrebbe incastrare il presunto omicida. Si tratta di un breve video-selfie, pochi secondi appena, che riprende Giacomo Friso, 34 anni, principale indiziato per l’omicidio aggravato di Boschetto. Il filmato, che si presume registrato da Friso dopo aver accoltellato la vittima, è stato rinvenuto nell’iPhone di Michael. Il cellulare era stato restituito al padre dopo che tutti i tentativi di accesso ai dati da parte delle autorità erano falliti.
Una lite furibonda che termina con un omicidio
Per comprendere la portata di questa scoperta, è necessario ripercorrere gli eventi di quella notte. È il 27 aprile 2024, intorno alle 4,30 del mattino, quando Friso si presenta alla porta di casa di Boschetto, suo vicino di casa e amico con cui covavano profondi dissapori. In preda a un’ira incontrollabile, il 34enne inizia a percuotere la porta, prima con una ruota di bicicletta. E poi con i pugni. Michael Boschetto, svegliato di soprassalto, scende ad aprire. Ne scaturisce una rissa in cui Friso ha la peggio. Furioso e umiliato, quest’ultimo torna a casa, si cura le ferite e, armato di un coltello, esce di nuovo. Sono circa le 5,30. Michael, ignaro del pericolo imminente, contatta la fidanzata con un messaggio. La donna sta per finire il suo turno di lavoro e si prepara a raggiungerlo per il weekend. Un appuntamento che, purtroppo, non si concretizzerà mai.
Il padre diventa detective
Mancano pochi minuti alle 6, quando Michael esce di casa per fumare una sigaretta. In quel momento viene raggiunto da Friso, stavolta armato. L’aggressione è fulminea e brutale. Boschetto viene accoltellato al volto e al petto. Friso raccoglie poi il cellulare della vittima da terra e fa ritorno a casa. Ed è proprio in quei momenti concitati che, presumibilmente, usa la videocamera del dispositivo di Michael per registrare quel breve e sinistro video-selfie.
Friso è noto a Villafranca Padovana per la sua instabilità mentale e il suo passato in una comunità di recupero per tossicodipendenti. Era stato avvistato nei giorni precedenti l’omicidio in precarie condizioni e talvolta con un coltello in mano. Fu un ispettore di polizia suo vicino di casa a fermarlo, impedendogli la fuga. Da allora, il 34enne è il principale indiziato per il delitto. La scoperta del padre di Michael, che ha esaminato e trovato il filmato girato proprio nel giorno del delitto, si annuncia come una prova determinante. Questa preziosa acquisizione verrà presumibilmente aggiunta al fascicolo dell’accusa, in vista dell’appuntamento in Corte d’Assise fissato per l’11 settembre 2025.
Storie vere
Le ricette per una vita sana del farmacista Andrea, campione di bodybuilding
La storia di Andrea Pimazzoni farmacista e campione di bodybuilding è un esempio ispiratore per chiunque voglia conciliare lavoro e passioni. Dimostra che con l’organizzazione e la motivazione giuste, tutto è possibile.

Il suo motto è sacrificio, passione, perseveranza. Certo il fisico lo aiuta. Non è uno che passa inosservato il farmacista Andrea. Soprattutto per quel suo fisico scolpito da anni e anni di palestra. Un campione di bodybuilding. Ecco perché la sua è una farmacia ben frequentata…
Tempo, dedizione e sacrificio
Andrea ha sempre coltivato le sue passioni, anche con un lavoro impegnativo. E’ una scelta essenziale per riuscire ad avere una vita equilibrata e soddisfacente. Andrea Pimazzoni, 56 anni, farmacista a Rovereto e campione di bodybuilding, è riuscito a conciliare la sua professione con la passione per il bodybuilding. Un’attività che richiede tempo, dedizione e sacrificio. Andrea gareggia a livello internazionale, con impegni che lo portano in tutta Europa. Un carnet impegnato fino al prossimo gennaio. Conciliando il lavoro di farmacista Andrea p spesso impegnato all’estero tra Inghilterra con UKBF, Campionato Mondiale e altri eventi internazionali.
Per Andrea lavoro e passione sono due mondi conciliabili
La vita di Andrea si divide tra il lavoro in farmacia e la preparazione fisica per le competizioni di bodybuilding. È uno sport che richiede dedizione e impegno costanti, ma Andrea non è solo in questo percorso. Sua moglie è il suo principale sostegno. Lo aiuta nella preparazione dei pasti e nel rispetto di una dieta rigorosa. La dieta è una sana dipendenza, spiega, Andrea “perché è necessaria per raccogliere i frutti di mesi di lavoro“. Accanto a lui, c’è anche il preparatore atletico, descritto non solo come un allenatore, ma anche come un grande amico. Infine, c’è il supporto del titolare della farmacia, Gioanni Savio, che gli permette di prendere permessi per allenarsi e partecipare alle gare.
E con gli integratori come la mettiamo..?
Andrea spiega che nel mondo del bodybuilding, gli integratori possono essere utili, ma lui ne fa un uso moderato, preferendo quelli già premiscelati e affidandosi solo a prodotti di alta qualità. Secondo Andrea la cosa più importante è acquistare sempre in farmacia, “dove le aziende sono affidabili, o su siti internet conosciuti“. La sua esperienza trentennale come informatore farmaceutico lo ha aiutato a sviluppare una profonda conoscenza del settore e, anche se ha ricevuto l’offerta di trasferirsi a Roma per lavorare in farmacia, ha scelto di rimanere vicino alla famiglia e dedicarsi alla sua carriera attuale.
In palestra? Niente più personal trainer solo allenamenti “fai-da-te”
Secondo il farmacista bodybuilder negli ultimi anni il mondo delle palestre è cambiato. In passato, i titolari delle palestre erano più coinvolti nel seguire personalmente gli iscritti, aiutandoli a eseguire correttamente gli esercizi. Oggi, la figura del personal trainer è diventata quasi esclusivamente a pagamento, e molti giovani, per risparmiare, si affidano a tutorial scaricati da internet. Una tendenza da fermare. Second Andrea infatti una guida esperta è sempre fondamentale per evitare infortuni e massimizzare i risultati.
Una lezione per tutti: sacrificio, passione e perseveranza
Oltre a dimostrare che è possibile gestire con successo due vite parallele professionale e sportiva, Andrea ci dimostra ancora una volta come il sacrificio è sempre ripagato dai risultati. Non è solo una questione di forza fisica, ma anche di disciplina e mentalità. “Il bodybuilding mi ha insegnato che con impegno e determinazione si può raggiungere qualsiasi obiettivo“, dice.
Storie vere
Da 25 anni vive in crociera ma ora non riesce più a scendere. E’ affetto da una sindrone che lo fa sentire costantemente in movimento
Ha trasformato la sua passione per le crociere in uno stile di vita, ma ora soffre di una rara condizione: la sindrome di Mal de Débarquement, o ‘gambe di mare’. Ecco la storia di Mario Salcedo e la sua battaglia contro questa malattia.

Si chiama Mario Salcedo l’uomo che ha trasformato la sua passione per le crociere in uno stile di vita unico. Da 25 anni, infatti, vive per sua scelta, a bordo di navi da crociera, lavorando da remoto per sole cinque ore al giorno e dedicando il resto del tempo a godersi i servizi offerti dalle navi. Una scelta di vita un poì speciale e che apparentemente potrebbe allettare molti ma che ha avuto un impatto sulla sua salute.
La sindrome delle “gambe di mare”
Salcedo ha sviluppato una condizione fisica conosciuta comunemente come sindrome di Mal de Débarquement (MdDS), o “malattia da sbarco“, comunemente chiamata “gambe di mare“. Questa sindrome è un disturbo neurologico che colpisce l’equilibrio e la percezione del movimento. Chi ne soffre, come Salcedo, ha la sensazione di dondolare o oscillare anche quando è sulla terraferma, come se fosse ancora a bordo di una nave.
Cause e sintomi del mal da crociera
La MdDS è causata da un adattamento del corpo al movimento costante delle navi da crociera. Il cervello si abitua a questo movimento e, una volta tornati sulla terraferma, fatica a riadattarsi all’assenza di oscillazioni. I sintomi sono diversi. Dalla sensazione di dondolio o oscillazione persistente alla difficoltà a mantenere l’equilibrio, dal costante sensazione di nausea e vertigini al perenne mal di testa, all’affaticamento cronico.
Ma lui che dice: la testimonianza di Salcedo
Come riportato da varie fonti di stampa, lo stesso Salcedo ha dichiarato: “Ho perso le gambe sulla terraferma. Barcollo così tanto che non riesco a camminare in linea retta. Sono così abituato a stare sulle navi che mi sento più a mio agio che sulla terraferma“.
Che cos’è la sindrome di Mal de Débarquement e come si può affrontare
Le cause precise della sindrome più comunemente chiamata “gambe di mare” non sono ancora completamente comprese, ma è certo che si manifesta dopo viaggi in mare (crociere o traghetti, lunghi voli aerei . Si ipotizza che il cervello mantenga la memoria del movimento dopo un’esposizione prolungata e non riesca a “riaggiustarsi” quando il movimento termina. Che fare quindi? A parte cnsultare subito uno specialista come un neurologo finora i rimedi più utilizzati consigliano una terapia vestibolare accompagnata da una terapia cognitivo-comportamentale (CBT). Possono essere utili anche alcune tecniche di rilassamento, accompagnati da farmaci specifici e soprattuto una certa gradualità nel movimento.
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