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Giornalismo d’inchiesta o triste reality show? Il duello infuocato tra la Lucarelli e Cruciani

Un botta e risposta tra Selvaggia Lucarelli e Giuseppe Cruciani accende il dibattito su informazione, intrattenimento e responsabilità mediatica. La giornalista accusa, il conduttore risponde: ma chi ha ragione?

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    La giornalista Selvaggia Lucarelli non le manda a dire e attacca il conduttore radiofonico Giuseppe Cruciani per il suo ruolo nel “mito” di Davide Lacerenza, imprenditore finito nei guai per droga e prostituzione. Secondo la giornalista, il suo programma in onda su Radio24, La Zanzara, non si limita a dare voce ai personaggi controversi ma li esalta, trasformandoli in fenomeni mediatici, contribuendo a renderli icone trash del nostro tempo.

    Spazio a personaggi deteriori

    La Lucarelli accusa Cruciani di essere complice involontario della spettacolarizzazione del degrado, lasciando il microfono aperto a figure discutibili per il solo gusto di suscitare indignazione o risate. “Prima li crea, poi li scarica”, sintetizza la firma de Il Fatto Quotidiano.

    La difesa di Cruciani: “Non siamo la procura della repubblica”

    Giuseppe Cruciani non si scompone e ribatte su Dagospia con la consueta verve. “La Zanzara è un programma di intrattenimento, non la commissione d’inchiesta sulle stragi”. Per lui, la radio non ha il compito di vigilare sulla moralità dei suoi ospiti, ma solo di dare voce a una realtà che esiste, piaccia o meno. Il conduttore respinge al mittente l’accusa di alimentare il mito di Lacerenza, sottolineando che lo scopo del suo show è raccontare, senza filtri e senza ipocrisie. “Se l’accusa è fare spettacolo, ben venga: Barbara D’Urso docet”, ironizza Cruciani, rivendicando con orgoglio il suo stile dissacrante.

    Informazione o circo mediatico? il confine sottile tra libertà e responsabilità

    La querelle tra Lucarelli e Cruciani solleva una questione più ampia: dove finisce il diritto di cronaca e dove inizia la responsabilità dei media? Dare spazio a personaggi controversi è un modo per fare luce su certe dinamiche sociali o una strategia per fare ascolti sulla pelle degli scandali? Il dibattito è più che mai aperto aperto: se da un lato Cruciani rivendica il diritto di raccontare il reale senza filtri, dall’altro Lucarelli mette in guardia dai rischi di trasformare personaggi discutibili in star. La verità, come sempre, sta nel mezzo… o forse tra le righe di un tweet al veleno.

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      Gossip

      Brigitta Boccoli: «A 14 anni stavo con Pino Insegno, lui ne aveva 27». E i social esplodono: «È gravissimo, ma vi rendete conto?»

      Un amore vissuto negli anni Novanta e raccontato con naturalezza oggi diventa un caso social. Brigitta Boccoli parla della storia iniziata a 14 anni con Pino Insegno, che all’epoca ne aveva 27. Online è bufera: «Se questa cosa accadesse oggi non la raccontereste così». Nessuna replica da parte dell’attore, mentre le reazioni continuano a crescere.

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        Un ricordo privato, riportato con la leggerezza di chi parla di un primo amore. Ma bastano poche parole perché il web divampi. Brigitta Boccoli racconta di aver avuto una relazione con Pino Insegno quando aveva appena 14 anni: «Siamo stati insieme tre anni», spiega. «L’ho conosciuto in tv, andavo a trovare mia sorella. A 14 anni ero già innamorata, volevo sposarlo».

        Un racconto che appartiene agli anni Novanta, narrato con tono affettuoso e nostalgia. All’epoca, lei era una ragazzina di spettacolo alle prime esperienze televisive. Lui un comico emergente, già adulto, 27 anni e una carriera in corsa. «A 17 anni l’ho lasciato per un colpo di fulmine durante una vacanza», aggiunge. Una storia archiviata, per lei, come una parentesi importante e romantica della giovinezza.

        Poi l’intervento della sorella Benedicta, che nei commenti a un video social aggiunge: «Pino fu sostituito in un attimo ma era disperato. Si sfogava con me». Un dettaglio personale, privato, che però amplifica l’effetto domino online.

        Perché oggi il tempo è cambiato — e la percezione pure. Lo dimostrano le reazioni degli utenti, immediate e durissime. «Ma davvero stiamo ascoltando questa cosa come se fosse normale?», scrive qualcuno. «14 anni e 27? Ma tutto a posto?», aggiunge un altro. E ancora: «Perché nessuno sottolinea quanto sia grave?».

        La narrazione “romantica” del passato si scontra con una sensibilità differente, più attenta ai confini, alla tutela dei minori, al linguaggio. Molti utenti ricordano che oggi un racconto simile solleverebbe interrogativi formali, oltre che morali. Altri sottolineano che giudicare retroattivamente non è semplice, ma resta l’impatto emotivo: «Fa impressione sentirlo così normalizzato».

        Nessuna replica da parte di Pino Insegno, silenzio anche da parte della Boccoli dopo le prime dichiarazioni. La discussione, intanto, continua a crescere. Non è nostalgia, non è gossip puro: è il cortocircuito fra memoria privata e sensibilità collettiva. E nel rumore dei commenti, resta una domanda sospesa, senza conclusione netta: come raccontiamo oggi ciò che ieri appariva soltanto una storia d’amore?

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          Chiara Ferragni, amore low-profile con Giovanni Tronchetti Provera: niente social, niente ristoranti glamour

          Ferragni e Tronchetti Provera non si mostrano insieme da settimane, alimentando speculazioni. Ma la realtà, raccontano gli avvistamenti, è opposta: famiglia allargata, passeggiate in centro, bambini e pranzi in locali semplici. La strategia? Zero ostentazione e massima protezione della nuova serenità.

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            Scomparsi dai social, ma tutt’altro che lontani. Chiara Ferragni e Giovanni Tronchetti Provera scelgono il silenzio e l’understatement come stile di coppia, ribaltando il copione dorato dell’amore da copertina. Nulla di orchestrato, nessuna posa. Solo normalità — parola che per due figure così abituate ai riflettori ha il sapore di una conquista.

            In una recente intervista in Spagna, l’imprenditrice digitale non ha esitato: è felice, innamorata e «spera che duri per sempre». Nessun proclama hollywoodiano, nessuna dichiarazione social. Una frase asciutta, quasi timida, arrivata mentre Milano sussurrava che quel legame, lontano dagli smartphone, stesse invece vacillando. E invece no: procede, e senza clamore.

            Lo confermano gli avvistamenti in centro città: niente locali di scena, niente cene stellate né auto nere all’uscita. Chiara e Giovanni scelgono bistrot semplici, prezzi popolari, piatti condivisi tra risate e richieste di bambini curiosi. Con loro Vittoria e Leone, e i figli di lui: una famiglia allargata che prova a respirare normalità. Tra un toast, un succo e un cappottino da abbottonare al volo.

            È un cambio di tono radicale, soprattutto per lei, regina del racconto digitale. Da mesi la narrazione personale è rallentata, filtrata, controllata. Niente foto di coppia, niente cuori o dediche. Solo qualche scatto in cui il dettaglio – un cappotto, una passeggiata, uno sguardo – suggerisce più di quanto mostri. Perché l’intimità, dopo tanto clamore, è diventata bene prezioso.

            La scelta del basso profilo è forse il segno più evidente di questo nuovo capitolo: non un amore urlato, ma custodito. A rimorchio, inevitabilmente, arrivano i pettegolezzi, alimentati proprio dall’assenza. Ma quando la porta si chiude e resta solo la vita vera, i social contano meno del sorriso di un bambino che chiede un’altra patatina.

            In un tempo in cui tutto deve essere mostrato per esistere, loro scelgono l’opposto. E nella semplicità — un tavolo vicino alla finestra, un piatto condiviso, una famiglia che prova a ricomporsi — trovano forse la forma più autentica di lusso. Tutto il resto può aspettare.

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              Reali

              Harry ironizza sui social: «I miei figli online a 35 anni. Le piattaforme trascinano i giovani in luoghi oscuri»

              Il duca di Sussex scherza sull’età giusta per concedere i social ai figli Archie e Lilibet, ma il messaggio è chiaro: «Meglio aspettare, è un tema che dovrebbe allarmare tutti». Nessun passo verso la cittadinanza Usa, e un auto-test sull’accento americano conclude l’intervista.

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                «I miei figli sui social a 35 anni». Harry lo dice ridendo, ma la risata non smorza la sostanza. Nel corso del podcast Hasan Minhaj Doesn’t Know, il duca di Sussex gioca con l’ironia e insieme mette le mani avanti: l’accesso di bambini e adolescenti alle piattaforme è, per lui e Meghan Markle, un terreno delicato. «I social stanno trascinando i giovani in luoghi molto oscuri», afferma. Dietro la battuta, l’eco di una preoccupazione genitoriale concreta. «Considerato ciò che sappiamo oggi, saremo molto più cauti nel permettere ai nostri figli di accedervi»

                La soglia “ragionevole”: quando sei davvero te stesso
                Harry non si limita all’ironia e una soglia la indica davvero: «Una buona età per entrare sui social è 21 anni, quando il cervello è formato e inizi a sapere chi sei». Non un divieto, ma una postura prudente, che però porta con sé un dilemma moderno: protezione o isolamento? «C’è il rischio che siano gli unici tra i loro amici a non esserci», ammette. Una riflessione che intercetta uno dei nervi scoperti della genitorialità contemporanea: trovare equilibrio tra autonomia digitale e tempo reale, tra libertà e salvaguardia.

                Nuova vita, vecchia identità
                Seduto davanti al comico americano, Harry alterna leggerezza e pensieri seri. Alla domanda su cosa sappiano Archie e Lilibet del suo lavoro, risponde con semplicità: «Sanno che aiuto gli altri». Lineare, quasi didascalico, lontano dalla retorica reale e più vicino alla quotidianità californiana che lui e Meghan raccontano come scelta di libertà e cura del proprio spazio personale.

                Sulla cittadinanza statunitense, però, frena: «Al momento non è nei piani». Nessuna fretta di mettere nero su bianco la trasformazione definitiva da principe britannico a cittadino americano. C’è un’identità che resta sospesa tra due mondi, un equilibrio ancora in costruzione.

                Un “yee-haw” per chiudere
                Non manca il gioco finale. Minhaj chiede a Harry di sottoporsi a un rapido test sull’accento americano. «Proviamo il tuo yee-haw», lo incalza. Il duca sorride, accetta, prova. Un gesto minimo che però racconta bene l’atmosfera: un principe che ha scelto di ridere, di esporsi con leggerezza, di smarcarsi dalla formalità.

                Tra una battuta e un monito, resta una linea chiara: crescere due figli in un mondo iperconnesso richiede scelte consapevoli. E forse anche un pizzico di ironia per non farsi travolgere.

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