Personaggi
“Chiudi gli occhi e ti faccio un p…”: la battuta (bollente) di Bella Hadid che ha fatto svenire Vogue
Bella Hadid racconta la sua lotta contro malattie croniche, chiede il congedo mestruale e lancia una battuta rovente al giornalista di Vogue. Ma dietro il sex appeal, c’è molto di più.

Se il buongiorno si vede dalla battuta, Bella Hadid ha iniziato l’intervista con Vogue piazzando una frase talmente esplicita da far sussultare anche gli uffici legali della Condé Nast. Secondo il Daily Mail, che ha colto l’occasione per crogiolarsi nella citazione, la supermodella avrebbe salutato il giornalista con un’affermazione che suonava più da OnlyFans che da passerella: “Ti faccio un p… a parte, basta che chiudi gli occhi!”.
Sì, avete capito bene. La frase completa è (quasi) irriferibile, ma chi ha fantasia – e familiarità con certa terminologia spinta – non faticherà a completarla. Bella, d’altra parte, ha sempre avuto un certo talento per catalizzare l’attenzione, ma questa volta ha decisamente alzato l’asticella. E il livello di doppio senso.
Dalla battuta a luci rosse… al Congresso
Ma non pensiate che l’intervista si sia fermata lì. Tra un nudo artistico e l’altro, la modella ha parlato senza filtri delle sue condizioni di salute, delle sue giornate difficili e di quanto sia inaccettabile che le donne debbano lavorare o sfilare durante il ciclo mestruale, quando sono colpite da crampi, nausea, stanchezza cronica o, come nel suo caso, da vere e proprie patologie invalidanti.
La Hadid ha citato una lista lunga quanto una sfilata haute couture: endometriosi, sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), disturbo disforico premestruale (PMDD) e malattia di Lyme, che l’ha costretta a ritirarsi temporaneamente dalle scene. Il suo appello è chiaro: la Casa Bianca dovrebbe garantire almeno due settimane di congedo per le donne durante il ciclo mestruale. Una richiesta forte, rivolta direttamente al Presidente – anche se, con un lapsus degno di una modella multitasking, ha nominato Donald Trump (spoiler: oggi il Presidente è Joe Biden).
La regina della passerella senza reggiseno (e senza filtri)
E mentre con la voce difende i diritti delle donne, con il corpo Bella continua a lasciare poco spazio all’immaginazione. Nell’intervista su Vogue, la Hadid si è mostrata in pose sensuali, senza reggiseno e con indosso solo un completo a maglia metallica, alternando look da guerriera spaziale a pose da Venere postmoderna. In uno scatto, compare persino a seno nudo, come a voler dire: “Eccomi, sono vulnerabile, ma anche fiera e potente”.
Una scelta che è tanto estetica quanto simbolica: Bella ha deciso di riappropriarsi del suo corpo, di mostrarsi non solo come oggetto del desiderio, ma come soggetto politico e sociale. Una donna che non ha paura di essere sexy e seria allo stesso tempo, di parlare di orgasmi e dolore cronico nella stessa frase. In altre parole, un’icona contemporanea, fatta di contrasti, coraggio e, sì, anche di battute sopra le righe.
Ironia e femminismo 4.0
Chi la liquida come una bella che non balla dovrebbe probabilmente aggiornare i parametri. Dietro a quella battuta che ha fatto arrossire il giornalista di Vogue c’è una donna che sa usare il linguaggio del corpo e quello del potere con la stessa disinvoltura. Una femminista 4.0, che passa dallo shooting in topless alla richiesta di diritti sanitari con una naturalezza disarmante.
E se in Italia si discute ancora di assorbenti tassati come beni di lusso, Bella Hadid chiede con voce ferma che il dolore delle donne sia riconosciuto come reale, concreto e meritevole di rispetto. Non male, per una che, a detta dei social, era “solo” una ex angelo di Victoria’s Secret.
Conclusione (ma senza moralismo)
Tra una battuta esplicita, una foto virale e un appello politico, l’intervista a Vogue ha fatto centro. Bella Hadid, 28 anni e milioni di follower, non si accontenta di sfilare o promuovere skincare. Vuole farsi sentire, e lo fa a modo suo. Con un sorriso, con un topless, e pure con una frase che, nei corridoi della redazione di Vogue, starà facendo ancora discutere. Ma si sa: le vere dive lasciano il segno. Anche quando chiudi gli occhi.
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Personaggi
Gene Gnocchi: il sogno della Serie A, la satira pungente e un nipotino che gli ha cambiato la vita
Dalla filosofia del diritto al calcio, passando per la satira politica e il teatro: Gene Gnocchi racconta la sua carriera e il legame speciale con il nipote, il piccolo Eugenio, a cui sogna un futuro da calciatore

A quasi settant’anni, Gene Gnocchi non sembra intenzionato a rallentare. Attore, comico e autore, il poliedrico artista parmigiano ha le idee chiare: «Penso di smettere verso gli 85-90 anni, poi si vedrà. Intanto sto scrivendo il nuovo spettacolo che andrà in scena l’anno prossimo», ha raccontato al quotidiano Il Giorno.
Ma prima di dedicarsi alla comicità, la vita di Gene ha attraversato sentieri ben diversi. Laureato in filosofia del diritto, ha esercitato la professione di avvocato per sei anni. «Mi sono capitate cause inverosimili. Tutte a me», ha ricordato con il suo inconfondibile humour.
Il sogno della Serie A
Gene Gnocchi, però, ha sempre avuto un grande sogno nel cassetto: diventare un calciatore professionista. E ci è andato vicino. «Ho giocato anche in Serie D, ero una mezzala di belle speranze. Mi tesserò per il Parma in Serie A un po’ per scherzo, un po’ per davvero. Mi allenavo ogni settimana. Dovevo esordire contro il Milan, ma la squadra era in lotta per la salvezza e quindi non se ne fece nulla».
La passione per il calcio non si è mai spenta, e nel 2007 Gene ha “rischiato” di esordire con la maglia numero 52 del Parma, il club della sua città e squadra del cuore.
Satira e battute pungenti
Accanto al calcio, Gene non ha mai perso occasione di fare satira, anche politica. Donald Trump? «Sui capelli è un talento. Non si capisce dove cominciano e dove finiscono, sembra uno zampirone anti-zanzare». Elly Schlein? «Ha sdoganato il mestiere di armocromista, tanto che ora c’è persino un albo professionale».
Non mancano progetti ambiziosi. «Voglio aprire una scuola per opinionisti: la chiamerò “Martiri di Daniele Capezzone”. Insegnerà a togliere la parola agli altri durante i dibattiti», ha scherzato.
Il lato tenero di Gene
Dietro l’ironia di Gene Gnocchi si nasconde però un nonno affettuoso. Parlando del nipotino Eugenio, non riesce a trattenere l’emozione: «Mi ha cambiato la vita. Mi fa pensare che, vista l’età, sono quasi anziano. Dopo la sua nascita volevano già regalarmi un montascale».
Con il piccolo Eugenio, Gene sogna di condividere la sua passione per il calcio: «Vorrei che diventasse un calciatore di Serie A. Gli ho già regalato un paio di Adidas Copa Mundial e non vedo l’ora di portarlo sul campo ad allenarsi con me».
Tra un nuovo spettacolo, battute al vetriolo e i pomeriggi con il nipote, Gene Gnocchi sembra aver trovato la ricetta perfetta per affrontare con leggerezza e sorriso la bellezza della vita, a qualsiasi età.
Personaggi
Ferragni alla maturità (ma in Tunisia): dal pandoro-gate ai banchi d’esame
Lo scandalo del pandoro, la perdita di credibilità, le scuse social e la fuga dei brand: tutto inserito nella prova di inglese per la maturità tunisina. Altro che imprenditrice digitale: qui si studia il tracollo di un brand come esempio da manuale

Altro che “power couple”, altro che regina dell’imprenditoria digitale. Chiara Ferragni ormai è ufficialmente diventata un caso da manuale. Non di marketing, ma di come bruciare in pochi mesi un impero costruito a colpi di selfie e collab. E la conferma non arriva da un podcast, da Selvaggia Lucarelli o da qualche saggio universitario italiano. No, arriva dritta da un’aula scolastica tunisina, dove in questi giorni si svolgono gli esami di maturità.
Nella sezione Economia della prova scritta di lingua inglese, il Ministero dell’Istruzione tunisino ha infilato una traccia che suona come una condanna: “Analizzate il caso Chiara Ferragni alla luce dell’articolo pubblicato dal The Guardian il 13 gennaio 2024”. Una vera e propria autopsia dell’operazione-pandoro, a partire dall’accordo con Balocco da un milione di euro fino alle multe dell’Antitrust. Nessun filtro bellezza. Solo numeri, contratti e cadute.
A rilanciare la notizia è stata la pagina social tunisina Lyceena, specializzata in temi scolastici. Il che ci dice una cosa molto chiara: la fama della Ferragni è talmente globale che anche dall’altra parte del Mediterraneo è diventata un caso di studio. Peccato che lo sia non per meriti imprenditoriali, ma per il contrario.
Gli studenti tunisini devono ora analizzare, in inglese, come un’operazione di marketing possa trasformarsi in boomerang. Il testo del Guardian non risparmia nulla: il video di scuse postato da Chiara con la triste musica di sottofondo, il gelo calato sulle collaborazioni con brand come Coca-Cola, l’effetto domino sulla reputazione del marchio. L’articolo si concentra soprattutto sull’impatto economico della vicenda, mostrando come la fiducia in un brand, una volta tradita, può essere quasi impossibile da riconquistare.
Ironia della sorte, in Italia il dibattito è finito nel frullatore dell’opinione pubblica e della satira. In Tunisia, invece, Ferragni è diventata materia d’esame. Gli studenti devono capirne le cause, analizzare gli errori, valutare le conseguenze. Insomma, imparare dal fallimento di un’influencer globale per evitare gli stessi errori.
A volte la realtà supera l’ironia. E se fino a ieri il nome di Chiara Ferragni faceva curriculum, oggi fa lezione. Ma in Tunisia.
Personaggi
Chiara Ferragni in crisi: Fenice Retail chiude con 1,2 milioni di perdite e i soci si scontrano
Dopo la chiusura dello store romano, la società legata agli store fisici di Ferragni finisce in liquidazione. I soci contestano la gestione e chiedono chiarezza sui conti

Chiara Ferragni si trova ad affrontare l’ennesima sfida in un periodo già complesso della sua vita pubblica e imprenditoriale. Dopo la confessione sulle violenze psicologiche e verbali subite, l’imprenditrice e influencer deve ora fare i conti con la chiusura di Fenice Retail Srl, società che gestiva gli store fisici legati al suo marchio. La decisione di mettere in liquidazione la società è arrivata dopo la chiusura dello store romano di via del Babuino, a cui si era già aggiunta la serrata del punto vendita milanese.
I numeri parlano chiaro: Fenice Retail ha accumulato perdite per 1,21 milioni di euro nel biennio 2023-2024. Una situazione che ha portato a un inevitabile ridimensionamento dell’ambizioso progetto retail del brand Ferragni, costringendo la società a mettere in stand-by la sua presenza nei negozi fisici. Un colpo che segna un passo indietro rispetto ai piani di espansione e che riapre vecchie ferite nella gestione societaria.
La messa in liquidazione ha infatti generato forti tensioni all’interno di Fenice Srl, la holding che controlla al 100% Fenice Retail. Qui il confronto è diventato acceso tra l’amministratore unico Claudio Calabi e il socio di minoranza Pasquale Morgese. Durante l’assemblea di marzo, il legale di Morgese ha contestato la mancanza di documenti messi a disposizione, in particolare il bilancio di Fenice Retail. Una mancanza che, secondo il socio di minoranza, impedisce di capire se la liquidazione fosse davvero l’unica strada possibile o un passo affrettato.
Morgese, che detiene lo 0,2% di Fenice Srl a fronte del 99,8% in mano alla stessa Ferragni (dopo l’ultimo aumento di capitale interamente versato dall’influencer), ha chiesto maggiore chiarezza e trasparenza, sottolineando come “in assenza di una previsione di chiusura dettagliata, i soci non hanno elementi per capire se la liquidazione sia davvero necessaria”. Dal canto suo, Claudio Calabi ha difeso la decisione, affermando che si è trattato di un’operazione inevitabile per traghettare la società verso una liquidazione “in bonis”, cioè in regola e senza ulteriori rischi economici.
Il caso Fenice Retail si inserisce così in un quadro già delicato per Chiara Ferragni, che in queste settimane è al centro di una riflessione più ampia sul suo futuro imprenditoriale e sulla gestione delle sue attività commerciali. La chiusura dei negozi fisici segna la fine – almeno per ora – di un progetto ambizioso che aveva portato la regina dei social ad affacciarsi anche nel mondo del retail tradizionale. Resta ora da capire se questa sia solo una battuta d’arresto o l’inizio di una nuova fase, più attenta ai conti e ai rischi di un mercato in continua evoluzione.
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