Curiosità
Fine del mondo: ci mancava solo Leonardo da Vinci
Leonardo da Vinci avrebbe previsto la fine del mondo nel 2025. Secondo lo storico dell’arte Guido Carlucci, un messaggio apocalittico è nascosto nel “Salvator Mundi”. Sarà vero? Prepariamoci per un 2025 che potrebbe riservarci grandi sorprese!

Nel 2012, molti erano convinti che i Maya avessero previsto la fine del mondo. Oltre dieci anni dopo, possiamo tranquillamente dire che si sbagliavano. Tuttavia, ora è il turno di un altro grande della storia: Leonardo da Vinci. Pare che il genio rinascimentale abbia lasciato una profezia apocalittica nascosta in uno dei suoi dipinti più celebri, e alcuni esperti non ci fanno dormire sonni tranquilli.
Leonardo da Vinci e la fine del mondo: una nuova profezia
Tra chi ha studiato le opere di Leonardo, c’è chi è convinto che la fine del mondo non sia poi così lontana. Infatti, secondo Guido Carlucci, storico dell’arte, l’Apocalisse avverrà nel 2025. Come è giunto a questa conclusione? Esaminando il “Salvator Mundi,” un dipinto attribuito a Leonardo, Carlucci sostiene di aver scovato la fatidica data nelle pupille di Gesù.
Secondo Carlucci, Leonardo si sarebbe concentrato sul periodo tra il 2020 e il 2025, prevedendo eventi significativi che avrebbero trasformato il nostro modo di vivere, come la recente pandemia. Non male per un artista del Rinascimento, vero?
L’ultima cena e l’Apocalisse secondo Sabrina Sforza Galitza
Ma non finisce qui! Sabrina Sforza Galitza, ricercatrice all’Università della California, ha un’altra teoria. Studiando “L’Ultima Cena,” ha dedotto che la fine del mondo inizierà il 21 marzo 4006 e terminerà il 1° novembre dello stesso anno. Non ha ancora spiegato come sia arrivata a questa data, ma la sua teoria aggiunge mistero alla già intricata storia di Leonardo.
Il Codice Da Vinci: realtà o fantasia?
Queste rivelazioni non fanno che alimentare l’idea di un vero e proprio “Codice Da Vinci,” ben diverso da quello descritto da Dan Brown nei suoi bestseller. Mentre i Maya hanno fallito, Leonardo potrebbe davvero avere qualcosa di apocalittico da dirci? Restiamo con il fiato sospeso, sperando che anche questa profezia si riveli infondata. Nel frattempo, prepariamoci per un 2025 che, almeno secondo Leonardo, potrebbe riservarci qualche sorpresa.
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Curiosità
La classifica delle regioni italiane in cui si avvistano più UFO secondo le forze armate
L’Aeronautica militare tiene traccia degli avvistamenti di OVNI e può stabilire dove ce ne siano stati di più, dal 2001 al 2023.

Se vi capita di avvistare qualcosa di insolito nel cielo italiano, forse non sapete che è possibile segnalarlo alle forze armate tramite i Carabinieri. L’Aeronautica Militare, una delle branche delle forze armate italiane, ha attivato da anni un sistema per raccogliere segnalazioni di oggetti volanti non identificati (UFO), o come si dicono in inglese, UAP (Unidentified Aerial Phenomena). È sufficiente visitare il sito ufficiale dell’Aeronautica Militare, stampare e compilare un modulo disponibile online, quindi consegnarlo alla stazione dei Carabinieri più vicina.
Le funzioni dell’Aeronautica Militare in questo campo sono ben radicate sin dal 1978, un anno di picco per gli avvistamenti UFO in Italia che portò l’allora Presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, a incaricare l’Aeronautica di raccogliere e verificare queste segnalazioni. Da allora, i cittadini italiani hanno avuto la possibilità di compilare e consegnare il modulo in caso di avvistamenti di UFO, contribuendo a una raccolta sistematica di dati.
Secondo quanto dichiarato dal Reparto Generale Sicurezza dello Stato Maggiore Aeronautica, ogni segnalazione di avvistamento di UFO viene sottoposta a un’indagine tecnica dettagliata. Se non è possibile identificare una causa naturale o tecnica, l’episodio viene classificato come avvistamento di Oggetto Volante Non Identificato (OVNI).
In Italia, le segnalazioni di UFO variano significativamente per regione. Ecco una panoramica delle regioni italiane in cui si sono verificati più avvistamenti, basata sui dati raccolti dal 2001 al 2023:
- Campania: 16,3% del totale degli avvistamenti
- Lombardia: 14,5%
- Toscana: 12,8%
- Lazio: 10,5%
- Emilia Romagna: 8,7%
- Sicilia: 6,4%
- Veneto: 6%
- Friuli Venezia Giulia: 4,7%
- Puglia: 4,7%
- Piemonte: 4,7%
- Abruzzo: 2,3%
- Liguria: 2,3%
- Calabria: 2,3%
- Trentino Alto Adige: 1,7%
- Marche: 1,2%
- Basilicata: 0,6%
- Umbria: 0,6%
- Valle D’Aosta: 0%
- Molise: 0%
- Sardegna: 0%
Secondo i dati dell’Aeronautica Militare, il 2010 ha registrato il maggior numero di segnalazioni, con 27 avvistamenti, seguito da 14 nel 2022 e 11 nel 2021. Nel 2023, invece, sono stati segnalati solamente 3 avvistamenti.
Curiosità
Bollicine di solidarietà, polemiche a volontà: il caso della Gaza Cola nella pasticceria di Roma che divide il web

In vetrina, accanto ai bignè e alle torte glassate, ora c’è anche una lattina che racconta una storia di resistenza e ricostruzione. Si chiama Gaza Cola, ha il colore del caramello e l’effervescenza delle provocazioni riuscite. Ma soprattutto ha fatto esplodere una tempesta social. Perché la decisione della pasticceria Charlotte di piazza dei Re di Roma di mettere in vendita la bevanda simbolo della resistenza economica palestinese ha scatenato insulti, accuse, inviti al boicottaggio. Non tutti gradiscono le bollicine quando portano con sé una causa.
Il prodotto è nato da un’idea dell’imprenditore palestinese Osama Qashoo, rifugiato a Londra. Il suo obiettivo è tanto semplice quanto ambizioso: una lattina alla volta, finanziare la ricostruzione del sistema sanitario palestinese devastato dai bombardamenti, e in particolare dell’ospedale Al Karama, nella Striscia. Il progetto è stato lanciato nel Regno Unito, ha fatto discutere in Francia e in Germania, e ora sbarca anche in Italia. E a Roma trova la sua prima “ambasciata” in una pasticceria.
L’annuncio dell’arrivo della Gaza Cola è comparso qualche giorno fa sui social della Charlotte, un locale conosciuto per la sua proposta dolciaria artigianale e per l’attenzione ai prodotti indipendenti. “Una nuova bevanda è arrivata da oggi nella nostra pasticceria”, si legge. Ma se la comunicazione è stata sobria, la reazione non lo è stata affatto. Sotto il post si è aperta una valanga di commenti rabbiosi, accuse deliranti, insulti razzisti.
“Segnalate questa pasticceria di extracomunitari che non parlano nemmeno un italiano decente, e forse nemmeno sanno di cosa parlano” scrive qualcuno, in un post rilanciato dagli stessi titolari, con tanto di replica: “Usano la parola extracomunitari come fosse un’offesa. Anche grazie a questa gente sappiamo di stare dalla parte giusta della storia”.
Non una provocazione, spiegano, ma una scelta etica coerente con altre decisioni simili, come quella di vendere succhi artigianali al posto dei soliti marchi multinazionali. La differenza, in questo caso, è che il ricavato delle lattine contribuirà direttamente al finanziamento di un ospedale, e in particolare “al sostegno dell’imprenditoria palestinese, dell’indipendenza economica e della lotta per la giustizia”.
Accanto alle cattiverie, è giusto dirlo, c’è anche un coro crescente di apprezzamenti. Molti hanno difeso la scelta, lodando il coraggio e l’impegno della pasticceria. Ma c’è anche chi ha deciso di vendicarsi in silenzio, lasciando recensioni negative online, senza entrare nel merito, senza nemmeno assaggiare un dolce.
I titolari non si sono tirati indietro, anzi hanno risposto punto su punto: “Il profitto ottenuto dalla vendita della Gaza Cola viene utilizzato come per qualunque altro prodotto venduto nel nostro locale, ma in questo caso l’utile finale è destinato interamente a progetti umanitari. Lo facciamo anche per poter guardare in faccia i nostri figli, un giorno, e dire: non siamo stati in silenzio”.
Un gesto piccolo? Forse. Ma di quelli che contano. Perché può anche essere solo una bibita, ma in questo caso – tra bollicine, polemiche e dignità – ogni lattina diventa un atto politico. O meglio: etico.
Curiosità
Rio de Janeiro: la capitale mondiale del sesso dove quantità e sperimentazione dominano
Con 10 punti su 10, Rio de Janeiro conquista il primato come città dove si fa più sesso, ma non brilla in soddisfazione né sicurezza. Seguono Parigi, Los Angeles e Ibiza per intrattenimento e apertura mentale, mentre le città del Nord Europa dominano in tolleranza.

Sogni una città dove incontrare qualcuno e fare sesso sia quasi una garanzia? Prepara le valigie, perché non sarà sufficiente restare in Italia. Secondo un’indagine del portale Lazeeva, Rio de Janeiro è la città dove si fa più sesso al mondo, superando metropoli come Parigi, Londra e Los Angeles. La ricerca ha coinvolto oltre 450mila persone tra i 18 e i 70 anni, analizzando numerosi parametri, dai dati forniti da Ministeri della Salute e Organizzazioni mondiali, fino alla tolleranza e soddisfazione sessuale.
Il trionfo di Rio de Janeiro
La città brasiliana si è aggiudicata un punteggio perfetto: 10 su 10. Conosciuta per il suo spirito festoso e le spiagge affollate, Rio domina per apertura alle sperimentazioni e frequenza degli incontri. Tuttavia, nonostante l’abbondanza, la soddisfazione sessuale degli abitanti non è altrettanto alta: il quinto posto in questa categoria suggerisce che a volte la quantità può andare a discapito della qualità.
Accanto a Rio, spiccano Parigi (9.9 su 10) e Los Angeles (9.8 su 10), mentre Ibiza, con il suo punteggio di 9.7, dimostra che anche una piccola isola può competere con le grandi città. E l’Italia? Non brilla particolarmente: Roma si ferma all’83° posto e Milano al 92°.
Le città con più soddisfazione sessuale
Se Rio domina per quantità, Bruxelles primeggia per soddisfazione sessuale, seguita da Varsavia, Amsterdam e Utrecht. In queste città, sembra che l’attenzione alla qualità delle relazioni sia prioritaria rispetto alla frequenza degli incontri.
Le città più tolleranti e aperte
L’indagine di Lazeeva ha stilato anche una classifica delle città più tolleranti, dove Helsinki occupa il primo posto, seguita da Oslo, Bergen e Stoccolma. Londra, invece, si distingue come città più inclusiva per la comunità LGBTQ+, seguita da Toronto e Berlino. In Italia, Roma e Milano ottengono punteggi piuttosto bassi, rispettivamente 4.5 e 4.1 su 10.
Quando si tratta di sperimentazione sessuale, invece, Los Angeles si conferma come la città più aperta, superando Sao Paulo e Las Vegas. Al contrario, le città più conservatrici si trovano vicine a noi, tra Austria e Germania, con Berlino che rimane un’eccezione per la sua apertura mentale.
Sicurezza e anticoncezionali: un punto debole per Rio
La sicurezza non va trascurata, soprattutto in un contesto di alta attività sessuale. L’indagine rivela che Cina e Inghilterra sono le nazioni dove è più facile reperire anticoncezionali. In Cina, città come Pechino e Shanghai raggiungono il massimo punteggio per la sicurezza sessuale, mentre in Inghilterra svettano Londra, Manchester e Birmingham.
Rio de Janeiro, al contrario, ottiene solo 4.5 su 10 in questa categoria. Se la capitale del sesso può garantire avventure memorabili, chi la visita farebbe bene a prendere tutte le precauzioni necessarie per proteggere la propria salute.
Il sesso come termometro culturale
Le classifiche non raccontano solo storie di avventure o statistiche, ma riflettono anche le culture, le priorità e i valori delle città e dei loro abitanti. Da Rio de Janeiro con la sua esuberanza, a Bruxelles con la sua attenzione alla qualità, ogni luogo offre una prospettiva unica sul rapporto con la sessualità.
Che tu sia alla ricerca di esperienze nuove o semplicemente curioso, il viaggio è sempre un’ottima scusa per scoprire di più su come il mondo vive l’amore e le sue infinite sfumature.
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