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Benessere

Adolescenti a rischio, troppo internet spegne il cervello e compromette le relazioni

L’analisi effettuata dallo studio PLOS evidenzia un fenomeno relativamente nuovo, quello della dipendenza da internet, che si diffonderà sempre di più nei prossimi decenni. In Italia, esistono già 102 centri specializzati in questo tipo di dipendenza, che seguono oltre 3.660 utenti, principalmente tra i 15 e i 18 anni.

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    L’abuso di internet durante l’adolescenza può avere conseguenze negative durature. L’eccessivo utilizzo della rete riduce infatti l’interazione tra le diverse aree del cervello, compromettendo la capacità di relazionarsi, mangiare e dormire.

    Adolescente con smartphone di notte

    Quando si parla di dipendenze, il pensiero va subito a droghe, tabacco o alcol. Tuttavia, lo sappiamo da anni ormai, esistono nuove forme di dipendenza, come quella da internet. Nei casi più gravi, questa dipendenza può portare a forme complesse di isolamento sociale, come gli hikikomori. Uno studio pubblicato su PLOS Mental Health ha analizzato l’effetto dell’abuso di internet sul cervello degli adolescenti, evidenziando impatti sulle regioni coinvolte nel pensiero attivo, nelle abilità fisiche e nella salute mentale.

    Devastante come droghe e giochi d’azzardo

    I ricercatori hanno esaminato dodici studi su 237 ragazzi tra i 10 e i 19 anni con diagnosi di dipendenza da internet. Questa condizione si manifesta come un’incapacità di resistere all’impulso di usare internet, influenzando negativamente il benessere personale e la vita sociale, accademica e professionale. Le risonanze magnetiche hanno rivelato sia un aumento che una diminuzione dell’attività nelle regioni cerebrali attive durante il riposo. E inoltre una generale diminuzione della connettività funzionale nelle aree coinvolte nel pensiero attivo. Gli effetti come già sottolineato sono simili a quelli osservati nei casi di abuso di droghe o gioco d’azzardo. In Italia esistono già 102 centri che si occupano di questo tipo di dipendenza e hanno in cura oltre 3.660 utenti, la maggior parte dei quali ha un età che va dai tra i 15 ai 18 anni.

    Impatto a lungo termine

    La perdita della connettività funzionale colpisce diverse funzioni cerebrali, tra cui la coordinazione fisica, la memoria a breve termine, il controllo degli impulsi. la capacità di concentrazione e decisionale. Questo accade perché durante l’adolescenza, il cervello è particolarmente vulnerabile. Secondo Max Chang, coordinatore dello studio effettuato da PLOS, i cambiamenti comportamentali negativi possono influenzare la vita futura degli adolescenti, causando difficoltà nelle relazioni, nell’alimentazione che diventa disordinata e con gravi disturbi del sonno. Gli autori dello studio sottolineano che il numero di studi analizzati si è limitato a un campione relativamente piccolo e quasi tutto asiatico in attesa di includere anche adolescenti occidentali.

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      Benessere

      Depressione, il ruolo nascosto degli zuccheri nel cervello

      Una nuova ricerca individua nel metabolismo degli zuccheri una possibile radice biologica della depressione, aprendo la strada a cure più mirate.

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      Depressione

        La depressione, che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità colpisce oltre 280 milioni di persone nel mondo, potrebbe avere origini più fisiche di quanto si pensasse finora. Un nuovo studio pubblicato su Science Advances dal Center for Cognition and Sociality dell’Istituto coreano di Scienze di base ha infatti individuato un legame diretto tra il metabolismo degli zuccheri nel cervello e l’insorgenza dei sintomi depressivi.

        Il team guidato dal neuroscienziato C. Justin Lee ha scoperto che minuscole catene di zuccheri, chiamate O-glicani, sono essenziali per mantenere stabili le connessioni tra i neuroni. Quando questo delicato equilibrio viene alterato – ad esempio per effetto dello stress cronico – le cellule della corteccia prefrontale, l’area che regola emozioni e processi decisionali, perdono comunicazione e stabilità. Il risultato può tradursi in apatia, ansia e perdita di interesse.

        «Lo stress prolungato modifica la composizione delle catene zuccherine legate alle proteine cerebrali, compromettendo la comunicazione tra neuroni e innescando la depressione», spiega Lee.

        Dallo stress alla sinapsi: quando il cervello “si scollega”

        Per testare l’ipotesi, i ricercatori hanno sottoposto topi da laboratorio a tre settimane di stress controllato – isolamento, rumori e stimoli imprevedibili. Gli animali hanno manifestato comportamenti simili alla depressione umana, come ridotta socialità e perdita di peso.

        Il passo successivo è stato quello decisivo: disattivando artificialmente l’enzima St3gal1, responsabile del corretto posizionamento degli O-glicani, i topi hanno mostrato sintomi depressivi anche senza esposizione a stress. Analizzando il tessuto cerebrale, è emerso che la proteina NRXN2, fondamentale per la trasmissione dei segnali nervosi, perde stabilità quando le sue catene di zuccheri vengono alterate.

        Ketamina e zuccheri: un effetto biologico inatteso

        La scoperta assume un valore ancora più interessante considerando che la ketamina, già utilizzata per la depressione resistente, sembra agire proprio su questo meccanismo. Nei test condotti, il farmaco ha ripristinato i livelli di O-glicani e migliorato il comportamento degli animali, suggerendo che il suo effetto antidepressivo non dipenderebbe solo dai neurotrasmettitori ma anche dal riequilibrio metabolico del cervello.

        Una nuova frontiera terapeutica

        Oggi la maggior parte degli antidepressivi agisce sulla serotonina o sulla noradrenalina, ma non sempre risulta efficace. Intervenire sul metabolismo degli zuccheri cerebrali apre una prospettiva completamente nuova: diagnosi precoci basate su biomarcatori molecolari e terapie personalizzate capaci di agire sul metabolismo neuronale.

        Secondo la coautrice Boyoung Lee, «le alterazioni nei processi glicidici cerebrali sono direttamente collegate all’insorgere della depressione. Comprenderne il funzionamento potrebbe rivoluzionare la prevenzione e la cura dei disturbi dell’umore».

        Differenze tra uomini e donne

        Infine, lo studio ha notato differenze significative tra i sessi: nei modelli maschili il cervello appare più vulnerabile agli squilibri nel metabolismo degli zuccheri, pur mostrando sintomi simili a quelli femminili. Un dato che in futuro potrebbe portare a protocolli terapeutici diversificati per genere.

        In sintesi, la depressione potrebbe non essere solo una questione di neurochimica, ma anche di “energia cellulare”. E capire come il cervello utilizza – o spreca – i suoi zuccheri potrebbe rappresentare la chiave per trattamenti più efficaci e personalizzati.

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          Fitness da salotto: l’allenamento invisibile che puoi fare mentre guardi una serie e senza muoverti dal divano

          Basta poco per restare in forma: bastano una poltrona comoda, qualche accorgimento e un po’ di costanza. L’allenamento invisibile è la nuova frontiera del fitness casalingo.

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          Fitness da salotto

            Allenarsi senza palestra, senza pesi e senza stress. È la filosofia del fitness da salotto, la tendenza che trasforma il tempo libero in un’occasione per muoversi. Perfetta per chi vive tra divano, computer e maratone Netflix, ma vuole sentirsi attivo. L’idea è semplice: inserire piccoli gesti tonificanti nella vita quotidiana, tra una puntata e l’altra della propria serie preferita. Addominali contratti, spalle dritte, stretching discreto. Il corpo lavora anche quando sembra a riposo.

            Micro movimenti, maxi risultati

            Seduti sul divano, si può già fare molto. Mentre scorrono i titoli di coda, basta contrarre gli addominali per dieci secondi e rilassare, per cinque serie. Oppure allungare le gambe e muovere le caviglie, per migliorare la circolazione. Davanti al lavandino, qualche squat leggero. In cucina, un po’ di equilibrio su una gamba sola mentre si mescola il sugo. È un modo di allenarsi gentile ma costante, che non stanca e non richiede attrezzature. Lo chiamano anche “allenamento invisibile”: nessuno se ne accorge, ma il corpo sì.

            Stretching e postura, i veri alleati

            Non servono coreografie da influencer, ma un minimo di attenzione. La postura corretta — schiena dritta, spalle aperte, mento alto — è già un esercizio di forza. Qualche minuto di respirazione profonda, la sera, rilassa il corpo e ossigena i muscoli. Per chi vuole spingersi oltre, bastano un tappetino e una bottiglia d’acqua come peso improvvisato: serie leggere, concentrazione e continuità.
            Il segreto non è sudare, ma muoversi con regolarità. Perché a volte il miglior allenamento è quello che non interrompe la vita quotidiana, ma la accompagna. E sì, anche tra una puntata e l’altra si può costruire una forma perfetta — senza stress, senza palestra e, soprattutto, senza sensi di colpa.

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              Digiuno intermittente: moda, metodo o reale beneficio per la salute?

              Non si tratta di una dieta in senso stretto, ma di un modello alimentare che alterna ore di digiuno e di alimentazione. Gli studi mostrano risultati interessanti sul metabolismo e sulla salute, ma non è adatto a tutti.

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              Digiuno intermittente

                Non una dieta, ma un ritmo

                Il digiuno intermittente non impone cosa mangiare, ma quando farlo. L’idea alla base è di concedere al corpo periodi prolungati senza cibo per stimolare processi fisiologici che, secondo alcune ricerche, migliorerebbero il metabolismo, la sensibilità all’insulina e la capacità di bruciare i grassi.

                Le forme più comuni sono:

                • 16:8 – si digiuna per 16 ore e si mangia nelle 8 successive (ad esempio dalle 12 alle 20);
                • 5:2 – si mangia normalmente per cinque giorni e si riducono drasticamente le calorie in due giornate non consecutive;
                • Eat Stop Eat – prevede uno o due digiuni completi di 24 ore a settimana.

                Secondo il National Institute on Aging statunitense, il digiuno intermittente è una pratica antica, che rispecchia il modo in cui i nostri antenati alternavano periodi di abbondanza a fasi di scarsità.

                Cosa succede nel corpo durante il digiuno

                Dopo circa 8–12 ore senza cibo, i livelli di insulina si abbassano e l’organismo inizia a usare le riserve di grasso come fonte di energia. Questo processo, chiamato chetolisi, è alla base dei potenziali effetti dimagranti del digiuno intermittente.

                Studi pubblicati su Cell Metabolism e The New England Journal of Medicine indicano che l’alternanza tra digiuno e alimentazione può:

                • migliorare la regolazione della glicemia;
                • ridurre i marker di infiammazione;
                • favorire la rigenerazione cellulare tramite autofagia, un processo di “pulizia” interna delle cellule;
                • e, in alcuni casi, contribuire a una lieve perdita di peso.

                Tuttavia, i risultati variano molto da individuo a individuo. Non tutti sperimentano benefici significativi, e alcune persone possono accusare stanchezza, irritabilità o cali di concentrazione nelle prime settimane.

                Benefici potenziali, ma anche limiti

                Secondo una revisione del 2023 dell’Harvard T.H. Chan School of Public Health, il digiuno intermittente può aiutare a migliorare il controllo metabolico e a ridurre il rischio di diabete di tipo 2, ma non è superiore alle diete ipocaloriche tradizionali in termini di perdita di peso a lungo termine.

                Inoltre, non è consigliato per tutti. Donne in gravidanza o allattamento, persone con disturbi alimentari, diabete o problemi ormonali dovrebbero evitare questo regime o adottarlo solo sotto controllo medico.

                Come iniziare in sicurezza

                Chi decide di provare il digiuno intermittente dovrebbe farlo in modo graduale. Alcuni consigli pratici:

                1. Iniziare con un digiuno leggero, ad esempio 12 ore, e aumentare progressivamente.
                2. Bere acqua e tisane durante le ore di digiuno per mantenere l’idratazione.
                3. Evitare abbuffate durante le ore di alimentazione: ciò vanifica gli effetti metabolici.
                4. Ascoltare il corpo: se compaiono debolezza o irritabilità persistente, è meglio sospendere.

                Una scelta da personalizzare

                Il digiuno intermittente può essere uno strumento utile per alcune persone, ma non una soluzione universale. I suoi effetti positivi sembrano legati soprattutto al miglioramento del rapporto con il cibo e alla riduzione del consumo calorico complessivo.

                Come sottolinea la nutrizionista Elena Cattaneo, “il digiuno intermittente non è una scorciatoia per dimagrire, ma un modo per risincronizzare il corpo con i suoi ritmi naturali. Se affrontato con equilibrio e buon senso, può migliorare il benessere generale.”

                Il digiuno intermittente non è una moda passeggera, ma una pratica con basi scientifiche in evoluzione. Può offrire benefici metabolici, ma non sostituisce un’alimentazione equilibrata e uno stile di vita sano.
                Come sempre, la regola è una: mai improvvisare. Prima di cambiare le proprie abitudini alimentari, è fondamentale confrontarsi con un medico o un nutrizionista.

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